giovedì 8 maggio 2014

Ivan Ivanovic:
Dedicato a tutti quei “testardi monaci e chierici che da S. Marco in poi hanno difeso la purezza della Santa Ortodossia.
LA “FRANCHIZZAZIONE”

di p. Georgios Metallinos
 
È una constatazione comune che i Dialoghi interreligiosi e intercristiani si fanno oggi sempre più frequenti. Mentre il Patriarcato Ecumenico prosegue e intensifica la sua vecchia politica, la Chiesa di Grecia compete con esso concentrandosi soprattutto verso due direzioni: nei rapporti con il Vaticano e il Papato da un lato e negli incontri interconfessionali dall’altro. E mentre il Patriarcato Ecumenico prosegue il percorso già segnato dal Patriarca Atenagora (†1972), senza ormai alcuna possibilità di autocritica e di autocontrollo, la Chiesa di Grecia, nelle sue strutture amministrative, nonostante le continue opposizioni della maggioranza del Clero e del Popolo devoto, tende a superare il Centro Patriarcale nelle iniziative, con ritmi sempre più accelerati, che giustamente fanno riflettere; quest’ultime di conseguenza violano in modo scandaloso la comune politica del passato, di prudente autocontrollo dei nostri arcivescovi, a partire da Crisostomo II (†1968) fino a Serafim (†1998).
[…] Il dialogo si intende ormai da anni come “riconoscimento reciproco” e non come incontro nella Verità, cioè nell’unico Cristo, come è espresso nelle parole e nella vita dei nostri Santi. Questo però costituisce l’“uniatismo”. Questo atteggiamento uniatizzante agevola i nostri comportamenti, poiché il riconoscimento di un non Cristianesimo come Cristianesimo (e del Papato p.es. come Chiesa) avviene con il pretesto e l’illusione, da parte nostra, della continuità ininterrotta della nostra tradizione, visto che formalmente ed esteriormente non neghiamo la nostra fede e la nostra tradizione. Il problema che si pone è se riconoscendo ogni falsità come cristiana e ortodossa, si riesce a salvaguardare anche la nostra Verità. «Che comunanza v’è tra la luce e le tenebre?» (2 Cor. 6, 14).
[…] Alleandosi con il Papato e sostenendolo come Chiesa, che tipo di Cristianesimo stiamo cercando di salvare? Sacrifichiamo l’Ortodossia per salvare il Papato? Che ciò non accada! A cosa serve questo “Cristianesimo” all’Europa? Tutta la sventura storica (ideologica, sociale e politica) dell’Europa (e non solo!) non ha forse le sue radici nello stravolgimento che il Cristianesimo subì, con lo sviluppo e il consolidamento della struttura papale? Se non “muore” il Papato attraverso il suo pentimento in Cristo e il suo ritorno nella Chiesa di Cristo, cioè se il Papato non diventa Chiesa, allora offrirà un cristianesimo adulterato in Europa e nel mondo. Invece di predicare l’Ortodossia dei nostri Padri nell’Europa spiritualmente semimorta, ci riduciamo a stampelle addolorate del Papato e dello stato del Vaticano, ripetendo il crimine commesso dai nostri Padri “Bizantini” nel 1438. A quel tempo ci avevano invitati gli antipapisti romano-cattolici al Concilio di Basilea (1431-1437/38), che lottavano per scuotere il deprimente giogo papale. Noi invece abbiamo preferito accettare l’invito di papa Eugenio IV (1431-1447) il quale con il Concilio di Ferrara-Firenze cercava di salvare la sua autorità. E ci siamo schierati a favore del papa e abbiamo sostenuto il Papato; guai se non fossimo stati salvati, dalla sicura franchizzazione, da San Marco e dai “testardi” monaci e chierici di “Bisanzio”. Quindi, invece di presentare in Europa l’Ortodossia dei nostri Santi, stiamo rafforzando con il nostro atteggiamento il Papato che sta crollando nella coscienza degli europei, riconoscendolo come Cristianesimo e come Chiesa.

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