mercoledì 28 settembre 2016

http://www.ortodossiatorino.net

Perché ci rivolgiamo direttamente alla Croce 
in preghiera come a una persona?
dell'arciprete Andrej Nikolaidi
Pravoslavie.ru
27 settembre 2016
 
In questa grande festa dell'Esaltazione della preziosa e vivificante Croce, l'arciprete Andrej Nikolaidi cerca di spiegare se è vero che gli ortodossi considerano la Croce una sorta di organismo vivente, in grado di pensare, di sentire, di prendere decisioni e di agire spontaneamente.
Per molti cristiani ortodossi, che iniziano a esplorare il tesoro della preghiera cristiana e cercano di approfondire il significato delle preghiere, dopo aver letto le preghiere alla Croce può sorgere la domanda: "Perché ci rivolgiamo direttamente in preghiera alla Croce, un oggetto di legno, come a una persona? "
Infatti, secondo la tradizione liturgica ortodossa ci sono una serie di preghiere di invocazione connesse al ricordo del sacrificio di Cristo il Salvatore sulla Croce, e molto spesso tali invocazioni contengono ricorsi diretti alla Croce del Signore. L'esempio più lampante è la preghiera alla Croce preziosa, che si trova nei libri di preghiera al termine delle preghiere della sera, e che inizia con le parole "Sorga Iddio...", in cui chiediamo: "O preziosissima e vivificante Croce del Signore! Assieme alla nostra Sovrana, la Vergine Madre di Dio, e a tutti i santi, vieni in mio aiuto nei secoli. Amen". Dopo aver letto questa e altre preghiere può sembrare che l'Ortodossia consideri la Croce come una sorta di organismo vivente, in grado di pensare, di sentire, di prendere decisioni e di agire spontaneamente. Ma, naturalmente, non è così.
Per una comprensione ortodossa della sostanza di questa domanda dobbiamo renderci conto che la tradizione liturgica ortodossa è espressione della profonda esperienza della vita della Chiesa nello Spirito Santo, che la preghiera è non solo e non tanto una recita davanti a Dio delle nostre richieste, né un elenco di nostre necessità o desideri inviato alla cancelleria celeste. La preghiera è soprattutto il mistero della comunione con il nostro Creatore. Si tratta di un grande atto di creazione di fronte a Dio, la contemplazione della grazia di Dio, la dimora nei raggi della luce increata di Dio; è il volo dell'anima umana e una co-creazione con il Creatore; è un atto di comunione nella corrente della vita divina. E, naturalmente, non è possibile semplificare questo grande mistero, ridurlo a una mera formalità, al regno dell'arida aritmetica.
Dobbiamo anche notare che la tradizione di preghiera liturgica ortodossa è antica di duemila anni ed è costruita sulle fondamenta della tradizione di preghiera veterotestamentaria, sulle fondamenta dell'antica filologia classica, della letteratura ellenica greco-siriana, che ha assorbito in sé quanto di meglio è nato dall'anima umana, diretta verso il cielo e il Creatore, affinando tutte queste realizzazioni umane nella fornace della Chiesa, nel fuoco dello Spirito Santo.
Senza dubbio, il canone di preghiera è un modello di alta poesia. A conferma di questa tesi è sufficiente ricordare che la rima sistematica organizzata si incontra per la prima volta proprio nella tradizione di preghiera liturgica della Chiesa, nell'inno Acatisto alla Santissima Madre di Dio. Naturalmente, nella poesia esistono mezzi speciali per impartire un certo dinamismo e tonalità emotiva al prodotto dell'anima umana – i cosiddetti tropi e modelli. Uno di questi mezzi è la personificazione, cioè l'applicazione agli oggetti o ai fenomeni inanimati le caratteristiche e le azioni degli oggetti animati. L'esempio più vivido dell'uso della personificazione nella Bibbia è l'invettiva del santo profeta Mosè il Veggente di Dio, che si trova nel trentaduesimo capitolo del libro biblico del Deuteronomio, in cui il profeta invita i cieli e la terra a testimoniare le sue parole: Porgete orecchio, o cieli, e parlerò; e ascolta, o terra, le parole della mia bocca (Dt 32:1). San Gregorio il Teologo, lasciando Costantinopoli e pronunciando le sue ultime parole di consolazione per il suo gregge, rivolge a un addio al suo tempio. Naturalmente, né il profeta Mosè né san Gregorio consideravano la terra o le pareti della chiesa come persone animate. Parlavano nella lingua del loro tempo, con immagini poetiche, desiderando sottolineare l'importanza di questo o quell'evento di vita privata o pubblica, dando a questi oggetti o eventi le proprietà di un oggetto animato.
Ed è proprio con tale personificazione che ci rivolgiamo alla Croce di Cristo nella tradizione della preghiera liturgica ortodossa, nelle nostre preghiere alla Croce preziosa. Come in tutte le preghiere della Chiesa ortodossa, questa preghiera conserva un rigoroso cristocentrismo. Il centro di ogni invocazione ortodossa è Dio. Se ascoltiamo con attenzione le parole di questa preghiera, allora capiremo che stiamo supplicando che la Croce ci salvi "per la potenza di colui che su di te [cioè, sulla Croce] fu crocifisso, il nostro Signore Gesù Cristo; disceso agli inferi, egli ha vinto la potenza del diavolo e ti ha donato a noi, Croce preziosa, per respingere ogni nemico". In questo modo, la fonte della forza miracolosa della Croce è Dio stesso, crocifisso sulla Croce, ed è proprio a lui che ci rivolgiamo in preghiera, trovando la sua espressione in belle forme poetiche.

sabato 24 settembre 2016

Dal sito: https://mospat.ru/it

Liturgia nel villaggio natale                    del Patriarca serbo Pavle

 

L’11 settembre 2016, nel giorno della memoria liturgica della Decollazione di Giovanni Battista e del compleanno del Patriarca Pavle della Serbia, di beata memoria (1914-2009), il metropolita Aristarkh di Kemerovo e Prokop’evsk ha celebrato la Divina Liturgia nella Chiesa degli Apostoli Pietro e Paolo nel villaggio di Kuchantsy, luogo in cui è nato il Patriarca Pavle.
Con lui hanno concelebrato i gerarchi serbi: il metropolita Amfilohije di Montenegro e Primorje, il vescovo Ioann di Pakratsko-Slavonski e il vescovo Afanasij (Jevtic), così come il vescovo Georgij di Siemiatycze (Chiesa ortodossa polacca).
Il metropolita Aristarkh ha visitato la Chiesa ortodossa serba con la benedizione di Sua Santità il Patriarca di Mosca e di tutta la Rus’ Kirill per partecipare agli eventi dedicati al 75° anniversario della tragedia di Jasenovac.
Al termine del servizio, il metropolita Aristarkh ha salutato il vescovo Ioann, ordinario della diocesi, ringraziandolo per l’opportunità di celebrare la Liturgia nel villaggio natale del Patriarca Pavle, di beata memoria.
In memoria della sua visita nella diocesi di Pakratsko Slavonski l’ospite della Chiesa ortodossa russa ha presentato al vescovo Ioann una Panagia.

mercoledì 21 settembre 2016

Il ritorno alla Fede dei Padri.




Il santo monaco martire Atanasio di Brest (1597-1648) diceva : "L'Unia (l'uniatismo) si estinguerà, ma l'Ortodossia fiorirà".
Speriamo e preghiamo che queste profetiche parole di S. Atanasio un domani, non troppo lontano, si possano avverare anche per le nostre comunutà Italo-Albanesi e che questo sangue sparso e umiliato nelle profondità dello spirito, ritorni a sventolare la bandiera della Una , Santa Ortodossa Chiesa !!!!!


martedì 20 settembre 2016

Dal sito del confratello P. Ambrogio di Torino







Il santo monaco martire Atanasio di Brest (1597-1648)
 
Festa: 5/12 settembre (martirio) – 20 luglio / 2 agosto (ritrovamento delle reliquie)

 Sant'Atanasio di Brest è un monaco martire dell'uniatismo canonizzato dalla Chiesa ortodossa russa. Nato attorno al 1597 a Brest, allora nella Confederazione (Rzeczpospolita) polacco-lituana, oggi in Bielorussia, nella famiglia agiata dei Filippovich, ricevette una fine istruzione nelle lingue antiche e moderne, negli scritti dei santi Padri e nelle opere dei filosofi e teologi occidentali. Di tale istruzione troviamo prove nel suo diario, che è stato conservato.
Dopo aver lavorato per diversi anni come tutore privato, fu tonsurato monaco nel 1627 dall'igumeno Iosif del monastero dello Spirito Santo a Vilnius. Si trasferì quindi in altri monasteri, e dopo essere stato ordinato ieromonaco nel 1632, fu messo a capo del monastero di Dubovsk, presso Pinsk. Nel 1637, passò al monastero di Kupjatitsk, vicino a Minsk, andando in missione per raccogliere donazioni per restaurarne la chiesa.
Dopo aver avuto una visione della Madre di Dio e una benedizione speciale, accettò con abnegazione il compito di ristabilire l'Ortodossia nelle antiche terre russe che erano state catturate dal dominio polacco, parlando coraggiosamente contro il proselitismo romano e l'unione di Brest.
Tra il 1638 e il 1648 sant'Atanasio compì la sua obbedienza nel monastero di san Simeone lo Stilita a Brest, di cui nel 1640 divenne igumeno. In quegli anni subì molti maltrattamenti dagli uniati e persecuzioni illegali dalle autorità civili, e per tre volte (1643, 1644 e 1648) fu richiuso in carcere.
Nel 1643 parlò di fronte al parlamento (Sejm) polacco in favore dell'Ortodossia e contro l'unia. Fu proclamato insano di mente, arrestato per la prima volta e privato dei titoli monastici; quindi fu inviato a Kiev al tribunale ecclesiastico del metropolita Pietro Mogila, che lo assolse e lo rimandò al suo monastero a Brest. Le sue proteste non si fermarono, e fu di nuovo arrestato nel 1644 e rilasciato un anno dopo. I tentativi di spezzare la sua resistenza non ebbero effetto, e nel 1648 allo scoppio della ribellione cosacca di Khmelnitskij, fu accusato di legami con i ribelli. Arrestato, fu sottoposto a torture e condannato alla fucilazione. Morì come martire nella notte tra il 4 e il 5 settembre del 1648.
Per otto mesi i suoi resti giacquero sepolti senza esequie, e nel maggio del 1649 un ragazzo indicò ai fratelli del monastero di san Simeone il luogo della sepoltura del loro igumeno. Il terreno apparteneva a quel tempo ai gesuiti, e i monaci dovettero disseppellire il corpo incorrotto dell'igumeno alla notte, lavorando in segreto. Il ritrovamento delle reliquie è celebrato il 20 luglio/2 agosto.
Le reliquie incorrotte di sant'Atanasio rimasero in un reliquiario di rame fino al 1815, presso il coro (kliros) destro del monaster attirando un vasto numero di fedeli e compiendo numerosi miracoli.
L'8 novembre 1815 la chiesa lignea del moastero bruciò, e il reliquiario di rame si fuse tra le fiamme. Nonostante questa, una parte delle reliquie riuscì miracolosamente a scampare all'incendio, e fu trovata il giorno dopo dal sacerdote Samuel di Lisovsk, e posta sotto l'altare della chiesa del refettorio monastico dai fedeli di Brest. Nel 1823, con la benedizione dell'arcivescovo Anatolij di Misk, le reliquie furono poste in un nuovo reliquiario per la venerazione dei fedeli.
Profondamente religioso, inesorabilmente devoto alla fede dei santi Padri, fu disposto a lottare fino alla morte per il suo scopo: ristabilire l'Ortodossia nelle antiche terre russe. Il suo ripudio dell'Unia non lo portò mai tuttavia a mancare di compassione e di amore verso quelli che erano rimasti vittime della complicità uniate. La sua rettitudine e sincerità si rispecchiavano nella sua predizione profetica: "L'Unia si estinguerà, ma l'Ortodossia fiorirà".

venerdì 16 settembre 2016

Ancora sulla Fede degli italo-albanesi, di cui io sono parte integrante, rivolto ai fratelli della Sicilia:

Signori miei desidererei sapere in quale libro di storia avete studiato ????? Mi piacerebbe sapere di quale ortodossia gli italo-albanesi stanno vivendo sotto Roma??? Il Rito per caso??? Ma il rito è solo un abito che se aperto dentro è intriso di latinismo ibrido dalla punta dei capelli alla punta delle dita dei piedi. Che delusione ....... non sapere che al tempo del nostro esodo, la stragrande maggioranza dei paesi e del popolo italo-greco-albanese proveniva dai paesi ARVANITI dell'attuale Grecia e certamente non erano sotto l'influsso malefico di Roma. Gli stessi Castriota erano ortodossi e Giorgio aveva un fratello monaco ortodosso. La moglie di Giorgio era imparentata con l'imperatore di Costantinopoli. I nostri preti fino al concilio latino di Trento erano sotto la giurisdizione canonica dell'Arcivescovato di Ocrida ed ordinati presbiteri da questi vescovi. Cosa centra Firenze se tutti coloro che aveva firmato quell'infernale concilio al ritorno dalle loro sedi dal popolo furono cacciati e sostituiti da vescovi anti Firenze. Non so in Sicilia ma in Calabria dopo Trento i nostri avi sono stati martirizzati per la loro ossessionante gioia di mantenere la loro Fede e nonostante tutto tantissimi futuri preti sfidando i turchi si recavano in Grecia per farsi ordinare .......... Non dimentichiamo il lavaggio del cervello che abbiamo dovuto subire in questi ultimi secoli e non dimenticate, voi siciliani, le mire espansionistiche latine nei vostri poveri paesi...tralasciando i fatti di Contessa Entellina.... per arrivare alle avventure episcopale ultime dove Roma non ha ritenuto opportuno trovare un AXIOS / DEGNO figlio di Piana per elevarlo a Eparca, ma ha preferito un estraneo alle tradizioni, alla fede, alla lingua, alla Liturgia. Ancora vi abbarbicate sugli specchi per difendere l'insostenibile..... ma per favore.....siate italo-grsci-albanesi e allora un poco di amor proprio sicuramente sboccerà in voi !!!

martedì 13 settembre 2016

Da P.Ambrogio confratello di Torino.

A proposito della metropolia degli uniati in Italia

  Pubblicato : Padre Ambrogio / Vedi >  Apri la notizia del blog
 
Mezzo anno fa, commentando la chiusura del Russicum, vi abbiamo dato con una certa anteprima la notizia della proposta di una metropolita unificata per i cattolici orientali in Italia, e del panico che questa voce stava suscitando.
In un articolo del 6 settembre sul suo blog, Sandro Magister fa il punto della situazione della prevista "Chiesa cattolica dei bizantini in Italia", che vorrebbe pretendere di unificare Chiese di tradizioni diverse, usi diversi, lingue diverse, calendari diversi e storie diverse.
Il comprensibile risultato di questa "sete di unità" è una levata di scudi generale, per la quale rimandiamo all'articolo di Sandro Magister, e per chi voglia approfondire, alle fonti delle Chiese cattoliche orientali coinvolte.
Che cosa insegna, a noi, questa buriana ecclesiale? Ciò che abbiamo sempre ripetuto come ortodossi, e cioè che un'unità artefatta non ha alcun valore.
Se giurisdizioni minoritarie che da cinquecento anni sono sotto la continua influenza omologatrice della Curia romana reagiscono con così tanto furore alla proposta di essere ulteriormente standardizzate, quanto più le Chiese dei popoli ortodossi, che custodiscono la pienezza delle loro tradizioni cristiane, vedranno proposte del genere come indecenti: un punto sul quale dovrà riflettere con molta attenzione chiunque si imbarchi in prospettive di dialogo tra cristiani.

Dal sito: http://www.ortodossiatorino.net/

Appello del primo ierarca della ROCOR per aiutare i rifugiati alla Lavra di Svjatogorsk

   Pravoslavie.ru, 12 settembre 2016


Reverendi padri, fratelli e sorelle,
figli fedeli della Chiesa russa all'Estero!
È già da tre anni che l'Ucraina è colpita da terribili lotte intestine. Dei civili stanno morendo, emigrando, e diventando profughi. Molti residenti della regione di Donetsk sono costretti a cercare rifugio nella Lavra della santa Dormizione a Svjatogorsk.
Il monastero di Svjatogorsk è sempre stato il cuore spirituale dell'Ucraina orientale, e oggi è anche un centro di misericordia per tutto il Donbass. Non appena è scoppiato il conflitto, la Lavra di Svjatogorsk, con la benedizione del superiore del monastero, il metropolita Arsenij, ha iniziato a ospitare civili le cui vite erano in pericolo. La foresteria dei pellegrini è stata trasformata in alloggio per i rifugiati. Nel bel mezzo della guerra, hanno vissuto nella Lavra fino a 1.000 rifugiati, di cui la maggior parte è stata alimentata gratuitamente dal monastero.
Ora la Lavra di Svjatogorsk Lavra ospita 200 persone che, a causa di varie circostanze, trovano impossibile il ritorno a casa. Tra loro ci sono bambini con le loro madri, donne anziane, disabili e persone che non hanno un posto dove tornare – le loro case sono state distrutte o sono ancora in grave pericolo per i continui combattimenti. La periferia di Donetsk è un chiaro esempio di questo pericolo. Molte persone hanno vissuto nella Lavra già da due anni. All'inizio del conflitto militare, la Lavra di Svjatogorsk ha attratto generose donazioni in contanti, cibo e vestiti, ma oggi l'aiuto è limitato ed estremamente raro.
Cari fratelli e sorelle! In questo doloroso momento per i nostri fratelli e sorelle in Ucraina, non possiamo restare in disparte. Vi esorto ad intensificare le vostre preghiere per la pace nella terra ucraina a lungo sofferente, di fornire tutta l'assistenza possibile, e di raccogliere donazioni per la Lavra della santa Dormizione a Svjatogorsk, che è diventata casa per molti rifugiati. La scadenza della raccolta è la fine di ottobre. Le parrocchie devono inviare i fondi raccolti al suddiacono Georgij Vladimirovich Schatilov, tesoriere del Sinodo episcopale.
Invoco su tutti voi e sulle vostre opere di misericordia la benedizione di Dio!
+ HILARION
metropolita dell'America orientale e di New York,
Primo ierarca della Chiesa ortodossa russa fuori dalla Russia

mercoledì 7 settembre 2016

Dal sito: http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1351368?refresh_ce

(Un articolo da leggere con molta attenzione e condividendo perchè tutto questo, almeno il sottoscritto, lo sta dicendo da tanto tempo, anche se viene preso spesso e volentieri a pesci in faccia. Fratelli italo-albanesi attenti perchè si sta cospirando sulla vostra pelle e dietro le spalle per annientare la nostra identità, la nostra cultura, le nostre radici, il nostro credo)

Ecumenici fuori casa. Ma dentro sono botte
Grandi sorrisi con Costantinopoli e Mosca. Mano pesante invece con le oasi bizantine in Occidente. I casi emblematici delle diocesi italo-albanesi e del monastero di Grottaferrata
di Sandro Magister

ROMA, 6 settembre 2016 – "Ad extra" l'ecumenismo è sempre più sulla cresta dell'onda, forte dei gesti di riguardo del papa per le Chiese orientali, da Costantinopoli a Mosca.
Ma dentro casa l'ecumenismo latita. Un colpo dopo l'altro, la congregazione vaticana per le Chiese orientali non fa che dissipare quel che resta di importanti diocesi e istituzioni di rito cattolico bizantino, invece che rafforzare la loro identità.
Governa la congregazione il cardinale argentino Leonardo Sandri, cresciuto in segreteria di Stato e coadiuvato dal gesuita Cyril Vasil, segretario, e dal domenicano Lorenzo Lorusso, sottosegretario, entrambi canonisti e appartenenti a due ordini religiosi che di orientale non hanno nulla.
E gli effetti si vedono. Questo sito ha già dato ampiamente notizia dello schiaffo inflitto da Roma alla Chiesa ortodossa greca lo scorso inverno, con la nomina ad esarca apostolico di Atene di Manuel Nin, catalano, monaco benedettino, dunque un latino in abiti bizantini, già rettore del Pontificio Collegio Greco di Roma, cioè di quella che agli occhi dei greci è pur sempre l’esecrata istituzione fondata nel 1577 per preparare i missionari cattolici da inviare nell'Ellade a convertire gli ortodossi:
> Notizie dal fronte orientale. A Creta il concilio panortodosso, mentre ad Atene…
E tre mesi prima c'era stata la nomina a presidente della commissione speciale per la liturgia presso la congregazione per le Chiese orientali di un liturgista che sui riti d'Oriente non ha mai avuto alcuna competenza: Piero Marini, già grande cerimoniere di Giovanni Paolo II e discepolo di quell'Annibale Bugnini che tutti ritengono – a favore o contro – il vero artefice delle riforme liturgiche postconciliari della Chiesa latina:
> Piero Marini, prefetto mancato, si veste all'orientale
Se davvero il compito della commissione è di preservare i riti orientali da indebite "latinizzazioni", riesce infatti difficile immaginare un Marini impegnato a convincere maroniti, siri, caldei e malabaresi ad abbandonare la celebrazione della messa “versus populum”, da loro abusivamente copiata dal "novus ordo" del rito romano, e a tornare alla loro originaria celebrazione verso Oriente.
*
Ma ora su questo fronte e nella stessa direzione c'è in arrivo molto di più.
Nei mesi scorsi il nunzio apostolico in Italia Adriano Bernardini ha trasmesso ai vescovi interessati una lettera della congregazione per le Chiese orientali mirata a sondare la fattibilità dell'erezione di una Chiesa metropolitana "sui iuris" che raccolga tutti i fedeli di rito bizantino residenti in Italia: ucraini, rumeni, italo-albanesi, ecc.
Il piano prevede l’estensione della giurisdizione della diocesi di Piana degli Albanesi ai fedeli bizantini di tutta la Sicilia; della diocesi di Lungro degli Albanesi ai fedeli bizantini di tutta l’Italia meridionale peninsulare; e del monastero di Grottaferrata (vedi foto) ai fedeli bizantini dell’Italia centrosettentrionale.
Si darebbe vita così a una sorta di “Chiesa cattolica dei bizantini in Italia” unificata, che metterebbe assieme fedeli di Chiese con tradizioni proprie, con calendari differenti, chi gregoriano e chi giuliano, e persino con riti diversi, essendovi nell'eparchia di Piana degli Albanesi anche preti e parrocchie di rito latino.
Questa unificazione non la vuole nessuno. Gli ucraini aspirano a una giurisdizione propria, come in Germania, in Inghilterra e in Francia, e gli italo-albanesi non ne vogliono sapere di vedere annullata la loro identità. Discendono dall’emigrazione arrivata in Italia dall'Albania nel XV secolo e nella maggior parte dei luoghi in cui abitano la lingua della loro vita quotidiana e della liturgia è l’albanese, tutelata dalla legge nazionale sulle minoranze linguistiche. Ma sono in minor numero degli ucraini di recente immigrazione in Italia e temono che i loro futuri vescovi, nominati dal papa in forza dei canoni 155 e 168 del codice delle Chiese orientali, saranno appunto ucraini e non più italo-albanesi.
Curiosamente, però, proprio il vescovo che papa Francesco ha insediato nel 2015 nella diocesi di Piana degli Albanesi, Giorgio Gallaro, è un attivo fautore della metamorfosi.
Siciliano, canonista, già di rito latino prima di emigrare temporaneamente in America, Gallaro non parla l'albanese, non ama il greco e cerca di imporre l'uso dell'italiano. Incurante delle prescrizioni liturgiche, va a celebrare anche nelle chiese latine dell’eparchia, indossando paramenti latini. Ha decurtato le solenni liturgie bizantine della settimana santa, per lui forse troppo prolisse, ma alle quali la popolazione è molto attaccata. Sta man mano allontanando dalla cittadina capoluogo dell'eparchia i preti di rito greco, alcuni sposati e con prole, rimpiazzandoli con preti latini. Anche alla Martorana di Palermo, su cui ha giurisdizione, ha interrotto la storica sequenza dei "papàs" italo-albanesi.
Contro di lui va crescendo una comprensibile protesta. Il consiglio presbiterale dell'eparchia e il collegio dei consultori si sono dimessi quasi in blocco.
E un convegno laico e popolare è in programma a Piana degli Albanesi nella seconda metà di settembre, in difesa delle lingue greca ed albanese nella liturgia e nelle istituzioni pubbliche, a cominciare dalla scuola.
*
Quanto all'abbazia di Grottaferrata, il suo futuro è ancora più problematico.
Dopo le dimissioni accolte il 4 novembre 2013 dell’ultimo archimandrita, il monaco basiliano Emiliano Fabbricatore, papa Francesco ha diviso le cariche, nominando egumeno, cioè superiore del monastero, il benedettino belga Michel Van Parys, già abate di Chevetogne, e affidando la giurisdizione diocesana a Marcello Semeraro, vescovo di Albano, stretto collaboratore del papa in quanto segretario del consiglio dei nove cardinali per la riforma della curia romana e il governo della Chiesa universale.
In quell’occasione il quotidiano cattolico francese "La Croix" rivelò che a imporre le dimissioni dell'archimandrita era stata la Santa Sede, a motivo delle lamentele per il "frequente viavai notturno" nell'abbazia. Roma avrebbe inoltre accertato l'invalidità delle ordinazioni sacerdotali di alcuni monaci:
> Démission de l'abbé exarchal de Grottaferrata
Poi all'improvviso, il 30 maggio 2016, un comunicato congiunto a firma di Semeraro e Van Parys ha annunciato la nomina del vescovo di Albano a delegato pontificio dell'ordine basiliano d'Italia e ad amministratore apostolico del monastero, e la cessazione delle funzioni di Van Parys:
> Comunicato
In sostanza si è trattato di un commissariamento in piena regola di una comunità monastica ridotta a pochi elementi anziani e di questo passo destinata progressivamente a cambiare natura, "in forme attualmente allo studio della Santa Sede".
Ma chi il vescovo di Albano ha poi nominato come suo referente riguardo alla vita del monastero? L’archimandrita emerito Emiliano Fabbricatore, cioè proprio colui sotto cui ci furono le dubbie ordinazioni al sacerdozio e il "frequente viavai notturno" denunciato da "La Croix".
Grottaferrata non è un monastero qualsiasi. È stato fondato nel 1004, mezzo secolo prima dello scisma del 1054 tra Oriente e Occidente, da san Nilo da Rossano, sul terreno di un’antica villa romana concesso ai monaci dal feudatario del luogo, Gregorio I dei Conti di Tuscolo.
Situato a una ventina di chilometri da Roma, sulle pendici dei Colli Albani, è l'ultimo dei numerosi monasteri bizantini che esistevano in Italia fino alla metà del secolo XI. Ha resistito ai frequenti tentativi di latinizzazione e continua a essere un simbolo ecumenico di indubbio valore.
Ma con l'avvento della “Chiesa cattolica dei bizantini in Italia” unificata, questa sua identità verrebbe definitivamente compromessa.
Resta un mistero come una realtà orientale così significativa, nel cuore della Chiesa romana, sia stata lasciata decadere a tal punto, senza che nulla fosse fatto per salvarla.