lunedì 30 novembre 2020

http://www.ortodossiatorino.net (Non sei daccordo con le mie tesi ??? Anche se hai regione io ti scomunico)

 Punire gli obiettori: come l'arcivescovo Chrysostomos ha risolto il problema delle "ordinazioni" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"

di Konstantin Shemljuk

Unione dei giornalisti ortodossi, 28 novembre 2020

 

l'arcivescovo Chrysostomos minaccia di punire con la deposizione i vescovi che si gli oppongono. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

L'arcivescovo Chrysostomos di Cipro ha detto che i vescovi che si rifiutano di concelebrare con lui a causa della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" saranno deposti. Chi segue i canoni ecclesiali in questa situazione?

Il 26 novembre 2020, il Primate della Chiesa ortodossa di Cipro, l'arcivescovo Chrysostomos , durante un programma televisivo sul canale cipriota RIK, ha dichiarato che il riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è obbligatorio per tutti i vescovi e laici della Chiesa di Cipro, e quei vescovi che rifiutano di obbedire alla decisione del Sinodo saranno puniti, fino a essere deposti.

Il fatto è che anche prima del Sinodo il metropolita Isaias di Tamassos aveva detto che non poteva servire con l'arcivescovo Chrysostomos, se quest'ultimo avesse commemorato Dumenko "o partecipare a una funzione in cui è menzionato il suo nome, perché significherebbe che io violo la decisione del Santo Sinodo sulla neutralità. Se io sono presente da qualche parte, e lui (Dumenko, ndc) viene commemorato, significa che riconosco lui e la sua chiesa e quindi violerò la decisione del Santo Sinodo di Cipro".

Poco dopo la riunione del Santo Sinodo del 25 novembre, il metropolita Isaia ha osservato che "pur preservando l'unità della Chiesa di Cipro durante questo periodo difficile", continuerà a commemorare l'arcivescovo Chrysostomos, "ma lascerà la questione della concelebrazione con lui alla sua coscienza episcopale".

A parte il metropolita Isaias, la decisione del Santo Sinodo è stata respinta dal metropolita Nikoforos, il quale ha sottolineato che il riconoscimento di Dumenko come "metropolita" canonico non può essere vincolante. Ha anche ricordato che la storia della Chiesa conosce casi in cui singoli vescovi non hanno obbedito alle decisioni di interi concili, e alla fine hanno avuto ragione. Per esempio, il metropolita Nikiforos ha fatto riferimento a san Marco di Efeso, che ha scelto di non firmare le decisioni dell'Unione di Ferrara e Firenze.

All'indomani di queste dichiarazioni, il metropolita Georgios di Paphos, sostenitore del riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", ha affermato che a suo avviso le decisioni del Sinodo sono vincolanti per tutti, mentre l'arcivescovo Chrysostomos ha sottolineato che quando qualcuno chiede la convocazione del Sinodo, deve rispettare le sue decisioni.

Come possiamo vedere, la situazione a Cipro è tesa fino al limite. Tuttavia, questo non impedisce all'arcivescovo Chrysostomos di credere che "non ci sia né scisma né crisi nella Chiesa di Cipro" e che "questa posizione di arbitrarietà presto svanirà". È sicuro che chi non è d'accordo con le decisioni del Sinodo, "non può farla franca": "Tutti noi concelebriamo la Divina Liturgia alcune volte all'anno durante le feste. Se li invito a concelebrare con me la Divina Liturgia, non possono rifiutarsi di farlo. Quando li invito, possono non venire solo se si ammalano. Se scelgono di non partecipare, saranno puniti. Le punizioni previste vanno dal rimprovero alla deposizione. Non possiamo fare ciò che vogliamo all'interno della Chiesa di Cipro".

In altre parole, il primate della Chiesa di Cipro ha chiarito che intende portare avanti la questione del riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e sfruttare tutti i mezzi disponibili a tal fine – dal convincere gli obiettori al sospenderli dal sacerdozio, fino addirittura alla deposizione.

Vale la pena sottolineare a questo proposito che, prima di tutto, la deposizione è una punizione molto grave e solo coloro che violano i canoni della Chiesa possono essere puniti in questo modo. In secondo luogo, il primate di qualunque Chiesa non ha il diritto di privare unilateralmente un vescovo della sua dignità, poiché lo stesso primate è solo il primo vescovo in onore.

Ciò significa che la deposizione richiede una decisione del Concilio dei vescovi, che la prende sulla base di una conclusione del tribunale ecclesiastico. Questo, ancora una volta, ci riporta alla questione della violazione dei canoni della Chiesa. Allora quali sono le regole violate dai vescovi ciprioti che si sono opposti al riconoscimento di Dumenko come "metropolita" di Kiev?

Come è stato "ordinato" Dumenko?

Ricordiamo che il primo ostacolo serio, anzi insormontabile, nella questione del riconoscimento di Dumenko come "vescovo" è la sua carente consacrazione canonica.

Dumenko è stato "ordinato" nel 2009 da Filaret Denisenko insieme a diversi "vescovo" del "patriarcato di Kiev" - Dmitrij Rudjuk, Aleksandr Reshetnjak, Mikhail Zinkevich, Lavrentij Migovich, Lavrentij Khavruk, Ilarion Protsik ed Evstratij Zorja. Tutte queste persone (con l'eccezione di Migovich, "ordinato" dalla "Chiesa ortodossa autocefala ucraina" nella chiesa di sant'Andrea a Kiev) hanno ricevuto la loro "dignità episcopale" dalle mani di Denisenko, che è stato deposto nel 1992 e anatematizzato dal Concilio episcopale della Chiesa ortodossa russa nel 1997.

Sottolineiamo che la validità di questo anatema è stata pienamente e senza dubbio riconosciuta da tutte le Chiese ortodosse senza eccezioni, compreso il Patriarcato di Costantinopoli. Nel 1992 il patriarca Bartolomeo scrive in una lettera al Patriarca Alessio II: "In risposta al telegramma e alla lettera di vostra Beatitudine riguardo al problema sorto nella nostra santa sorella la Chiesa ortodossa russa e che ha guidato il suo Santo Sinodo, per ovvie ragioni, alla deposizione del fino a poco tempo fa membro onorario del Sinodo, il metropolita Filaret di Kiev, desideriamo informare fraternamente il vostro amore che la nostra santa Chiesa ecumenica di Cristo, riconoscendo la pienezza della competenza esclusiva della vostra santa Chiesa russa su questo tema, adotta la relativa decisione sinodale summenzionata". Inoltre, nel 1993, il patriarca Bartolomeo credeva che il fatto stesso della deposizione di Filaret implicasse la privazione della sua dignità episcopale. Ecco le sue parole, registrate dall'allora vice primo ministro ucraino N. Zhulinskij: "Nessuno riconosce Filaret come vescovo".

Dal punto di vista del diritto canonico della Chiesa, ciò implica che tutti gli atti sacri compiuti da Filaret dal momento della sua privazione della dignità sono considerati nulli, cioè invalidi. In altre parole, sia la "consacrazione" dei partecipanti alla "ordinazione" di Dumenko sia la "consacrazione" di quest'ultimo non hanno forza canonica. Denisenko era ed è perfettamente consapevole di questo fatto.

Per esempio, in un'intervista al quotidiano Den' del 15 settembre 2001, ha affermato che "dall'interpretazione degli anatemi dipende la soluzione di molte questioni importanti, come 'Due Chiese ucraine non canoniche hanno un episcopato oppure no?' Perché il non riconoscimento del patriarca Filaret comporta automaticamente il non riconoscimento di tutti i vescovi da lui ordinati, e quelli, a loro volta, che sono stati ordinati dai vescovi da lui precedentemente ordinati. Se io sono deposto, risulta che non esiste un sacerdozio ucraino ("Chiesa ortodossa autocefala ucraina", "patriarcato di Kiev", "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", ndc), perché sono tutti ordinati da vescovi invalidi".

E anche la "rimozione" non canonica dell'anatema da Filaret nel 2018 da parte del Fanar non cambia minimamente la situazione. Perché, secondo Denisenko , "se il patriarca ecumenico mi ha rimosso l'anatema nel 2018, allora sono stato anatematizzato o no fino al 2018? Se lo sono stato, significa che tutti questi vescovi (la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", ndc) non sono validi ed Epifanij non è né un metropolita, né un sacerdote. Se il patriarca ecumenico mi ha revocato l'anatema nel 2018, allora l'intero episcopato è invalido".

Questo fatto è stato segnalato anche al Patriarcato di Costantinopoli da rappresentanti di praticamente tutte le Chiese locali: tutte le "ordinazioni" di Denisenko, da lui compiute dopo essere stato deposto dalla Chesa ortodossa russa e ancor più dopo l'anatema, non sono valide. E questa non è l'opinione privata dei sinodi o dei singoli vescovi, ma la posizione canonica della Chiesa: Sergej Dumenko, che è stato "ordinato" da una persona scomunicata dalla Chiesa, non poteva diventare vescovo canonico. E anche la maggioranza dei voti del Sinodo cipriota, secondo l'opinione del metropolita Neophytos di Morphou, non lo ha trasformato automaticamente in un vescovo canonico.

Atteggiamento del Sinodo della Chiesa cipriota nei confronti delle "ordinazioni" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"

Il Comunicato del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa di Cipro del 18 febbraio 2019 parla in modo chiaro e inequivocabile delle "ordinazioni" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina": "L'esperienza dell'intera Chiesa ortodossa ci dà motivo di dubitare della possibilità di legalizzare 'retroattivamente' quelle ordinazioni che sono state eseguite da vescovi deposti, scomunicati e anatemizzati. La deposizione, la scomunica e l'anatema delle persone che hanno dato inizio alla crisi ucraina sono stati riconosciuti da tutti i cristiani ortodossi".

Ricordiamo che questo decreto sinodale è stato adottato all'unanimità (a differenza della decisione di "non opporsi" alla commemorazione di Dumenko), il che significa che è stato firmato anche dall'arcivescovo Chrysostomos, che nel febbraio 2019 non considerava Sergej Dumenko un vescovo.

Un po' più avanti nello stesso comunicato si legge: "Il Patriarcato ecumenico deve ancora trovare un modo per quietare la coscienza dei credenti riguardo alla validità delle ordinazioni e dei sacramenti, compiuti da questa leadership" (la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", ndc).

È stato trovato un modo?

A sostegno del riconoscimento di Dumenko, l'arcivescovo Chrysostomos cita la sua conversazione personale con il patriarca Bartolomeo e, presumibilmente, i documenti originali che ha visto durante la sua permanenza al Fanar. Riferendosi a questi documenti, l'arcivescovo Chrysostomos ha detto ai sinodali di aver "appreso tutta la verità sull'Ucraina" e solo i documenti indicano "chi ha ragione".

Forse l'arcivescovo Chrysostomos sta parlando di una sorta di documenti "segreti" che testimoniano la valida ordinazione di Dumenko? No. L'Arcivescovo Chrysostomos ha detto che l'essenza di questi documenti si riduce al fatto che "nel Tomos d'autocefalia, concesso alla Russia, c'era la condizione che la Chiesa dell'Ucraina doveva prima commemorare il patriarca ecumenico come capo locale e poi il patriarca di Mosca".

Di conseguenza, egli ritiene che l'Ucraina sia il territorio canonico del Patriarcato di Costantinopoli. Punto. In che modo questa convinzione influisce sulla successione apostolica degli scismatici dell'Ucraina? Dal fatto che il Fanar avesse un documento sulla procedura per commemorare i patriarchi, consegue forse che la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" abbia ricevuto automaticamente la grazia? No, non è così. In altre parole, gli scismatici sono rimasti scismatici - senza ordinazioni, senza i santi misteri, senza l'eucaristia. E non importa a quanti documenti "segreti" l'arcivescovo Chrysostomos possa fare riferimento per giustificare le sue azioni, gli scismatici rimarranno certamente scismatici.

Che cosa dicono i canoni sulla concelebrazione con gli scismatici?

Ebbene, lo stesso primate della Chiesa di Cipro, così come coloro che riconoscono Dumenko come vescovo canonico, entrano effettivamente in comunione con un gruppo scismatico e violano i canoni apostolici. Secondo i canoni, chi entra in comunione eucaristica o letteralmente in una qualsiasi comunione di preghiera con gli scismatici, diventa anch'egli uno scismatico.

Nel Canone 10 dei Santi Apostoli leggiamo: "Se qualcuno pregherà, anche in una casa privata, con una persona scomunicata, sia scomunicato anche lui", mentre il Canone 11 recita come segue: "Se un sacerdote si unisce in preghiera con un sacerdote deposto, come se questi fosse un sacerdote, sia deposto anche lui ".

Così, l'arcivescovo Chrysostomos, essendosi unito in comunione di preghiera con uno scismatico, ha permesso anche a se stesso di diventare uno scismatico. È impossibile contestare questa tesi da un punto di vista canonico. Questo è probabilmente compreso dallo stesso primate della Chiesa di Cipro. Per questo motivo ricorre a banali minacce e intimidazioni, fissando la sua logica non sui canoni della Chiesa, ma sulla posizione autocratica che è stata molto appropriatamente caratterizzata dal metropolita Neophytos di Morphou: "Io sono il primate e sono libero di fare quello che voglio".

Tuttavia, come ha ulteriormente osservato vladyka Neophytos, "l'Ortodossia non è abituata a questo tipo di papismo. La sua struttura è sinodale, questo è ciò che i papisti invidiano e temono, quindi non dovremmo cadere nel peccato del papismo".  Si scopre quindi che i vescovi della Chiesa di Cipro, che non sono d'accordo con la commemorazione degli scismatici da parte del loro primate, seguono i canoni della Chiesa e la decisione unanime (!) del loro Sinodo sulla neutralità nella situazione in esame. Non c'è né mancanza di rispetto né disprezzo per l'arcivescovo Chrysostomos nelle loro azioni. Sono disposti a onorare l'ordine canonico della Chiesa e a preservare la sua struttura sinodale. Possiamo dire con sicurezza che la loro posizione è quella dei confessori, che può essere concessa solo alle persone che in questa vita non cercano altro che Cristo.

giovedì 19 novembre 2020

http://www.ortodossiatorino.net

 Biden e l'alleanza liberale-omofila: chi e perché partecipa

di Kirill Aleksandrov

Unione dei giornalisti ortodossi, 16 novembre 2020

 

il patriarca Bartolomeo e il papa sostengono attivamente l'aderente dell'LGBT e dell'aborto Joe Biden. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Il capo del Fanar e i suoi vescovi, così come il papa, si sono congratulati di cuore con Biden, sostenitore dell'aborto e delle persone LGBT, per la sua "presidenza". Perché l'hanno fatto?

Joe Biden ha avuto le congratulazioni per la vittoria da parte del patriarca Bartolomeo, dell'arcivescovo del Fanar Elpidophoros, di papa Francesco, solo per citarne alcuni. E la questione non è solo che le elezioni non sono ancora finite e Trump potrebbe benissimo risultare il vincitore. Il problema è che Biden è uno schietto sostenitore dell'aborto e delle persone LGBT. Perché i dirigenti ecclesiastici si affrettano a congratularsi con qualcuno le cui opinioni e azioni sono palesemente anticristiane?

Sul sistema elettorale statunitense

Si sta formando davanti ai nostri occhi un'alleanza liberale-omofila (omofila - simpatizzante del movimento LGBT). Letteralmente in questi giorni è apparso un indicatore che parla dell'appartenenza a una simile alleanza. Questo indicatore è costituito dalle congratulazioni a Joe Biden per la sua elezione a presidente degli Stati Uniti prima che vengano annunciati i risultati ufficiali delle elezioni.

Qualche parola sul sistema elettorale statunitense. Nella cosiddetta roccaforte della democrazia, gli USA, il presidente non è eletto dal popolo, ma dal collegio elettorale. I cittadini esprimono i loro voti per gli elettori, che voteranno per un candidato specifico. Ogni stato elegge un numero diverso di elettori e il candidato alla presidenza che ottiene la maggioranza dei voti in un particolare stato prende tutti (!) gli elettori. Lo stato dell'Illinois dà 20 persone al collegio elettorale. Immaginate che il 45% della popolazione dello stato abbia votato per il candidato repubblicano e il 55% abbia votato per il candidato democratico.

Se gli Stati Uniti avessero una vera democrazia, un repubblicano otterrebbe 9 elettori e un democratico 11. Ma la "democrazia" americana dice che il candidato democratico prende tutti e 20 gli elettori e il voto del 45% della popolazione dello stato va nella spazzatura. Questo è il caso di tutti gli stati, con poche eccezioni, in cui non entreremo. Quando verrà così formato un collegio di 538 elettori in tutto il paese, quel collegio si riunirà per eleggere il prossimo presidente. Allo stesso tempo, è successo più di una volta che il candidato vincitore abbia ricevuto meno voti del perdente nel complesso del paese.

Ci sono grandi possibilità che Joe Biden diventi comunque il presidente degli Stati Uniti, ma fino a oggi non solo non si è tenuta alcuna riunione del collegio elettorale, ma il collegio stesso non è ancora stato formato. Nessuno dei candidati ha ricevuto i 270 voti elettorali richiesti. E nessuno dei candidati ha ammesso la sconfitta, cosa che tradizionalmente indica la fine della lotta per la presidenza. La squadra di Donald Trump presenterà ricorso in tribunale contro i risultati del conteggio dei voti in diversi stati. In Pennsylvania, un tribunale ha stabilito di ignorare alcuni dei voti espressi per posta. In altri ci sono altri procedimenti. Se il tribunale statale non soddisfa la richiesta di Trump, c'è l'opportunità di appellarsi contro questa decisione alla Corte Suprema degli Stati Uniti, dove la maggioranza dei giudici rappresenta il Partito Repubblicano (sì, lì i giudici hanno l'appartenenza ai partiti e votano di conseguenza). Nel 2000 c'è stato un precedente quando il candidato repubblicano George W. Bush ha sconfitto il democratico Al Gore proprio con una decisione del tribunale. Inoltre, c'è il problema dei cosiddetti "elettori disonesti" che votano contro l'opinione dei loro elettori.

Quindi oggi la lotta non è ancora finita e solo i media hanno proclamato Joe Biden vincitore delle elezioni presidenziali. Perché, in tali condizioni, i leader di tanti paesi si sono precipitati a inviare congratulazioni ufficiali a Biden per la sua vittoria, rischiando, in caso di vittoria finale di Trump, di perdere il favore della sua amministrazione? La risposta è semplice: questo è un tentativo di creare un'atmosfera di pressione sul team di Trump per costringerlo ad abbandonare la lotta. Donald Trump, con il suo conservatorismo, la difesa dei cristiani, l'opposizione all'aborto, le politiche economiche protezionistiche e il rifiuto di seguire l'ordine del giorno dei globalisti, è molto scomodo per l'élite liberale mondiale.

Perché il Fanar si è congratulato con Biden per una presidenza ancora inesistente?

Il fatto che questa élite liberale abbia fretta di elevare Biden alla presidenza degli Stati Uniti è comprensibile, ma non solo i presidenti e i primi ministri, ma anche i leader di alcune organizzazioni religiose si sono macchiati di questo indicatore, cioè le congratulazioni prima dell'annuncio ufficiale dei risultati delle elezioni. Si scopre che stanno anche partecipando a una campagna di pressione psicologica su Trump e sulla sua squadra, e stanno anche cercando di creare un'atmosfera di inevitabile sconfitta intorno a lui e di fargli ammettere questa sconfitta. La domanda sorge spontanea: perché?

E a questa domanda ha risposto apertamente il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli nella sua entusiastica lettera di congratulazioni : "Poiché è ben consapevole dei miei sentimenti per lei nel corso degli anni della nostra amicizia, può ben immaginare la mia grande gioia e orgoglio per il suo successo nell'elezione a 46° presidente della sua eminente nazione, gli Stati Uniti d'America. <…> La gioia e l'entusiasmo per il suo successo elettorale non sono solo sentimenti personali. Sono condivisi anche dal nostro Patriarcato ecumenico e dalle sue eparchie nel mondo <...> così come dai cittadini dell'intero mondo libero, a cui ora offre la speranza (potrei dire la convinzione) di un futuro migliore, dove i valori eterni e gli ideali di un'umanità civilizzata possono prevalere..."

Con queste parole - un "lapsus freudiano", il patriarca Bartolomeo parla dei "valori" e degli "ideali" che Biden personifica e che dovrebbero prevalere nel "mondo civilizzato". Quali siano questi valori non è un segreto per nessuno.

Biden è un aperto propagandista LGBT

Joe Biden sta per unire in "matrimonio" due uomini. Foto: nypost.com

L'impegno di Joe Biden nei confronti delle persone LGBT è ben noto. Nel 2016 ha unito in "matrimonio" una coppia di uomini omosessuali a casa sua, cosa per la quale i vescovi cattolici degli Stati Uniti hanno chiesto che fosse scomunicato dalla Chiesa, ma questo non è successo. "Sono orgoglioso di aver unito in matrimonio Brian e Joe a casa mia", scrisse Biden all'epoca.

Ora è così preoccupato per i diritti delle persone LGBT che, prima di assumere la carica di presidente, ha promesso che i primi 100 giorni della sua presidenza sarebbero stati segnati dalla lotta per i diritti LGBT. Durante questo periodo, ha promesso di approvare la "Legge sulla parità di diritti" per la comunità LGBT. Nel settembre 2020, Biden, avendo saputo che esistono "zone libere dall'LGBT" in Polonia, ha twittato con rabbia: "Lasciatemi chiarire: i diritti LGBT sono diritti umani, e non c'è posto per le 'zone libere dall'LGBT' nell'Unione Europea, né in nessuna parte del mondo".

In precedenza, come vicepresidente di Barack Obama, Biden, in uno dei suoi discorsi davanti a un gruppo di attivisti per i diritti LGBT degli Stati Uniti e di altri paesi, aveva affermato che questi diritti sono superiori alle tradizioni e alle culture. "Non mi interessa quale sia la vostra cultura. La disumanità rimane disumanità, e il pregiudizio rimane pregiudizio", ha detto Biden e ha chiamato i fautori dei valori tradizionali "trogloditi": "Voi rappresentate la maggioranza, e quelli, gli altri, sono trogloditi".

uno screenshot del sito golosameriki.com

Biden promuove i diritti dei migranti musulmani

In un videomessaggio all'Ordine degli avvocati musulmani, Biden ha promesso che se vincerà le elezioni, i musulmani saranno rappresentati a tutti i livelli nella sua amministrazione. E in un dibattito televisivo con Donald Trump, Biden è arrivato al punto di dire una parola dalla preghiera musulmana: "Inshallah", che si traduce con "se Dio vuole". Fa parte della sua politica l'appoggio da parte sua e dell'intero Partito Democratico al movimento Black Lives Matter, i cui sostenitori sono noti per la profanazione di chiese, la demolizione di monumenti e il pestaggio di credenti cristiani.

Biden è un sostenitore dell'aborto

Il team di Biden ha già annunciato l'abrogazione delle leggi statunitensi volte a proteggere i bambini non ancora nati e, al contrario, verranno ripristinati i fondi a Planned Parenthood, che fornisce servizi di aborto negli Stati Uniti.

Con tutto questo, Joe Biden è abituato a definirsi cattolico. È vero, non tutti la pensano così. Nel 2019, Robert E. Morey, un prete della chiesa di sant'Antonio nella Carolina del Sud, ha negato a Joe Biden la comunione a causa del suo sostegno all'aborto. E Rick Stika, un prelato americano della Chiesa cattolica, vescovo di Knoxville in Tennessee, ha twittato: "Non capisco come il signor Biden possa affermare di essere un cattolico buono e fedele visto che nega così tanto dell'insegnamento della Chiesa soprattutto sull'assoluto abuso sui minori e sulle violazioni dei diritti umani dei più innocenti, i non ancora nati". Tuttavia, il capo del Vaticano, papa Francesco, è molto meno scrupoloso del clero sotto la sua giurisdizione. Anche il papa si è segnalato, congratulandosi con Biden per la sua vittoria elettorale.

il papa e Joe Biden. Foto: npr.org

È facile vedere che anche papa Francesco sostiene attivamente i diritti delle persone LGBT e dei migranti musulmani. Bacia i loro piedi e afferma che le unioni civili dei gay devono essere sostenute legalmente.

La formazione di un'alleanza liberale-omofila

Assistiamo così alla formazione di un'alleanza liberale-omofila che professa le idee del globalismo nella sfera economica, i diritti della comunità LGBT, incoraggia le migrazioni, l'aborto e così via. Tutto questo è accolto e benedetto dai vertici del Vaticano e del Fanar, e loro stessi, papa Francesco e il patriarca Bartolomeo, non si stancano mai di parlare della loro unificazione nel prossimo futuro. Così, diventano parte di questa alleanza.

È noto, tuttavia, che non tutti nella Chiesa cattolica condividono le idee liberali-omofile di papa Francesco. C'è un gruppo di vescovi conservatori che si oppone a queste idee e addirittura accusa apertamente di eresia l'attuale capo del Vaticano. Tuttavia, la posizione di papa Francesco concerne i cattolici. Noi siamo più interessati alla partecipazione delle Chiese locali a questa alleanza.

È noto che per tutto il XX secolo il Fanar ha cercato di affermare la sua posizione esclusiva nell'ecumene ortodosso e il potere sul resto delle Chiese locali. Ma solo di recente questi tentativi sono passati a una forma attiva e aggressiva. In primo luogo, il Fanar ha riconosciuto in modo assolutamente non canonico gli scismatici ucraini e da loro ha formato la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", e in secondo luogo ha iniziato a fare pressione sulle altre Chiese locali affinché accettassero le sue azioni illegali. Quindi, il Fanar ha iniziato a radunare attorno a sé i suoi sostenitori in altre Chiese locali, che riconoscono l'autorità del patriarca di Costantinopoli e la sua infallibilità nel risolvere le questioni ecclesiali. Tale intensificazione dell'attività del Patriarcato di Costantinopoli ha dei legami con le due visite di Joe Biden al Fanar (nel 2011 e nel 2014) quando era vice-presidente. 

la visita di Joe Biden al Fanar nel 2014. Foto: religions.unian.ua

A seguito di queste visite, Biden ha promesso pieno sostegno ai fanarioti e ha ricevuto in cambio il Premio Patriarca Athenagoras per i diritti umani, istituito dal Consiglio degli Arconti del Patriarcato di Costantinopoli.

Che tipo di supporto è seguito? L'ambasciatore generale per la libertà religiosa internazionale Samuel Brownback e altri rappresentanti del Dipartimento di Stato americano hanno condotto attivi negoziati al Fanar, al Monte Athos, a Kiev, ad Atene, ecc. Questi negoziati sono stati seguiti da azioni di vescovi di Costantinopoli e, di conseguenza, è stata creata la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", che ha diviso l'ecumene ortodosso in Chiese locali che non riconoscono il dettato del patriarca Bartolomeo, e vesovi delle Chiese alessandrina e greca, nonché l'arcivescovo Chrysostomos di Cipro, che si sono sottomessi a questo dettato.

Così, all'interno dell'Ortodossia, è in atto la formazione dell'ala "ortodossa" della suddetta alleanza. Biden e le forze che personifica hanno bisogno del sostegno dei leader religiosi, e questi leader hanno bisogno del sostegno dei potenti. E si possono semplicemente trascurare "inezie" come i comandamenti del Vangelo, le tradizioni bibliche e i canoni della Chiesa, e chi esprime la propria adesione alla dottrina del Vangelo è accusato del peccato di giudicare il proprio prossimo. Questo è esattamente ciò che il rappresentante del Fanar, l'arcivescovo Job (Getcha) di Telmessos, ha detto in un'intervista a “Verità religiosa”, quando gli è stato chiesto se “un politico che si dichiara cristiano può sostenere pubblicamente sia l'aborto che il matrimonio tra persone dello stesso sesso?" Al che l'arcivescovo Job ha osservato che "ogni persona dovrebbe vedere e condannare i propri peccati, e non giudicare il proprio prossimo".

Qui abbiamo una sostituzione gesuita dei concetti. Se Biden peccasse personalmente di sodomia o infanticidio, allora forse sarebbe possibile applicare ciò che ha detto l'arcivescovo Job, anche se in questo caso c'è un esempio dal Vangelo, in cui il santo profeta Giovanni il Precursore denunciò il malvagio Erode: "Non devi prendere la moglie di tuo fratello". Ma Biden invita il pubblico a commettere questi peccati, li invita a legittimarli e a finanziarli dalle tasche dei contribuenti. E in questo caso non è più possibile pretendere che questa sia una questione personale di Biden e che non possa essere giudicata dalle parole del Vangelo.

Quindi, l'alleanza liberale-omofila si sta attivamente formando e ci si può chiedere come considerarla. Penso che la risposta possa essere in due citazioni dalle Sacre Scritture.

"Il perverso continui pure a essere perverso, l'impuro continui a essere impuro e il giusto continui a praticare la giustizia e il santo si santifichi ancora” (Ap 22:11).

"Non temere, piccolo gregge, perché il Padre tuo si è compiaciuto di darti il ​​suo regno" (Luca 12:32).

martedì 17 novembre 2020

Questa è stata fino al Concilio di Trento la Chiesa dei miei Avi. I nostri preti venivano ordinati dai Vescovi ortodossi dell’Arcidiocesi di Hokrida, inviati appositamente, in quanto Costantinopoli era già sotto il giogo turco e questi Vescovi avevano giurisdizione da Pescara fino ad Agrigento. Noi popolo di migranti italo-albanesi professavamo la Santa Ortodossia ed i nostri preti durante la Liturgia nominavano il Patriarca di Costantinopoli. Dopo la Riforma di Lutero e la Controriforma di Roma iniziano i guai religiosi per il nostro popolo. Roma inizia una intensa guerra nei nostri confronti, per farci abbandonare l’ortodossia e quindi la nostra Fede e le nostre tradizioni liturgiche orientali. Ai Vescosi Ortodossi viene imposto di non recarsi nelle nostre comunità, pena l’arresto immediato se trovati a ordinare preti ortodossi. Abbandonati dai Vescovi, i nostri aspiranti preti, per non abbandonare le comunità nelle mani dei Latini, di nascosto vanno in Grecia o in Albania per farsi ordinare e per poter continuare la tradizione ortodossa.

Questi preti, al ritorno dalla loro ordinazione canonica presbiterale, non venivano riconosciuti da Roma e venivano apostrofati come “Eretici e Scismatici”, perché ordinati da vescovi greci. A quei tempi l’ecumenismo odierno non esisteva e Roma e Costantinopoli, dopo lo Scisma dei Latini del 1054, si erano separate. Roma aveva rotto la Pentarchia e si era allontanata dalla Vera Chiesa, separandosi dai fratelli orientali ed iniziando un percorso tutto personale.

I nostri Avi, quindi, si trovarono in una situazione di indigenza religiosa: nessuno poteva dar loro un aiuto concreto per frenare la potenza di Roma e,  nel contempo, risollevare il morale alle nostre popolazioni.

Preti e popolo si ribellarono allo strapotere romano, ma, senza un aiuto concreto, alla fine dovettero “cedere le armi” e salvare il salvabile, cioè il Rito.

Nel corso dei secoli ci trasformammo da “Cristiani Ortodossi” a “Comunità greco- cattoliche”, cioè un popolo martirizzato, allontanato con la forza dalla Fede dei loro Avi e sotto le grinfie della chiesa di Roma, la quale, per farci perdere anche quel poco di orientale che era rimasto, mette in atto, nei confronti delle popolazioni italo-albanesi un lento e deleterio lavaggio del cervello, inviando  preti latini passionisti, i quali, salendo sui pulpiti delle nostre povere chiese  le fanno diventare “più latine dei latini”, diffondendo  copiosamente figurine di santi della chiesa romana che con la nostra Fede non avevano nulla in comune.

Ecco che inizia, inesorabilmente, la nostra decadenza religiosa.  Preti e popolo nulla possono contro questro strapotere, qualcosa si salva, ma sempre sotto il vigile sguardo di Roma. 

Ci dicono che noi siamo “la gemma incastonata nella tiara papale”, siamo gli ortodossi uniti a Roma, siamo coloro che diamo l’esempio di come si può stare sotto il papato pur essendo orientali.

Insomma ci riempiono la mente di scempiaggini e noi, contenti di ciò restiamo sotto le grinfie papiste.

Non ci accorgiamo, o forse non ci conviene prenderne atto che: “Gli ortodossi non si curano di noi perché essendo sotto l’omoforio papale ci chiamano in forma dispregiativa “UNIATI”, i Latini nonostante secoli di lealtà al papa non si fidano di noi perché hanno paura che potremmo un giorno tornare all’antica Fede”, ci troviamo tra l’incudine ed il martello e come sosteneva l’indimenticabile Papas Vincenzo Matrangolo,  Parroco della Parrocchia di Acquaformosa:  ”Non siamo né carne, né pesce”.

I secoli sono inesorabilmente passati, l’ecumenismo strappalacrime avviato dal papa Paolo VI e dal Patriarca di Costantinopoli Atenagora, non ci permette più di avere quel posto in prima fila durante le riunioni di preghiera per l’unità dei cristiani in quanto essendo nato  tra Roma ed il Fanar, un amore senza vergogna, quella gemma incastonata nella tiara ha perso tutta la sua lucidità e le diocesi che racchiudono il popolo italo-albanese non sono altro che diocesi della Conferenza Episcopale Italiana.

Dopo tanti secoli di stenti,  sarebbe il auspicabile, si decidesse di ripensare al periodo, anche se è stato di breve durata, in cui le comunità italo-albanesi professavano liberamente la Santa Ortodossia.

Credo che sarebbe l’ora di ritornare a ciò che eravamo prima del funesto Concilio di Trento e gridare con fierezza ai quattro venti: “SIAMO ORTODOSSI”.

Io l’ho fatto, altri italo-albanesi lo hanno fatto.

Ritornare a professare la Santa e Vera fede dei nostri Avi sarebbe un gesto significativo.

“VOLERE E’ POTERE” !!!

 

domenica 8 novembre 2020

 Ci risiamo: "Il lupo (il Vaticano) perde il pelo, ma non il vizio".

Sembra che abbia deciso, senza ombra di dubbio e senza una speranza remota, di distruggere quella che fino a ieri era stata l'Eparchia degli Italo-Albanesi dell'Italia insulare di Piana degli Albanesi. Dopo la morte dell'ultimo Vescovo Sotir Ferrara, "Arbresh", aspetta, aspetta ha nominato un "Latino" che di problematiche etnico-religiose italo-albanesi non sapeva nulla. Non crediamo che allora non ci fosse, tra tutto il clero dell'Eparchia un prete che potesse essere innalzato alla dignità di Eparca.

A distanza di qualche anno, ecco che il Vescovo "Latino", viene trasferito a Roma, dove per lui si profila un posto per una buona carriera ecclesiastica vaticanense.
Sembra che il popolo italo-albanese abbia emanato un sospiro di sollievo per questo avvenimento ed abbia pensato:...... "Forse questa volta ci siamo a ridare dignità culturale religiosa al nostro popolo"!!!
Tutti pensavano che finalmente l'Eparchia degli Italo-Albanesi di Piana potesse ritornare ad essere governata da un membro del popolo ecclesiastico Arbresh.
Speranza durata solamente una ventata di vento. Il nostro popolo arbresh, viene ancora una volta illuso. Infatti sembra che al Vaticano "non frega minimamente" di dare la possibilità ad un prete italo-albanese di essere il nuovo Vescovo dell'Eparchia.
Ci chiediamo: "Possibile che ancora una volta non si sia trovato qualcuno per essere elevato alla dignità di Vescovo degli arbresh" ??? Ed ancora una volta la Cattedra vescovile viene data ad uno che con la cultura, la lingua del nostro popolo, non ha nulla da spartire. Siamo alla frutta. Se il Vaticano vuole distruggere secoli di storia culturale-religiosa, lo dica chiaramente e non si nasconda dietro un dito.
Le soluzioni per il martoriato popolo italo-albanese, ci sono. Ma non sta a noi darle. Siamo sicuri che sia il clero, che il popolo, possano , con un colpo di reni, rialzarsi da questo tepore e dimostrare di non essere una entità da pezza da piedi......
Fratelli Italo-Albanesi delle comunità della Sicilia.......Zgjofeni (Svegliatevi) !!!!