PIETRO RISALGA NELLA BARCA,
GLI UNDICI LO ASPETTANO
[1]
a cura di Dario Daniele
Raffo
“Super verae fidei
confessionem”
s. Ambrogio (vescovo ortodosso di Milano)
Benedetto XVI ha il grande merito di essere stato chiaro per
quanto riguarda il parere della Chiesa di Roma sul problema
dell’unica vera chiesa e della permanenza di molteplici chiese. Una
certa diplomazia ecclesiastica o la cosiddetta cortesia ecumenica
hanno impedito sino ad ora sia ai protestanti che ai cattolici e
agli ortodossi di affermare a chiare lettere ciò che pensano
sinceramente sulla verità dell’unica Chiesa. Secondo il Papa l’unica vera Chiesa sarebbe la sua. I protestanti, secondo questa visione, non rientrerebbero nemmeno in un concetto di Chiesa,
mentre gli ortodossi, bontà loro, sarebbero una Chiesa “carente”.
In altre parole, agli ortodossi mancherebbe ciò che per il Vaticano non
è
solamente importante ma indispensabile: la comunione con il Papa,
centro di ogni teologia latina dopo l’abbandono di Roma dalla Chiesa
Indivisa del primo millennio.
Bisogna cercare di capire
le parole del Papa su questo punto: se secondo Benedetto XVI noi
ortodossi, unici testimoni della Chiesa Indivisa, saremmo carenti,
occorre rispondere che in realtà le cose stanno ben
diversamente. La nostra Chiesa sorella di Roma deve rendersi conto
che la cattolicità della
Chiesa non si esaurisce come presenza geografica
numerica, ma va compresa nel senso originale della tradizione, che
comprende soprattutto il concetto di cattolicità della fede. Infatti il
termine cattolico proviene dal greco ,
che significa , sia dottrinale, sia
geografica . A che serve infatti, questa grande cattolicità politica e sociale – geografica se, allo stesso tempo, la Chiesa
perde l’universabilità della fede in un punto importantissimo come quello della struttura stessa della Chiesa?
Con
la sua dottrina e teologia, dopo lo scisma dell’XI secolo, la Chiesa di
Roma, ha smarrito la vera cattolicità della fede facendo del papato il
perno, il centro
della sua esistenza. Con l’interpretazione unilaterale
delle parole evangeliche “Tu es Petrus”, la Chiesa di Roma ha isolato il
suo papato dal resto della Cristianità, mettendolo non
solamente al di sopra della Chiesa ma piuttosto al di fuori di essa.
Con la Definizione della supremazia del “successore di San Pietro”
sulla cattedra di Roma, il Papa è diventato almeno in certe
circostanze, un personaggio teologicamente “indefinibile”. Il
successore di Pietro sulla cattedra di Antiochia, precedente quella di
Roma, non ha mai elaborato una teologia petrina in questo
senso, dato che non vi era nell’autentica antica Tradizione nessuna
plausibilità per una scelta di questa tipo. Il Concilio Vaticano Primo
ha decretato che il Papa, nei pronunciamenti “ex
cathedra” è da ritenersi ex se se, è dalla sua essenza stessa. Con
questa dottrina, isolando il papato dalla Chiesa, la Chiesa Cattolica
praticamente diviene una sorta di seconda riforma
protestantye.
Tragiche sono le parole della
definizione della cosiddetta infallibilità, quando la Chiesa Romana
stabilisce che il Papa è infallibile “sine consensu ecclesiae”. In tal
modo esso diviene come un “Deus ex machina” che non
risponde più a nessuno se non a se stesso. Solamente la cortesia
ecumenica, e per quanto riguarda noi ortodossi una certa ruffianeria
ecclesiastica, ha impedito di dire come stavano realmente le
cose, e cioè che la Chiesa Ortodossa ha sempre considerato come
estranea e infelice la definizione del Vaticano Primo. Uno sguardo sulla
dottrina dei padri orientali e occidentali, infatti,
conferma ciò che stiamo spiegando.
La tradizione universale della Chiesa ancora unita (per oltre 10 secoli) ha sempre interpretato le parole “Tu es Petrus”, nello stesso modo in cui lo fa ancor oggi la Chiesa Ortodossa Orientale. Citiamo soltanto due grandi rappresentanti della Chiesa Occidentale come autorevoli testimoni: S. Ambrogio e S. Agostino. Per il primo, con le parole ”Tu es Petrus” lo Spirito Santo insegna alla sua Chiesa che essa è costruita sulla confessione della VERA FEDE e non sulla persona di Pietro. “Super verae fidei confessionem”, afferma Ambrogio nel IV secolo. Il grande Agostino, circa i presunti diritti del Vescovo di Roma, concernenti la sua supremazia sugli altri Vescovi, disse nell’omelia LXXVI, 1: “Siccome la parola” Pietra “è prototipo: perciò il Pietro prende il nome dalla Pietra, e non la Pietra dal Pietro; come anche noi stessi cristiani assumiamo questo nome da Cristo e non Cristo dai cristiani. Tu – dice il Cristo – sei Pietro e su questa Pietra che hai confessato, dicendo “Tu sei il Cristo, il figlio di Dio”, edificherò la mia Chiesa, cioè in me stesso il Figlio di Dio vivente”. Questo pensiero, Agostino non si stanca mai di ripetere nell’omelia CCLXX, 1 continua: “Su questa Pietra edificherò la mia Chiesa: non sopra Pietro (super Petrum) il quale sei tu, ma sulla Pietra (super Petram), quale tu hai confessato.” Infatti tutti i Padri della Chiesa dei primi secoli, sia in Oriente che in Occidente, davano due versioni delle parole “Tu es Petrus”: o la Chiesa è costruita sulla vera confessione di Pietro (come diceva S. Ambrogio) o le parole indicano che la Chiesa è costruita su Cristo.
La tradizione universale della Chiesa ancora unita (per oltre 10 secoli) ha sempre interpretato le parole “Tu es Petrus”, nello stesso modo in cui lo fa ancor oggi la Chiesa Ortodossa Orientale. Citiamo soltanto due grandi rappresentanti della Chiesa Occidentale come autorevoli testimoni: S. Ambrogio e S. Agostino. Per il primo, con le parole ”Tu es Petrus” lo Spirito Santo insegna alla sua Chiesa che essa è costruita sulla confessione della VERA FEDE e non sulla persona di Pietro. “Super verae fidei confessionem”, afferma Ambrogio nel IV secolo. Il grande Agostino, circa i presunti diritti del Vescovo di Roma, concernenti la sua supremazia sugli altri Vescovi, disse nell’omelia LXXVI, 1: “Siccome la parola” Pietra “è prototipo: perciò il Pietro prende il nome dalla Pietra, e non la Pietra dal Pietro; come anche noi stessi cristiani assumiamo questo nome da Cristo e non Cristo dai cristiani. Tu – dice il Cristo – sei Pietro e su questa Pietra che hai confessato, dicendo “Tu sei il Cristo, il figlio di Dio”, edificherò la mia Chiesa, cioè in me stesso il Figlio di Dio vivente”. Questo pensiero, Agostino non si stanca mai di ripetere nell’omelia CCLXX, 1 continua: “Su questa Pietra edificherò la mia Chiesa: non sopra Pietro (super Petrum) il quale sei tu, ma sulla Pietra (super Petram), quale tu hai confessato.” Infatti tutti i Padri della Chiesa dei primi secoli, sia in Oriente che in Occidente, davano due versioni delle parole “Tu es Petrus”: o la Chiesa è costruita sulla vera confessione di Pietro (come diceva S. Ambrogio) o le parole indicano che la Chiesa è costruita su Cristo.
I Padri della Chiesa
dei primi secoli non hanno mai insegnato che la Chiesa è costruita
sulla persona di Pietro. Questa dottrina è del tutto estranea
all’autentica ed antica Tradizione apostolica e patristica. E
citiamo ancora S. Agostino, tanto caro anche al Papa emerito Benedetto XVI: “Lo
stesso Cristo
era la Pietra, mentre Simone non fu che Pietro…. di pietra. La vera
Pietra fu risuscitata per rinforzare Pietro, il quale vacillò
abbandonando la Pietra” (Ef.2,20). Ripetiamo dunque
ancora una volta ciò che la Chiesa Ortodossa ha sempre insegnato
soprattutto in periodi nei quali anche i Padri della Chiesa in
Occidente erano concordi unanimamente con la comune antica
Tradizione. Il Papa di Roma dice ora che le Chiesa Ortodosse
sarebbero “carenti” sotto il profilo ecclesiologico, pur mantenendo
successione apostolica e sacerdozio ordinato con eucarestia
valida, perchè non accettano il primato Petrino. Siamo carenti
perchè non accettiamo le aggiunte arbitrarie della teologia romana,
introdotte prima e dopo lo Scisma. Carenti proprio di cose
superflue, non necessarie affatto, a quel depositum fidei originario
e completo della Chiesa Indivisa. Siamo portatori della luce della
Tradizione di Oriente Antica e comune alle Chiese
dell’intero Orbe, prima delle divisioni e delle strane riforme che
hanno alterato il volto della Vera Chiesa di Cristo. La profonda e vera
ragione della disunione non è la dottrina sul
purgatorio, sulle conseguenti teorie delle indulgenze e nemmeno
sulla interpretazione del peccato originale e sugli azzimi, bensì sulla
persona del Vescovo di Roma, sul suo primato. Questo
primato è ritenuto onorifico per noi Ortodossi e invece di “diritto
divino” per i nostri fratelli della Chiesa latina. Non vogliamo
offendere i nostri fratelli latini, ma occorre essere chiari su
questo punto: la
Chiesa Latina, isolando il Vescovo di Roma dal resto delle Chiese
sorelle dell’Oriente, ha di fatto trasformato la Chiesa latina in
Chiesa Papale, perdendo così la vera e originaria cattolicità.
Ripercorrendo la
storia noi sappiamo che questo è avvenuto con lo sviluppo della
cosiddetta “petrologia”, a partire dal VI e VII secolo in avanti, con il
sostegno della politica imperiale (dai Franchi ai
Carolingi ed al Sacro Romano Impero). Una “cucina romana” teologica,
della scolastica medievale, ha prodotto ed elaborato una teologia
lontana dall’Oriente, nuova ed unilaterale, avulsa dalla
Tradizione, che non poteva più rappresentare l’Ecumenicità delle
Chiese e dell’Unica Chiesa. Dopo
il VII Concilio Ecumenico nel 787, che univa
Oriente ed Occidente, i Concili della Chiesa Latina Occidentale non
hanno più caratteristica ecumenica, perchè manca in toto l’Oriente
( a nulla servono i patriarcati fittizi e nominali
fondati dal Vaticano nelle varie epoche e nelle varie sedi storiche
degli autentici Patriarcati antichi orientali). Del resto i primi Sette
Concili veramente ecumenici e riconosciuti come tali
anche dal Patriarcato dell’Occidente (il Vescovo di Roma) non furono
mai convocati dal Vescovo di Roma, nemmeno uno.
Oggi
invece per la Chiesa Latina o cattolica, senza l’autorizzazione del
Vescovo di Roma, il Papa, nessun Concilio avrebbe valore. Ma
questa dottrina e
questa prassi romana si sono allontanate in modo irreparabile
dall’universale Tradizione della Chiesa Indivisa del Primo Millennio.
Per ciò stesso questa
dottrina e questa prassi della superiorità del Papa di fronte al
Concilio, e dell’impossibilità di convocare un Concilio se non con
l’obbligatoria
autorizzazione del Papa e non dell’intero Collegio episcopale, è
inaccettabile per le Chiese di Oriente secondo la loro mai mutata
tradizione patrisitica ed apostolica. La figura bianca
del Papa di Roma non vogliamo escluderla dalla nostra ecclesiale
considerazione e dalla dignità che le spetta, come non vogliamo
escluderla dal nostro amore sincero e fraterno.
Ma per
ritrovare l’unità perduta occorre ritornare a quell’originale frattura
in cui la Chiesa di Roma ha sancito la sua distanza da tutto il resto
delle
Chiese, provocando la tragica frammentazione della Carità
universale (cui S. Ignazio di Antiochia pensava quando parlava del
Vescovo di Roma e della sua cattedra).
Pietro risalga nella barca, gli undici lo aspettano
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