Archimandrita Placide (Deseille): "Il vescovo non è un funzionario della Repubblica"
16 luglio 2015
In occasione della domenica delle donne
mirofore, il 26 aprile, l'archimandrita Placide (Deseille) ha
pronunciato un'omelia edificante.
Vorremmo che questo padre, che ha così
grande autorità nella Chiesa, potesse aprire gli occhi del cuore di
coloro che - probabilmente pochi, anche se molto rumorosi - hanno
recentemente creato confusione nella Chiesa.
Omelia dell'archimandrita Placide (Deseille) per la domenica delle Mirofore
Monastero di San Antonio il Grande, 26 Aprile 2015
Oggi, sulla scia della festa della
Pasqua, celebriamo la domenica delle Mirofore. Tutti i testi
dell'officio, e il brano del Vangelo che abbiamo appena ascoltato,
evocano la memoria delle donne che furono le prime a beneficiare delle
apparizioni di Cristo risorto.
Che siano state le prime può sembrare, a
prima vista, un po' sconcertante. Durante la vita terrena di Cristo, gli
apostoli erano stati i suoi compagni privilegiati, i suoi compagni di
ogni momento. Anche queste donne seguivano Cristo, ma con discrezione,
un po' in ombra. Così, com'è possibile che Cristo sia apparso la prima
volta a queste sante donne, da allora chiamate mirofore, e solo in
seguito agli apostoli? E com'è possibile che alle mirofore sia stato
dato il compito di prevenire gli apostoli, di annunciare loro che Cristo
era risorto? Sì... com'è possibile che gli apostoli appaiano in secondo
piano tra coloro che hanno beneficiato della visione del Cristo
risorto?
Gli apostoli sono stati nominati da
Cristo per essere i leader della Chiesa nascente. Sono gli apostoli che
nel loro seno rappresentano Cristo , che sono stati scelti da Cristo a
rappresentarlo nelle comunità cristiane a venire. Gli apostoli sono
stati testimoni della risurrezione, e i vescovi, che hanno stabilito
come loro successori, hanno nella Chiesa, come primaria missione quella
di estendere, e di rendere pubblica la testimonianza degli apostoli.
Questo è ciò che costruisce il loro ruolo ministeriale.
Le sante donne, da parte loro, rappresentano il popolo cristiano.
La Chiesa, di fatto, non è solo la
gerarchia, non è solo gli apostoli, la Chiesa non è solo i vescovi, la
Chiesa è anche tutte le persone cristiane. La Chiesa è il nuovo popolo
di Dio, il nuovo Israele, e quel popolo di Dio è un popolo organizzato,
un popolo che Cristo ha voluto organizzare in modo gerarchico.
Naturalmente, tutti i cristiani, se sono ferventi, hanno un "senso della
fede" che può consentire loro di esprimere ai vescovi certe verità che
percepiscono, come le mirofore, le prime a essere testimoni della
risurrezione. Ma per volontà di Cristo, ci sono della Chiesa i vescovi,
il corpo episcopale, la cui azione è diffusa attraverso i preti, che
sono i rappresentanti dei vescovi locali nelle diverse parrocchie, e poi
c'è tutto il popolo cristiano. E non dobbiamo mai dimenticare che è
ancora il popolo cristiano a essere il più importante, nel senso che
tutto il ministero dei vescovi e dei loro ausiliari, i parroci, è al
servizio della santificazione del popolo cristiano. E lo scopo
dell'azione del corpo apostolico dei vescovi è questa santificazione; è
che Cristo viva in ognuno dei fedeli, in ogni cristiano.
Essere cristiani significa essere
chiamati a sviluppare in se stessi la grazia ricevuta all'inizio
attraverso i sacramenti dell'iniziazione cristiana, Il battesimo, la
cresima e l'eucaristia – si sa che questi tre sacramenti, questi tre
"misteri", sono inseparabili secondo la tradizione della Chiesa. Vivere
da cristiani vuol dire sviluppare, grazie alla collaborazione della
nostra libertà, la grazia di quei misteri in modo che non siamo più noi a
vivere, ma Cristo in noi. L'essenza della grazia del battesimo e degli
altri sacramenti – in particolare l'eucaristia – è questa. È che noi non
siamo più i soli ad agire, ma siamo abitati da Cristo e dalla santa
Trinità, e Cristo vive in noi. È che ogni cristiano possa veramente dire
come san Paolo: "Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me."
Questa presenza attiva di Cristo in noi si riflette nelle buone
ispirazioni che fa nascere nella nostra coscienza, nello slancio che ci
dà. Deve ispirare anche i nostri pensieri, ispirare le nostre parole,
ispirare le nostre azioni, così che le nostre azioni non siano più
qualcosa di meramente umano, ma qualcosa di umano-divino. Sì, questo è
ciò che significa essere cristiani, questo è l'obiettivo della vita
cristiana e il ministero dei vescovi e sacerdoti, il loro sacerdozio
ministeriale, è al servizio di questo obiettivo, e non è fine a se
stesso. Il suo scopo è che il popolo cristiano diventi un popolo che, in
tutta la sua vita quotidiana, esercita "in Cristo" un sacerdozio
spirituale che glorifica splendidamente la santa Trinità. Ma questo non
nega che i vescovi siano tra noi come l'icona vivente di Cristo. I
vescovi e quelli che essi hanno associato al loro ministero, i preti
incaricati delle parrocchie, hanno il compito fondamentale di
santificare il popolo cristiano. Questo è il motivo per cui sono icone
viventi di Cristo, indipendentemente dalla loro santità personale. Se
non sono degni dell'ufficio loro affidato, ne renderanno conto al
Signore, ma che non esclude che essi dovrebbero essere sempre rispettati
come icone viventi di Cristo, e non semplicemente visti con uno sguardo
puramente umano.
Qualche tempo fa, ho chiesto a un laico
che si lamentava del suo vescovo: "Ma che cos'è il vescovo per voi?"
Dopo un attimo di esitazione ha risposto:" Il vescovo è il presidente
dell'amministrazione diocesana". Io gli ho detto: "No! Il vescovo è
l'icona di Cristo nella sua diocesi". E questa è tutta un'altra cosa. Un
cristiano dovrebbe avere una considerazione cristiana del suo vescovo, e
non una considerazione profana. In caso contrario qui vi è una
secolarizzazione della Chiesa, che è una distorsione completa delle
cose. Può capitare, beninteso, che un vescovo commetta errori. Lo stesso
san Pietro ha dovuto essere ripreso pubblicamente da san Paolo perché a
un certo punto nel suo ministero ha agito impropriamente. San Paolo non
ha esitato a riprenderlo apertamente. Un vescovo non è un dittatore che
ha sempre ragione, quindi è inevitabile che un vescovo faccia dei passi
falsi e i fedeli, a quel punto, devono reagire. Ma come reagire?
Reagire in modo cristiano, secondo la fede, non trattando il vescovo
come un funzionario che non è riuscito nel suo compito.
Recentemente, in una diocesi ortodossa
della Francia, i fedeli credono di avere ragioni per lamentarsi del loro
vescovo. È un loro diritto. Ma come dovrebbero reagire? Informando il
metropolita; risalendo, se necessario, fino al patriarca, ma non, come
purtroppo molti hanno fatto, pubblicando una lettera aperta per
esprimere le loro rimostranze in modo puramente "laico" nei termini che
si usano per lamentarsi di un funzionario che ha sbagliato, che non si
comporta come richiesto dalla sua funzione. In questa occasione, alcuni
laici della diocesi, che conoscono membri del gruppo di laici che di
solito frequenta i due monasteri di sant'Antonio il Grande e di Solan,
hanno chiesto anche a loro di firmare la lettera aperta di protesta
contro il loro vescovo. Io non devo giudicare la fondatezza della loro
denuncia, io stesso non ho le informazioni dettagliate necessarie per
questo, ma, comunque, credo che questa procedura sia stata profondamente
sbagliata. Il vescovo è stato trattato come una personalità laica, come
un funzionario della Repubblica. Questo è inaccettabile da parte di
fedeli ortodossi. Ed è per questo che ho chiesto a tutti i fedeli che mi
hanno chiesto consiglio di non firmare questa lettera aperta. Il
Vescovo deve essere sempre venerato, rispettato, dal momento che per la
sua diocesi è l'icona vivente di Cristo, così come l'abate in un
monastero, e non un funzionario.
C'è una peculiarità del Tipico, che dice
che quando si entra nella navata di una chiesa monastica, per prima cosa
si va a venerare l'abate prima di venerare le icone. Questo perché
l'icona vivente di Cristo che è l'abate deve essere venerata prima delle
icone stesse. Questo non vuol dire che l'abate sia più venerabile o più
santo. Dovrebbe esserlo, ma la debolezza umana è ancora lì, e non sta a
noi giudicare. Ci sono pratiche che devono essere rispettate, perché
sono profondamente significative. Ricorderò sempre la parola di un
anziano dell'Athos al quale ho chiesto consiglio per la nostra nuova
fondazione monastica in Francia, e ha detto: "Il primo consiglio che ti
do è quello di rispettare il Tipico, vale a dire le regole della
liturgia, le regole di comportamento nella Chiesa, i santi canoni", e ha
aggiunto, "questo è ciò che vi darà lo spirito della Chiesa". Lo
spirito della Chiesa non è uno spirito "profano", la Chiesa è già il
paradiso in terra, la Chiesa è già tutto il mondo della resurrezione che
è presente tra noi. Ed è molto significativo che nel Vangelo, le donne
hanno il ruolo di rappresentare la Chiesa, la sposa di Cristo. Cristo
non le ha scelte come apostoli, anche se alcune ne hanno il titolo, come
santa Maria Maddalena, "pari agli apostoli". Non è sullo stesso piano.
Le sante donne rappresentano tutti i fedeli, rappresentano la Chiesa, ma
non nella funzione di autorità. Mentre gli apostoli stessi sono la
roccia su cui è costruita la Chiesa. E questo è il motivo per cui i
vescovi, ai quali gli apostoli hanno trasmesso la loro autorità, hanno
questa prima missione di annunciare, di perpetuare nei secoli la
testimonianza degli apostoli che hanno visto il Cristo risorto. Questa
testimonianza è il fondamento e la base della Chiesa, senza alcun
dubbio.
E lo scopo di tutto questo, ancora una
volta, è la santità di tutto il popolo cristiano, è il fatto che ognuno
di noi possa dire "non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in
me". La mia vita deve essere un riflesso, un ampliamento della presenza
di Cristo in mezzo agli uomini, nel modo in cui io mi comporto. La
carità deve permeare tutti i miei pensieri, i miei giudizi, tutta la mia
azione. Questo è ciò che ci insegna questo vangelo delle Mirofore che è
molto importante per questo. Questa domenica delle Mirofore ci porta
una lezione di ecclesiologia, fondamentale per capire ciò che è la
nostra vita cristiana, la nostra vita di chiesa, la nostra vita nella
Chiesa. Al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, che ci hanno colmati
di tutti questi meravigliosi doni, sia la gloria, ora e sempre, e nei
secoli dei secoli, amìn.
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