Padre Sergej Sveshnikov: La vita come sacramento frsergei.wordpress.com, 24 Dicembre 2011 |
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Un intervento alla St. Herman Orthodox Youth Conference il 24 dicembre 2011 a Ottawa, Canada Introduzione
Tutti conosciamo i sacramenti della
Chiesa e li riconosciamo come eventi o pietre miliari nella nostra vita
cristiana: siamo battezzati, ci prepariamo per la confessione e la
comunione, ci sposiamo, alcuni possono essere ordinati al santo
sacerdozio... Questi importanti episodi ci forniscono il tempo e il
luogo per essere faccia a faccia con Dio, per unirci a lui nella sua
santa Chiesa, il suo corpo. Ma per quanto riguarda il resto della nostra
vita? Bene, preghiamo per alcuni minuti la mattina e anche la sera. Ma
che dire del resto? Troppo spesso, le nostre vite sono fratturate: c’è
la parte cristiana - i sacramenti e le funzioni, le preghiere e le
letture della Chiesa, e c’è la parte secolare - la scuola, il lavoro,
una festa a casa di un amico, un film al venerdì sera, e la due parti
sembrano essere tanto lontane quanto il levante dal ponente. In effetti,
cosa c’è di tanto spirituale nel cucinare la colazione? Oppure, come si
può essere (o non essere) un cristiano mentre ci si lava i denti? La
stessa separazione molto meccanicistica tra la Chiesa e il resto della
vita sembra tanto comune nel cristianesimo moderno, quanto la
separazione tra la Chiesa e lo Stato. Ma ci può essere un altro modello?
Esiste un modo per riconciliare i pezzi rotti della vita moderna
fratturata e di vivere un’integra e semplice vita cristiana? Qui
discuteremo il significato della parola "sacramento", il ruolo che
svolgono i sacramenti nella nostra vita, e anche alcuni modi in cui
possiamo guidare e plasmare la nostra vita di ogni giorno verso una
maggiore connessione con Dio e con la sua Chiesa.
Che cos'è un sacramento?
Prima di iniziare la nostra discussione
sui sacramenti, cerchiamo prima di definire che cos’è un sacramento in
realtà. Questo compito non è del tutto in linea con la tradizione della
Chiesa ortodossa. In realtà, la Chiesa ortodossa nel suo insieme non ha
mai formulato una definizione precisa. Ciò nonostante, alcuni singoli
teologi hanno cercato di definire la parola "sacramento". Il beato
Agostino di Ippona, per esempio, ha scritto che "La Parola viene
all'elemento; e quindi un sacramento, per così dire, è una sorta di
parola visibile", o, in altre parole, "un sacramento è un segno visibile
di una realtà invisibile "Un'altra definizione può essere trovata nel Catechismo esteso della Chiesa ortodossa cattolica orientale
di san Filarete (Drozdov): "Un mistero o sacramento è un atto sacro,
attraverso il quale la grazia, o, in altre parole, la potenza salvifica
di Dio, opera misteriosamente sull'uomo".
Queste definizioni sono accettabili? In
molti modi, lo sono. Tuttavia, queste definizioni lasciano aperte alcune
domande. Per esempio, una brioche che possiamo aver mangiato a
colazione è un segno visibile di una realtà invisibile? Certo! È un
segno molto visibile, tangibile, e gustoso delle benedizioni che Dio
dona alle fatiche dei contadini e dei panettieri. E che dire della
preghiera che abbiamo fatto prima dell'inizio di questa Conferenza - è
un sacramento? Secondo la definizione di San Filarete, sì, dal momento
che è un atto attraverso il quale la grazia di Dio opera misteriosamente
sull'uomo.
"Ma aspettate", si può dire: "non ci sono
solo sette sacramenti?" Torneremo a questa domanda, ma prima, oserò
offrire l'ennesima definizione di ciò che è un sacramento. Cerchiamo di
definire un sacramento come un luogo e un tempo in cui un atto
deliberato di Dio si intreccia con un atto deliberato dell'uomo. In
altre parole, un sacramento è quando Dio e l'uomo lavorano insieme. Cosa
stanno cercando di realizzare? Beh, sappiamo ciò che Dio sta cercando
di realizzare, la salvezza dell'uomo, e ancor più precisamente, la theosis.
Così, quando Dio e l'uomo collaborano nel processo di deificazione,
quest'atto è un sacramento. Perché questa dualità è così importante?
Perché, senza la volontà e la partecipazione di Dio, tutto quello che
otteniamo sono atti o opere di uomini. E senza la volontà e la
partecipazione dell'uomo, ciò che otteniamo è un miracolo operato da Dio
solo. È solo quando i due atti si uniscono che abbiamo un sacramento.
Quanti sacramenti ci sono?
Nel XVI secolo, il Concilio cattolico di
Trento stabilì che c'erano sette sacramenti, [1] e sono gli stessi
sacramenti che troviamo nei libri ortodossi della Legge di Dio o nel Catechismo
di san Filarete [2]: battesimo, cresima, confessione, comunione (o
eucaristia), unzione, matrimonio, e ordinazione. Questo elenco è venuto
nella tradizione ortodossa dall'Occidente latino, ed è diventato un
punto di riferimento comodo e ben confezionato per libri di testo delle
scuole domenicali e dei catechismi popolari. Tuttavia, a differenza
della Chiesa cattolica romana, che scomunica chi dice che ci sono meno o
più di sette sacramenti, [3] gli autori ortodossi hanno parlato da un
minimo di due fino a dieci sacramenti [4], senza pretese di esclusività.
In effetti, se un sacramento è un atto collaborativo di Dio e dell'uomo
nel processo di deificazione, allora anche i voti monastici, per
esempio, sono un sacramento, [5], e così è la benedizione dell'acqua.
Purtroppo, dopo diverse generazioni di
bambini che imparano l'elenco dei sette sacramenti nelle loro lezioni
della scuola domenicale, molti ortodossi equiparano i sacramenti a una
lista di sette riti o rituali della Chiesa, che non sono solo
relativamente rari (quanto spesso, per esempio, ci si fa battezzare o ci
si sposa?), ma possono anche non essere per tutti (per esempio, le
donne non possono essere ordinate, e i monaci non possono sposarsi).
Quindi, cerchiamo di passare a parlare di alcuni dei sacramenti in modi
che li rendono importanti per tutti noi, in tutta la nostra vita.
Il battesimo
Molti ortodossi laici e anche alcuni
sacerdoti credono che una volta che una persona è stata battezzata da
bambino, rimane ortodossa per il resto della sua vita. In realtà
dovrebbe essere così, ma spesso non lo è. Il battesimo è l'ingresso
nella Chiesa, sia come corpo mistico di Cristo che come istituzione
umana stabilita da Dio. Ma nessuno di questi è un carcere, e chiunque è
libero di uscire in qualsiasi momento. In realtà, ognuno di noi lascia
la Chiesa per mezzo del peccato e non è più nel corpo di Cristo.
Ricordiamo le parole di una preghiera che si sente durante la
confessione: "Riconcilialo e uniscilo con la tua santa Chiesa..." Così è
perché, a causa del peccato, diventiamo nemici della Chiesa, non siamo
più nel corpo di Cristo, infrangiamo i nostri voti battesimali e
contaminiamo la nostra veste battesimale. E dobbiamo riconciliarci e
unirci di nuovo attraverso il pentimento. Così, il battesimo, mentre è
di fatto un evento singolare, pone obblighi in tutto il corso della
nostra vita; così come piantare un seme è un evento singolare, ma far
crescere un albero richiede impegno e pazienza.
La confessione
Molte persone vedono anche la confessione
come un evento singolare e talvolta raro. Alcuni vanno a confessarsi
solo una volta l'anno (cosa che, per inciso, io considero un abominio).
Altri possono confessarsi più spesso e anche più o meno regolarmente...
ma cerchiamo di sostituire la parola "confessione" con la parola
"pentimento". Qual è la differenza? Immaginate un ladro che racconta con
orgoglio a un suo amico di tutte le cose che ha rubato, e poi va a
rubare ancora. Ha appena confessato i suoi peccati, senza dubbio. Ma è
pentito? Ora immaginate un cristiano che si confessa, enumera tutti i
suoi peccati, ne è ben consapevole, e poi va e continua a vivere nel
peccato. Questo può essere considerato un sacramento? Ovviamente no.
Mentre Dio è pronto a cancellare i peccati della vita di questa persona,
la persona stessa non vuole cancellarli, vuole tenerseli. Li confessa
senza alcuna volontà di cambiare la sua vita, vale a dire, senza
pentimento.
La parola "pentimento" ha una radice
latina che non riflette il pieno significato del concetto ortodosso.
L’equivalente greco – μετάνοια - significa cambiare la propria mente,
non farla restare la stessa. [6] Perciò, pentirsi è decidere di
allontanarsi dal peccato e di fare uno sforzo per non tornare a peccare.
Ed è qui, all'interno dell’unione della volontà di Dio di agire per
cancellare i nostri peccati e della nostra volontà di agire per
allontanarci dal peccato - che il sacramento ha luogo. Così, il
sacramento della penitenza non si limita a elencare i nostri peccati
davanti a un prete e a ricevere un’assoluzione, ma continua nei seguenti
minuti, ore, giorni, settimane e nel resto della nostra vita mutata e
mutevole.
La comunione
Allo stesso modo, la comunione non è solo
quel momento in chiesa quando riceviamo di fatto il corpo e il sangue
di Cristo nella nostra bocca e inghiottiamo. Il termine latino communio
significa "mettere in comune", [7], cioè la partecipazione alla natura e
alla vita del Corpo di Cristo, diventando tutt'uno con esso, come disse
l'apostolo Paolo, "non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me
"(Gal 2,20). Si noti che l'Apostolo usava la parola "vive" - non "viene
in visita" o "si ferma per un breve momento", ma "vive." Conoscete il
famoso detto popolare, "Tu sei quello che mangi". Partecipiamo al corpo
di Cristo per diventare corpo di Cristo. In una preghiera durante la
Liturgia, il sacerdote chiede a Dio di effondere il suo Spirito Santo su
di noi (in primis!) e quindi sui Santi Doni già presentati. E questo -
il nostro divenire corpo di Cristo - non deve essere solo per un minuto o
per un giorno, ma letteralmente per l'eternità. In questo modo, la
comunione è al di fuori del tempo, e noi dobbiamo essere in comunione
con Cristo non solo quando ci comunichiamo in chiesa, ma anche il giorno
successivo, e il successivo, e il successivo, e proprio ora mentre
siamo seduti qui ad ascoltare questo discorso.
Il matrimonio
Questo stesso principio dei sacramenti,
non limitato dai vincoli dei riti ecclesiastici e dai rituali ad essi
associati, ma che invece permea la totalità di una vita cristiana, può
essere applicato al resto dei sacramenti della lista "ufficiale", anche
se non li discuteremo tutti qui. Ma, come ultimo esempio, diamo
un'occhiata a un sacramento che non è apparentemente per tutti, il
matrimonio. Infatti, alcune persone si sposano, e altre no.
Secondo le Scritture, un matrimonio tra
un uomo e una donna è un'icona del grande mistero di Cristo e della
Chiesa (cfr. Ef 5,32). In realtà, per parlare di questo mistero,
l’apostolo Paolo usa le stesse parole con cui Dio ha stabilito il
sacramento del matrimonio tra un uomo e una donna: "...e i due saranno
una carne sola " (Ef 5:31, cf Gn 2,24). Questo dovrebbe immediatamente
ricordarci il sacramento che abbiamo discusso in precedenza, la santa
comunione, ma anche il battesimo e la confessione, perché essi ci
aiutano a entrare e a rimanere nel corpo di Cristo - i due saranno una
carne sola. Infatti, unirsi a Cristo è l'obiettivo centrale della vita
cristiana, ed è, per estensione, lo scopo principale dietro ogni
sacramento della Chiesa. Il sacramento del matrimonio è un'icona del
mistero di Cristo e della Chiesa, ma ce ne sono altri. Anche il
monachesimo, per esempio, è un'icona vivente dell'unione di un uomo o di
una donna con Cristo, e allo stesso modo è una vita dedicata al
servizio disinteressato e di sacrificio per gli altri, cosa che, per
inciso, è anche l'essenza spesso dimenticata del matrimonio tra un uomo e
una donna.
Tutti i cristiani sono chiamati al
banchetto di nozze dell'Agnello, non come ospiti o spettatori, ma come
partecipanti, come membri della sposa santa e senza macchia, la Chiesa,
per essere uniti con lo Sposo divino in una sola carne, il corpo di
Cristo. Sia che ci si sposarsi o si rimanga singoli, che si segua il
percorso del monachesimo o si rimanga nel mondo, ognuno di noi è
chiamato a essere partecipe del matrimonio sacramentale di Cristo e
della sua Chiesa. E la nostra partecipazione terrena nell'icona di
questo sacramento divino non è limitata ai pochi minuti in cui
indossiamo le nostre corone nuziali nel corso di una cerimonia in
chiesa, ma è un impegno lungo una vita che continua nell'eternità con
Cristo.
"La vita non esaminata non è degna di essere vissuta ..." [8]
Mentre abbiamo parlato dei vari
sacramenti della Chiesa, avrete notato che abbiamo continuato a dire la
stessa cosa, spesso usando le stesse parole. Non sto cercando di parlare
a vuoto, ma può sembrare così. Forse, questo è perché esiste davvero un
solo sacramento, il sacramento di essere nel corpo di Cristo risorto,
il sacramento della theosis. Ogni sacramento della Chiesa, ogni
preghiera, ogni rito e rituale, ogni lettura e inno ha l'obiettivo di
mostrarci la via, di darci la forza di essere nel corpo di Cristo. In
effetti, la nostra stessa vita, dal primo "Benedetto il nostro Dio ..."
all'ultimo "Amen!" - ha una sola domanda: "Ti unisci a Cristo?" E una
sola risposta corretta: "Mi unisco a Cristo!" Queste parole non sono
solo né principalmente una parte del rito del catecumenato, ma devono
risuonare nel corso di tutta la vita cristiana. È questa continua unione
con Cristo, che ha permesso all’apostolo Paolo di dire: "Non sono più
io che vivo, ma è Cristo che vive in me" (Gal 2,20) e a san Giovanni di
Kronstadt di parlare della sua vita in Cristo. Questa non è
un’espressione buonista - la sua era letteralmente una vita in Cristo.
Allo stesso modo, vi è solo una vera virtù - essere nel corpo di Cristo,
e solo un vero peccato - essere separati da Cristo. Qualunque cosa
nella nostra vita ci differenzia da Cristo, distorce la Sua immagine in
noi - è peccato.
Purtroppo, molto spesso la domanda "che
cosa farebbe Gesù" diventa molto confusa. In realtà, alcune persone
hanno una tale immagine bidimensionale di Cristo nella loro mente che
diventa assolutamente impossibile anche solo immaginare che cosa avrebbe
fatto questo personaggio bidimensionale di fronte a un vero e proprio
mondo a quattro dimensioni. Ma non dimentichiamo che Cristo ha preso la
nostra natura umana su di sé non per santificare delle icone
bidimensionali di se stesso, per quanto sante possano essere, ma per
guarire, ripristinare e santificare la stessa natura umana in tutta la
sua complessità. Quando Cristo entra in noi, nello stesso modo in cui
Egli è entrato nell’apostolo Paolo, in san Giovanni di Kronstadt, e in
tutti gli altri santi cristiani, questa unione ha effetto sulla totalità
della vita umana: i nostri ingressi e uscite, le nostre preghiere a Dio
e le conversazioni con gli amici, la nostra partecipazione al corpo e
al sangue di Cristo in chiesa e la cena di famiglia di tutti i giorni.
Secondo Platone, Socrate una volta disse
che la vita non esaminata non è degna di essere vissuta. Che cosa è una
vita non esaminata? Immaginate di non fare assolutamente nulla e di
stare solo in attesa della fine di un giorno... un giorno, due giorni...
O immaginate di vivere da una festa a un'altra, da divertimento a
divertimento, con niente in mezzo - il lavoro, la scuola, la solita roba
noiosa, l'attesa della fine di un anno, per poter fare le prossime
vacanze. Una vita meccanica, spensierata con il pilota automatico:
cibo-lavoro-sonno. Ora immaginate di pensare a Dio solo una volta o due
al giorno, o una volta o due alla settimana, o anche una volta o due
all'anno.
Ma cosa dovremmo fare? Cantare salmi in
slavonico ecclesiastico sotto la doccia? Beh, questa non è davvero una
cattiva idea. In ogni caso, a mio gusto, è meglio che cantare l'ultima
canzone di Justin Bieber. Ma il punto più importante è che qualsiasi
cosa nella vita può e deve essere fatta con intenzione e preghiera. E
questa non è solo una questione di una certa condizione spirituale
interiore, ma anche una azione molto esterna e viscerale. Noi non siamo
una raccolta meccanica di parti - corpo, anima, spirito - tutte messe
insieme con alcune viti e colla. Piuttosto, siamo esseri integrali - ciò
che fa il nostro corpo influisce sulla nostra anima, e la bocca parla
di ciò di cui è pieno il cuore (Mt 12:34; Lc 6:45).
Consideriamo, per esempio, le parole di
Gesù figlio di Sirach: "In tutte le tue opere, ricorda il tuo fine
ultimo, e non peccherai mai" (Sir 7:40). Questo versetto parla di tutto
l'essere umano - corpo, anima e spirito. "In tutte le tue opere" - con
le mani, i piedi, persino la tua bocca; "ricorda il tuo fine ultimo" -
ricordalo con la tua mente, lascia che il ricordo della morte guidi la
tua anima "e non peccherai mai" - la tua bussola spirituale, quella
parte di te che punta verso Dio, rimarrà fedele.
Allo stesso modo, l'apostolo Paolo
scrive: "Pregate incessantemente" (1 Ts 5:17). A volte, le persone
interpretano questo versetto come se non parlasse della preghiera nel
modo in cui di solito la maggior parte delle persone la capisce - l'atto
di comunicare con Dio attraverso il culto, le petizioni, o le
contemplazioni, ma come se parlasse di livelli più alti dell'arte delle
fatiche noetiche, e quindi irraggiungibile per la maggior parte delle
persone, proprio come i più alti livelli della maggior parte di altre
arti. Forse, questa è una interpretazione valida - non lo so, non ho
raggiunto i più alti livelli delle arti noetiche. Ma leggendo l'epistola
di Paolo, viene in mente un'altra interpretazione. Non è probabile che
l'apostolo sta parlando di semplici cose quotidiane riguardanti la vita
di ogni cristiano, semplicemente della vita e della mentalità cristiana?
Ecco il contesto più ampio (14-18):
14 Vi esortiamo, fratelli: correggete
gli indisciplinati, confortate i pusillanimi, sostenete i deboli, siate
pazienti con tutti.
15 Guardatevi dal rendere male per male ad alcuno; ma cercate sempre il bene tra voi e con tutti.
16 State sempre lieti,
17 pregate incessantemente,
18 in ogni cosa rendete grazie; questa è infatti la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi.
Naturalmente, il rendere grazie potrebbe
essere visto come un'altra delle arti noetiche, o può essere una cosa
semplice come ringraziare Dio per tutto - non solo quelle cose che ci
sembrano piacevoli, ma anche quelle che sono amare come le medicine e
dolorose come la chirurgia. In effetti, un medico prende un coltello e
taglia la nostra carne, e tuttavia gli diciamo: "Grazie, dottore!" E in
realtà ci sentiamo riconoscenti, seppure un po' doloranti.
Ma diamo un altro sguardo alle parole
della Scrittura: "in ogni cosa", " cercate sempre", "incessantemente..."
Non è questo forse un monito a prestare molta attenzione a ogni singolo
momento della nostra vita? Suona scoraggiante, non è vero? In realtà, è
piuttosto semplice e comincia con piccoli passi. Per esempio, molte
persone usano il telefono - chiamano i loro amici e familiari,
rispondono quando squilla senza darsi troppo pensiero. In realtà, si
tratta di una esperienza così comune che non ci pensiamo due volte.
Conosco una persona che si fa il segno della croce ogni volta prima di
prendere in mano il telefono. Com'è bello e significativo! Com'è
semplice! - Una pausa, una breve preghiera, una realizzazione che
l'interazione che avverrà è all'interno dello spazio e del tempo sacro
della vita umana. La vita esaminata... Noi facciamo tutti la doccia,
vero? Una volta ho letto di una persona che recitava un solo breve
versetto del Salmo 50 (51 nella numerazione masoretica): "Purificami con
issopo e sarò mondo: lavami, e sarò più candido della neve" (verso 7).
Anche in questo caso, quant'è bello nella sua semplicità!
Una vita santificata, una vita come
sacramento, non è questo ciò che la Chiesa ci insegna? I nostri corpi e
anime sono lavati nelle acque del santo battesimo; le nostre auto e case
sono santificate con l'acqua santa, i nostri occhi, orecchie e bocche
sono sigillati con santo crisma - un cristiano è uno speciale
contenitore separato, messo da parte per il servizio di Dio (cfr. 1
Pietro 2:9). Perché pensate che indossiamo una croce in ogni momento?
Per la stessa ragione per cui vi è una croce su ogni chiesa per
significare che non si tratta di un fienile o di un magazzino, ma un
tempio di sacro di Dio. Chiaramente, in questo breve discorso non
possiamo discutere di una vita umana in ogni dettaglio, ma in
conclusione, vorrei citare solo due aspetti della nostra routine
quotidiana che sono già contrassegnate dalla Chiesa come sacre.
Le ore dei pasti
Noi tutti mangiamo, spesso senza dare
molta considerazione all'atto di mangiare, abbiamo fame, perciò
mangiamo. Tuttavia, mangiare è uno dei più antichi atti sacri noti agli
uomini. Attraverso il cibo Adamo ed Eva caddero lontano da Dio, e
attraverso il cibo Cristo entra in noi nella comunione. Caino e Abele
offrirono cibo che avevano elevato come sacrificio a Dio. Abramo nutrì i
tre visitatori divini. Quando il figliol prodigo è tornato a casa, il
padre ha ordinato che si preparasse un pasto. È l'unione di Cristo e
dell'uomo è spesso simboleggiata da un banchetto.
Noi preghiamo prima e dopo ogni pasto. Le
preghiere segnano il sacro e lo separano dal profano. Così, il pasto è
tempo sacro, un rito sacro. In parole povere, il pasto è un'icona: il
pane terreno nutre e sostiene i nostri corpi come Cristo, il pane
celeste, nutre e sostiene le nostre anime. E ogni pasto è in qualche
modo sacramentale, in quanto ci dà un simbolo visibile di una realtà
invisibile. E proprio come con le immagini dipinte ci sono le icone
sacre e ci sono le caricature, così è con i pasti: ci sono tempi sacri e
ci sono caricature.
Le preghiere quotidiane
A volte sentiamo che il tempo sacro ai
nostri giorni è il tempo della preghiera. Trattiamo la preghiera come
una forma d'obbligo: 15 minuti per Dio, il resto della giornata per me.
Anzi, spesso fraintendiamo gli obblighi religiosi e li vediamo allo
stesso modo dei nostri obblighi sociali. Diamo uno sguardo alle tasse,
per esempio: diamo una certa parte del nostro reddito al governo perché
ha bisogno di fondi per vari programmi, e teniamo il resto per i nostri
bisogni. Chiaramente, con Dio non è la stessa cosa. Dio in realtà non ha
bisogno delle nostre decime, e non ha bisogno di preghiere. Al
contrario, offriamo le nostre primizie a Dio in modo che tutte le nostre
fatiche terrene siano santificate. Tutto quello che possediamo e, a
proposito, anche tutto quello che mangiamo è sacro perché è sacrificale,
è stato santificato dalla nostra offerta dei primi e migliori frutti a
Dio. Allo stesso modo, offriamo preghiere mattutine e serali a Dio in
modo che tutta la nostra giornata possa essere santa, pacifica e senza
peccato. In altre parole, il tempo sacro della giornata non è il tempo
della preghiera, ma il tempo che è segnato, incorniciato, coronato dalla
preghiera, vale a dire, tutto il giorno stesso. Un buon esempio può
essere un bel calice: per quanto sacro e bello possa essere, è quello
che c'è dentro che conta. O un bel tempio, perché è santificato non da
oro e lustrini, ma dalla presenza di Dio, e senza Dio all’interno, è
solo un museo di architettura e belle arti. Pensateci, la prossima volta
che volete fare in fretta a finire le vostre preghiere in modo da poter
andare avanti con la vostra giornata.
Un altro aspetto importante della
preghiera è che ci tiene in contatto con Dio, da persona a Persona, ci
ricorda che non siamo soli, che ciò che vediamo non è tutto ciò che
esiste. Naturalmente, questo funziona solo se la preghiera è costante o
almeno frequente. Per alcuni può essere una sorpresa, ma i primi
cristiani non avevano i libri di preghiera stampati a Jordanville.
Invece, recitavano regole di preghiera molto più brevi molto più
frequentemente, fino a cinque volte al giorno o più, a orari specifici.
La regola di preghiera probabilmente consisteva nella preghiera del
Signore. [9] Forse, un interessante eco della pratica di preghiere brevi
ma frequenti si possono trovare nella nostra regola di preghiera della
sera - la preghiera di san Giovanni Crisostomo, con una breve supplica
per ogni ora del giorno. Non è chiaro se san Giovanni seguisse sempre
una regola di dire una petizione a ogni ora del giorno, o se ha fatto
quello che facciamo noi oggi - leggere tutta una lista, in pochi minuti,
ma anche i nostri servizi divini seguono un modello preordinato per
tutto il giorno: l'ora prima (6:00), l'ora terza (9:00), l'ora sesta
(12:00), l'ora nona (15:00), e poi il vespro (18:00).
Il mondo industriale moderno è stato
costruito in modo tale che per la maggior parte dei lavoratori sarebbe
impossibile recitare a dieci o quindici minuti di regola di preghiera
tre o cinque volte al giorno. Ma gli antichi non facevano nemmeno
questo. Che cosa succederebbe se cercassimo di fare quello che facevano
loro, la Preghiera del Signore? O, forse, qualcosa di ancora più breve -
la Preghiera di Gesù? Potremmo farla cinque volte al giorno?
Se sei un cristiano, allora non credi che
la tua vita sia un incidente, privo di scopo, un picco casuale senza
senso di un onda di probabilità cosmica. Voi sapete che il vostro scopo è
quello di diventare il corpo di Cristo. Sapete che la vostra vita è un
sacramento, non diversamente dall'eucaristia. I chicchi di grano
crescono dalla terra, formati e modellati attraverso molto lavoro per
essere offerti a Dio e diventare il suo corpo. Allo stesso modo una vita
umana: presa dalla terra, è formata e modellata attraverso molto lavoro
per diventare un'offerta a Dio e il suo corpo. E così come ci sono
differenze tra le diverse tradizioni liturgiche, diverse persone hanno
trovato diversi modi di vivere la loro vita come offerta sacra a Dio.
Forse è meno importante se cantate o no salmi sotto la doccia, se
recitate la Preghiera del Signore tre volte al giorno oppure cinque -
ciò che è importante è che viviate la vostra vita come un sacramento,
come un'icona, e non come una caricatura.
Note
[1] Il decreto del Concilio di Trento era
una formulazione ufficiale di una precedente tradizione scolastica
cattolica romana, che risale al XII secolo ed era già stata affermata
due volte da due precedenti Concili della Chiesa cattolica romana: il
Concilio di Lione (1274) e il Concilio di Firenze (1439).
[2] Cfr. anche la stessa lista nella Confessione ortodossa del metropolita Pietro Mohila (17 cent.).
[3] Settima sessione del Concilio di Trento, Decreto sui sacramenti, "Sul sacramento in generale," Canon I.
[4] San Giovanni di Damasco ne cita due,
san Cirillo di Gerusalemme 3, San Dionigi l'Areopagita 6, Joasaf di
Efeso 10, solo per citarne alcuni.
[5] In realtà san Teodoro Studita, tra gli altri, elenca i voti monastici come uno dei sacramenti.
[6] Il concetto di pentimento cristiano
può anche essere visto come una continuazione e la combinazione delle
due parole ebraiche che rappresentano l'idea del pentimento:
שוב-tornare, e נחם- sentire dolore. In altre parole, pentirsi non
significa solo elencare i propri peccati e sentirsi dispiaciuti per
loro, ma anche allontanarsi da ciò che è male e tornare indietro a ciò
che è buono - pensiamo, per esempio, alla parabola del figliol prodigo.
[7] La corrispondente parola greca κοινωνία è tradotta come "comunione" per indicare sia la comunione di Dio e dell'uomo, sia anche la comunione delle persone.
[8] "ὁ δὲ ἀνεξέταστος βίος οὐ βιωτὸς ἀνθρώπῳ" - Platone, Apologia
38a. Platone attribuisce queste parole a Socrate, ma, suppongo, è
impossibile sapere con certezza se alcuni dei pensieri di Platone non
siano stati presentati come quelli del suo famoso maestro.
[9] Cfr. Didaché 8.
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martedì 21 maggio 2013
Dal sito: http://www.ortodossiatorino.net
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