Milano: il servizio di un archimandrita italiano
Milano è la più grande città del nord
Italia (e la seconda del paese, dopo Roma), con una popolazione di oltre
1,3 milioni. Milano è conosciuta come un luogo che segna le mode e come
centro turistico di primo piano. Qui si trova una delle più belle
cattedrali cattoliche - un gioiello architettonico dei secoli XIV-XIX,
costruito in marmo bianco in stile gotico. Per gli ortodossi, Milano è
un importante punto sulla via dei pellegrinaggi, perché nella cripta
della basilica di sant'Ambrogio, che si trova nella piazza omonima, si
trovano le reliquie di sant'Ambrogio, vescovo del IV secolo, famoso
predicatore e innografo.
Alcuni ortodossi vengono a Milano per comunicare con una persona di grande fede e si sincera credenza cristiana dei nostri giorni. L'archimandrita Dimitri (Fantini), rettore della chiesa dei santi Sergio di Radonezh, Serafino di Sarov e Vincenzo di Saragozza, è un italiano divenuto un mentore spirituale per molti russi, ucraini e moldavi che si sono trasferiti in Italia. Il destino di batjushka, il suo cammino verso l'Ortodossia - è uno dei tanti miracoli con cui Dio glorifica la sua Chiesa.
Giuseppino Fantini è nato nel 1943 nella
città di Vicenza, in una famiglia cattolica. Come la maggior parte dei
suoi connazionali, è stato battezzato nel cattolicesimo. Ma
nell'adolescenza Giuseppino rimase deluso dalla Chiesa romana, e
lasciandola, passò ai metodisti. Come mi ha detto batjushka:
"conosco bene tutte le confessioni grazie alla mia esperienza personale:
Ortodossia, cattolicesimo e protestantesimo". Il futuro archimandrita
ha ricevuto una formazione puramente secolare: si è laureato in
medicina.
- Volevo essere medico - dice padre Dimitri. - Il mio sogno si è avverato, e sono diventato un chirurgo traumatologo. Per più di venti anni ho lavorato presso l'Istituto di Traumatologia a Bergamo... Nello stesso tempo, si è svolta la mia ricerca spirituale che mi ha portato all'Ortodossia.
Come riconosce batjushka, queste ricerche non sono state facili, e ci ha messo diversi anni. Il primo passo è stato quello di conoscere le opere dei grandi scrittori russi del XIX secolo, e attraverso di loro – la Chiesa ortodossa russa e la sua spiritualità. Tuttavia, uno dei filoni di questa spiritualità era molto vicino: a Milano a quel tempo era attiva la parrocchia di San Nicola sotto l'omoforio del patriarca di Mosca.
- Tutto è accaduto in qualche modo sorprendente, miracoloso, - dice padre Dimitri. – Ricordo che il 12 dicembre 1976, mi sono detto, oggi non voglio andare dai metodisti; vado alla chiesa ortodossa russa. Così sono entrato nella cappella dell'ospedale medievale dove la comunità svolgeva il suo culto. I fedeli erano pochi, per lo più donne anziane della prima ondata di immigrati. Ero affascinato dall'atmosfera del servizio, dal canto della chiesa. Dopo la funzione, sono andato al sacerdote e mi sono presentato... Ma non mi è sembrato che ci avvenissero cambiamenti visibili dopo la mia visita: sono tornato alla normale pratica religiosa nella comunità metodista.
Tuttavia, riguardo alla ricerca della verità l'italiano si sbagliava non poco: nella comunità russa non fu dimenticato. L'anno seguente Giuseppino, inaspettatamente, ricevette un invito a visitare la Russia. Lo invitò l'archimandrita Evlogij (Hessler), rettore della chiesa di san Nicola a Milano. Un viaggio in Unione Sovietica era per lo più di carattere turistico, ma incluse comunque una visita alla Lavra della Trinità e di san Sergio, e anche un incontro con il patriarca Pimen. Le impressioni furono molte, nonostante il fatto che l'ospite dall'Italia avesse visto solo una piccola frazione dell'Ortodossia russa. Ma quando Giuseppino Fantini tornò a casa, pensò che fosse tutto finito e che non avrebbe proseguito.
- Sono andato alla chiesa russa a ringraziare padre Evlogij per il viaggio. Improvvisamente, mi ha offerto di cantare nel coro, - dice padre Dimitri. - Ho accettato, anche se sono rimasto metodista. Nel 1978, ho viaggiato in Russia per la seconda volta su invito del Patriarcato nel gruppo dei cantori. Il programma della seconda visita è stato più religioso e mi ha quindi permesso di conoscere meglio l'Ortodossia. Per esempio, abbiamo visitato i monasteri, e la nostra guida era l'archimandrita Lev (Tserpitskij), ora metropolita di Novgorod, che parla bene l'italiano.
Giuseppino Fantini prese una decisione radicale poco dopo il secondo viaggio in URSS: nel 1979, l'ex metodista divenne ortodosso. Nel 1980, divenne monaco, e alla fine dello stesso anno – sacerdote. L'ordinazione fu fatta dal vescovo Serafim (Rodionov), vicario dell'Esarcato in Europa occidentale del Patriarcato di Mosca. Purtroppo, la situazione religiosa a Milano a quel tempo cambiò in peggio: l'archimandrita Evlogiij lasciò la Chiesa ortodossa russa e se ne andò in scisma, in una successiva serie di alcune giurisdizioni non canoniche. Ora Evlogij è a capo dell'autoproclamato "Sinodo di Milano."
Padre Dimitri, realizzando che lo scisma è un male, è rimasto sempre fedele alla Chiesa russa. A quanto pare, questa è stata la Provvidenza di Dio: il giovane ieromonaco Dimitri entrava nella via del servizio sacerdotale proprio nel momento in cui l'archimandrita Evlogij iniziava ad attuare la sua idea di uscire dalla giurisdizione canonica.
Per qualche tempo batjushka ha servito nella chiesa romena a Milano, e anche nella chiesa di Tutti i Santi a Modena e nella parrocchia di Zurigo fino alla nomina dell'archimandrita Gurij (Shalimov), ma poi è stato in grado di fondare a Milano la parrocchia dei santi Sergio di Radonezh e Serafino di Sarov nella giurisdizione del Patriarcato di Mosca. La prima Liturgia nella nuova chiesa ricavata in un locale privato (in una delle case di Milano) è stata celebrata nel novembre 1985. Le icone per l'iconostasi della chiesa sono state dipinte da padre Dimitri. Nel 1996, la comunità si è trasferita nella chiesa di san Vincenzo (in via Giorgio Giulini), che fino ad allora aveva ospitato la parrocchia romena. Dopo il trasferimento, alla dedicazione della comunità è stato quindi aggiunto il nome di san Vincenzo di Saragozza (ieromartire della Spagna del IV secolo, che ha sofferto per la fede al tempo della persecuzione di Diocleziano). La chiesa in via Giulini rimane un luogo di culto fino a oggi, perché, purtroppo, la comunità del Patriarcato di Mosca non ha la possibilità di costruire una propria chiesa.
Nella chiesa di Via Giulini
Spinto dalla vocazione missionaria, Padre Dimitri ha fondato parrocchie anche in altre città del nord Italia: Torino, Verona, Brescia e Varese. Tutte queste parrocchie esistono ancora oggi. A Torino, il rettore dal 2001 è l'igumeno Ambrogio (Cassinasco), a Brescia celebra l'archimandrita Vladimir (Porubin), a Verona l'arciprete Sergej Dmitriev, a Varese il sacerdote Vladimir Khomenko. Dal 1991, padre Dimitri ha lasciato il lavoro all'ospedale traumatologico ed è stato in grado di dedicarsi completamente al servizio a Milano.
- Nei primi tempi, ovviamente, dovevo combinare il servizio con il lavoro secolare – dice batjushka. – Servivo a Milano e lavoravo a Bergamo, a 50 chilometri da Milano. Al lavoro, nessuno sapeva che ero sacerdote. Lo hanno appreso solo quando ho fatto un intervento in un programma televisivo religioso una domenica mattina. Ho pensato che questo programma non fosse seguito, ma mi sbagliavo. Il giorno dopo l'intero ospedale parlava del mio sacerdozio.
E qual era l'atteggiamento?
Positivo da parte dei pazienti e degli operatori sanitari, negativo da parte dei direttori. Le autorità non potevano nemmeno immaginare che qualcuno possa essere sia un medico sia un sacerdote.
È stato costretto a dimettersi?
No, le cose non sono arrivate fino a quel punto. Lasciare il lavoro è stata una mia scelta personale. Sono andato in pensione nel 1991, quando sono stato in grado di ricevere una pensione normale. Penso che sia stato provvidenziale, nel 1990, ha iniziato una emigrazione di massa dalla ex Unione Sovietica. E sono stato in grado di dare tutto il suo tempo alle persone che vengono in chiesa - perché sono diventati sempre di più...
Tra l'altro, nei primi tempi padre Dimitri cercava di utilizzare attivamente nel culto la lingua italiana, ma poi è tornato allo slavonico ecclesiastico, che ha imparato per conto proprio. Le ragioni sono chiare: gli italiani nella sua parrocchia sono molto pochi, la maggior parte dei parrocchiani provengono da Ucraina, Russia, Moldova e paesi baltici. Naturalmente, per la maggior parte di loro lingua slava è conosciuta e familiare. D'altra parte, l'assenza della lingua italiana non estingue forse nelle funzioni lo spirito missionario che può portare un servizio ortodosso in Italia?
L'arcivescovo Mark (Golovkov) e il clero delle parrocchie del Nord Italia
- Sa, quando sono diventato prete, sognavo di attirare la maggioranza degli italiani all'Ortodossia, dalle tenebre alla luce, - ha detto il mio interlocutore. – Ora, dopo quasi 35 anni di servizio, il mio atteggiamento è più contenuto. Anche se gli italiani chiedono il passaggio all'Ortodossia, cerco di scoprire quanto sia profonda e sincera la loro motivazione. Purtroppo, non molte persone sono alla ricerca di Dio con tutto il cuore. A volte le donne ortodosse che sposano italiani, cercano con tutte le forze di attirare i mariti all'Ortodossia. Cerco di frenare queste conversioni "familiari", che, dopo tutto, spesso non vengono dal cuore, ma piuttosto dalla costrizione, da una stretta pressione.
Probabilmente il passaggio dei cattolici all'Ortodossia è percepito negativamente dalla Chiesa cattolica?
- Talvolta è così... a suo tempo i miei parenti hanno reagito negativamente alla mia conversione all'Ortodossia. Alla fine degli anni '70, l'Ortodossia in Italia era conosciuta a malapena. I miei parenti pensavano che mi trovassi in una specie di setta, anche se, per esempio, i miei genitori non erano religiosamente attivi (e in quel momento io ero già da molto tempo fuori della Chiesa cattolica romana). Ora l'Ortodossia è molto più nota. Ma i cattolici, a mio parere, sono diventati meno zelanti e più indifferenti, mondanizzati. La Chiesa cattolica guarda a questa situazione molto negativamente. L'ecumenismo, a mio avviso, ha ulteriormente peggiorato la situazione. Ora agli occhi del Vaticano tutte le chiese non cattoliche ricadono nello stesso "calderone", come se fossero sullo stesso piano rispetto alla piena supremazia dei cattolici. I cattolici che in precedenza volevano cambiare confessione, oggi spesso non vedono questa possibilità, e si astengono dal fare questo passo.
Nel cortile del monastero al Lago Maggiore
"Probabilmente solo un'Ortodossia orante e liturgica è in grado di sopportare la mondanizzazione che colpisce sempre più le altre confessioni cristiane" – ho pensato io, ascoltando queste parole. Un buon esempio di questa preghiera è stata la fondazione nel 2012 a opera dell'archimandrita Dimitri di una dipendenza, la chiesa di un monastero presso il Lago Maggiore, una delle zone più belle del nord Italia. Ora nel monastero vi sono funzioni di culto regolari, anche se non ci sono ancora abitanti permanenti.
Naturalmente, l'esempio di altruismo, di vita monastica disinteressata e di genuino amore per Dio e per il prossimo, dimostrato nel servizio dell'archimandrita Dimitri, ispira e infiamma il cuore, e non lascia indifferenti gli altri. Come dice il Vangelo, una lucerna non può rimanere sotto il moggio. Grazie all'esempio di padre Dimitri hanno realizzato la sua vocazione e hanno ricevuto il monachesimo sei persone, tra cui gli attuale rettori delle parrocchie di Torino e Novara, i padri Ambrogio (Cassinasco) e Teofilo (Barbieri), e il secondo sacerdote a Milano, lo ieromonaco Siluan (Jaroslavtsev). Padre Siluan è stato ordinato ierodiacono nel maggio 2012 (nel novembre 2013 è divenuto ieromonaco) e da allora aiuta l'archimandrita Dimitri nel ministero. Tra l'altro, proprio dalla parrocchia, dove serve padre Dimitri, sono nate le attuali comunità georgiana e serba della Chiesa ortodossa a Milano. Padre Dimitri per decenni è stato padre e mentore per tutti gli ortodossi di Milano - a prescindere dalla loro lingua o nazionalità. Come nota lo ieromonaco Silvano, "bisogna vedere con quanto amore i suoi ex parrocchiani vengono a visitare padre Dimitri".
Milano. Il reliquiario di sant'Ambrogio
Per questo a batjushka non piace parlare di se stesso, perché i monaci non sono alla ricerca di premi e incentivi. Anche l'idea di un racconto della sua vita, l'ha percepita con scetticismo, facendo notare che non ha bisogno di pubblicità... Ma tuttavia, per essere obiettivi, si deve rilevare che il lavoro pastorale e missionario di padre Dimitri è stato di particolare importanza per il nord Italia. In concomitanza con gli sforzi e le preghiere delle parrocchie ortodosse di altre giurisdizioni (a Milano, oltre ai già citati romeni, serbi e georgiani, ci sono anche comunità greche e bulgare e una seconda parrocchia del patriarcato di Mosca), si sta creando in città e al di fuori una missione di spirito apostolico e di preghiera, benedetta dalla supplice intercessione di sant'Ambrogio, vescovo di Milano.
Alcuni ortodossi vengono a Milano per comunicare con una persona di grande fede e si sincera credenza cristiana dei nostri giorni. L'archimandrita Dimitri (Fantini), rettore della chiesa dei santi Sergio di Radonezh, Serafino di Sarov e Vincenzo di Saragozza, è un italiano divenuto un mentore spirituale per molti russi, ucraini e moldavi che si sono trasferiti in Italia. Il destino di batjushka, il suo cammino verso l'Ortodossia - è uno dei tanti miracoli con cui Dio glorifica la sua Chiesa.
L'archimandrita Dimitri (Fantini)
- Volevo essere medico - dice padre Dimitri. - Il mio sogno si è avverato, e sono diventato un chirurgo traumatologo. Per più di venti anni ho lavorato presso l'Istituto di Traumatologia a Bergamo... Nello stesso tempo, si è svolta la mia ricerca spirituale che mi ha portato all'Ortodossia.
Come riconosce batjushka, queste ricerche non sono state facili, e ci ha messo diversi anni. Il primo passo è stato quello di conoscere le opere dei grandi scrittori russi del XIX secolo, e attraverso di loro – la Chiesa ortodossa russa e la sua spiritualità. Tuttavia, uno dei filoni di questa spiritualità era molto vicino: a Milano a quel tempo era attiva la parrocchia di San Nicola sotto l'omoforio del patriarca di Mosca.
- Tutto è accaduto in qualche modo sorprendente, miracoloso, - dice padre Dimitri. – Ricordo che il 12 dicembre 1976, mi sono detto, oggi non voglio andare dai metodisti; vado alla chiesa ortodossa russa. Così sono entrato nella cappella dell'ospedale medievale dove la comunità svolgeva il suo culto. I fedeli erano pochi, per lo più donne anziane della prima ondata di immigrati. Ero affascinato dall'atmosfera del servizio, dal canto della chiesa. Dopo la funzione, sono andato al sacerdote e mi sono presentato... Ma non mi è sembrato che ci avvenissero cambiamenti visibili dopo la mia visita: sono tornato alla normale pratica religiosa nella comunità metodista.
Tuttavia, riguardo alla ricerca della verità l'italiano si sbagliava non poco: nella comunità russa non fu dimenticato. L'anno seguente Giuseppino, inaspettatamente, ricevette un invito a visitare la Russia. Lo invitò l'archimandrita Evlogij (Hessler), rettore della chiesa di san Nicola a Milano. Un viaggio in Unione Sovietica era per lo più di carattere turistico, ma incluse comunque una visita alla Lavra della Trinità e di san Sergio, e anche un incontro con il patriarca Pimen. Le impressioni furono molte, nonostante il fatto che l'ospite dall'Italia avesse visto solo una piccola frazione dell'Ortodossia russa. Ma quando Giuseppino Fantini tornò a casa, pensò che fosse tutto finito e che non avrebbe proseguito.
- Sono andato alla chiesa russa a ringraziare padre Evlogij per il viaggio. Improvvisamente, mi ha offerto di cantare nel coro, - dice padre Dimitri. - Ho accettato, anche se sono rimasto metodista. Nel 1978, ho viaggiato in Russia per la seconda volta su invito del Patriarcato nel gruppo dei cantori. Il programma della seconda visita è stato più religioso e mi ha quindi permesso di conoscere meglio l'Ortodossia. Per esempio, abbiamo visitato i monasteri, e la nostra guida era l'archimandrita Lev (Tserpitskij), ora metropolita di Novgorod, che parla bene l'italiano.
Giuseppino Fantini prese una decisione radicale poco dopo il secondo viaggio in URSS: nel 1979, l'ex metodista divenne ortodosso. Nel 1980, divenne monaco, e alla fine dello stesso anno – sacerdote. L'ordinazione fu fatta dal vescovo Serafim (Rodionov), vicario dell'Esarcato in Europa occidentale del Patriarcato di Mosca. Purtroppo, la situazione religiosa a Milano a quel tempo cambiò in peggio: l'archimandrita Evlogiij lasciò la Chiesa ortodossa russa e se ne andò in scisma, in una successiva serie di alcune giurisdizioni non canoniche. Ora Evlogij è a capo dell'autoproclamato "Sinodo di Milano."
Padre Dimitri, realizzando che lo scisma è un male, è rimasto sempre fedele alla Chiesa russa. A quanto pare, questa è stata la Provvidenza di Dio: il giovane ieromonaco Dimitri entrava nella via del servizio sacerdotale proprio nel momento in cui l'archimandrita Evlogij iniziava ad attuare la sua idea di uscire dalla giurisdizione canonica.
Per qualche tempo batjushka ha servito nella chiesa romena a Milano, e anche nella chiesa di Tutti i Santi a Modena e nella parrocchia di Zurigo fino alla nomina dell'archimandrita Gurij (Shalimov), ma poi è stato in grado di fondare a Milano la parrocchia dei santi Sergio di Radonezh e Serafino di Sarov nella giurisdizione del Patriarcato di Mosca. La prima Liturgia nella nuova chiesa ricavata in un locale privato (in una delle case di Milano) è stata celebrata nel novembre 1985. Le icone per l'iconostasi della chiesa sono state dipinte da padre Dimitri. Nel 1996, la comunità si è trasferita nella chiesa di san Vincenzo (in via Giorgio Giulini), che fino ad allora aveva ospitato la parrocchia romena. Dopo il trasferimento, alla dedicazione della comunità è stato quindi aggiunto il nome di san Vincenzo di Saragozza (ieromartire della Spagna del IV secolo, che ha sofferto per la fede al tempo della persecuzione di Diocleziano). La chiesa in via Giulini rimane un luogo di culto fino a oggi, perché, purtroppo, la comunità del Patriarcato di Mosca non ha la possibilità di costruire una propria chiesa.
Nella chiesa di Via Giulini
Spinto dalla vocazione missionaria, Padre Dimitri ha fondato parrocchie anche in altre città del nord Italia: Torino, Verona, Brescia e Varese. Tutte queste parrocchie esistono ancora oggi. A Torino, il rettore dal 2001 è l'igumeno Ambrogio (Cassinasco), a Brescia celebra l'archimandrita Vladimir (Porubin), a Verona l'arciprete Sergej Dmitriev, a Varese il sacerdote Vladimir Khomenko. Dal 1991, padre Dimitri ha lasciato il lavoro all'ospedale traumatologico ed è stato in grado di dedicarsi completamente al servizio a Milano.
- Nei primi tempi, ovviamente, dovevo combinare il servizio con il lavoro secolare – dice batjushka. – Servivo a Milano e lavoravo a Bergamo, a 50 chilometri da Milano. Al lavoro, nessuno sapeva che ero sacerdote. Lo hanno appreso solo quando ho fatto un intervento in un programma televisivo religioso una domenica mattina. Ho pensato che questo programma non fosse seguito, ma mi sbagliavo. Il giorno dopo l'intero ospedale parlava del mio sacerdozio.
E qual era l'atteggiamento?
Positivo da parte dei pazienti e degli operatori sanitari, negativo da parte dei direttori. Le autorità non potevano nemmeno immaginare che qualcuno possa essere sia un medico sia un sacerdote.
È stato costretto a dimettersi?
No, le cose non sono arrivate fino a quel punto. Lasciare il lavoro è stata una mia scelta personale. Sono andato in pensione nel 1991, quando sono stato in grado di ricevere una pensione normale. Penso che sia stato provvidenziale, nel 1990, ha iniziato una emigrazione di massa dalla ex Unione Sovietica. E sono stato in grado di dare tutto il suo tempo alle persone che vengono in chiesa - perché sono diventati sempre di più...
Tra l'altro, nei primi tempi padre Dimitri cercava di utilizzare attivamente nel culto la lingua italiana, ma poi è tornato allo slavonico ecclesiastico, che ha imparato per conto proprio. Le ragioni sono chiare: gli italiani nella sua parrocchia sono molto pochi, la maggior parte dei parrocchiani provengono da Ucraina, Russia, Moldova e paesi baltici. Naturalmente, per la maggior parte di loro lingua slava è conosciuta e familiare. D'altra parte, l'assenza della lingua italiana non estingue forse nelle funzioni lo spirito missionario che può portare un servizio ortodosso in Italia?
L'arcivescovo Mark (Golovkov) e il clero delle parrocchie del Nord Italia
- Sa, quando sono diventato prete, sognavo di attirare la maggioranza degli italiani all'Ortodossia, dalle tenebre alla luce, - ha detto il mio interlocutore. – Ora, dopo quasi 35 anni di servizio, il mio atteggiamento è più contenuto. Anche se gli italiani chiedono il passaggio all'Ortodossia, cerco di scoprire quanto sia profonda e sincera la loro motivazione. Purtroppo, non molte persone sono alla ricerca di Dio con tutto il cuore. A volte le donne ortodosse che sposano italiani, cercano con tutte le forze di attirare i mariti all'Ortodossia. Cerco di frenare queste conversioni "familiari", che, dopo tutto, spesso non vengono dal cuore, ma piuttosto dalla costrizione, da una stretta pressione.
Probabilmente il passaggio dei cattolici all'Ortodossia è percepito negativamente dalla Chiesa cattolica?
- Talvolta è così... a suo tempo i miei parenti hanno reagito negativamente alla mia conversione all'Ortodossia. Alla fine degli anni '70, l'Ortodossia in Italia era conosciuta a malapena. I miei parenti pensavano che mi trovassi in una specie di setta, anche se, per esempio, i miei genitori non erano religiosamente attivi (e in quel momento io ero già da molto tempo fuori della Chiesa cattolica romana). Ora l'Ortodossia è molto più nota. Ma i cattolici, a mio parere, sono diventati meno zelanti e più indifferenti, mondanizzati. La Chiesa cattolica guarda a questa situazione molto negativamente. L'ecumenismo, a mio avviso, ha ulteriormente peggiorato la situazione. Ora agli occhi del Vaticano tutte le chiese non cattoliche ricadono nello stesso "calderone", come se fossero sullo stesso piano rispetto alla piena supremazia dei cattolici. I cattolici che in precedenza volevano cambiare confessione, oggi spesso non vedono questa possibilità, e si astengono dal fare questo passo.
Nel cortile del monastero al Lago Maggiore
"Probabilmente solo un'Ortodossia orante e liturgica è in grado di sopportare la mondanizzazione che colpisce sempre più le altre confessioni cristiane" – ho pensato io, ascoltando queste parole. Un buon esempio di questa preghiera è stata la fondazione nel 2012 a opera dell'archimandrita Dimitri di una dipendenza, la chiesa di un monastero presso il Lago Maggiore, una delle zone più belle del nord Italia. Ora nel monastero vi sono funzioni di culto regolari, anche se non ci sono ancora abitanti permanenti.
Naturalmente, l'esempio di altruismo, di vita monastica disinteressata e di genuino amore per Dio e per il prossimo, dimostrato nel servizio dell'archimandrita Dimitri, ispira e infiamma il cuore, e non lascia indifferenti gli altri. Come dice il Vangelo, una lucerna non può rimanere sotto il moggio. Grazie all'esempio di padre Dimitri hanno realizzato la sua vocazione e hanno ricevuto il monachesimo sei persone, tra cui gli attuale rettori delle parrocchie di Torino e Novara, i padri Ambrogio (Cassinasco) e Teofilo (Barbieri), e il secondo sacerdote a Milano, lo ieromonaco Siluan (Jaroslavtsev). Padre Siluan è stato ordinato ierodiacono nel maggio 2012 (nel novembre 2013 è divenuto ieromonaco) e da allora aiuta l'archimandrita Dimitri nel ministero. Tra l'altro, proprio dalla parrocchia, dove serve padre Dimitri, sono nate le attuali comunità georgiana e serba della Chiesa ortodossa a Milano. Padre Dimitri per decenni è stato padre e mentore per tutti gli ortodossi di Milano - a prescindere dalla loro lingua o nazionalità. Come nota lo ieromonaco Silvano, "bisogna vedere con quanto amore i suoi ex parrocchiani vengono a visitare padre Dimitri".
Milano. Il reliquiario di sant'Ambrogio
Per questo a batjushka non piace parlare di se stesso, perché i monaci non sono alla ricerca di premi e incentivi. Anche l'idea di un racconto della sua vita, l'ha percepita con scetticismo, facendo notare che non ha bisogno di pubblicità... Ma tuttavia, per essere obiettivi, si deve rilevare che il lavoro pastorale e missionario di padre Dimitri è stato di particolare importanza per il nord Italia. In concomitanza con gli sforzi e le preghiere delle parrocchie ortodosse di altre giurisdizioni (a Milano, oltre ai già citati romeni, serbi e georgiani, ci sono anche comunità greche e bulgare e una seconda parrocchia del patriarcato di Mosca), si sta creando in città e al di fuori una missione di spirito apostolico e di preghiera, benedetta dalla supplice intercessione di sant'Ambrogio, vescovo di Milano.
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