sabato 31 maggio 2014

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L'ultimo baluardo dell'Ortodossia

Ma quello che possedete tenetelo saldo fino a quando verrò. (Ap 2, 25)

Introduzione
Per 100 anni, fin dal 1914, il mondo è sempre stato in guerra. Questo perché, prima del finale e inevitabile trionfo di Cristo, un governo mondiale deve venire al potere a Gerusalemme. Da qui la recente visita preparatoria di Papa Francesco, accompagnato da un imam, da un rabbino e da un Patriarca greco. Gli assalti a tutte le Chiese ortodosse si vedono alla luce di questa preparazione. Tuttavia, il principale ostacolo per l'insediamento, o per meglio dire l'intronizzazione, di quel governo, è la risorgente Chiesa ortodossa russa. Questo è il motivo per cui il coro multinazionale dei media occidentali, orchestrato e alimentato come uno dei poteri costituiti, esprime così violentemente la sua ostilità a questo ultimo baluardo della Chiesa di Dio sulla terra, dimostrando così la sua importanza.

Le sette Chiese antiche
La prima fase dell'assalto, lanciata già nel lontano 1909, ha avuto come obiettivo le sette Chiese antiche. La prima di essere tentato era il piccolo e impoverito patriarcato di Costantinopoli, indebolito dalle lusinghe al suo nazionalismo greco o ellenismo filetista. L'assalto è stato poi diffuso agli altri tre piccoli e poveri, ma anche antichi patriarcati in Medio Oriente e al resto del mondo di lingua greca in Grecia, Cipro e Albania. Oggi, mentre il patriarcato di Costantinopoli è tentato dall'uniatismo, i fedeli nella sua giurisdizione, guidati dai monaci del Monte Athos, resistono e si appellano alla Russia liberata per essere liberate dalle catene del modernismo, dell'ecumenismo e persino dell'apostasia, provocando la domanda: queste Chiese sopravvivranno fino al 2054?

Le sette Chiese nuove
La seconda fase dell'assalto si è abbattuta sulle sette Chiese più giovani. L'assalto è arrivato venuto in primo luogo nei Balcani, bombardando e dividendo la Serbia, corrompendo la Romania e la Bulgaria, come anche polacchi, cechi e slovacchi, facendoli entrare nell'Unione Europea e tentando di minare la Georgia. Poi è venuto l'attacco alla settima Chiesa, quella russa. In primo luogo, hanno cercato di aggredirla attraverso la Siria e il Medio Oriente, ma questo non è riuscito. Come ha detto il presidente Assad di questa settimana: 'La Russia ha salvato la Siria e tutto il Medio Oriente'. Quindi l'assalto è passato a una seconda fase, attraverso l'Ucraina, dove sono stati istigati lo scisma, una guerra civile e il genocidio, proprio come lo sono stati in Serbia. L'obiettivo era quello di distruggere l'unità della Chiesa russa in modo che anche lo Stato russo, ora in ripresa sotto l'influenza della Chiesa, possa essere distrutto.

Conclusione
Così, i controllori del potere di questo mondo hanno tentato di distruggere tutta la Chiesa ortodossa, subordinandola a questo mondo. Nei primi 50 anni del terzo millennio vogliono fare in modo che tutti si stacchino dall'Ortodossia, proprio come hanno fatto in modo che tutti cadessero lontano dall'Ortodossia nella quinta parte occidentale della Chiesa nei primi 50 anni del secondo millennio. Così si sono rivolti al mondo ortodosso russo, minando le sue vulnerabili frange esterne protestantizzate con il rinnovazionismo. Ora si rivolgono alle regioni di confine del mondo ortodosso russo nell'Ucraina occidentale, dove continuano il genocidio degli ortodossi sotto un presidente fantoccio che ha fatto la sua fortuna da oligarca non con il cioccolato, come sostengono i suoi consiglieri di pubbliche relazioni, ma con il traffico di armi e anche peggio. Ora tutto è in gioco.

Pubblicato da : Macchia Albanese su FB

LA REALTA’ OLTRE LE MASCHERE (DI PIAZZA) [1]
di Arvanitis Nazoraios
Se “in verità” si vuole descrivere la realtà senza maschere, in cui è ripiombata Makij - soprattutto dagli anni del “dissanguamento” dal 1966 – possiamo affermare senza alcun dubbio che non è poi così lontana dal vivere (vegetando) della “tirannide alfieriana”. I segni esteriori di questa piccola tirrannide, sono così impressi(onanti), che anche un semplice sguardo (vedi il volto urbano del villaggio), ti rende “estraneo”.
Solo i nomi delle vie ricordano al visitatore, la grandezza del suo passato: la Magna Grecia, la perduta fede romana-ortodossa degli arbëreshë di Scanderbegh (la Chiesa di S. Maria di Costantinopoli), la memoria letteraria. Sono queste le “voci che attraversano le epoche, le isole dei secoli e i naufragi. L’eredità è nel saper vivere queste voci. Voci che giungono da lontano e che indicano nuovi percorsi. Sono percorsi che ci chiamano e ci fanno andare oltre. Ci appartengono e dentro la memoria ridisegnano il nostro futuro.”
I suoi pochi abitanti senza più identità, si dimenano in discorsi “altrui”. Invasati dal/i mondo/i riversato/i dalla televisione, imbottiti dalle ghiande e dalle carrube dei maiali latini, bombardati dalla pubblicità franco-barbariche, hanno perso il loro passato, senza vivere il loro presente e rimandato il loro futuro. Senza mitizzare una “antica età dell’oro” la discrepanza con il presente-contemporaneo ci sembra abnorme.
E’ pietoso, vedere Makij, tradita da tanta indifferenza e “arricchita” da tanta vanità da perdere così la sua virtuosa umiltà.
Fa piangere, vedere questo paese, dissipare tanto patrimonio di cultura, di civiltà e di umanità. Se la mancanza di lavoro o la fame hanno deportato il paese nei tempi passati, ante e dopo guerra (comprensibilissimo), oggi in tempi di benessere diffuso, il paese viene “svuotato” per la profonda miseria intellettuale e culturale. Una ignoranza tale, che non risparmia nessuno, di qualsiasi ceto sociale appartenga: sia il ricco che il povero, sia l’intellettuale (pieno di sé), che l’elementare (vuoto di sé). Se prima, lo stomaco vuoto aveva stimolato l’ingegno, oggi lo stomaco pieno ha riempito e gonfiato di arroganza e di orgoglio più meschino, la mente, il cuore e lo spirito, infangando il volto spirituale del Villaggio. Molti dei pochi rimasti, “Rrinë me dy këmb si gjeli” (= stanno ritti come un gallo) e “Puru pjesht na ka koll” (=anche l’ultimo nella graduatoria sociale ha voce in capitolo). Oggi, anche la miseria, ha perso la sua “ virtù “. Se prima il paese moriva di fame, oggi muore di ignoranza.
E’ commovente e fa commiserare, vedere il villaggio morire e osservare la cecità e la sordità di coloro che sanno (o credono di sapere?) perdere “lussuosamente” la ricchezza incalcolabile di questa storia e poterne farne a meno: “Piccole perle che, sebbene opache, devono essere di monito agli italo-albanesi del natio umile villaggio di Makij.” [2]
E’ abissale la distanza, come fra cielo e terra, che separa la Makij luminosa dalla Macchia di oggi. Solo il visitatore “storico”, può fare un confronto e rendersi conto dello squallore, della miseria culturale e intellettuale, in cui il villaggio è ridotto. Come “Derku kur ngoset derdhen koriten” (=il maiale quando s’ingozza rovescia il truogolo), così passa la vita “luculliana” a Macchia. Un ammasso di macerie intellettuali e culturali, reso sempre più vuoto, dal tempo che scorre implacabile e dalla polvere accumulata nelle macerie. Ma cosa ancor più paradossale è “l’attaccamento” amaro a fortificate abitudini che “Nësë e nxier ka balta derku posovisen”.
E’ deplorevole e squallido ricordare che, neanche a distanza di una generazione, tutto sia andato perso, come neanche il più misero ricordo, si sia conservato nella memoria della poca gente sopravvissuta. Basti solo pensare, che la casa del De Rada è spoglia di ogni ricordo “materiale” (la biblioteca del poeta è stata rapita, venduta, saccheggiata), nessuna istituzione pubblica (comunale, provinciale e chi più ne ha più ne metta), in questi cento anni passati dalla morte del poeta, ha mai mosso un dito per ricordarsi di colui che ha ri-dato la lingua a un popolo intero.
E’ mortificante, non vedere più la Makij “delle persone nobili e meno nobili”, che ha arricchito buona parte, delle mille pagine, dell’Autobiografia del Michele Marchianò. Non esiste più Makij per i macclioti.
NOTE
1. Dal “Capitolo XIII” del libro “Storia di Makij di Arvanitis Nazoraios;
2. Renato Iskander Marchianò, Michele Marchianò, pag. 29 (1956).
P.S. Didascalia delle foto inserite - 1. Uno scorcio del paese; 2. Il caminetto in casa del poeta De Rada; 3. Interno della stanza da letto del poeta De Rada; 4. Il letto del poeta De Rada; 5. La casa del Michele Marchianò.
foto di Macchia Albanese.

venerdì 30 maggio 2014

Unità, amore, fratellanza ed unica Fede.

Il primate della Chiesa ortodossa russa al presidente 
eletto dell'Ucraina P. A. Poroshenko
 
Il 27 maggio 2014 il Patriarca di Mosca e di tutta la Russia Kirill ha inviato una lettera al presidente eletto dell'Ucraina P. A. Poroshenko.

Al presidente eletto dell'Ucraina, P. A. Poroshenko
Stimato Petr Alekseevich!
Avendo appreso la scelta fatta dalla maggioranza dei cittadini ucraini alle elezioni del 25 maggio, desidero congratularmi con lei e porgere una parola pastorale, condividendo i miei pensieri e speranze.
Le notizie sugli eventi in Ucraina causano ogni giorno nuovo dolore, perché ci sono persone che muoiono e che soffrono. Il paese è sommerso nell'abisso della discordia e della guerra interna. Il Signore ha affidato al patriarca di Mosca e di tutta la Rus' la cura del benessere spirituale dei popoli di molte nazioni. Mi sono ugualmente vicini i dolori e le aspirazioni di tutti coloro che compongono il gregge della Chiesa ortodossa russa, indipendentemente dal loro luogo di residenza. E io prego on zelo affinché le speranze del popolo ortodosso dell'Ucraina non siano confuse.
Insieme a molte persone confido che i poteri che oggi sono nelle sue mani servano al bene dell'est e dell'ovest, del nord e del sud dell'Ucraina. Spero che si fermi per sempre lo spargimento di sangue, che nessuno sia oppresso e umiliato, che si valorizzi la scelta di vita, delle opinioni e della cultura di ogni gruppo della popolazione nel paese, che la vita religiosa proceda senza alcuna interferenza governativa o politica, e che le decisioni necessarie per la normalizzazione, il miglioramento e lo sviluppo di questa vita siano prese liberamente e senza ostacoli, in uno spirito di fedeltà all'ordine canonico.
Di fronte a lei si trova un compito difficile e molto importante – trovare il modo di conciliare le parti in guerra, fare tutto il possibile per ripristinare la pace e l'accordo civile. Sono convinto che, nella situazione attuale, è necessario mantenere un dialogo aperto con il popolo e con i leader delle comunità, e ascoltare le opinioni di tutti i residenti del paese.
Sei mesi fa, le fiamme dell'ostilità sono scoppiate a Kiev, e ora stanno imperversando nel sud-est del paese, senza risparmiare donne né bambini né anziani. Oggi l'Ucraina più di tutto ha bisogno di pace e stabilità, verità e giustizia. Può diventare un garante della creazione di una vita dignitosa solo un uomo che conosce, ama e capisce il suo popolo, si colloca con decisione a favore dei valori morali radicati nella sua memoria, vede il sostegno della vita personale e nazionale in una famiglia fortemente unita, e trae saggezza da genuine fonti spirituali.
Le auguro la guida di Dio in tutto il suo lavoro imminente e nelle decisioni di responsabilità. Dio benedica la pace e la prosperità del popolo dell'Ucraina caro al mio cuore.
Con rispetto,

+ Kirill, Patriarca di Mosca e di tutta la Rus'

 

mercoledì 28 maggio 2014

 
 Chiesa Ortodossa 

 Patriarcato di Mosca
Parrocchia
San Giovanni di Kronstadt

Palazzo Gallo - P.zza Vittorio Em. II 
Castrovillari (cs)
Русская Православная Церковь 
Московского Патриархата 

Biserica Ortodoxă Rusă
 Patriarhia Moscovei  



 


 
DOMENICA 1° Giugno 2014 

Domenica dei Santi Padri del 
Primo Concilio Ecumenico di Nicea
TONO VI
DIVINA LITURGIA
ORE 9.30

Foto della pronipote dell'eroe albanese Giorgio Castriota:
ERINA CASTRIOTA SKANDERBEG

Sembra (????) che questa foto, fosse tenuta negli Archivi del Monastero  di Santa Maria di Leucio o di Acquaformosa dai monaci Cistercensi e poi trafugata, come tante altre preziosità, dai benestanti cittadini del paese di 
Acquaformosa, subito la sentenza della Legge napoleonica che decretava la fine di tutti i monasteri.

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Che cosa ha scritto Cristo sulla sabbia?

 

 

 

Domanda: "In Giovanni 8:1-11, nel corso della storia della donna sorpresa in adulterio, Gesù si inginocchia per scrivere qualcosa nella sabbia per due volte. Che cosa ha scritto?"

Certo, il Vangelo di Giovanni non lo dice, ma alcuni Padri offrono qualche informazione su questa questione. Per esempio, san Girolamo scrive: "Gli scribi e i farisei continuavano ad accusarla, insistendo seriamente sul caso, e volevano lapidarla a morte, secondo la legge". Ma Gesù, chinatosi, cominciò a scrivere con il suo dito sul terreno, "i peccati di quelli che stavano facendo l'accusa, così come i peccati di tutti gli esseri mortali, secondo quanto è scritto nel profeta, "Le cose che provengono da voi, saranno scritte nella la terra" [Geremia 17:13] (contro i pelagiani 2,17).
San Nikolaj Velimirovic (il Crisostomo serbo) va ancor più in dettaglio:
"Allora il legislatore della moralità e condotta umana si chinò e scrisse col dito per terra, come se non li avesse sentiti (Giovanni 8:6). Cosa scrisse il Signore nella polvere? L'evangelista mantiene il silenzio riguardo a questo e non lo scrive. Era qualcosa di troppo ripugnante e vile per essere scritto nel Libro della gioia. Tuttavia, questa è stata conservata nella nostra santa tradizione ortodossa, ed è orribile. il Signore ha scritto qualcosa di inaspettato e sorprendente per gli anziani, gli accusatori della donna peccatrice. Con il dito Egli ha rivelato le loro iniquità segrete. Coloro che sottolineano i peccati degli altri sono infatti esperti nel nascondere i propri peccati, ma è inutile cercare di nascondere qualcosa agli occhi di chi vede tutto.
"M(eshulam) ha rubato tesori dal tempio", ha scritto il dito del Signore nella polvere.
"A(sher) ha commesso adulterio con la moglie di suo fratello;
"S(halum) ha commesso falsa testimonianza;
"E(led) ha colpito suo padre;
"A(marich) ha commesso sodomia;
"J(oel) ha adorato idoli."
E così una dichiarazione dopo l'altra è stata scritta nella polvere dall'impressionante dito del giusto giudice. E coloro ai quali queste parole si riferivano, chinandosi, leggevano ciò che era scritto, con orrore indicibile. Essi tremavano dalla paura, e non osavano guardarsi l'un l'altro negli occhi. Non si curavano più della donna peccatrice. Pensavano solo a se stessi e alla propria morte, che era scritta nella polvere. Non una sola lingua era in grado di muoversi, pronunciare quella domanda fastidiosa e maligna: Che cosa dici? Il Signore non diceva nulla. Ciò che è così sporco è adatto per essere scritto solo nella polvere sporca. Un'altra ragione per cui il Signore ha scritto sul terreno è ancora più grande e più meravigliosa. Ciò che è scritto nella polvere è facilmente cancellato e rimosso. Cristo non voleva che i loro peccati fossero resi noti a tutti. Se avesse desiderato questo, li avrebbe annunciati davanti a tutto il popolo, e li avrebbe accusati e fatti lapidare a morte, in conformità con la legge. Ma lui, l'Agnello innocente di Dio, non contemplava vendetta o morte per coloro che avevano preparato per lui un migliaio di condanne, che desideravano la sua morte più della vita eterna per se stessi. Il Signore ha voluto solo correggerli, far loro pensare a se stessi e ai propri peccati. Voleva ricordare loro che, mentre portavano il peso delle loro trasgressioni, non dovevano essere giudici severi delle trasgressioni degli altri. Questo solo desiderava il Signore. E quando questo è stato fatto, la polvere è stata ancora una volta spianata, e quello che era stato scritto è scomparso.
Dopo questo il nostro grande Signore si alzò e gentilmente disse loro: Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei (Giovanni 8:7). Questo era come se qualcuno togliesse le armi ai suoi nemici e poi dicesse: ora, sparate! Quelli che prima erano i superbi giudici della donna peccatrice ora stavano disarmati, come criminali davanti al giudice, senza parole e bloccati a terra. Ma il Salvatore benevolo, chinatosi di nuovo, scriveva per terra (Giovanni 8:8). Che cosa scrisse questa volta? Forse le loro altre trasgressioni segrete, in modo che essi non aprissero le loro labbra per lungo tempo. O forse scrisse che tipo di persone gli anziani e i capi del popolo dovrebbero essere. Non è essenziale che noi lo sappiamo. La cosa più importante è che con la sua scrittura nella polvere egli abbia raggiunto tre risultati: in primo luogo, spezzò e annientò la tempesta che gli anziani ebrei avevano sollevato contro di lui; in secondo luogo, risvegliò le coscienze mortificate nelle loro anime indurite, anche se solo per un breve periodo; e in terzo luogo, salvò la donna peccatrice dalla morte. Questo emerge dalle parole del Vangelo: E quelli [gli anziani] che lo avevano udito, condannati dalla propria coscienza, andarono via uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi; e Gesù fu lasciato solo, e la donna in piedi nel mezzo (Giovanni 8:9)".

 

giovedì 8 maggio 2014

Ivan Ivanovic:
Dedicato a tutti quei “testardi monaci e chierici che da S. Marco in poi hanno difeso la purezza della Santa Ortodossia.
LA “FRANCHIZZAZIONE”

di p. Georgios Metallinos
 
È una constatazione comune che i Dialoghi interreligiosi e intercristiani si fanno oggi sempre più frequenti. Mentre il Patriarcato Ecumenico prosegue e intensifica la sua vecchia politica, la Chiesa di Grecia compete con esso concentrandosi soprattutto verso due direzioni: nei rapporti con il Vaticano e il Papato da un lato e negli incontri interconfessionali dall’altro. E mentre il Patriarcato Ecumenico prosegue il percorso già segnato dal Patriarca Atenagora (†1972), senza ormai alcuna possibilità di autocritica e di autocontrollo, la Chiesa di Grecia, nelle sue strutture amministrative, nonostante le continue opposizioni della maggioranza del Clero e del Popolo devoto, tende a superare il Centro Patriarcale nelle iniziative, con ritmi sempre più accelerati, che giustamente fanno riflettere; quest’ultime di conseguenza violano in modo scandaloso la comune politica del passato, di prudente autocontrollo dei nostri arcivescovi, a partire da Crisostomo II (†1968) fino a Serafim (†1998).
[…] Il dialogo si intende ormai da anni come “riconoscimento reciproco” e non come incontro nella Verità, cioè nell’unico Cristo, come è espresso nelle parole e nella vita dei nostri Santi. Questo però costituisce l’“uniatismo”. Questo atteggiamento uniatizzante agevola i nostri comportamenti, poiché il riconoscimento di un non Cristianesimo come Cristianesimo (e del Papato p.es. come Chiesa) avviene con il pretesto e l’illusione, da parte nostra, della continuità ininterrotta della nostra tradizione, visto che formalmente ed esteriormente non neghiamo la nostra fede e la nostra tradizione. Il problema che si pone è se riconoscendo ogni falsità come cristiana e ortodossa, si riesce a salvaguardare anche la nostra Verità. «Che comunanza v’è tra la luce e le tenebre?» (2 Cor. 6, 14).
[…] Alleandosi con il Papato e sostenendolo come Chiesa, che tipo di Cristianesimo stiamo cercando di salvare? Sacrifichiamo l’Ortodossia per salvare il Papato? Che ciò non accada! A cosa serve questo “Cristianesimo” all’Europa? Tutta la sventura storica (ideologica, sociale e politica) dell’Europa (e non solo!) non ha forse le sue radici nello stravolgimento che il Cristianesimo subì, con lo sviluppo e il consolidamento della struttura papale? Se non “muore” il Papato attraverso il suo pentimento in Cristo e il suo ritorno nella Chiesa di Cristo, cioè se il Papato non diventa Chiesa, allora offrirà un cristianesimo adulterato in Europa e nel mondo. Invece di predicare l’Ortodossia dei nostri Padri nell’Europa spiritualmente semimorta, ci riduciamo a stampelle addolorate del Papato e dello stato del Vaticano, ripetendo il crimine commesso dai nostri Padri “Bizantini” nel 1438. A quel tempo ci avevano invitati gli antipapisti romano-cattolici al Concilio di Basilea (1431-1437/38), che lottavano per scuotere il deprimente giogo papale. Noi invece abbiamo preferito accettare l’invito di papa Eugenio IV (1431-1447) il quale con il Concilio di Ferrara-Firenze cercava di salvare la sua autorità. E ci siamo schierati a favore del papa e abbiamo sostenuto il Papato; guai se non fossimo stati salvati, dalla sicura franchizzazione, da San Marco e dai “testardi” monaci e chierici di “Bisanzio”. Quindi, invece di presentare in Europa l’Ortodossia dei nostri Santi, stiamo rafforzando con il nostro atteggiamento il Papato che sta crollando nella coscienza degli europei, riconoscendolo come Cristianesimo e come Chiesa.

mercoledì 7 maggio 2014

 
 Chiesa Ortodossa 


 Patriarcato di Mosca
Parrocchia
San Giovanni di Kronstadt

Palazzo Gallo - P.zza Vittorio Em. II 

Castrovillari (cs)

 


Русская Православная Церковь 

Московского Патриархата 


Biserica Ortodoxă Rusă

 Patriarhia Moscovei  





 





 

DOMENICA 11 Maggio 2014 


Domenica del Paralitico
Tono III

DIVINA LITURGIA

ORE 9.30

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‘L'Ortodossia, principale ostacolo all’apostasia dell’Occidente’
 
dal blog del sito Orthodox England
6 maggio 2014

Per noi occidentali ortodossi che non siamo caduti in una Euro-ortodossia/mezzo-ortodossia massonica, manipolata dall'Occidente (massonica perché i suoi patriarchi nominati dall'Occidente o sono massoni o fanno quello che i massoni dicono loro di fare), la dichiarazione che stiamo per presentare segna un giorno molto triste nella storia occidentale. Si tratta di una ri-definizione storica della nuova 'civiltà' occidentale post-cristiana, che nel primo millennio era ortodossa, che diventa la religione dell'Anticristo. Così, segna il giorno dell'apostasia finale del mondo occidentale dopo mille anni di degenerazione.
Venendo dalla Svezia, un paese noto in epoca post-scisma per le sue crociate contro l'Ortodossia russa, questo rapporto, se è vero, forse non è una sorpresa. Con la nuova crociata anti-cristiana occidentale attualmente in atto in Ucraina, Carl Bildt, un discepolo ideologico del famigerato odiatore di Cristo, il geopolitico russofobo Zbigniew Brzezinski, ha infatti detto la verità che abbiamo sempre saputo: la 'civiltà' post-ortodossa occidentale, di fatto l'anti-civiltà occidentale, sta portando all'Anticristo e all'Apocalisse.
Carl Bildt: L'Ortodossia è la principale minaccia alla civiltà occidentale
Se Carl Bildt in realtà ha detto queste cose, ha ragione: la principale minaccia per l'Anticristo è davvero Cristo.
Con la proposta attuale (sotto la pressione di John Kerry, in parte ebreo) che lo Stato di Israele consegni il Monte Sion al Vaticano e al controllo internazionale, in modo che la nuova religione mondiale possa essere ulteriormente preparata, ci muoviamo un passo avanti verso la preparazione del trono dell'Anticristo. Notiamo anche che in pochi giorni il papa Francesco e il patriarca Bartolomeo si incontreranno a Gerusalemme, promuovendo ulteriormente questa religione mondiale.
Tuttavia, non dobbiamo disperare. In Siria la città di Homs è stata finalmente liberata dalla presa dei terroristi islamici sostenuti dall'Occidente. In Germania la televisione ARD ha dimostrato che le persone uccise a Kiev nel mese di febbraio sono state tutte vittime dei terroristi, non del governo legittimo, come sapevamo tutti da tempo. In Russia il Presidente Putin ha appena firmato una nuova legge, che vieta l'uso del linguaggio volgare in tutti i media (esattamente il contrario di quanto è successo in questi ultimi anni in Occidente). E in Ucraina le forze ortodosse si stanno ogni giorno rafforzando contro i terroristi uniati e il Giuda Filarete di Kiev. Se preghiamo colui che sconfisse gli apostati scandinavi in passato, sant'Alessandro Nevskij, e la grande santa svedese, sant'Anna di Novgorod, saremo di nuovo vittoriosi.