venerdì 29 luglio 2011

Dal sito: http://katundetarbereshe.jimdo.com/

BREVE BIOGRAFIA DI Gjergj Kastrioti Skënderbeu (1)
 
  « Non fui io a portarvi la libertà, ma la trovai qui, in mezzo a voi! » (2)
 
Giorgio Castriota Scanderbeg (albanese: Gjergj Kastrioti Skënderbeu; Dibra, 6 maggio 1405 – Alessio, 17 gennaio 1468) unì le tribù dell'Epiro e dell'Albania, e resistette per 25 anni ai tentativi di conquista dell'Impero Ottomano; per tale motivo è considerato l'eroe nazionale dell'Albania.
Icona del nostro principe romano-cristiano-ortodosso
     Giovinezza: Tra la fine del XIV secolo e i primi decenni del XV secolo l'Albania fu occupata dalle forze ottomane le quali dovettero subito reprimere le rivolte dei principi albanesi. Giovanni Castriota principe di Croia, e padre di Giorgio Castriota Scanderbeg, fu proprio uno dei signori ribelli all'occupazione ottomana contro cui il sultano Murad II, infierì più pesantemente poiché Giovanni era uno tra i più indomiti e potenti nobiluomini albanesi. Inoltre prese i suoi quattro figli maschi Stanisha, Reposhi, Costantino e Giorgio come ostaggi conducendoli alla corte di Adrianopoli. Due di loro morirono, probabilmente uccisi, uno si fece monaco, mentre il quarto, Giorgio, combatté per i Turchi.
     Alla corte del sultano, Giorgio Kastriota si distinse per capacità ed intelligenza, parlava perfettamente il turco, l'arabo, il greco, l'italiano, il bulgaro e il serbo-croato, oltre all'albanese, divenne esperto nell'uso delle armi nonché di strategia militare, guadagnò a tal punto la stima e la fiducia del sultano, che gli diede un nome islamico: Iskënder Bej (principe Alessandro forse alludendo al macedone Alessandro Magno), che gli Albanesi nazionalizzarono in Skënderbej.
     Ritorno in Albania: Dopo una serie di imprese militari portate a termine, brillantemente, nell'interesse dei turchi, la fama del giovane Castriota giunse in Albania e si iniziò a sperare in un suo ritorno in patria. Emissari della sua famiglia lo raggiunsero di nascosto nel quartiere generale del sultano e lo informarono della drammatica situazione degli Albanesi, senza tuttavia ottenere risultati. Il 28 novembre 1443, il sultano diede incarico a Skanderbeg di affrontare una coalizione di eserciti cristiani a maggioranza ungherese guidati dal signore di Transilvania, János Hunyadi ("Il Cavaliere bianco") per riprendersi la Serbia, che il nobile valacco aveva liberato dall'oppressione ottomana. Skanderbeg, influenzato dalle suppliche della sua gente disattese gli ordini del sultano non intervenendo nello scontro, favorendo per giunta una colossale sconfitta turca. Egli, assieme ad altri suoi 300 fedelissimi albanesi, che lottavano per i turchi, decise di combattere per la causa nazionale albanese e con il suo gruppo di soldati si riprese il castello di Krujë, radunò i nobili e diede inizio al grande riscatto del suo popolo. In rapidissima successione, conquistò tutte le fortezze tenute dai mussulmani.
     Skanderbeg, conquistata la fortezza di Kruje, si auto-proclamò vendicatore della propria famiglia e del poprio paese pronunciando queste famose parole: Non fui io a portarvi la libertà, ma la trovai qui, in mezzo a voi.
     Guerra contro i Turchi: Il 2 marzo 1444, nella cattedrale veneziana di San Nicola ad Alessio, Scanderbeg organizzò un grande convegno con la maggior parte dei principi albanesi, e con la partecipazione del rappresentante della Repubblica di Venezia; qui egli fu proclamato all'unanimità come guida della nazione albanese. Intanto il sultano Murad II, furioso per il tradimento del suo protetto, inviò contro gli albanesi, un potente esercito guidato da Alì Pascià alla testa di 100.000 uomini. Lo scontro con le forze di Skanderbeg, notevolmente inferiori, avvenne il 29 giugno 1444, a Torvjoll. I turchi riportarono una cocente sconfitta. Il successo di Skanderbeg ebbe vasta risonanza oltre il confine albanese, arrivò fino alle orecchie di Papa Eugenio IV il quale ipotizzò addirittura una nuova crociata contro l'Islam guidata da Skanderbeg.
     L'esito dello scontro rese ancora più furibondo il sultano, che ordinò a Firuz Pascià di distruggere Scanderbeg e gli Albanesi e così il comandante ottomano partì alla testa di ben 15.000 cavalieri. Il Castriota lo attese alle gole di Prizren il 10 ottobre 1445 e ancora una volta ne uscì vincitore. Le gesta di Scanderbeg risuonavano per tutto l'occidente, delegazioni del papa e di Alfonso d'Aragona giunsero in Albania per celebrare la straordinaria impresa. Skanderbeg si guadagnò i titoli di "difensore impavido della civiltà occidentale" e "atleta di Cristo".
     Ma Murad II non si rassegnava. Allora dispose agli ordini di Mustafà Pascià due eserciti per un complessivo di 25.000 uomini, di cui metà cavalieri, che si scontrarono con gli Albanesi il 27 settembre 1446: l'esito fu disastroso, si salvarono solo pochi turchi e a stento Mustafà Pascià. Le imprese di Scanderbeg, tuttavia, preoccupavano i veneziani, che vedendo in pericolo i traffici nel frattempo stabiliti con i Turchi, si allearono con il sultano per contrastare il Castriota. La battaglia del 3 luglio 1448 vide la sconfitta dei veneziani, che si vendicarono radendo al suolo la fortezza di Balsha.
     Nel giugno del 1450, Murad II in persona intervenì contro l'Albania alla testa di 150.000 soldati, assediando il castello di Kruje. I Turchi persero metà dell'esercito e il comandante Firuz Pascià venne ucciso da Skanderbeg. Ma, anche se le straordinarie vittorie avevano inferto profonde ferite alle forze e all'orgoglio turco, avevano pure indebolito le forze albanesi e il Castriota, ben cosciente dei propri limiti, decise di chiedere aiuto ad Alfonso d'Aragona, che si rese disponibile riconoscendo a Skanderbeg il merito di essersi fatto carico di una durissima lotta contro i Turchi, che assai inquietavano la Corona napoletana.
     Maometto II, successore di Murad, si rese conto delle gravi conseguenze, che l'alleanza degli albanesi con il Regno di Napoli poteva far nascere, decise quindi di mandare due armate contro l'Albania; una comandata da Hamza-bey, l'altra da Dalip Pascià. Nel luglio del 1452 le due armate furono annientate e mentre Hamza-bey fu catturato, Dalip Pascià morì in battaglia.
     Altre incursioni turche si tramutarono in sconfitte, Skopje il 22 aprile del 1453, Oranik nel 1456, il 7 settembre 1457 nella valle del fiume Mati. Infine, nel corso del 1458 in una serie di scontri scaturiti da offensive portate questa volta da Skanderbeg, altre tre armate turche furono sbaragliate.
     La fama di Skanderbeg fu incontenibile, anche per il fatto che i suoi uomini a disposizione non erano mai più di 20000, ed al sultano turco non rimase altro che chiedere di trattare la pace, ma il Castriota non ne volle sapere e continuò la sua battaglia.
     Nel 1459 si recò in Italia per aiutare Ferdinando I, re di Napoli, figlio del suo amico e protettore Alfonso d'Aragona nella lotta contro il rivale Giovanni d'Angiò e del suo esercito.
     Intanto, altre due armate turche comandate da Hussein-bey e Sinan-bey, nel febbraio del 1462, mossero contro gli albanesi costringendo Skanderbeg a rientrare in tutta fretta nella sua patria, per guidare il suo esercito. Ci fu una furiosa battaglia presso Skopjë che vide i turchi annientati e il sogno di Maometto II, di far giungere il potere musulmano fino a Roma infrangersi. La decisione finale fu un trattato di pace firmato il 27 aprile 1463 tra Maometto II ed il Castriota.
     Ferdinando I nel 1464, in segno di riconoscimento per l'aiuto ricevuto da Skanderbeg, concesse al signore albanese i feudi di Monte Sant'Angelo, Trani e San Giovanni Rotondo. Intanto, la morte di papa Pio II ad Ancona, il 14 agosto 1464, determinò il fallimento della grande crociata che il Pontefice aveva in mente e che teneva in grande apprensione il sultano. Quest'ultimo, nel settembre del 1464, incaricò Sceremet-bey di muovere contro gli albanesi, ma i turchi furono nuovamente sconfitti. Il figlio di Sceremet-bey fu catturato e rilasciato a fronte di un grosso riscatto.
     L'anno dopo, scongiurato il pericolo della crociata, il Sultano intravide la possibilità di farla finita con il Castriota, mise insieme un poderoso esercito affidandolo ad un traditore albanese, il quale era stato cresciuto allo stesso modo di Scanderbeg, Ballaban Pascià. Ma anche quest'impresa fallì; l'esercito turco in prossimità di Ocrida, fu messo in fuga dalle forze albanesi.
   Ancora una volta, nella primavera del 1466, riunì forze imponenti, mosse contro gli albanesi e cinse d'assedio Krujë; una serie di scontri furiosi, nel corso dei quali Ballaban Pascià fu ucciso, portarono Scanderbeg ad un'ennesima e straordinaria vittoria. Maometto II ostinatissimo nella sua lotta contro il Castriota, riorganizzò il suo esercito e, nell'estate del 1467, pose di nuovo l'assedio a Krujë, ma, dopo innumerevoli tentativi, dovette rassegnarsi a sgombrare il campo. Nonostante i successi in imprese, alcune delle quali, assolutamente straordinarie, Skanderbeg si rese conto che resistere alla pressione turca diventava sempre più difficile. La stessa preoccupazione convinse il doge di Venezia ad inviare Francesco Capello Grimani da Skanderbeg per organizzare una difesa comune, ma l'ambasciatore veneziano non poté portare a termine l'incarico perché Skanderbeg morì di malaria, ad Alessio, il 17 gennaio 1468. Kruja, l'eroica cittadina, cadde nelle mani turche dieci anni dopo la sua morte.  
     Erede di Giorgio Castriota fu Giovanni, il figlio avuto dalla moglie Marina Donica Arianiti. Giovanni (a quel tempo era ancora un fanciullo) si rifugiò con la madre a Napoli, dove fu ospitato affettuosamente da Ferdinando d'Aragona, figlio d'Alfonso. Nel 1481, Giovanni Castriota radunò alcuni fedelissimi e sbarcò a Durazzo, osannato dal popolo, ma non riuscì a portare a termine alcuna impresa poiché i turchi vanificarono immediatamente i tentativi del figlio di Skanderbeg.
     Discendenti: La famiglia Castriota Scanderbeg, alla morte di Giorgio (3), ottenne dalla corona aragonese il ducato di San Pietro in Galatina e la contea di Soleto (Lecce, Italia). Giovanni, figlio di Scanderbeg, sposò Irene Paleologo, ultima discendente della famiglia imperiale di Bisanzio. In virtù di tale imparentamento, i membri della famiglia Castriota Scanderbeg oggi rappresentano gli unici discendenti diretti degli ultimi imperatori di Costantinopoli. (4)
     Attualmente esistono due linee della famiglia Castriota Scanderbeg d’Albania, una delle quali discende da Pardo e l’altra da Achille, entrambi figli naturali del Duca Ferrante, figlio di Giovanni e nipote di Scanderbeg. Entrambe sono parte da secoli della nobiltà italiana e membri del Sovrano Militare Ordine di Malta con prove di giustizia. (5). L’unica figlia legittima del Duca Ferrante, Erina, nata da Adriana Acquaviva, ereditò lo Stato paterno, portando il ducato di Galatina e la contea di Soleto nella famiglia Sanseverino dopo il suo matrimonio con il principe Pietrantonio Sanseverino.
     Oltre a questi due rami (uno risiede a Lecce, a Ruffano , a Bari e a Foggia, l'altro ha dimora a Napoli) di comprovata appartenenza al casato dell'eroe nazionale albanese, ci sono stati tentativi da parte di alcuni di accreditarsi quali discendenti di Scanderbeg, pur senza alcun titolo abilitante o documento fidefacente.
 
Curiosità  
 
* Narra una leggenda che Scanderbeg sul punto di morte ordinasse al figlio di sottrarsi dalla vendetta turca fuggendo in Italia; gli disse inoltre che appena fosse sbarcato sulla spiaggia avrebbe trovato un albero presso cui legare il suo cavallo e la sua spada e per sempre quando avesse soffiato il vento i turchi avrebbero sentito la spada di Skanderbeg volteggiare nuovamente nell'aria e il suo cavallo nitrire e, per paura, non lo avrebbero seguito.
* Durante gli anni in cui i turchi provavano a conquistare l'impero di Skanderbeg, la strada che portava a Kruje, fu chiamata “jezitjoll”, cioè la via del diavolo.
* Un partecipante alla spedizione contro l’Albania disse “il loro guerriero più debole è paragonabile al più forte dei nostri guerrieri turchi”.
* Il palazzo a Roma dove risiedette Skanderbeg negli anni 1465-6 porta ancora il suo nome, sebbene non offra purtroppo testimonianze delle sue gesta, ma ospiti oggi il "Museo Nazionale delle Paste Alimentari". Nella città è anche presente una statua a lui dedicata.
* Gli è dedicata la piazza principale di Tirana.
* Il Palazzo Castriota o Palazzo del Tufo, ubicato a Napoli, è uno dei principali palazzi monumentali della Città. Si trova in via Santa Maria di Costantinopoli e costituisce un bell'esempio di architettura rinascimentale e barocca. L'edificio, che appartenne ai Castriota de Scanderbeg, presenta una facciata ornata mediante un semplice parametro in mattoni con alto basamento sul quale si apre il portale a conci alterni in marmo.
* A Rochester Hills, Michigan, presso St. Paul Albanian Parish è stato eretto il primo monumento a lui dedicato degli Stati Uniti.
* In Umbria, presso il Castello di Castelleone, un'antica fortezza feudale di origini medioevali nei pressi di Deruta (Perugia), è presente una statua equestre a dimensioni naturali di Giorgio Castriota Scanderbeg. La grande scultura è posizionata sulla cima della cosiddetta Torre Longobarda del castello, risalente al XII sec.
* Il 22 giugno 1718 il compositore Antonio Vivaldi mise in scena al Teatro della Pergola di Firenze il dramma Scanderbeg su libretto di Antonio Salvi.
* All'eroe nazionale dell'Albania e alla sua epopea sono riferite decine di leggende e tradizioni locali, e dedicate numerose opere di narrativa: tra queste meritano di essere ricordati il George Kastioti Scanderbeg del 1962 di Naim Frasheri, considerato il fondatore della letteratura nazionale albanese, il romanzo Kështjella (I Tamburi della Pioggia, lett. La Fortezza) del 1970, del più noto scrittore contemporaneo albanese, Ismail Kadarè. La presenza di Scanderbeg in Italia è stata raccontata nel romanzo storico Skanderbeg-La campagna d'Italia di Alban Kraja.
* Dopo la prima guerra mondiale il vescovo ortodosso Fan Stilian Noli, filosofo, storico e scrittore albanese, pubblicò nel 1921 l’opera Istorinë e Skënderbeut (La storia di Skanderbeg), riscuotendo ben presto una straordinaria popolarità, al punto d'essere quasi imparata a memoria da tutti gli studenti delle scuole dell’Albania libera. Dopo la seconda guerra mondiale pubblicò un altro libro sulla storia di Castriota in lingua inglese, un’analisi scientifica e critica delle opere di tutti i precedenti autori che avevano scritto la biografia dello Scanderbeg. In questo lavoro del 1947 Noli cercò di distinguere i fatti storici dalle leggende e dai pregiudizi, interpretando e ponendo Castriota allo stesso livello di un comandante di guerriglia dei tempi più moderni.
* il Consiglio di Stato della Repubblica italiana negli anni novanta del secolo scorso ha ospitato nelle sue sezioni giurisdizionali due discendenti delle due famiglie: Giovanni Paleologo e Giulio Castriota
Scandenberg.
* Nel XVI secolo una discendente dello Scanderberg ha sposato l'architetto e ingegnere urbinate Iacopo Fusti (1510-1562), quest'ultimo ha aggiunto, dopo il matrimonio, il cognome Castriota in onore del celebre avo della consorte.
* Sull’eroe epirota è stato fatto anche un film del 1951 opera del regista russo Sergei Yutkevich. Presentato al Festival del cinema di Cannes nel 1951 Sergei yutkevich vinse il titolo come miglior regista.
 
Bibliografia.
 
F. S. Noli, Storia di Skanderbeg, re d’Albania, traduzione italiana di Francesco Argondizza, Roma, 1924;
F. S. Noli, George Castrioti Scanderbeg (1405-1468), New York – 1947;
F. S. Noli, Historia e Skénderbeut, Boston, 1950.
 
NOTE
 
(1) Breve biografia dello Scanderbegh- tratta da Wikipedia, l'enciclopedia libera;
(2) Scanderbeg a Dibra, appena tornato in Albania
(3) Edward Gibbon, 1788, History of the Decline and Fall of the Roman Empire, Volume 6, Scanderbeg section;
(4) Steven Runciman, 1990, The fall of Costantinople 1453, Cambridge University Press;
(5) Archivio del Gran Priorato di Napoli e Sicilia del Sovrano Militare Ordine di Malta, Napoli.

Dal sito amico: Eleousa .net

Russia - Visita dei vescovi ortodossi di Antiochia

Mosca, 25 luglio 2011 – Sua Santità il Patriarca di Mosca e di tutta la Russia Kirill ha ricevuto nella sua residenza di lavoro al centro di Mosca, i vescovi della Chiesa ortodossa antiochena. Erano presenti alla riunione: il metropolita del Messico, America Centrale, Caraibi e Venezuela Antonio, il metropolita di San Paolo e di tutto il Brasile Damasco, il metropolita Giorgio Chomsky e l'arcivescovo Niphon Filippopoli, rappresentante del Patriarca di Antiochia e di tutto l'Oriente presso il Patriarca di Mosca e di tutta la Russia.
Alla riunione hanno partecipato il vice presidente del Dipartimento per le Relazioni Esterne della Chiesa arciprete Nikolai Balashov e un membro del Segretariato del Decr per i rapporti inter-ortodossi don Stefano (Igumnov).
Nel rivolgere parole di benvenuto, il Primate della Chiesa ortodossa russa ha sottolineato che in America Latina il Patriarcato di Antiochia svolge un ruolo pastorale speciale e di responsabilità: "Qui il maggior numero dei cristiani ortodossi appartiene alla vostra chiesa: è la più grande comunità, la vita della parrocchia più attiva, e su di voi c’è una grande responsabilità davanti a Dio e alla storia per la conservazione e l’espansione dell'Ortodossia in America Latina".
Sua Santità ha sottolineato che nel continente latino-americano vivono numerosi figli della Chiesa ortodossa russa, tra cui gli emigrati del periodo post-rivoluzionario e le persone che hanno abbandonato la loro patria durante la seconda guerra mondiale, così come le persone che si sono stabilite in questa regione negli ultimi tempi.
Parlando con gli illustri ospiti, Sua Santità ha accolto favorevolmente la cooperazione del clero delle chiese russe e antiochene in America Latina e ha espresso la speranza che in futuro le chiese sorelle si sostengano a vicenda, condividendo le gioie e i momenti difficili della loro vita. "Dobbiamo sostenerci a vicenda in termini di relazioni bilaterali e a livello pan-ortodosso", - ha detto il Primate della Chiesa ortodossa russa.
Il metropolita del Messico, America Centrale, Caraibi e Venezuela, Antonio ha ringraziato Sua Santità il Patriarca per l'opportunità dell’incontro. Ha anche espresso la sua profonda gratitudine per il sostegno della Chiesa russa ai cristiani ortodossi in Medio Oriente, che stanno attraversando momenti difficili. Il metropolita Antonio ha anche parlato di come la diocesi si prende cura dei fedeli di lingua russa che vivono in Messico.
Il metropolita Giorgio Chomsky ha portato i saluti di Sua Beatitudine il Patriarca di Antiochia e di tutto l'Oriente Ignazio IV e dei membri del Santo Sinodo della Chiesa di Antiochia. Egli ha osservato che per i cristiani in Siria e in Libano è molto importante l'assistenza da parte della Chiesa ortodossa russa e ha espresso la sua gratitudine per il sostegno della minoranza cristiana in Medio Oriente. Alle parole di gratitudine si è unito anche il metropolita di San Paolo e di tutto il Brasile Damasco.
Durante l'incontro, Sua Santità ha detto che lui personalmente e tutto il popolo credente della Russia sono preoccupati per la sorte dei cristiani in Medio Oriente, che resta molto incerta. Il Primate della Chiesa ortodossa russa ha portato l'esempio dell'Iraq, dove le interferenze esterne nel paese hanno portato in primo luogo alla destabilizzazione per le minoranze etniche e religiose. I cristiani dell'Iraq sono stati gravemente perseguitati, molti di loro sono stati uccisi o costretti all'esilio. "Voglia Iddio che i processi che si stanno verificando nei paesi arabi non portino al caos politico e alla persecuzione dei cristiani nuovamente" - ha detto Sua Santità. In particolare, egli ha sottolineato che la Chiesa russa non può che entrare in empatia con i suoi omologhi del Medio Oriente, come in tutta la storia è stata strettamente connessa con gli ortodossi in Oriente.
A sua volta, il metropolita Giorgio Chomsky ha ringraziato Sua Santità il Patriarca per la posizione russa sulla questione delle possibili sanzioni contro la Siria
.

(Fonte: Decr Servizio Comunicazione; www.mospat.ru/Foto del servizio stampa del Patriarcato di Mosca e di tutta la Russia)

Dalla Chiesa Ortodossa Russa

Conclusa la visita del Patriarca in Ucraina


Dal 26 al 28 luglio si e’ svolta la visita apostolica del Patriarca di Mosca e tutte le Russie Kirill in Ucraina.
Della delegazione ufficiale che accompagnava il Patriarca facevano parte i metropoliti Varsonofij di Saransk e della Mordovia, responsabile della gestione centrale del Patriarcato, Hilarion di Volokolamsk, presidente del Dipartimento per le relazioni esterne, il vescovo Sergij di Solnechnogorsk, responsabile della segreteria amministrativa del Patriarcato, l’arciprete Vsevolod Chaplin, presidente del Dipartimento sinodale per le relazioni tra la Chiesa e la società,  Vladimir Legoida, presidente del Dipartimento sinodale per l’informazione, gli arcipreti Nikolaj Balashov e Igor Jakimtchuk, rispettivamente vicepresidente del Dipartimento per le relazioni esterne e segretario per i rapporti inter-ortodossi dello stesso Dipartimento, e altri chierici e laici della Chiesa Ortodossa Russa.
Il 26 luglio il Primate della Chiesa Russa si e’ incontrato col Presidente dell’Ucraina Viktor Janukovitch nella residenza estiva del capo dello Stato in Crimea.
Lo stesso giorno, la delegazione patriarcale e’ giunta a Kiev. In un breve incontro coi giornalisti, Sua Santita’ ha illustrato gli scopi di questa visita pastorale.
Il Patriarca si e’ poi recato al monastero delle Grotte dove, insieme a Sua Beatitudine il metropolita Vladimir di Kiev e tutta l’Ucraina ha visitato la chiesa dell’Esaltazione della Santa Croce.
Nella sala sinodale della metropolia di Kiev Sua Santita’ si e’ incontrato col Patriarca-Catholicos della Georgia Ilja II. La sera i due patriarchi hanno condiviso la cena.
Il 27 luglio si e’ svolto nel monastero delle Grotte l’incontro del Patriarca col Primo Ministro ucraino N. Azarov.
Alla vigilia della ricorrenza liturgica di s. Vladimir e del battesimo della Rus’ di Kiev, il Patriarca Kirill, assieme al Patriarca Ilja della Georgia e al metropolita Vladimir di Kiev e tutta l’Ucraina, ha celebrato un rito di rendimento di grazie presso il monumento al principe Vladimir della “Vladimirskaja gorka”.
Nel pomeriggio, nella sala sinodale della metropolia nel monastero delle Grotte si e’ riunita la sessione estiva ordinaria del Sacro Sinodo della Chiesa Ortodossa Russa, presieduta dal Patriarca.
Il Patriarca ha poi partecipato alla cerimonia di apertura del forum internazionale “Donne ortodosse: unione, servizio, amore”.
La sera presso l’Universita’ nazionale di Kiev, dedicata al poeta Taras Shevcenko, si e’ svolto l’incontro del Patriarca con i rettori delle universita’ e istituti di istruzione superiore dell’Ucraina. Nel proprio intervento, Sua Santita’ ha parlato dell’importanza della tradizione ecclesiastica per la storia e la cultura.
Giovedi’ 28 luglio, giorno della ricorrenza liturgica di s. Vladimir, il Patriarca ha celebrato la divina liturgia al monastero delle Grotte. Con lui hanno concelebrato il Patriarca georgiano Ilja e il metropolita di Kiev Vladimir.
La sera dello stesso giorno si e’ conclusa la visita pastorale e il Patriarca e’ ripartito dall’aeroporto di Kiev alla volta di Mosca.

martedì 26 luglio 2011

OMELIA VESPERALE DEL PATRIARCA DI GERUSALEMME DIODORO I


Questa Omelia fu rivolta da Sua Beatitudine , il Patriarca Diodoro I di Gerusalemme, Chiesa Madre delle Chiese, di Domenica sera, nel corso del Vespro nel Santo Monastero dei SS.MM. Cipriano e Giustina in Filì, Grecia, il 2/15 Ottobre 1989.

Reverendissimo Metropolita Cipriano, Molto Reverendi Ierarchi della Chiesa, amati figli in Gesù Cristo,

E' con una gioia ed una emozione particolare che io mi trovo oggi in questo luogo, in occasione del giorno di festa dei Santi Cipriano e Giustina. La mia gioia e la mia emozione sono particolarmente grandi perché mi trovo ora nel mezzo di Vescovi e Sacerdoti che negli ultimi dieci anni non si sono risparmiati per far risplendere la luce dell'Ortodossia in ogni continente: dall'Europa all'Africa, all'America ed ovunque si trova l'opportunità di evangelizzare la Santa Chiesa Ortodossa. Grazie per la fatica, Reverendissimo Metropolita Cipriano coi suoi Vescovi, per aver portato nel Mondo la voce dell'Ortodossia!

Miei cari Cristiani, io sono venuto nella mia beneamata terra natale per pochi giorni, per ragioni personali e per ragioni concernenti il Patriarcato. Ho considerato mio dovere venire qui a celebrare con voi ed a fare gli auguri al Metropolita Cipriano nel suo giorno onomastico.

Certamente voi conoscete la situazione di Gerusalemme oggi: Gerusalemme si sta struggendo; Gerusalemme, dove nella Chiesa dei Santi Apostoli era partito l'annuncio dell'evangelo a tutte le nazioni. Essa è la Madre delle Chiese, e per questo è suo sacro dovere mantenere l'insegnamento Ortodosso, quello che è stato ricevuto dal Signore, nella sua forma più pura e non adulterata. Come voi sapete essa è l'unica Chiesa che è stata fondata direttamente dal nostro Salvatore, il fondatore della nostra religione. Lui stesso ha celebrato a Gerusalemme la Mistica Cena , la prima Liturgia Divina. Egli ha santificato con la sua presenza questa terra santa; attraverso il suo insegnamento per queste contrade ha salvato la razza umana, liberandola dal peccato di Adamo con la sua morte in Croce. Ed è proprio per questo che la Santa terra è nel mezzo delle persecuzioni. Specialmente negli ultimi duecento anni la Chiesa di Gerusalemme si strugge per mantenere pura la dottrina della Tradizione Santa ed Ortodossa, in fedeltà ai canoni della Chiesa in quella forma in cui la ha ricevuta da Cristo e dagli Apostoli.

Il movimento ecumenico, con i suoi dialoghi - dai quali la nostra Santa Chiesa si è sempre ben guardata - ora rendono malata la nostra Ortodossia, ormai soggiogata dalle iniziative del papismo e dell'ecumenismo, dotati di maggior forza (umana).

Questo da molti anni ormai tenta di distruggere la saldezza della Santa Chiesa anche in Gerusalemme stessa. Ma il Santo Sepolcro di Cristo che ha protetto la Terra Santa per molti secoli in faccia a tutti i pericoli - ha salvato finora la nostra Ortodossia da ogni pericolo. Però mai come in questi ultimi due secoli Gerusalemme si è trovata nel permanente ruolo di chi deve essere conquistata. Essa è passata attraverso satrapi, re e governatori. Tutte queste cose sono accadute ma essa finora è rimasta ferma coi suoi monaci ortodossi guardiani della santa eredità. E' necessario notare che negli ultimi anni , apparentemente per non disturbare il percorso dell'unità, si è cercato di coinvolgere la nostra santa Chiesa , da parte delle altre chiese, nella partecipazione al cosiddetto dialogo ecumenico, che sta in realtà dominando in ogni senso attraverso le Chiese. Questo ha fatto sì che la Chiesa di Gerusalemme inizialmente abbia avuto qualche partecipazione a queste iniziative con l'unico scopo di cercare di salvaguardare le Chiese Ortodosse dallo scivolare fuori della retta via a causa del dialogo con gli eretici. Ma niente vale la nostra voce isolata: la potenza degli ecumenisti che dicono : "è bene per noi l'unità con i cattolici", come dicono ai fedeli dicono molti Patriarchi e Vescovi, si innalza sempre più senza che , malauguratamente essi si rendano conto che "unione" signififica in realtà "sottomissione" della nostra santa Ortodossia.

Noi abbiamo dovuto prendere sopra noi la responsabilità innanzi a Dio, dinanzi alla Chiesa, dinanzi all'Ortodossia, per la difesa della nostra storia, del nostro ruolo sacro e dei diritti tradizionali della Terra Santa, di parlare ben diversamente. E con la luce di Cristo abbiamo deciso di escluderci da ogni cosiddetto dialogo con gli eterodossi, visto che molti anni di contatto non avevano avuto nessun risultato positivo in ordine all'avvicinamento degli eretici alla Santa Fede.

Noi abbiamo annunciato ufficialmente questa decisione alle nostre Chiese Sorelle Ortodosse.

Esse si trovano costrette da ciò che hanno intrapreso a continuare in questa strada scivolosa ed infida, e di questo si assumeranno la responsabilità innanzi a Dio ed innanzi alla Storia del male che deriva alle Chiese da queste contatti con gli eterodossi.

Come voi sapete il Patriarcato di Gerusalemme segue il Calendario Ecclesiastico Tradizionale. Esso non ha mai cambiato - né vorrei che cambiasse mai - in ordine a tutti gli insegnamenti, i canoni, e le dottrine della nostra santa Chiesa. Noi vogliamo lavorare, anche con sacrificio, per mantenere inalterate tutte queste cose. Molti si oppongono a questa nostra linea di salvaguardia, a parole e con i fatti. Ma noi, Vescovo della Chiesa Madre, vogliamo rimanere, a tutti i costi, custode della santa dottrina.

Grazie, Reverendissimo Metropolita Cipriano. Io prego Dio per l'intercessione dei Santi Martiri Cipriano e Giustina, che vi doni forza, pazienza, salute, per portare la sua Croce per la gloria di Dio e dell'Ortodossia. Io sono venuto a portare a voi la Benedizione del Santo Sepolcro di Gerusalemme, del Golgota, e della santa Grotta (della Natività) , e prego Dio che possiate essere fortemente conservati e protetti, e stabili senza compromessi nella Fede dei nostri Padri. Molti anni!

domenica 24 luglio 2011

Dal sito: http://www.dirittodicronaca.it

Giornata del rifugiato ad Acquaformosa 

- di Emanuele Armentano 

  ACQUAFORMOSA – Nella cittadina arbëreshe di Acquaformosa    arriva la “Giornata del rifugiato”, che si terrà il prossimo 29 luglio nella comunità guidata dal sindaco Giovanni Manoccio. L'evento, promosso dalla locale amministrazione comunale, in sinergia con la Provincia di Cosenza, con l'Associazione “Don Vincenzo Matrangolo” e con lo Sprar, concerne di un ricco programma che si aprirà la mattina a partire dalle ore 10 presso la sede del sodalizio “Don Matrangolo” in cui ci sarà il coordinamento regionale dei progetti Sprar Calabria. Alle 13 pausa pranzo presso l'area pic-nic di Santa Maria del Monte. I lavori riprenderanno alle 19 in piazza “papas Vincenzo Matrangolo” con un convegno sul tema “Emergenza rifugiati e Legge Regionale sull'Accoglienza: quali opportunità per la Calabria?”. Il dibattito, che ricordiamo essere stato aperto già dal sindaco Manoccio, che nei mesi scorsi aveva fortemente criticato il “modus operandi” della sistemazione degli immigrati in Italia, spingendo, piuttosto, nella direzione della promozione dello Sprar (per l'accoglienza dei rifugiati nei comuni piuttosto che “nell'ammucchiamento in tendopoli”), servirà a far luce su una serie di problematiche. Per l'occasione ai lavori, che saranno coordinati dal presidente della “Matrangolo”, Cosimo Vicchio, prenderanno parte un rappresentante del servizio Centrale Sprar, il sindaco Manoccio per l'introduzione. Interverranno quindi il sindaco di Riace, Mimmo Lucano, il vice presidente provinciale, Domenico Bevacqua, i consiglieri regionali Gianluca Gallo (Udc), Mimmo Talarico (Idv) e Gianpaolo Chiappetta (Pdl). Concluderà i lavori la parlamentare del Pd Doris Lo Moro. In serata, a partire dalle ore 21.30 si terrà il concerto di musica etnico-popolare "Bashkim Folk".

Dal sito http://balkan-crew.blogspot.com della mia carissima "AMICA" Lina Bertorello....copio e incollo.....


Padre Giovanni di Acquaformosa

domenica 15 novembre 2009


Nei miei viaggi balkanici ho sempre incontrato qualcosa di religioso.
Quando si viaggia si è propensi a far frullare il cervello e a questo proposito vi voglio raccontare una storiella serba. Si dice in Serbia che abbiamo tutti un piccolo verme in testa, ma alle volte è lui che muore e alle volte è lui che si mangia tutto il nostro cervello ed è per questo che diventiamo pazzi.
Dejan dice che io sono già nata piena di vermi nel cervello, ma lasciamo stare e troniamo alla nostra cara e ben amata religione.
So' che molti dei nostri amici hanno già chiuso da mo', perchè sono atei. Io no, sono religiosa e sono cattolica, ma naturalmente in Serbia vado alla S. Messa ortodossa. Alle volte anche a Torino vado nella chiesa ortodossa e vi diro' che non è niente male.
Alcuni mesi or sono ho incontrato un blog carino. Oggi ve lo propongo e vi dico che anche chi non è religioso ci puo' zompettare dentro e lasciare un messaggino.
Quanti viaggi con la nostra macchina scassata e due bambini piccoli da Torino a Catanzaro e quando si arrivava sulla salerno Reggio Calabria si iniziavano le preghiere! !
Bè.. da quelle parti c'è Acquaformosa, un paesino che ha veramente del magico.
Non posso dire tanto, perchè ho promesso di non parlare di politica, ma se fate voi una piccola ricerca, vedrete quanto questo paesino sia una bellissima risposta al razzismo dilagante contro cui anche noi ci scagliamo, politica o non politica.
Qui vive Padre Giovanni, un prete modernissimo, bellissimo, simpaticissimo, che ha il suo account face book e un unico difetto : consiglia di leggere Nothing against Serbia e non balkan-crew !!!
Ma.. Padre !!! Spero sia un lapsus !!

PARTE SECONDA (in attesa della III parte .....)


Padre Giovanni di Acquaformosa. Seconda parte

sabato 23 luglio 2011


Padre Giovanni è nostro amico da più di due anni ed è veramente una cara persona !!!
Vive in Calabria e tutti voi sapete che in Calabria c'è la comunità Arbëreshë ovvero la comunità di origine albanese che si è insediata anni  (oltre 5 secoli) addietro nel nostro paese.
Adesso Padre Giovanni ha fatto molto bella la sua chiesa.


Il sito di Padre Giovanni è meraviglioso : Arberia ortodossa


(Carissima Lina devi però spiegare che la mia Parrocchia con le comunità italo-albanesi non ha nulla da spartire, loro sono comunità e parrocchie UNIATE, cioè sotto il Vaticano, mentre la mia Parrocchia è sotto la Giurisdizione ecclesiastica del Patriarcato di Mosca, quindi ortodossa. 
Ti ho inviato le nuovissime foto dello stato della Chiesa, però non le hai usate, queste sono ancora quella vecchie........quella di sotto è l'ultima, scattata pochi giorni addietro. Comunque grazie di tutto cuore in attesa della terza parte. Ciao e buon lavoro)

sabato 23 luglio 2011

Gironzolando in Internet mi sono imbattuto in questo articolo, vecchio per la verità, del 19 aprile 2010, scritto da Nicola Arcieri. Eccolo.......

Una chiesa ortodossa russa a Castrovillari

19 aprile 2010 
 
 
Viaggio nel tempio aperto a Palazzo Gallo dove confluiscono molti appartenenti a quel microcosmo di “stranieri” che da anni ormai vive con noi

di Nicola Arcieri



Castrovillari (CS) - Padre Giovanni Capparelli è un religioso ortodosso. Della chiesa ortodossa russa, per essere precisi. A lui fa capo la parrocchia di Acquaformosa. E, dal 28 marzo, anche quella di Castrovillari. «Il sindaco Franco Blaiotta, il presidente della Comunità montana italo-albanese del Pollino Barletta e il presidente del Parco Domenico Pappaterra hanno concesso ai fedeli e a me, in comodato gratuito, l’uso di questi due vani» spiega padre Giovanni, mentre entriamo al piano terra di palazzo Gallo. Un volantino appiccicato ad uno dei portoni minori, con su scritto: “Patriarcato di Mosca, chiesa ortodossa, San Giovanni di Kronstadt” è, al momento, l’unico segno di riconoscimento del nuovo luogo di culto.
Dentro è tutto fermo all’essenziale: le pareti perfettamente imbiancate e spoglie, delle sedie e un altare provvisorio per il crocefisso, l’ostensorio, gli altri arredi sacri e, soprattutto, l’antiminsion (un drappo raffigurante la deposizione di Cristo). Quest’ultimo, «non può essere toccato da nessuno se non dal sacerdote», ed è l’elemento che fa la differenza: ciò che non può assolutamente mancare durante la liturgia ortodossa. «Ma tra non molto arriverà anche un’iconostasi», ci assicura il sacerdote. Ovvero la parete divisoria tipica dell’architettura del cristianesimo orientale.
Padre Giovanni ha la barba, un paio di occhialini tondi e un viso simpatico. Ma attenzione a non mischiare l’ortodossia con dell’altro. Quando gli chiediamo come sono i rapporti con i cattolici e con gli italo-albanesi dell’eparchia di Lungro, la risposta non è del tutto diplomatica: «Con i parroci latini sono eccellenti, con gli uniati un po’ meno». E perché? «Perché, pur avendo la stessa ufficiatura, loro fanno di tutto per apparire quello che in sostanza non sono. E, strumentalizzando il fatto di avere la liturgia orientale, molte volte cercano di fare proselitismo nei confronti dei nostri fedeli ortodossi, i quali tante sfumature teologiche non le conoscono».
Andiamo avanti con la conversazione. Gli chiediamo qualche ragguaglio in più sui numeri e le caratteristiche di un fenomeno religioso, quello dei cristiano-ortodossi, poco conosciuto almeno da queste parti. E scopriamo che uno degli aspetti più interessanti sta proprio nell’elemento sociologico ed etnico dei potenziali fedeli della sua parrocchia di palazzo Gallo: la maggior parte sono ucraini, moldavi, rumeni, bulgari, russi, albanesi. Quel microcosmo che da anni ormai vive con noi, che incrociamo per le strade ma che ancora non conosciamo per nome. Preferiamo, ancora chiamarli: “gli extracomunitari”, “le badanti” o i “i rumeni”. «Potrebbero essere in tanti a frequentare la liturgia della domenica – ci confessa padre Capparelli – ma quelli veramente assidui sono ancora pochi». E forse la causa, aggiungiamo noi, non è nemmeno tanto difficile da immaginare: il lavoro, il tempo libero ridotto, i diritti di questa gente d’Europa.
Nonostante ciò, la presenza di fedeli durante la messa oscilla «tra un minimo di dieci ed un massimo di cinquanta». E non è poco, se si pensa agli altri luoghi di culto della città e al loro storico radicamento.
Tra l’altro, assistere ad una funzione religiosa ortodossa di padre Giovanni significa anche entrare in contatto con realtà linguistiche differenti; e lui stesso ammette di celebrare «in italiano, russo, rumeno e anche in greco».
Il prossimo appuntamento è per il 25 aprile presso la parrocchia ortodossa di San Giovanni di Kronstadt a Castrovillari. Nel frattempo, per chi fosse interessato, sono attive un paio di pagine web:  www.arberiaortodossa.blogspot.com
Non solo. Padre Giovanni Capparelli ha anche un suo profilo su Facebook. Cosa aggiungere? Magari: Χριστὸς ἀνέστη, Cristo è risorto.

Domenica VI di Matteo


РУССКАЯ  ПРАВОСЛАВНАЯ  ЦЕРКОВЬ
МОСКОВСКОГО ПАТРИАРХАТA
 


ПРАВОСЛАВНЫЙ
 ХРИСТИАНСКИЙ  ПРИХОД
 СВ.  ИОАННА КРОНШТАДТСКОГО

КАСТРОВИЛЛАРИ
  
Domenica VI di Matteo

Santa Eufemia Megalomartire   (Евфимии)

Santa Olga   (Ольги)


Tono 5° -  Глас 5.

Собезначальное Слово Отцу и Духови, от Девы рождшееся на спасение наше, воспоим, вернии, и поклонимся, яко благоволи плотию взыти на крест, и смерть претерпети, и воскресити умершия славным воскресением Своим.

Тропарь великомученицы Евфимии

Агница Твоя, Иисусе, Евфимия зовет велиим гласом: Тебе, Женише мой, люблю, и, Тебе ищущи, страдальчествую и сраспинаюся и спогребаюся Крещению Твоему, и стражду Тебе ради, яко да царствую в Тебе, и умираю за Тя, да и живу с Тобою, но яко жертву непорочную приими мя, с любовию пожершуюся Тебе. Тоя молитвами, яко Милостив, спаси души наша.

Тропарь равноапостольной Ольги

Крилами богоразумия вперивши твой ум, возлетела еси превыше видимыя твари,
взыскавши Бога и Творца всяческих, и, Того обретши, паки рождение Крещением прияла еси, древа животнаго наслаждающися, нетленна во веки пребываеши, Ольго приснославная.

Слава Отцу, и Сыну, и Святому Духу.

Тропарь праведного Иоанна Кронштадтского

Православныя веры поборниче, земли Российския печальниче, пастырем правило и образе верным, покаяния и жизни во Христе проповедниче, Божественных Таин благоговейный служителю и дерзновенный о людех молитвенниче, отче праведный Иоанне, целителю и предивный чудотворче, граду Кронштадту похвало и Церкве нашея крашение, моли Всеблагаго Бога умирити мир и спасти души наша.

И ныне и присно и во веки веков. Аминь.

Богородичен
Радуйся, двере Господня непроходимая. Радуйся, стено и покрове притекающих к Тебе. Радуйся, необуреваемое пристанище и неискусобрачная, рождшая плотию Творца Твоего и Бога, молящи не оскудевай от воспевающих, и кланяющихся рождеству Твоему. КондакКо аду, Спасе мой, сошел еси, и врата сокрушивый яко Всесилен, умерших яко Создатель совоскресил еси, и смерти жало сокрушил еси, и Адам от клятвы избавлен бысть, Человеколюбче, темже вси зовем: спаси нас, Господи. 


Epistola  - Рим., XII, 6-14

И как, по данной нам благодати, имеем различные дарования, то, имеешь ли пророчество, пророчествуй по мере веры; имеешь ли служение, пребывай в служении; учитель ли,- в учении; увещатель ли, увещевай; раздаватель ли, раздавай в простоте; начальник ли, начальствуй с усердием; благотворитель ли, благотвори с радушием. Любовь да будет непритворна; отвращайтесь зла, прилепляйтесь к добру; будьте братолюбивы друг к другу с нежностью; в почтительности друг друга предупреждайте; в усердии не ослабевайте; духом пламенейте; Господу служите; утешайтесь надеждою; в скорби будьте терпеливы, в молитве постоянны; в нуждах святых принимайте участие; ревнуйте о странноприимстве.  Благословляйте гонителей ваших; благословляйте, а не проклинайте.            

Riflessione a cura di p. Seraphim: VI Domenica dopo Pentecoste

Серафим Валеряни Ропа
 
Domenica 24 luglio 2011
VI Domenica dopo Pentecoste
tono V
Letture: Rm. 12,6 - 14 / Mt. 9, 1 - 8.

Nel nome del Padre e del Figlio e del Santo Spirito. Amen.
Tutti sappiamo che i nostri progenitori Adamo ed Eva non si mantennero fedeli a Dio e peccarono, a causa di questo peccato la tendenza a peccare nuovamente, la malattia e la morte fecero la loro comparsa nel mondo. Il racconto ci è spiegato per bene nel primo libro della Bibbia, il libro della Genesi. Esso è un mito perché i nostri padri si esprimevano in miti e poesia (era più facile ricordare le cose e spiegarle), probabilmente se qualcuno di loro vivesse ai giorni d'oggi ci troverebbe estremamente aridi, razionalisti e scientisti. Esso è un mito ma sottintende una teologia vera: l'uomo prefigurato nei progenitori non si è mantenuto fedele a Dio, ha peccato di superbia volendo conoscere autonomamente il bene e il male senza far riferimento al proprio creatore, senza conoscere profondamente il cosmo, a causa di questo peccato ha incrinato il rapporto con Dio che è l'origine di ogni vita e l'origine di ogni esistenza e così facendo si è ritrovato solo, mortale e nudo in una natura diventata ostile. Noi che discendiamo dai progenitori del genere umano subiamo gli effetti di questo peccato, anche noi abbiamo la tendenza a peccare, ci ammaliamo, moriamo. Ne subiamo gli effetti ma non ne portiamo alcuna colpa, ciascuno di noi è responsabile davanti a Dio solo dei propri peccati commessi e non di quelli commessi dai propri padri: le colpe dei padri non ricadono sui figli.
Ognuno di noi è differente da qualsiasi altro per quel che riguarda il corpo: chi è basso e chi è alto, chi è biondo e chi è moro...siamo differenti anche psicologicamente: c'è chi è più paziente e chi meno, c'è chi preferisce la solitudine e chi i luoghi affollati...siamo inoltre differenti spiritualmente: c'è chi ha un particolare carisma e chi un altro, c'è chi ha un vizio chi un altro. Siamo stati creati e voluti ognuno diverso dall'altro e per questo gli effetti del peccato originale sono diversi per ognuno.
Tra gli effetti del peccato originale ci sono quelli di ordine spirituale:la tendenza a peccare, la concupiscenza, questo o quel vizio e ci sono quelli materiali e fisici che colpiscono il nostro corpo fragile e votato alla morte, per questo alcuni nascono ciechi, zoppi o muti perché i nostri progenitori a causa di quel peccato ci hanno trasmesso una natura “corrotta” non quella voluta da Dio in principio.
Questa è una spiegazione molto semplice e logica che rispecchia la visione biblica e cristiana, la ribadisco per mettervi in guardia da un'altra visione che va molto di moda nel mondo che è la visone, per così dire, orientale propria di religioni come l'hinduismo, il buddhismo, il jainismo. In queste religioni è predicata la reincarnazione o metempsicosi: l'anima dell'uomo dopo la morte trasmigherebbe da un corpo all'altro a seconda delle buone o cattive azioni commesse. Se uno è stato buono si reincarnerà in uno stato migliore, se uno ha commesso molti peccati in uno peggiore non solo umano ma anche animale in una sorta di legge di azione e reazione che in sanscrito si chiama legge del “karma” appunto “azione”. La reincarnazione viene molto propagandata, spesso da persone che non la conoscono affatto, probabilmente perché fa chic e tendenza o perché offre molte sicurezze psicologiche ma di essa non c'è traccia ne' nella Bibbia ne' in nessuna parte della Tradizione della Chiesa e soprattutto è bene ribadire che per le religioni che la predicano essa è una condanna! Spesso la gente prende alla leggera l'argomento nella romantica idea di reincarnarsi in un re o una regina o in uomo o donna potente e di successo ma essa per le suddette religioni è una condanna dalla quale fuggire perché vivere significa soffrire e sia per l'hinduismo che per il buddhismo la soluzione è uscire dal “samsara” il ciclo delle morti e delle nascite. Il cristiano di fronte a questa teoria non deve avere dubbi: battezzati e cresimati in Cristo noi siamo uniti a Lui, morto e risorto! Egli è risorto e, come ci ricorda l'apostolo Paolo, la morte non ha più potere su di Lui, perciò anche noi consideriamoci morti al peccato ma viventi in Cristo Gesù Nostro Signore. Il rapporto che ci unisce a Lui è indistruttibile, neanche la morte può niente contro di esso. A coloro che ci credono dico sempre: “E' indifferente che la reincarnazione esista o non esista, se esiste dobbiamo fuggire da essa unendoci a Dio per liberarcene, se non esiste dobbiamo unirci a Dio per salvarci, in ogni caso dobbiamo cercare la comunione con Dio tutto il resto è come stare a parlare del sesso degli angeli.”
Possiamo ravvisare un rapporto fra peccato e malattia in questo passo del Vangelo, ma esso non è esplicitato dal Signore, quel che è invece chiaro è che la salvezza viene da Cristo e dall'unione con Lui il medico delle nostre anime e dei nostri corpi e solo uniti a Lui prenderemo in braccio il nostro lettuccio materiale e torneremo a casa, a Dio dal quale proveniamo.
Buona Domenica a tutti.

p. Seraphim

venerdì 22 luglio 2011

Pubblicata da Nicola D'Amico

"Questo è il messaggio che abbiamo sentito da lui e che vi annunziamo: Dio è luce e in lui non vi sono affatto tenebre" (1Gv. 1,

La dottrina insegnata con la parola, comunemente conosciuta da tutti, apertamente predicata, si riferisce a quei misteri della legge di Mosè che, nello Spirito, furono previsti solo dai profeti. Mentre i beni del secolo futuro, i beni promessi ai santi che sono stati fatti degni di vedere mediante lo Spirito, questi sono misteri della vita secondo il Vangelo, dati in visione anticipata con misura e come caparra.
; allo stesso modo ora, forse qualcuno potrebbe sperimentare la stessa cosa ascoltando, non con pietà, i misteri dello Spirito, noti solo a coloro che si sono purificati mediante la virtù.Ma come un tempo qualcuno dei giudei avrebbe chiuso le orecchie, ascoltando, senza rendere grazie, i profeti dire che il Verbo e lo Spirito di Dio sono l'uno e l'altro eterni e prima di tutti i secoli, poiché riteneva di udire parole proibite dalla pietà e contrarie a quanto devono confessare i credenti fedeli alla voce che dice:
Ma come il compiersi delle profezie ha dimostrato che gli antichi misteri erano concordi con l'evidenza della fede di ora – crediamo nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo, Divinità tri-ipostatica, natura unica e semplice, non composta, increata, invisibile, incomprensibile - , così anche un giorno i misteri del secolo futuro che sarà rivelato a suo tempo nell'ineffabile manifestazione dell'unico Dio in tre perfette ipostasi, questi misteri – dico – saranno manifestati in conformità con quanto ora è visibile.
Bisogna però considerare anche questo, che per quanto le Tre Persone della Trinità siano state in seguito manifestate fino ai confini della terra, senza alcun danno per la monarchia divina, esse tuttavia, prima ancora che si compissero gli eventi, sono state già conosciute dai profeti stessi e sono state accolte da coloro che in quei tempi li hanno ascoltati. Allo stesso modo oggi noi non ignoriamo le parole della confessione relativa a ciò che viene predicato apertamente e misticamente anticipato, nello Spirito, a quelli che ne sono degni.
Alcuni di questi sono stati iniziati dalla stessa esperienza, quanti cioè che, per la vita evangelica, hanno non solo rinunciato al possesso dei beni, alla gloria degli uomini e ai cattivi piaceri del corpo; ma hanno confermato questa rinuncia sottomettendosi a quelli che sono pervenuti all'età adulta secondo Cristo; infatti, dopo che si sono consacrati a Dio liberandosi da ogni preoccupazione nell'esichia, superando se stessi, raggiungendo Dio con la preghiera in una mistica e inintelligibile unione con Lui, essi sono stati iniziati alle realtà che superano l'intelletto. Gli altri, invece, sono stati iniziati dal rispetto, dalla fiducia e dall'amore verso tali uomini.
Ora, è lo stesso per noi che, ascoltando il grande Dionigi nella seconda lettera a Gaio crediamo che il dono deificante di Dio sia divinità, abbia divina origine, sia origine di bene, crediamo che Dio, il quale dona questa grazia a quelli che ne sono degni, è superiore a questa condizione divina. Dio infatti non è soggetto a molteplicità, e per questo non si può mai dire che ci sono due divinità; ma che questa grazia deificante di Dio "è increata e proviene dal Dio che sempre è", lo dimostra il divino Massimo scrivendo su Melchisedech. E altrove, in molti brani dice che essa è luce non generata nella persona per quelli che ne sono degni, manifestata quando divengono degni, anche se non suscita in quel momento. Egli chiama questa luce "luce di gloria inesprimibile e purezza degli angeli". E il grande Macario la chiama: "nutrimento degli incorporei, gloria della natura, bellezza del secolo futuro, fuoco divino e celeste, luce indicibile e intellettuale, caparra dello Spirito Santo, olio santificante di esultanza".
Se c'è qualcuno, quindi, che assimila ai messaliani e ai duoteisti coloro che chiamano questa grazia deificante di Dio increata e ingenerata e personale, costui sappia che si oppone ai santi di Dio e che, se non si ravvede, si esclude dall'eredità dei salvati, decade dall'unico Dio, che è per natura unico Dio dei santi.
Colui che, invece, crede, che è convinto, che parla con i santi, che non cerca scuse ai peccati, chi per il fatto di non capire non respinge ciò che viene detto apertamente, pur non ignorando che si tratta di mistero, costui non disdegni di cercare e di imparare da coloro che sanno. Giungerà a comprendere infatti che nulla è in disaccordo con le parole e le opere di Dio, e questo persino nelle cose più necessarie, senza le quali nulla regge, neanche il mistero assolutamente divino.
Chi afferma che si può arrivare all'unione perfetta con Dio per sola imitazione e disposizione naturale, senza la grazia deificante dello Spirito, come avviene per le persone di uguale indole che si amano fra di loro; chi afferma che la grazia deificante di Dio è stato della natura razionale suscitato dalla sola imitazione, e che da una illuminazione soprannaturale e indescrivibile e da un'energia divina, invisibilmente visibile e incomprensibilmente comprensibile da coloro che ne sono fatti degni, costui sappia di essere caduto senza saperlo nell'errore dei messaliani. Infatti il deificato sarà necessariamente dio per natura, se la divinizzazione avverrà per una potenza naturale e se per sua natura è compresa nei limiti della natura.
). E in che modo la divinizzazione fa uscire dai propri limiti colui che viene divinizzato, se la divinizzazione è compresa nei limiti della natura? Proprio non riesco a capirlo".) secondo la capacità naturale. E così, ancora, non sarà assurdo, se la divinizzazione dell'uomo avviene secondo la potenzialità di riceverla, che ha la sua natura. Altrimenti, infatti, la divinizzazione sarà logicamente opera della natura e non dono di Dio, se avverrà secondo la potenzialità naturale di ricevere, che ha la natura dell'uomo, e in tal modo siffatta persona potrà essere ed essere chiamata propriamente "Dio" per natura. Infatti la potenzialità naturale di ciascuna cosa non risulta essere altro che un moto incessante della sua natura in funzione del suo atto (Un tale uomo, dunque, non si metta a cercare di rendere gli altri che sono saldi, responsabili della sua situazione e di spostare il rimprovero su coloro la cui fede è irreprensibile; ma, deposta la sua arroganza, impari da coloro che hanno esperienza – o da altri istruiti da quelli – che "la grazia della divinizzazione è assolutamente libera nella relazione, perché la natura non possiede nessuna potenzialità, quale che sia, di riceverla. Allora, infatti, non sarebbe più grazia, ma manifestazione dell'atto (
La grazia della divinizzazione supera la natura, la virtù e la conoscenza. Tutte queste cose – secondo san Massimo – le sono infinitamente inferiori. Ogni virtù infatti, e l'imitazione di Dio di cui siamo capaci, rendono idoneo colui che le possiede alla divina unione. Ma è la grazia che compie perfettamente nel mistero la stessa unione; per essa infatti "Dio tutto intero è interamente presente in quelli che ne sono degni, e i santi sono interamente presenti in tutto Dio, ricevendo tutto Dio in cambio di se stessi e avendo acquistato come premio della loro ascesa verso di Lui, Lui solo, Dio": l'orientamento dell'anima si lega al corpo quasi come alle sue stesse membra e li fa degni di essere in Lui.
Chiunque dice che sono messaliani quanti sostengono che sede dell'intelletto è il cuore o il cervello, sappia che ingiustamente fa violenza ai santi. Il grande Atanasio infatti dice che il razionale dell'anima sta nel cervello Macario, che non manca per nulla di grandezza, dice che l'energia dell'intelletto sta nel cuore. Quasi tutti i santi Padri concordano con essi. Ciò che dice infatti il divino Gregorio di Nissa, che cioè l'intelletto non è né dentro né fuori del corpo in quanto è incorporeo, non si contrappone a quanto dicono i santi Atanasio e Macario. Quelli affermano che l'intelletto è dentro il corpo in quanto legato ad esso, e pur dicendolo in un altro modo, non differiscono minimamente da quello che dice san Gregorio. Non contraddice chi afferma che Dio non è in alcun luogo perché è incorporeo colui che sostiene che il Verbo di Dio fu un tempo nel seno verginale e immacolato: là in un modo che supera la ragione, si è unito alla nostra natura per un indicibile amore per gli uomini.
Chiunque dice che la luce che avvolse i discepoli sul Tabor era un fantasma e un simbolo che apparve e scomparve, che non proveniva da se stessa e non era al di sopra di ogni intellezione, bensì non era altro che una banale proiezione del pensiero, costui contraddice chiaramente quanto dicono i santi. Questi infatti, sia nei cantici sia negli scritti, dicono questa luce inesprimibile, increata, eterna, atemporale, inaccessibile, immensa, infinita, indeterminata, invisibile agli angeli e agli uomini, bellezza archetipo, e immutabile, gloria di Dio, gloria di Cristo, gloria dello Spirito, raggio della divinità, e altre denominazioni simili. Dicono infatti che "la carne, quando è assunta è glorificata e la gloria della divinità diventa gloria del corpo. [...] Ma non era visibile la gloria, nel corpo visibile, a coloro che non accoglievano ciò che è invisibile anche agli angeli. Si trasfigura dunque, non assumendo ciò che prima non aveva né trasformandosi in ciò che non era, ma manifestando ai suoi discepoli ciò che era e aprendo i loro occhi e rendendoli, da ciechi, veggenti. [...] Infatti, rimanendo se stesso nella sua identità, diversamente da ciò che prima appariva, ora era visto manifestamente dai discepoli [...], poiché egli è la luce vera, decoro della gloria; e risplendette la sua faccia come il sole; che è immagine doppia, ma è impossibile nel mondo creato raffigurare l'increato con una similitudine adeguata".
Chiunque dice che solo l'essenza di Dio è increata e non le sue eterne energie, perchè l'essenza le sovrasta tutte come ciò che opera sovrasta tutto ciò che è operato, costui ascolti il santo Massimo dire: "Tutte le cose immortali e la stessa immortalità; tutti gli esseri viventi e la vita stessa; tutte le cose sante e la santità stessa; tutte le cose virtuose e la virtù stessa; tutte le cose buone e la bontà stessa; tutte le cose che sono e l'essere stesso sono manifestamente opere di Dio. Alcune però hanno cominciato ad essere nel tempo: ci fu infatti un tempo in cui non c'erano. Le altre non hanno mai avuto alcun inizio temporale: non ci fu mai, infatti, un tempo nel quale non esistessero virtù, bontà, santità, immortalità". E ancora: "...la bontà, e tutto quanto è compreso nel concetto di bontà. Insomma ogni vita, immortalità, semplicità, immutabilità, infinità, e quanto si considera secondo l'essenza intorno a Dio: cose che sono opere di Dio e non sono state cominciate nel tempo. Il non essere infatti non ha mai preceduto la virtù, né qualche altra delle cose suddette, anche se i diversi esseri che partecipano di tali qualità hanno avuto un principio di essere nel tempo. Ogni virtù è infatti senza principio, non avendo un tempo che la preceda, in quanto ha assolutamente soltanto Dio che eternamente genera il suo essere. Dio trascende infinite volte infinitamente tutti gli enti partecipanti e partecipabili".
Un tale uomo impari dunque da costoro che tutte le cose sottoposte a Dio non sono tutte anche sottoposte al tempo. Di queste infatti ve ne sono alcune che sono senza principio eppure non vengono annullate dall'unità trinitaria, che è l'unica ad essere natura pura senza inizi, né della sua soprannaturale semplicità patiscono alcuna corruzione. Allo stesso modo anche l'intelletto, come oscura immagine di quella trascendente invisibilità, non è affatto composto a motivo dei pensieri che gli sono naturali.
Chiunque non ammette le disposizioni spirituali che si esprimono nel corpo con segni, attraverso i carismi dello Spirito nell'anima di coloro che progrediscono secondo Dio, e chiama impassibilità la mortificazione abituale della parte passibile, ma non l'energia che porta abitualmente verso ciò che è migliore chi si è interamente distaccato dal male e si è orientato verso il bene, avendo rinunciato alle abitudini cattive, essendosi arricchito di quelle buone; costui, in conformità con ciò che pensa, nega che il corpo possa essere vivo in ciò che è eterno. Se una volta, tramite l'anima, il corpo partecipa dei beni ineffabili, è probabile che esso parteciperà, per quanto è possibile, della grazia elargita in modo misterioso e ineffabile da Dio che la dà all'intelletto purificato; e allora il corpo si affiderà da se stesso alle realtà divine, quando la parte passibile dell'anima sarà trasformata e santificata ma non mortificata nel suo stato: la grazia comune all'anima e al corpo santificherà le disposizioni e le energie del corpo. Poiché, l'intelletto di coloro che si sono liberati dai beni della vita per la speranza dei beni futuri – secondo il santo Diadoco – si muove con vigore se è privo di preoccupazione e gusta l'ineffabile dolcezza divina e questa dolcezza trasmette al corpo nella misura del suo progresso. Una tale gioia che viene allora nell'anima e nel corpo è memoria infallibile di vita incorruttibile.
La luce che l'intelletto percepisce per natura è diversa dalla luce che percepiscono i sensi. Poiché i sensi hanno la percezione di ciò che è sensibile e le realtà sensibili come sensibili. La luce dell'intelletto invece è la conoscenza posta nei concetti. Dunque, la vista e l'intelletto non percepiscono la stessa luce, e ciascuno di essi la riceve finché opera secondo la propria natura e nelle realtà naturali. Quando però hanno parte alla grazia e alla potenza spirituali, coloro i quali ne sono fatti degni vedono con i sensi e con l'intelletto cose che superano ogni percezione sensibile e ogni intelletto. Compiono miracoli tali che solo Dio lo sa, per dirla come il grande Gregorio il Teologo.
Ecco quanto abbiamo imparato dalle Scritture. Ecco quanto abbiamo ricevuto dai santi Padri. Ecco quanto ci dà di sapere la nostra piccola esperienza.
Ecco quanto per piena e sicura informazione a favore di quanti leggeranno, abbiamo noi sottoscritto con il nostro veneratissimo fratello Gregorio che ha scritto queste cose in difesa dei santi esicasti, seguendo rigorosamente la tradizione dei santi.
Giacomo, povero vescovo di Ierisso e del Santo Monte, cresciuto nelle tradizioni dell'Athos e dei Padri: attesto che attraverso i monaci che hanno firmato qui, è tutto il Santo Monte che ha sottoscritto il suo consenso. Io stesso, sentendo e ratificando, ho letto e approvato, aggiungendo insieme a tutti: chi non è d'accordo con i santi come facciamo noi e come lo fecero i nostri Padri prima di noi, noi non accogliamo nella comunione.

giovedì 21 luglio 2011

Dalla Chiesa Ortodossa Russa

Il metropolita Hilarion incontra il Patriarca di Romania Daniel

Il 19 luglio nel corso del suo viaggio di lavoro nel territorio della Chiesa Ortodossa di Romania, il metropolita Hilarion, presidente del Dipartimento per le relazioni esterne del patriarcato di Mosca, ha reso visita al Patriarca di Romania Daniel. Sua Beatitudine il Patriarca ha accolto l’ospite russo nel proprio ufficio nell’edificio del patriarcato.
All’incontro hanno partecipato il vescovo di Campina e vicario patriarcale Ciprian, l’arciprete Igor Jakimtchuk, segretario per i rapporti interortodossi del Dipartimento, l’arciprete Michail Titsa, segretario del Patriarcato romeno per i rapporti esterni e il diacono Evgeni Rogoti, collaboratore del Patriarcato rumeno.
Durante il dialogo, protrattosi per più di due ore, il Primate della Chiesa Rumena  e il metropolita Hilarion si sono scambiati le idee circa le questioni attuali di interesse panortodosso ed hanno discusso del rapporto bilaterale tra la Chiesa Russa e quella Rumena.
Alla fine dell’incontro, il presidente del Dipartimento ha espresso i propri auguri al Patriarca Daniel in occasione del suo 60 compleanno, e gli ha regalato una panaghia con una dedica incisa e il proprio libro “Il mondo spirituale di Isacco di Ninive” in lingua rumena.
Alla fine dell’incontro il metropolita ha fatto una dichiarazione alla stampa. Il Patriarca Daniel ha poi dato un pranzo in onore dell’ospite proveniente dalla Chiesa Russa.
Lo stesso giorno il metropolita Hilarion col suo seguito è partito alla volta di Belgrado.