[Il prete greco Dimitri Varipapa da Carfizzi]
di Andrea PESAVENTO
(pubblicato su La Provincia KR nr. 36-39/2008)
(pubblicato su La Provincia KR nr. 36-39/2008)
Morto l’arcivescovo di Santa Severina Giovanni Battista Ursini, il 6 marzo 1566 è eletto a ricoprire la carica il chierico casertano Giulio Antonio Santoro. Iniziano così i primi processi per eresia, che colpiscono alcuni baroni della arcidiocesi, che sono di ostacolo alle mire economiche del prelato. Pur rimanendo l’arcivescovo in Roma la sua azione si esplica attraverso il suo vicario generale in Santa Severina. Dapprima esercitò questa carica lo zio materno, l’abbate Benedetto Baractuccio, protonotario apostolico e luogotenente e generale vicario, ed alla sua morte (1572) il prete napoletano, il reverendo Joanne Antonio Grignetta U.J.D., che sarà per alcuni anni anche vicario generale del successore e fratello Francesco Antonio. Una sentenza di condanna, seguita da abiura, vede per protagonisti nel 1567 l’abate commendatario Mario Barracca ed il barone di Lattarico Alfonso Barracca. Mario Barracca , abate commendatario dell’abbazia di Santa Maria di Altilia, sospettato di eresia, dopo la definitiva sentenza inflitta da due cardinali della Santa Inquisizione, è condannato e sospeso per tre anni dall’amministrazione dell’abbazia. Il 9 maggio 1567 un Breve di Pio V concede in commenda per un triennio l’abbazia all’arcivescovo di Santa Severina Giulio Antonio Santoro, assegnandogli una congrua parte delle rendite “pro eiusdem substentatione”.
L’anno dopo (1568) segue la condanna per eresia con abiura del feudatario di Cirò Petro Antonio de Abenante, barone di Calopezzati. Anche in questo caso sono prevalenti le ragioni economiche legate a dispute patrimoniali e di interesse.
In seguito l’attenzione si spostò sui preti di rito greco. Dopo che il papa Pio IV col breve “Romanus Pontifex” del 16 gennaio 1564 aveva sottomesso i Greci del Regno di Napoli alla giurisdizione degli ordinari latini, il Cardinale Giulio Antonio Santoro, affermando che i preti greci erano scismatici, in quanto ordinati da vescovi scismatici e questi dal patriarca scismatico di Costantinopoli, cominciò a perseguitarli. Le sentenze di condanna per eresia con abiura, cominciarono a colpirli. Essi a volte furono costretti, per non decadere dal loro ufficio, ad abiurare per essere assolti. A volte oltre ad incorrere nelle censure e nei castighi furono minacciati o costretti a recarsi in Roma per subire il processo e l’abiura. Ricordiamo i processi per eresia con abiura del prete greco Georgio Scurcho del 1568, del frate Sempronio Basami di Psigrò del 1572, del prete greco Costantino Chrisapho e del prete greco Marco Corcyrense.
Con la successione nella cattedra arcivescovile di Santa Severina nel 1573 del fratello Francesco Antonio Santoro i processi per eresia aumentarono. Ricordiamo quelli riguardanti Angelo Vecchio di Santa Severina “de heresi” (1575), di Marco Sanasio di Cutro per blasfemia (1581), di Simone Campanaro “de verbis suspectis” (1581), del catapano di Mesoraca “pro hereticale blasfemia (1581), del “magistrum juratum” Joanne Matteo Milito e di Scipione Forangolo di Caccuri “de heresi” e di impedire “libertatem ecc.am” ( 1582), di Giovan Battista Spinelli, principe di Scalea e marchese di Mesoraca “de heresi” ( 1584), ecc.
Particolarmente colpiti dal sospetto di eresia sono i capitani ed i governatori della città di Santa Severina tra questi il governatore Joanne Baptista Garrafa, i capitani di Santa Severina Camillo Longo “super verbis heretice”, Andrea de Mes “de heresi” (1585), ecc. A volte l’arcivescovo fa ricorso al braccio secolare fornito dalla regia audienza per catturare i sospetti di eresia, come nel caso di Marco Antonio Longo, perseguitato “per cause di religione” (1581) e di tre “jaconi salvaggi” greci (1582). L’inquisizione dei preti greci negli anni Ottanta aumentò con l’istituzione da parte del papa Gregorio XIII della Congregazione dei Greci, di cui fu promotore e parte il cardinale di Santa Severina, che aveva lo scopo di combattere “errores Graecorum” e del Collegio greco nella chiesa di S. Atanasio in Roma ( 1580) per la formazione di un clero greco di obbedienza romana, di cui fu rettore e protettore lo stesso cardinale.
La vicendaDagli Atti del secondo Sinodo provinciale, tenutosi in Santa Severina a partire dal 15 maggio 1580, risulta che il vescovo della diocesi di Umbriatico Emilio Bombino sottopose al giudizio del metropolitano di Santa Severina Francesco Antonio Santoro, suo superiore, il caso del prete greco Dimitri Varipapa, nato a Belvedere ed abitante a Carfizzi.
Il Varipapa fu esaminato in Santa Severina una prima volta il 18 maggio 1579 al cospetto del vescovo di Umbriatico Emilio Bombino e con l’assistenza del vicario generale dell’arcivescovo, il reverendo napoletano Stefano Quaranta U.J.D., e del vicario generale del vescovo di Umbriatico, il cantore del capitolo di Umbriatico Antonino Galeoto. Questo primo processo inquisitorio non riuscì a fugare tutti i sospetti, anzi trovò impreparato il prete greco che, cadendo in molte contraddizioni ed inesattezze, alimentò molti dubbi sulla regolarità della sua ordinazione sacerdotale. L’arcivescovo di Santa Severina particolarmente severo nel colpire il rito greco, applicando quanto prescritto nel “De reformatione Graecorum, eorumq. erroribus tollendis”, dove tra l’altro si legge : “Mandet etiam, ut nullus sub poena perpetuae suspensionis, ab alio, quam a suo proprio Episcopo, vel, de licentia ipsius, a Catholico Antistite, Sanctae Romanae Ecclesiae gratiam, et communionem habente, Ecclesiasticos ordines suscipere audeat”, sospese il prete dalle funzioni religiose e col consenso del vescovo di Umbriatico, nella cui diocesi risiedeva il prete greco, delegò ad approfondire la questione il vicario generale di Santa Severina. Cinque mesi dopo, il 18 ottobre 1579, nel palazzo arcivescovile di Santa Severina il vicario generale dell’arcivescovo Stefano Quaranta sottopose nuovamente ad interrogatorio il Varipapa, cercando di approfondire alcuni aspetti della vita religiosa del prete. Il vicario tentò soprattutto di investigare se il prete greco era stato ordinato da qualche vescovo scismatico itinerante, con l’intento di individuarlo e carcerarlo, e se l’ordinazione sacerdotale era avvenuta dopo che il Varipapa si era sposato. Dagli atti prodotti nei due processi inquisitori risalta l’ambiguità di tutta la vicenda. Gli inquisitori cercano di intimorire e far cadere in contraddizione il prete greco, in modo da farlo confessare ed avere delle delazioni. Il Varipapa, che nel frattempo si era preparato a sostenere in modo migliore le accuse, spesso si sottrae o finge di evadere le domande. Messo alle strette, sospeso dall’esercizio delle funzioni religiose e presa la decisione dai congregati del concilio provinciale di inviare la sua causa alla sede papale, il Varipapa si serve dell’aiuto di testimoni mendaci, “greci”compiacenti, e presenta copia di atti di dubbia validità. Non riuscendo a mutare il giudizio degli inquisitori, quando ormai il Concilio sta per chiudersi, egli si presenta personalmente in congregazione, presentando qualcosa di molto convincente. Riesce così ad annullare la precedente decisione ed a fare assegnare la sua causa al giudizio del vescovo di Umbriatico Emilio Bombino, ordinario del luogo in cui abita, il quale potrà decidere come meglio vorrà.
L’inquisizioneDie XVIII Mensis Maii 1579 Sanctae Sev.ae et coram R.mo in Christo P.re et D.no Emilio Bombino Dei et Apostolicae Sedis Gra. Ep.o Umbriaticen. assistentibus secum Stephano Quaranta V.J.D. et Vic.o Gen.li Sanctae Sev.ae ac R.mo D.no Antonino Galeoto Vic.o G.li ipsius R.mi D.ni, meq.
Constitutus Demetrius Varipapa cui delatum fuit iuramentum de veritate dicenda et iuravit tactis scripturis et cum iurasset fuit per ipsum R.mum D.num
Int.s de nomine, et cognonime, aetatis, patria, statu et loco habitationis.
R.t de nomine et cognomine et sup. de reliq.s autem dixit: Io sono di trenta tre anni in trenta quattro e sono nato a Bellovedere Diocesi di Cerentia, sono preite greco, et habito à Scarfizzi Diocesi di V. S. R.ma.
Int.s quos ordines suscepit, à quo Antistite, quo in loco, et a quanto tempore.
R.t Ne hagio pigliati sette, subdeus postea non mi recordo Sig.re se l’havessi tutte, ma sò che sono sette l’ordinationi.
Et dicente Ipso R.mo D.no ut respondeat resolute ad interrogata.
R.t Vel hagio detto Sig.re che non me recordo, perche come hebbi l’attento che fui fatto preite nonci misi amiratione più.
Quibus habitis fuit int.o a quo fuit initiatus ord.ne praesbiteratus.
R.t Da uno vescovo greco che è in Napoli.
Et ad D.ni interrogationes dix.t: Il vescovo greco che mi ordinò se chiama Machario e fu questa Quatragesima passata e fu alli 26 di marzo et cum fuisset Int.s in qua ecc.a etstatisset aliquanulum memor et cogitabundus.
R.t Fu all’ecc.a delli Greci, e fu di matina alla messa.
Int.s à quo habuit licentiam suscipiendi ordinem praedictum praesbiteratus à dicto Antistite graeco.
R.t Hebbi una fede del S. Vic.o d’Umbriatico che l’hagio aquà, quam complita inprontu, come steva à Scarfizzi, e poi hebbi la licentia da dov era nato dal vic.o di Cerentia, q.le licentia se la tenne detto vescovo.
Int.s si habet Bullam ordinationis dicti ordini praesbiteratus.
R.t eccola equa Sig.re et exibuit illam scricta et sigillatam literis graecis in carta bombicinis.
Int.s si in dicto ordine celebraverit, quo in loco, et quibus vicibus.
R.t , dopò che fu ordinato che ritornava da Napoli, e la prima messa fu che la dissi la settimana avanti della Palma e la seconda lo di istesso della Palma.
Int.s si habuit licentiam celebrandi, et a quo fuerit ammissus in dicto loco Scarfizzi.
R.t Quando ritornai da Napoli portai lettere al S. Vic.o d’Umbriatico, et li dissi come era ordinato da preite, ma S. S.ria non me dette licentia nessuna di poter celebrare.
Introitus pro evamationis principalis interrogatorii.
R.t Io fui ordinato di evangelio à Sorrento dal detto vescovo, e fu posto l’istessa quatragesima prossima passata, poco prima che m’ordinassi ... Messa, intanto che frà dudici giorni. Io fui ordinato di evangelio et da messa dal detto Vesc.o, e non pagai cosa nessuna per detta ordinatione et del detto Vic.o de Cerentia hebbi licentia di ordinarmi di evangelio.... istessa bolla che vi ho presentata dell’ordinatione di messa ci stà ancora come so ordinato d’evangelio, e nell’ordine di evangelio non mi esercitai.
Int.s de ordine subdiaconatus.
R.t Hà tempo assai che fui ordinato d’ep.la a Belvedere, e penso che era da tridici in quattuordici anni, e non mi ricordo come se chiamava lo Vesc.o e non hebbi licentia da nessuno, e sempre mai dapoi ho cantato l’epistola alla messa quando mi toccava.
Int.s de ordinibus minoribus et prima tonsura.
R.t Me faceva ordinare patrema et io era figliolo non mi posso ricordare.
Et monitus ut bene recordat quia in istis non potest cadere oblivio.
R.t non mi ricordo che ha più di venti anni e non so se fosse stato una o doe volte che fosse stato ordinato inanzi che pigliasse l’ordine dell’epistola.
Int.s ut dicat quot sunt ordines minores.
R.t sono quattro lo primo si domanda tirosos, lo secondo Anagnostis, lo terzo exorcistis, lo quarto non lo me ricordo.
Int.s à quo doctus fuit quatuor ordines minores sic vocati.
R.t dalla Dottrina Christiana greca, che hebbi da Monsig. di Cariati Ansaldi.
Int.s si habet uxorem et filios.
R.t Ho solo mogliere, e mi insurai a Scarfizzi, et haverà da otto anni... e mi l’affidai, et sposai alla eclesia, e la pigliai vergine.
Ex nunc R.mus D.nus dimisit examen animo/ iniuncto ipsi constituto quo subscribat.
Io dono Timitri Varipapa dep.o ut s.a.
Die 18 octobris 1579 S. S.nae in pal.o Archiep.li et coram ad R. D. Vicario Metrop.no meq. exam.s fuit Presb.r Demetrius Varipapa de quo sup.a cui delatum fuit iur.m de veritate dicenda , et iuravit tactis scripturis et cum iurasset fuit per eundem D.num
Int.s ut bene recordat in quo loco fuit ordinatus ad Diaconatum et Presbiteratum.
R.t Sig.r mio alli otto di Quatragesima prox.a passata mi partivi da Scarfizzi per ordinarmi et andar in Napoli dove non trovai l’Arciv.o greco, che era andato a Sorrenti per quanto me fu d.to a Napoli et illà a Surrenti ci andai et lo trovai, et stetti uno paro di giorni, et mi ordinò di evangelio et fui solo all’ordinatione, et non mi ricordo di che dì di quatragesima mi ordinò, et dallà insieme con il detto Arciv.o Machario voltammo a Napoli dove stetti alcuni dì, et mi ordinò di messa in una chiesa de greci sotto lo castello di S. Elmo, ma non mi ricordo in che chiesa mi ordinò in Surrenti, perche era in rivo del mare, et non ne domandai che chiesa fosse, ne manco mi ricordo alli quanti del mese fu subdeus postea fu alli vintisei di marzo.
Int.s an sciat an ep.s à quo suscepit ord.nem subdiaconatus erat grecus an latinus et eius civ.ti ep.s et quare dictus ep.s in dicta t.ra Belvederi se pariebatur et ad quid agendum.
R.t Era greco et non so di dove era ne di dove non perche quelli episcopi tanto anticamente venivano a fare la visita delli greci, e non posso sapere di dove era ne dove no, et ija caminando per questi casali di greci.
Int.s Si habet bullam subd.s et ord.m susceptorum ante subd.m.
R.t Io non ho havuta altra bulla che di la Epistola e di un’altro ord,.e et quando andai in Nap.li che fui ordinato dall’arcivescovo greco la lassai illà, et l’hebbero quelli servitori dell’arcivescovo et come hebbi la bulla che era preite non ci messi più ammiratione di recuperarla perche li compagni miei che erano andati dove il principe di cariati si partivano, et per non lasciarli lassai andare la bulla dell’Epistola.
Int.s an recodetur de testibus qui interfuerunt eius ordinationem subd.
R.t che mi posso ricordare Sig.re però lo Diac.o greco Costantino de Todaro che è stato mastro se ne può ricordare et Ioano Gabriele Varipapa, che è preite et e mio ziano se ne può ricordare.
Int.s an saltim recordetur de loco loci ubi suscepit ordinem sub.s et de solemnitatibus circa personam eiq. adhibitis et q.bus.
R.t Fui ordinato alla chiesa di Belvedere nominata la Trinità et e chiesa de greci, et non mi ricordo che solennità che fu, ne mi ricordo di che dì fosse.
Int.s ut bene recordetur quos ordines minores habet.
R.t Sig.re io non mi ricordo di haver altro che Anarnotricos et questo ordine era tutta una bulla con la Epistola.
Int.s an liceat clericis graecis post susceptos sacros ord.es ducere uxorem.
R.t non lo saccio Sig.re si bene so che si ne curano prima e poi, e così si è inzurato Donno Tomaso Basilico dapoi che hebbe l’epistola.
ex tunc fuit licentiatum/ iuncto per se subscribat.
Io do. dimitri varipapa o diposto ut. s.a.
Presb. Gaspar Caivanus.
Supplica del VaripapaL’undici aprile 1580 il prete greco di Scarfizzi Dimitri Varipapa presentava una supplica al vicario generale metropolitano di Santa Severina. Con tale atto il prete greco faceva presente che alcuni mesi prima l’arcivescovo di Santa Severina Francesco Antonio Santoro lo aveva sospeso dalla celebrazione delle messe e degli altri sacramenti, sia perché era stato ordinato da un vescovo greco nella città di Napoli e sia perché aveva preso moglie dopo detta ordinazione. Il Varipapa faceva notare che dagli atti, che erano in suo possesso e che avrebbe presentato in curia, risultava che la bolla della sua ordinazione era legittima in quanto rilasciata da chi aveva la potestà e che il suo matrimonio era stato celebrato molto prima dell’ordinazione. Supplicava pertanto di essere riammesso a celebrare le messe e gli altri sacramenti come un vero e legittimo prete ordinato.
Nello stesso giorno dal palazzo arcivescovile di Santa Severina il reverendo Stefano Quaranta, vicario metropolitano e commissario deputato dal vescovo di Umbriatico, dava un termine di quattro giorni al prete greco Dimitri Varipapa, per presentare i documenti e le prove a sua difesa, cosa che il prete si affrettò a fare. Il giorno dopo si presentarono numerosi “Greci” che, su mandato del vicario generale di Santa Severina, furono interrogati dal notaio e attuario della curia arcivescovile Iacobo de Rasis. Tutti testimoniarono in favore del prete. Nell’occasione il Varipapa presentò copia del contratto di matrimonio, rogato in Carfizzi il 16 aprile 1570, e copia della Bolla di ordinazione tradotta dal greco in italiano, rilasciata il 26 marzo 1579 in Napoli dall’arcivescovo greco Macario. I due atti certamente falsi, almeno per quanto riguarda le date, erano sottoscritti da testimoni, che ne certificavano l’autenticità.
La difesaNella Curia Arcivescovile di S. Severina il 12 aprile 1580 il prete greco Dimitri Varipapa di Scarficce presentò una nota sommaria di tutto ciò che egli voleva provare ed i testimoni in sua difesa al vicario generale del metropolitano di Santa Severina e commissario deputato dal vescovo di “Cerenzia” ( Umbriatico). In tale maniera voleva confutare punto per punto i motivi che avevano determinato la sua sospensione dalla celebrazione delle messe.
“In p(rimi)s Vol provare come esso donno Dimitri si accasò et pigliò moglie del anno 1570 che sonno anni diece passati nel qual tempo esso D. Dimitri non havia pigliato ordini sacri, ma solamente l’ordini minori così come chiaramente appare per l’istromento dotale quale ha presentato et produce et questa è la verita.
Item Come do pò che si accasò et pigliò moglie esso D. Dimitri si fo preite et pigliò l’altri ordini sacri et fo ordinato dal R.mo Arcivescovo di Malvasia residente allhora in Napoli dal quale ottenne Bulle sub. te de sua propria mano et sigillate dal suo sigillo. Cossi come chiaramente appare per esse bulle presentate le quali sonno vere et verissime e questa è la verita.
Item dome esso D. Dimitri e preite e persona di a bene et di bona vita, et quello haveva deposto nella sua dipositione circa suo accasamento deposse ignorantemente et perche non intese di quali ordini fo domandato, poiche per l’istesse scritture appare la verita et questa e la verita”.
Nello stesso giorno nel palazzo arcivescovile di Santa Severina il notaio apostolico ed attuario della curia Iacobo de Rasis, su mandato del vicario generale e commissario deputato dal vescovo di Umbriatico, convocò ed interrogò alcuni testimoni per verificare quanto il Varipapa aveva affermato nella sua difesa e per valutare gli atti che aveva prodotto a sua discolpa.
“Testes examinati per me Jacobum de Rasis Not.m et act.m Cur. Archiep.lis de m.to admo. Rev. D. Vicarii G.lis et commisarii ad infra.tta p.hr deputati per R.mum D. Ep.m Umbriaticen. super articulis p.ntatis per Dimitri Varipapa presb. grecum casalis Scarfici Umb. Dioc. qui fuerunt Summ.e recepti et exami. iux.a decretum ante positum.
Die XII Aprilis 1580 In pal.o Archiep.li et coram sup.to D. Vicario et Comm.rio.
Clericus Costantinus de Todero grecus incola Casalis Scandalis S. Sev.nae Diocesis aetatis annor. quinquaginta sex incirca prout ipse di.t et ex eius aspectu apparet et iuratus tactis sacro sanctis scripturis int.s et exam.s super articulis pradictis.
Super primo dixit: Io mi ho retrovato p.nte alle nozze di D. Dimitri Varipapa di Scarfizzi il quale si accasò che saranno da due anni et piglio per moglie una Arvanisa; et so che quando si accaso non haveva ordine sacro, et questo lo so perche in quel tempo era mio discepulo, ma li piglio li ordini sacri che sarà un anno incirca come appare per la bulla alla quale mi referisco. Cosi ancora gli pittaggi scritti da D. Pet.o Sammari et questa è la verita.
Super 2° Dixit et deposuit: Io nopn mi ho trovato presente quando esso Dimitri prese ordini sacri si bene ho inteso da altri che forno presenti alla sua ordina.ne che li detti ordini sacri li prese detto Dimitri in Napoli dal Arcivescovo di Malvasia, del quale ho visto la bulla, espedita in persona sua et conosco che è espedita dal detto Arcivescovo havendola io letta et traslata in vulgare etb nè dela propria mano e sigillo del detto Arcivescovo perche ne ho visto altre e conosco detta mano e sigillo, et questa è la verita referendomi a detta bulla.
Super 3° dixit: Io per quanto ho prattica di detto Dimitri so che è homo da bene di bona fama et cond.ne et credo che fu per errore et per intendere male quel che deposse ma so e dico che la prattica di detto Arciv.o in Napoli et l’ho visto con li ochi fermare altre bulle et conosco che la bulla di Dimitri e firmata da predetto Arciv.o et io sto per affermarlo sempre perche io ne so informatissimo et conoscente et questo e la verita. Io. Clerico Costantino Theodaro o disposto.
Eodem instanti
Bulla p.ntata in Curia Archiep.li per presb. Dimitri Varipapa fuit ostensa clerico Constantino de Todero qui ip.sam legit et vidit qua lecta ad D.ni interrogationem R.t Sig.re di questa bulla io ne ho fatto copia e l’ho estratta et traslata da greco in latino del che ne ho fatto fede e dico che e sottoscritta di p.p.a mano del Arciv.o di Malvasia e sigillata del suo sigillo e la conosco perchè ho gran prattica in Nap.li di esso Arciv.o et con li ochi mei li ho visto firmarne altre simili et per questo conosco la sua mano e sigillo. Io clerico Costantino Teodoro o disposto ut. sup.a.
Eodem Die ibidem et coram eodem.
No. Nicolaus Scurcus incola S. Sev.ae aetatis annor. quinq.ta quatuor incirca prout ipse di.t et ex eius aspectu apparet et iuratus tactis sacro sanctis Scrip. Int.s et exam.s super articulis p.tis
Supp.o di.t Io so che D. Dimitri Varipapa si accasò nel tempo delle carestie che saranno da nove anni incirca e io lo so perche essendo di linea greca et trovandomi nel Cirò fui convitato da esso Dimitri in Carfizzi dove fece le nozze alle quali io mitrovai presente et questa è la verità.
Io Cola Scurco o disposto subra manu p.ra.
Eodem Die ibidem et coram eodem.
Tomasa Basilicò presb. Grecus Casalis Scandalis etatis annor. triginta quatuor in circa prout ipse dixit et ex eius aspectu apparet. Juratus tactis Sacro Sanctis Scrip. Int.s et exam.s super articulis praedictis.
Sup. primo di.t : Io so che Dimitri Varipapa prete Greco di Scarfizzi si accaso e prese moglie una Albenese di detto casale che saranno da nove i dece anni incirca et io essendo a belvedere fui convitato alle sue nozze in detto tempo insieme con mio p.re ma non ci andammo et io ho inteso da altri che li ordini sacri li prese in Napoli dal Arciv.o di Malvasia ben vero ho visto et letto la bulla espedita da detto Arciv.o Greco in persona di detto Dimitri nella qual dice haverli datoli tre ordini sacri et havendone viste più bulle espedite da esso Arciv.o dico che q.sta di Dimitri e conforme alle altre di una medesma firma e sottoscritt.e et sigillo.
Et cum fuisset ostensa ipsi testi bulla p.ntata in actis per Dimitri presb. grecum grece scripta di.t Sig.re questa che mi haveti mostrata è di la med.a inscritt.e et sigillo del Arciv.o p.to ha spedite l’altre che ho visto et questa è la verità.
Super 2° di.t ut dixit et deposuit detto Dimitri per quanto ho inteso et per la bulla che ho vista e mi haveti mostrato appare si ordinò di ordini sacri l’anno passato, et questa è la verità.
Super 3° di.t per quanto ho prattica io et anco conosco et vedo, che tra Greci detto D. Dimitri è tenuto trattato e reputato per homo di bene di bona vita fama et cond.ne et si nella sua esamine havessi fallito credo certo che fu perchè non intendea li ordini ne sapea discernere li minori dalli sacri per quanto ne posso giudicare io pero nel resto mi remetto a dette scritture.
Documenti presentati dal Varipapa“Adi 16 aprile 1570 In Carficci.
Ad precherie de Anto.ni Condosta et donna Czana Scurcho fui chamato Jo donno piet.o macza che scrivissi lo p.nte pittagio fra la persuna de donna Scheva figla legitima de antoni Condosta con la persuna de dimitri varipapa abitante in ditto casale secundo cumanda la santa rumana chesia permitte et vole et p.o scolumpacis et per con sarvacione et unore de ditti p. pattigi lo ditto antoni pape legitimo de donna sveva citta usupra promitteli boni dotali et robe sutto scripte: sutto ollicacione de unce vinticiq. de ore. far et cusar con efetto tanto dela conyucione de esi spusi come la promision de ditte robe:
et inp.s promitteno li sutto scripti a chi di sa sponsa et sponsum/
Item uno paro de boi allitti et uno paro de yenchi deli dui anni in tre tempo dui anni.
Item una nacha figlata et una scrufa.
Item una spurveri alli dece de canne dudici novo.
Item uno paro de lenzoli alli dece et uno altro paro alli sette.
Item uno mataraczo et dui sachune nove et una cupa nova canne otto.
Item uno capitale et dui chumalli et dui dubretta novi.
Item dui tuvaglie de pane et dece stuyvuchi et dui tuvaglie de tavula.
Item ciq. mandili et ciq. cayule et ciq. suttane.
Item dui tuvaglie de facie et una gunella desta metta a bene placito de ditto citto usup.a.
Item uno paro de maniche de sitta et laledesta matta rusa con li pumetti.
P.nte et diote
Jo. Cola Scurcho fui p.nte.
Laurenzo Scurcho fui p.nte.
Tiberi Monaco fui p.nte.
Andy.a Mala Casa fui p.nte.
Andy.a Masci fui p.nte.
Pet.o Simioni fui p.nte.
Jo donno piet.o Macza scripsi et me suscripsi manos propia.
( La p.nte cop.a fu asemplatta del suo proprio reginale per me donno piet.o mazza existende in potire mio. fatta collacione concorda de verbo ad verbo salva meliore collacione et a fide me suscripsi manus propria. Io donno petr.o mazza qui sup.o)”
“P.ntata in Curia Archiep.le et coram D.no Vic.o G.le et Com.o. Die 12 Ap.lis 1580 p. presb. Dimitri Varipapa.
La umilita mia avendo visto la testimonianza et licenzia de lo reverendo Vicario dela diocesia et altri testimonii et delu suo confessoro et altri ogni personi avimo ordinato lo Venerabile Dimitri Varipapa delo Casale di bellovideri dela Calabria Suttana subdiacono et diacono et compitolo previte con gra. de I dio lo celebrare missa in omne loco sencza impedimento alcuno sincome e solito de grecia ordinando che lo detto previti abia ordinariamente dar la obedienzia allo R.mo Prelato dove se ritrova abitare et ad fide avimo fatto la presente bulla et consignata allo venerabile Dimitri come a figlio nostro spirituale. Datum in Neapoli adi XXVI de marzo 1579. 7° Ind.e.
Macario Arcivescovo monovasia”.
Io clerico Costantino Todaro fazo fide aver starlatato la sup.a ditta bulla de greco in latino da suo proprio originale et concorda de verbo ad verbum et conosco come prattico de detto arcivescovo al quale ave visto in nap.li co li ochi ripedirne altri esser firmata de la p.pria mano et sigillata de p.prio sigillo de esso arcivescovo et ad fide della me.a ho scritto la p.nte de mia mano p.pria. Io clerico Costantino Todero fo fide ut sup.a mano p.pria.”
Il sospettoPer fugare il sospetto che la bolla di ordinazione fosse falsa, fu richiesto il parere del vescovo di Strongoli Rainaldo Corso.
Il 13 aprile 1580 il vescovo di Strongoli, richiesto il suo parere sul documento greco presentato da Dimitri Varipapa, così scriveva all’arcivescovo di Santa Severina: “ Molto R.do S.r mio/ In nom di Dio. che in me fosse la scienza del Card. Ill.mo Sirleto che havessi sodisfatto a pieno à V. S. Non di meno per quanto ho potuto comprendere la scrittura Greca è della sintenza, ch’ella vidrà nell’incluso foglo; et di più le dico essere molto mio amico quell’Arcivesc.o e stare in Napoli in buona gratia di N. S. et del re et p(ro)p(rio) da loro mantinuto et esser da me conosciuto il suo sigillo... Da Strongoli il 13 d’aprile 1580. Il vescovo di Strongoli”.
Il secondo Sinodo ProvincialeNel passato i sinodi provinciali si celebravano nel mese di ottobre; così era stato anche per il primo sinodo indetto dall’arcivescovo Francesco Antonio Santoro, che era stato celebrato nella chiesa metropolitana di Santa Severina nell’ottobre 1574.
Il secondo sinodo provinciale, indetto dall’arcivescovo Francesco Antonio Santoro, doveva tenersi nella chiesa metropolitana di Santa Severina ad iniziare dal 17 aprile 1580, ma fu poi spostato al 15 maggio. I motivi, che indussero l’arcivescovo a mutare la data, sono così spiegati in una lettera che l’arcivescovo inviò da Santa Severina, il 17 marzo 1580, al vescovo di Isola Annibale Caracciolo, il quale era fuori sede e chiedeva che il sinodo si spostasse in autunno: “.. intorno alla prorogatione del Consiglio provinciale ad Autunno, il che io harei fatto molto volentieri per servir V. S. et maggior cosa ancora di questa, ma per trovarmi haverlo inditto tanto tempo fa, et questi altri R.mi conprovinciali preparati per il detto tempo, essendo più atto, et più commodo di ogni altro tempo, che V.S. sa bene che ad Autunno sono piogge grandi et fiumi pericolosissimi, et tempi anco sospetti et cattivi più d’ogni altro, et particolarmente in queste parti, et già che anticamente la detta Sinodo à tempo che si facea ogni anno si solea fare il mese di ottobre, et per esserci più volte successa morte a quelli che venivano per li fiumi et maltempi, si trasferì nella domenica infra l’ottava dell’Ascensione, et seben’io questa volta l’ho indetto nel mese d’Aprile era per maggior commodità di tutti, non però per servire à V.S. mi contento con la volontà di questi miei conprovinciali di differirlo insino alla detta Domenica infra l’ottava dell’Ascensione..”. Nonostante questo spostamento di data il vescovo di Isola, Annibale Caracciolo, e quello di Cerenzia e Cariati, Tarquinio Prisco, non parteciparono al sinodo. Il primo, che si intratteneva a Napoli, mandò un suo procuratore, il decano crotonese Gio. Iacobo de Pitropo, che fu accolto. Il secondo riteneva che Cariati era suffraganea di Rossano. Alleato con i Carafa ed in lite con i Santoro per il possesso di alcuni terreni dell’abbazia di San Giovanni in Fiore, aveva fatto ricorso al tribunale secolare contro le pretese dell’arcivescovo per la questione delle decime. Chiamato all’apertura per tre volte, non comparve “nec aliquis pro eo”. Nonostante la richiesta di condanna secondo quanto previsto nei sacri canoni, l’arcivescovo comandò di aspettarlo fino alla seconda sessione. All’inizio della terza sessione, tenutasi il 19 maggio, si presentò il cantore di Cerenzia con un mandato di procura e con una fede che provava che il vescovo Prisco era ammalato. In seguito nella mattina del 20 maggio non ci fu congregazione per l’impedimento della processione del giubileo. Finita la processione apparve nella chiesa il vescovo Tarquinio Prisco assieme all’arcivescovo ed agli altri vescovi. Essi si diressero al palazzo vescovile dove il vescovo di Cerenzia e Cariati fu denunciato ad intervenire nella congregazione pomeridiana. Ma egli non si presentò.
Del rito grecoIniziato il 15 maggio, il sinodo si prolungherà con quattro sessioni fino al 22 seguente. Il 16 maggio 1580, dopo pranzo alle ore diciotto, l’arcivescovo Francesco Antonio Santoro assieme ai vescovi suffraganei Giovanni Antonio de Paola di Belcastro, Emilio Bombino di Umbriatico e Rainaldo Corso di Strongoli, si riunì nel palazzo arcivescovile di Santa Severina nel luogo deputato per le congregazioni. Dopo che erano stati recitati l’inno “Veni Creator Spiritus” e l’orazione, il vescovo di Umbriatico Emilio Bombino, avuto il permesso dell’arcivescovo, espose che nella sua diocesi e propriamente nel casale di Scarfizzi vi era un certo prete greco di nome Demetrio Varipapa che, in quanto ordinato dall’arcivescovo Macario, da tempo era stato interdetto dalla amministrazione dei sacramenti e dalla celebrazione delle messe “ob malam promotionem”. La causa era stata assegnata al vicario di Santa Severina, ma costui non l’aveva ancora determinata, in quanto voleva che essa fosse discussa nel concilio provinciale. Per tale motivo, il vescovo, anche a tutela del detto prete greco, chiedeva all’arcivescovo di ordinare al suo vicario generale metropolitano di farne relazione. Udita la relazione del vicario sia riguardante i fatti che i diritti, fu con voto unanime deciso che il prete doveva rivolgersi al Papa per essere assolto dalla sospensione. Continuando l’arcivescovo propose ai padri alcune riforme del rito greco rifacendosi a quanto deciso circa la riforma dei greci ad alcune lettere e risoluzioni del cardinale di Santa Severina Giulio Antonio Santoro. Fu deciso che i Greci dovevano conformarsi ai latini ed astenersi dal mangiare carne sia il venerdì che il sabato ed anche nelle vigilie e nei quattro tempora. Inoltre nei matrimoni tra Greci e Latini, il latino o la latina sempre doveva rimanere nel suo rito latino mentre era lecito ai Greci passare al latino. Infine fu stabilito che i preti greci dovevano essere curati perpetui e non amovibili.
La strada giustaCon la remissione della causa al giudizio papale, le cose si mettevano molto male. Per sfuggire a questo infausto evento, il Varipapa fece l’ultimo tentativo.
Il giorno dopo,17 maggio, nella congregazione iniziata dopo pranzo alle ore diciotto, comparve all’improvviso il prete Demetrio Varipapa, del quale nella precedente congregazione si era concluso. Egli “produxit, ac allegavit nova Iura qualiter eius dispensatio non pertinebat ad summum Pontificem”. Fu perciò sospesa dai congregati la decisione del giorno precedente e fu dato mandato al vescovo di Umbriatico, nella cui diocesi risiedeva il Varipapa, di risolvere la questione nel modo migliore. Non sappiamo come si concluse la vicenda e quali siano stati i “nova Iura” esibiti dal prete, che riuscirono a mutare in modo così repentino il giudizio. Di tutto questo il documento non ne fa cenno, ma possiamo immaginarlo. Risolta la questione del prete Varipapa, la congregazione procedette con la lettura di una convenzione presentata dal sindaco e dagli uomini del casale di Santo Mauro riguardante i rapporti con l’arciprete del luogo, quindi il procuratore dell’università della terra di Cirò presentò un libello contenente molte lagnanze contro il vescovo di Umbriatico.
L’anno dopo (1568) segue la condanna per eresia con abiura del feudatario di Cirò Petro Antonio de Abenante, barone di Calopezzati. Anche in questo caso sono prevalenti le ragioni economiche legate a dispute patrimoniali e di interesse.
In seguito l’attenzione si spostò sui preti di rito greco. Dopo che il papa Pio IV col breve “Romanus Pontifex” del 16 gennaio 1564 aveva sottomesso i Greci del Regno di Napoli alla giurisdizione degli ordinari latini, il Cardinale Giulio Antonio Santoro, affermando che i preti greci erano scismatici, in quanto ordinati da vescovi scismatici e questi dal patriarca scismatico di Costantinopoli, cominciò a perseguitarli. Le sentenze di condanna per eresia con abiura, cominciarono a colpirli. Essi a volte furono costretti, per non decadere dal loro ufficio, ad abiurare per essere assolti. A volte oltre ad incorrere nelle censure e nei castighi furono minacciati o costretti a recarsi in Roma per subire il processo e l’abiura. Ricordiamo i processi per eresia con abiura del prete greco Georgio Scurcho del 1568, del frate Sempronio Basami di Psigrò del 1572, del prete greco Costantino Chrisapho e del prete greco Marco Corcyrense.
Con la successione nella cattedra arcivescovile di Santa Severina nel 1573 del fratello Francesco Antonio Santoro i processi per eresia aumentarono. Ricordiamo quelli riguardanti Angelo Vecchio di Santa Severina “de heresi” (1575), di Marco Sanasio di Cutro per blasfemia (1581), di Simone Campanaro “de verbis suspectis” (1581), del catapano di Mesoraca “pro hereticale blasfemia (1581), del “magistrum juratum” Joanne Matteo Milito e di Scipione Forangolo di Caccuri “de heresi” e di impedire “libertatem ecc.am” ( 1582), di Giovan Battista Spinelli, principe di Scalea e marchese di Mesoraca “de heresi” ( 1584), ecc.
Particolarmente colpiti dal sospetto di eresia sono i capitani ed i governatori della città di Santa Severina tra questi il governatore Joanne Baptista Garrafa, i capitani di Santa Severina Camillo Longo “super verbis heretice”, Andrea de Mes “de heresi” (1585), ecc. A volte l’arcivescovo fa ricorso al braccio secolare fornito dalla regia audienza per catturare i sospetti di eresia, come nel caso di Marco Antonio Longo, perseguitato “per cause di religione” (1581) e di tre “jaconi salvaggi” greci (1582). L’inquisizione dei preti greci negli anni Ottanta aumentò con l’istituzione da parte del papa Gregorio XIII della Congregazione dei Greci, di cui fu promotore e parte il cardinale di Santa Severina, che aveva lo scopo di combattere “errores Graecorum” e del Collegio greco nella chiesa di S. Atanasio in Roma ( 1580) per la formazione di un clero greco di obbedienza romana, di cui fu rettore e protettore lo stesso cardinale.
La vicendaDagli Atti del secondo Sinodo provinciale, tenutosi in Santa Severina a partire dal 15 maggio 1580, risulta che il vescovo della diocesi di Umbriatico Emilio Bombino sottopose al giudizio del metropolitano di Santa Severina Francesco Antonio Santoro, suo superiore, il caso del prete greco Dimitri Varipapa, nato a Belvedere ed abitante a Carfizzi.
Il Varipapa fu esaminato in Santa Severina una prima volta il 18 maggio 1579 al cospetto del vescovo di Umbriatico Emilio Bombino e con l’assistenza del vicario generale dell’arcivescovo, il reverendo napoletano Stefano Quaranta U.J.D., e del vicario generale del vescovo di Umbriatico, il cantore del capitolo di Umbriatico Antonino Galeoto. Questo primo processo inquisitorio non riuscì a fugare tutti i sospetti, anzi trovò impreparato il prete greco che, cadendo in molte contraddizioni ed inesattezze, alimentò molti dubbi sulla regolarità della sua ordinazione sacerdotale. L’arcivescovo di Santa Severina particolarmente severo nel colpire il rito greco, applicando quanto prescritto nel “De reformatione Graecorum, eorumq. erroribus tollendis”, dove tra l’altro si legge : “Mandet etiam, ut nullus sub poena perpetuae suspensionis, ab alio, quam a suo proprio Episcopo, vel, de licentia ipsius, a Catholico Antistite, Sanctae Romanae Ecclesiae gratiam, et communionem habente, Ecclesiasticos ordines suscipere audeat”, sospese il prete dalle funzioni religiose e col consenso del vescovo di Umbriatico, nella cui diocesi risiedeva il prete greco, delegò ad approfondire la questione il vicario generale di Santa Severina. Cinque mesi dopo, il 18 ottobre 1579, nel palazzo arcivescovile di Santa Severina il vicario generale dell’arcivescovo Stefano Quaranta sottopose nuovamente ad interrogatorio il Varipapa, cercando di approfondire alcuni aspetti della vita religiosa del prete. Il vicario tentò soprattutto di investigare se il prete greco era stato ordinato da qualche vescovo scismatico itinerante, con l’intento di individuarlo e carcerarlo, e se l’ordinazione sacerdotale era avvenuta dopo che il Varipapa si era sposato. Dagli atti prodotti nei due processi inquisitori risalta l’ambiguità di tutta la vicenda. Gli inquisitori cercano di intimorire e far cadere in contraddizione il prete greco, in modo da farlo confessare ed avere delle delazioni. Il Varipapa, che nel frattempo si era preparato a sostenere in modo migliore le accuse, spesso si sottrae o finge di evadere le domande. Messo alle strette, sospeso dall’esercizio delle funzioni religiose e presa la decisione dai congregati del concilio provinciale di inviare la sua causa alla sede papale, il Varipapa si serve dell’aiuto di testimoni mendaci, “greci”compiacenti, e presenta copia di atti di dubbia validità. Non riuscendo a mutare il giudizio degli inquisitori, quando ormai il Concilio sta per chiudersi, egli si presenta personalmente in congregazione, presentando qualcosa di molto convincente. Riesce così ad annullare la precedente decisione ed a fare assegnare la sua causa al giudizio del vescovo di Umbriatico Emilio Bombino, ordinario del luogo in cui abita, il quale potrà decidere come meglio vorrà.
L’inquisizioneDie XVIII Mensis Maii 1579 Sanctae Sev.ae et coram R.mo in Christo P.re et D.no Emilio Bombino Dei et Apostolicae Sedis Gra. Ep.o Umbriaticen. assistentibus secum Stephano Quaranta V.J.D. et Vic.o Gen.li Sanctae Sev.ae ac R.mo D.no Antonino Galeoto Vic.o G.li ipsius R.mi D.ni, meq.
Constitutus Demetrius Varipapa cui delatum fuit iuramentum de veritate dicenda et iuravit tactis scripturis et cum iurasset fuit per ipsum R.mum D.num
Int.s de nomine, et cognonime, aetatis, patria, statu et loco habitationis.
R.t de nomine et cognomine et sup. de reliq.s autem dixit: Io sono di trenta tre anni in trenta quattro e sono nato a Bellovedere Diocesi di Cerentia, sono preite greco, et habito à Scarfizzi Diocesi di V. S. R.ma.
Int.s quos ordines suscepit, à quo Antistite, quo in loco, et a quanto tempore.
R.t Ne hagio pigliati sette, subdeus postea non mi recordo Sig.re se l’havessi tutte, ma sò che sono sette l’ordinationi.
Et dicente Ipso R.mo D.no ut respondeat resolute ad interrogata.
R.t Vel hagio detto Sig.re che non me recordo, perche come hebbi l’attento che fui fatto preite nonci misi amiratione più.
Quibus habitis fuit int.o a quo fuit initiatus ord.ne praesbiteratus.
R.t Da uno vescovo greco che è in Napoli.
Et ad D.ni interrogationes dix.t: Il vescovo greco che mi ordinò se chiama Machario e fu questa Quatragesima passata e fu alli 26 di marzo et cum fuisset Int.s in qua ecc.a etstatisset aliquanulum memor et cogitabundus.
R.t Fu all’ecc.a delli Greci, e fu di matina alla messa.
Int.s à quo habuit licentiam suscipiendi ordinem praedictum praesbiteratus à dicto Antistite graeco.
R.t Hebbi una fede del S. Vic.o d’Umbriatico che l’hagio aquà, quam complita inprontu, come steva à Scarfizzi, e poi hebbi la licentia da dov era nato dal vic.o di Cerentia, q.le licentia se la tenne detto vescovo.
Int.s si habet Bullam ordinationis dicti ordini praesbiteratus.
R.t eccola equa Sig.re et exibuit illam scricta et sigillatam literis graecis in carta bombicinis.
Int.s si in dicto ordine celebraverit, quo in loco, et quibus vicibus.
R.t , dopò che fu ordinato che ritornava da Napoli, e la prima messa fu che la dissi la settimana avanti della Palma e la seconda lo di istesso della Palma.
Int.s si habuit licentiam celebrandi, et a quo fuerit ammissus in dicto loco Scarfizzi.
R.t Quando ritornai da Napoli portai lettere al S. Vic.o d’Umbriatico, et li dissi come era ordinato da preite, ma S. S.ria non me dette licentia nessuna di poter celebrare.
Introitus pro evamationis principalis interrogatorii.
R.t Io fui ordinato di evangelio à Sorrento dal detto vescovo, e fu posto l’istessa quatragesima prossima passata, poco prima che m’ordinassi ... Messa, intanto che frà dudici giorni. Io fui ordinato di evangelio et da messa dal detto Vesc.o, e non pagai cosa nessuna per detta ordinatione et del detto Vic.o de Cerentia hebbi licentia di ordinarmi di evangelio.... istessa bolla che vi ho presentata dell’ordinatione di messa ci stà ancora come so ordinato d’evangelio, e nell’ordine di evangelio non mi esercitai.
Int.s de ordine subdiaconatus.
R.t Hà tempo assai che fui ordinato d’ep.la a Belvedere, e penso che era da tridici in quattuordici anni, e non mi ricordo come se chiamava lo Vesc.o e non hebbi licentia da nessuno, e sempre mai dapoi ho cantato l’epistola alla messa quando mi toccava.
Int.s de ordinibus minoribus et prima tonsura.
R.t Me faceva ordinare patrema et io era figliolo non mi posso ricordare.
Et monitus ut bene recordat quia in istis non potest cadere oblivio.
R.t non mi ricordo che ha più di venti anni e non so se fosse stato una o doe volte che fosse stato ordinato inanzi che pigliasse l’ordine dell’epistola.
Int.s ut dicat quot sunt ordines minores.
R.t sono quattro lo primo si domanda tirosos, lo secondo Anagnostis, lo terzo exorcistis, lo quarto non lo me ricordo.
Int.s à quo doctus fuit quatuor ordines minores sic vocati.
R.t dalla Dottrina Christiana greca, che hebbi da Monsig. di Cariati Ansaldi.
Int.s si habet uxorem et filios.
R.t Ho solo mogliere, e mi insurai a Scarfizzi, et haverà da otto anni... e mi l’affidai, et sposai alla eclesia, e la pigliai vergine.
Ex nunc R.mus D.nus dimisit examen animo/ iniuncto ipsi constituto quo subscribat.
Io dono Timitri Varipapa dep.o ut s.a.
Die 18 octobris 1579 S. S.nae in pal.o Archiep.li et coram ad R. D. Vicario Metrop.no meq. exam.s fuit Presb.r Demetrius Varipapa de quo sup.a cui delatum fuit iur.m de veritate dicenda , et iuravit tactis scripturis et cum iurasset fuit per eundem D.num
Int.s ut bene recordat in quo loco fuit ordinatus ad Diaconatum et Presbiteratum.
R.t Sig.r mio alli otto di Quatragesima prox.a passata mi partivi da Scarfizzi per ordinarmi et andar in Napoli dove non trovai l’Arciv.o greco, che era andato a Sorrenti per quanto me fu d.to a Napoli et illà a Surrenti ci andai et lo trovai, et stetti uno paro di giorni, et mi ordinò di evangelio et fui solo all’ordinatione, et non mi ricordo di che dì di quatragesima mi ordinò, et dallà insieme con il detto Arciv.o Machario voltammo a Napoli dove stetti alcuni dì, et mi ordinò di messa in una chiesa de greci sotto lo castello di S. Elmo, ma non mi ricordo in che chiesa mi ordinò in Surrenti, perche era in rivo del mare, et non ne domandai che chiesa fosse, ne manco mi ricordo alli quanti del mese fu subdeus postea fu alli vintisei di marzo.
Int.s an sciat an ep.s à quo suscepit ord.nem subdiaconatus erat grecus an latinus et eius civ.ti ep.s et quare dictus ep.s in dicta t.ra Belvederi se pariebatur et ad quid agendum.
R.t Era greco et non so di dove era ne di dove non perche quelli episcopi tanto anticamente venivano a fare la visita delli greci, e non posso sapere di dove era ne dove no, et ija caminando per questi casali di greci.
Int.s Si habet bullam subd.s et ord.m susceptorum ante subd.m.
R.t Io non ho havuta altra bulla che di la Epistola e di un’altro ord,.e et quando andai in Nap.li che fui ordinato dall’arcivescovo greco la lassai illà, et l’hebbero quelli servitori dell’arcivescovo et come hebbi la bulla che era preite non ci messi più ammiratione di recuperarla perche li compagni miei che erano andati dove il principe di cariati si partivano, et per non lasciarli lassai andare la bulla dell’Epistola.
Int.s an recodetur de testibus qui interfuerunt eius ordinationem subd.
R.t che mi posso ricordare Sig.re però lo Diac.o greco Costantino de Todaro che è stato mastro se ne può ricordare et Ioano Gabriele Varipapa, che è preite et e mio ziano se ne può ricordare.
Int.s an saltim recordetur de loco loci ubi suscepit ordinem sub.s et de solemnitatibus circa personam eiq. adhibitis et q.bus.
R.t Fui ordinato alla chiesa di Belvedere nominata la Trinità et e chiesa de greci, et non mi ricordo che solennità che fu, ne mi ricordo di che dì fosse.
Int.s ut bene recordetur quos ordines minores habet.
R.t Sig.re io non mi ricordo di haver altro che Anarnotricos et questo ordine era tutta una bulla con la Epistola.
Int.s an liceat clericis graecis post susceptos sacros ord.es ducere uxorem.
R.t non lo saccio Sig.re si bene so che si ne curano prima e poi, e così si è inzurato Donno Tomaso Basilico dapoi che hebbe l’epistola.
ex tunc fuit licentiatum/ iuncto per se subscribat.
Io do. dimitri varipapa o diposto ut. s.a.
Presb. Gaspar Caivanus.
Supplica del VaripapaL’undici aprile 1580 il prete greco di Scarfizzi Dimitri Varipapa presentava una supplica al vicario generale metropolitano di Santa Severina. Con tale atto il prete greco faceva presente che alcuni mesi prima l’arcivescovo di Santa Severina Francesco Antonio Santoro lo aveva sospeso dalla celebrazione delle messe e degli altri sacramenti, sia perché era stato ordinato da un vescovo greco nella città di Napoli e sia perché aveva preso moglie dopo detta ordinazione. Il Varipapa faceva notare che dagli atti, che erano in suo possesso e che avrebbe presentato in curia, risultava che la bolla della sua ordinazione era legittima in quanto rilasciata da chi aveva la potestà e che il suo matrimonio era stato celebrato molto prima dell’ordinazione. Supplicava pertanto di essere riammesso a celebrare le messe e gli altri sacramenti come un vero e legittimo prete ordinato.
Nello stesso giorno dal palazzo arcivescovile di Santa Severina il reverendo Stefano Quaranta, vicario metropolitano e commissario deputato dal vescovo di Umbriatico, dava un termine di quattro giorni al prete greco Dimitri Varipapa, per presentare i documenti e le prove a sua difesa, cosa che il prete si affrettò a fare. Il giorno dopo si presentarono numerosi “Greci” che, su mandato del vicario generale di Santa Severina, furono interrogati dal notaio e attuario della curia arcivescovile Iacobo de Rasis. Tutti testimoniarono in favore del prete. Nell’occasione il Varipapa presentò copia del contratto di matrimonio, rogato in Carfizzi il 16 aprile 1570, e copia della Bolla di ordinazione tradotta dal greco in italiano, rilasciata il 26 marzo 1579 in Napoli dall’arcivescovo greco Macario. I due atti certamente falsi, almeno per quanto riguarda le date, erano sottoscritti da testimoni, che ne certificavano l’autenticità.
La difesaNella Curia Arcivescovile di S. Severina il 12 aprile 1580 il prete greco Dimitri Varipapa di Scarficce presentò una nota sommaria di tutto ciò che egli voleva provare ed i testimoni in sua difesa al vicario generale del metropolitano di Santa Severina e commissario deputato dal vescovo di “Cerenzia” ( Umbriatico). In tale maniera voleva confutare punto per punto i motivi che avevano determinato la sua sospensione dalla celebrazione delle messe.
“In p(rimi)s Vol provare come esso donno Dimitri si accasò et pigliò moglie del anno 1570 che sonno anni diece passati nel qual tempo esso D. Dimitri non havia pigliato ordini sacri, ma solamente l’ordini minori così come chiaramente appare per l’istromento dotale quale ha presentato et produce et questa è la verita.
Item Come do pò che si accasò et pigliò moglie esso D. Dimitri si fo preite et pigliò l’altri ordini sacri et fo ordinato dal R.mo Arcivescovo di Malvasia residente allhora in Napoli dal quale ottenne Bulle sub. te de sua propria mano et sigillate dal suo sigillo. Cossi come chiaramente appare per esse bulle presentate le quali sonno vere et verissime e questa è la verita.
Item dome esso D. Dimitri e preite e persona di a bene et di bona vita, et quello haveva deposto nella sua dipositione circa suo accasamento deposse ignorantemente et perche non intese di quali ordini fo domandato, poiche per l’istesse scritture appare la verita et questa e la verita”.
Nello stesso giorno nel palazzo arcivescovile di Santa Severina il notaio apostolico ed attuario della curia Iacobo de Rasis, su mandato del vicario generale e commissario deputato dal vescovo di Umbriatico, convocò ed interrogò alcuni testimoni per verificare quanto il Varipapa aveva affermato nella sua difesa e per valutare gli atti che aveva prodotto a sua discolpa.
“Testes examinati per me Jacobum de Rasis Not.m et act.m Cur. Archiep.lis de m.to admo. Rev. D. Vicarii G.lis et commisarii ad infra.tta p.hr deputati per R.mum D. Ep.m Umbriaticen. super articulis p.ntatis per Dimitri Varipapa presb. grecum casalis Scarfici Umb. Dioc. qui fuerunt Summ.e recepti et exami. iux.a decretum ante positum.
Die XII Aprilis 1580 In pal.o Archiep.li et coram sup.to D. Vicario et Comm.rio.
Clericus Costantinus de Todero grecus incola Casalis Scandalis S. Sev.nae Diocesis aetatis annor. quinquaginta sex incirca prout ipse di.t et ex eius aspectu apparet et iuratus tactis sacro sanctis scripturis int.s et exam.s super articulis pradictis.
Super primo dixit: Io mi ho retrovato p.nte alle nozze di D. Dimitri Varipapa di Scarfizzi il quale si accasò che saranno da due anni et piglio per moglie una Arvanisa; et so che quando si accaso non haveva ordine sacro, et questo lo so perche in quel tempo era mio discepulo, ma li piglio li ordini sacri che sarà un anno incirca come appare per la bulla alla quale mi referisco. Cosi ancora gli pittaggi scritti da D. Pet.o Sammari et questa è la verita.
Super 2° Dixit et deposuit: Io nopn mi ho trovato presente quando esso Dimitri prese ordini sacri si bene ho inteso da altri che forno presenti alla sua ordina.ne che li detti ordini sacri li prese detto Dimitri in Napoli dal Arcivescovo di Malvasia, del quale ho visto la bulla, espedita in persona sua et conosco che è espedita dal detto Arcivescovo havendola io letta et traslata in vulgare etb nè dela propria mano e sigillo del detto Arcivescovo perche ne ho visto altre e conosco detta mano e sigillo, et questa è la verita referendomi a detta bulla.
Super 3° dixit: Io per quanto ho prattica di detto Dimitri so che è homo da bene di bona fama et cond.ne et credo che fu per errore et per intendere male quel che deposse ma so e dico che la prattica di detto Arciv.o in Napoli et l’ho visto con li ochi fermare altre bulle et conosco che la bulla di Dimitri e firmata da predetto Arciv.o et io sto per affermarlo sempre perche io ne so informatissimo et conoscente et questo e la verita. Io. Clerico Costantino Theodaro o disposto.
Eodem instanti
Bulla p.ntata in Curia Archiep.li per presb. Dimitri Varipapa fuit ostensa clerico Constantino de Todero qui ip.sam legit et vidit qua lecta ad D.ni interrogationem R.t Sig.re di questa bulla io ne ho fatto copia e l’ho estratta et traslata da greco in latino del che ne ho fatto fede e dico che e sottoscritta di p.p.a mano del Arciv.o di Malvasia e sigillata del suo sigillo e la conosco perchè ho gran prattica in Nap.li di esso Arciv.o et con li ochi mei li ho visto firmarne altre simili et per questo conosco la sua mano e sigillo. Io clerico Costantino Teodoro o disposto ut. sup.a.
Eodem Die ibidem et coram eodem.
No. Nicolaus Scurcus incola S. Sev.ae aetatis annor. quinq.ta quatuor incirca prout ipse di.t et ex eius aspectu apparet et iuratus tactis sacro sanctis Scrip. Int.s et exam.s super articulis p.tis
Supp.o di.t Io so che D. Dimitri Varipapa si accasò nel tempo delle carestie che saranno da nove anni incirca e io lo so perche essendo di linea greca et trovandomi nel Cirò fui convitato da esso Dimitri in Carfizzi dove fece le nozze alle quali io mitrovai presente et questa è la verità.
Io Cola Scurco o disposto subra manu p.ra.
Eodem Die ibidem et coram eodem.
Tomasa Basilicò presb. Grecus Casalis Scandalis etatis annor. triginta quatuor in circa prout ipse dixit et ex eius aspectu apparet. Juratus tactis Sacro Sanctis Scrip. Int.s et exam.s super articulis praedictis.
Sup. primo di.t : Io so che Dimitri Varipapa prete Greco di Scarfizzi si accaso e prese moglie una Albenese di detto casale che saranno da nove i dece anni incirca et io essendo a belvedere fui convitato alle sue nozze in detto tempo insieme con mio p.re ma non ci andammo et io ho inteso da altri che li ordini sacri li prese in Napoli dal Arciv.o di Malvasia ben vero ho visto et letto la bulla espedita da detto Arciv.o Greco in persona di detto Dimitri nella qual dice haverli datoli tre ordini sacri et havendone viste più bulle espedite da esso Arciv.o dico che q.sta di Dimitri e conforme alle altre di una medesma firma e sottoscritt.e et sigillo.
Et cum fuisset ostensa ipsi testi bulla p.ntata in actis per Dimitri presb. grecum grece scripta di.t Sig.re questa che mi haveti mostrata è di la med.a inscritt.e et sigillo del Arciv.o p.to ha spedite l’altre che ho visto et questa è la verità.
Super 2° di.t ut dixit et deposuit detto Dimitri per quanto ho inteso et per la bulla che ho vista e mi haveti mostrato appare si ordinò di ordini sacri l’anno passato, et questa è la verità.
Super 3° di.t per quanto ho prattica io et anco conosco et vedo, che tra Greci detto D. Dimitri è tenuto trattato e reputato per homo di bene di bona vita fama et cond.ne et si nella sua esamine havessi fallito credo certo che fu perchè non intendea li ordini ne sapea discernere li minori dalli sacri per quanto ne posso giudicare io pero nel resto mi remetto a dette scritture.
Documenti presentati dal Varipapa“Adi 16 aprile 1570 In Carficci.
Ad precherie de Anto.ni Condosta et donna Czana Scurcho fui chamato Jo donno piet.o macza che scrivissi lo p.nte pittagio fra la persuna de donna Scheva figla legitima de antoni Condosta con la persuna de dimitri varipapa abitante in ditto casale secundo cumanda la santa rumana chesia permitte et vole et p.o scolumpacis et per con sarvacione et unore de ditti p. pattigi lo ditto antoni pape legitimo de donna sveva citta usupra promitteli boni dotali et robe sutto scripte: sutto ollicacione de unce vinticiq. de ore. far et cusar con efetto tanto dela conyucione de esi spusi come la promision de ditte robe:
et inp.s promitteno li sutto scripti a chi di sa sponsa et sponsum/
Item uno paro de boi allitti et uno paro de yenchi deli dui anni in tre tempo dui anni.
Item una nacha figlata et una scrufa.
Item una spurveri alli dece de canne dudici novo.
Item uno paro de lenzoli alli dece et uno altro paro alli sette.
Item uno mataraczo et dui sachune nove et una cupa nova canne otto.
Item uno capitale et dui chumalli et dui dubretta novi.
Item dui tuvaglie de pane et dece stuyvuchi et dui tuvaglie de tavula.
Item ciq. mandili et ciq. cayule et ciq. suttane.
Item dui tuvaglie de facie et una gunella desta metta a bene placito de ditto citto usup.a.
Item uno paro de maniche de sitta et laledesta matta rusa con li pumetti.
P.nte et diote
Jo. Cola Scurcho fui p.nte.
Laurenzo Scurcho fui p.nte.
Tiberi Monaco fui p.nte.
Andy.a Mala Casa fui p.nte.
Andy.a Masci fui p.nte.
Pet.o Simioni fui p.nte.
Jo donno piet.o Macza scripsi et me suscripsi manos propia.
( La p.nte cop.a fu asemplatta del suo proprio reginale per me donno piet.o mazza existende in potire mio. fatta collacione concorda de verbo ad verbo salva meliore collacione et a fide me suscripsi manus propria. Io donno petr.o mazza qui sup.o)”
“P.ntata in Curia Archiep.le et coram D.no Vic.o G.le et Com.o. Die 12 Ap.lis 1580 p. presb. Dimitri Varipapa.
La umilita mia avendo visto la testimonianza et licenzia de lo reverendo Vicario dela diocesia et altri testimonii et delu suo confessoro et altri ogni personi avimo ordinato lo Venerabile Dimitri Varipapa delo Casale di bellovideri dela Calabria Suttana subdiacono et diacono et compitolo previte con gra. de I dio lo celebrare missa in omne loco sencza impedimento alcuno sincome e solito de grecia ordinando che lo detto previti abia ordinariamente dar la obedienzia allo R.mo Prelato dove se ritrova abitare et ad fide avimo fatto la presente bulla et consignata allo venerabile Dimitri come a figlio nostro spirituale. Datum in Neapoli adi XXVI de marzo 1579. 7° Ind.e.
Macario Arcivescovo monovasia”.
Io clerico Costantino Todaro fazo fide aver starlatato la sup.a ditta bulla de greco in latino da suo proprio originale et concorda de verbo ad verbum et conosco come prattico de detto arcivescovo al quale ave visto in nap.li co li ochi ripedirne altri esser firmata de la p.pria mano et sigillata de p.prio sigillo de esso arcivescovo et ad fide della me.a ho scritto la p.nte de mia mano p.pria. Io clerico Costantino Todero fo fide ut sup.a mano p.pria.”
Il sospettoPer fugare il sospetto che la bolla di ordinazione fosse falsa, fu richiesto il parere del vescovo di Strongoli Rainaldo Corso.
Il 13 aprile 1580 il vescovo di Strongoli, richiesto il suo parere sul documento greco presentato da Dimitri Varipapa, così scriveva all’arcivescovo di Santa Severina: “ Molto R.do S.r mio/ In nom di Dio. che in me fosse la scienza del Card. Ill.mo Sirleto che havessi sodisfatto a pieno à V. S. Non di meno per quanto ho potuto comprendere la scrittura Greca è della sintenza, ch’ella vidrà nell’incluso foglo; et di più le dico essere molto mio amico quell’Arcivesc.o e stare in Napoli in buona gratia di N. S. et del re et p(ro)p(rio) da loro mantinuto et esser da me conosciuto il suo sigillo... Da Strongoli il 13 d’aprile 1580. Il vescovo di Strongoli”.
Il secondo Sinodo ProvincialeNel passato i sinodi provinciali si celebravano nel mese di ottobre; così era stato anche per il primo sinodo indetto dall’arcivescovo Francesco Antonio Santoro, che era stato celebrato nella chiesa metropolitana di Santa Severina nell’ottobre 1574.
Il secondo sinodo provinciale, indetto dall’arcivescovo Francesco Antonio Santoro, doveva tenersi nella chiesa metropolitana di Santa Severina ad iniziare dal 17 aprile 1580, ma fu poi spostato al 15 maggio. I motivi, che indussero l’arcivescovo a mutare la data, sono così spiegati in una lettera che l’arcivescovo inviò da Santa Severina, il 17 marzo 1580, al vescovo di Isola Annibale Caracciolo, il quale era fuori sede e chiedeva che il sinodo si spostasse in autunno: “.. intorno alla prorogatione del Consiglio provinciale ad Autunno, il che io harei fatto molto volentieri per servir V. S. et maggior cosa ancora di questa, ma per trovarmi haverlo inditto tanto tempo fa, et questi altri R.mi conprovinciali preparati per il detto tempo, essendo più atto, et più commodo di ogni altro tempo, che V.S. sa bene che ad Autunno sono piogge grandi et fiumi pericolosissimi, et tempi anco sospetti et cattivi più d’ogni altro, et particolarmente in queste parti, et già che anticamente la detta Sinodo à tempo che si facea ogni anno si solea fare il mese di ottobre, et per esserci più volte successa morte a quelli che venivano per li fiumi et maltempi, si trasferì nella domenica infra l’ottava dell’Ascensione, et seben’io questa volta l’ho indetto nel mese d’Aprile era per maggior commodità di tutti, non però per servire à V.S. mi contento con la volontà di questi miei conprovinciali di differirlo insino alla detta Domenica infra l’ottava dell’Ascensione..”. Nonostante questo spostamento di data il vescovo di Isola, Annibale Caracciolo, e quello di Cerenzia e Cariati, Tarquinio Prisco, non parteciparono al sinodo. Il primo, che si intratteneva a Napoli, mandò un suo procuratore, il decano crotonese Gio. Iacobo de Pitropo, che fu accolto. Il secondo riteneva che Cariati era suffraganea di Rossano. Alleato con i Carafa ed in lite con i Santoro per il possesso di alcuni terreni dell’abbazia di San Giovanni in Fiore, aveva fatto ricorso al tribunale secolare contro le pretese dell’arcivescovo per la questione delle decime. Chiamato all’apertura per tre volte, non comparve “nec aliquis pro eo”. Nonostante la richiesta di condanna secondo quanto previsto nei sacri canoni, l’arcivescovo comandò di aspettarlo fino alla seconda sessione. All’inizio della terza sessione, tenutasi il 19 maggio, si presentò il cantore di Cerenzia con un mandato di procura e con una fede che provava che il vescovo Prisco era ammalato. In seguito nella mattina del 20 maggio non ci fu congregazione per l’impedimento della processione del giubileo. Finita la processione apparve nella chiesa il vescovo Tarquinio Prisco assieme all’arcivescovo ed agli altri vescovi. Essi si diressero al palazzo vescovile dove il vescovo di Cerenzia e Cariati fu denunciato ad intervenire nella congregazione pomeridiana. Ma egli non si presentò.
Del rito grecoIniziato il 15 maggio, il sinodo si prolungherà con quattro sessioni fino al 22 seguente. Il 16 maggio 1580, dopo pranzo alle ore diciotto, l’arcivescovo Francesco Antonio Santoro assieme ai vescovi suffraganei Giovanni Antonio de Paola di Belcastro, Emilio Bombino di Umbriatico e Rainaldo Corso di Strongoli, si riunì nel palazzo arcivescovile di Santa Severina nel luogo deputato per le congregazioni. Dopo che erano stati recitati l’inno “Veni Creator Spiritus” e l’orazione, il vescovo di Umbriatico Emilio Bombino, avuto il permesso dell’arcivescovo, espose che nella sua diocesi e propriamente nel casale di Scarfizzi vi era un certo prete greco di nome Demetrio Varipapa che, in quanto ordinato dall’arcivescovo Macario, da tempo era stato interdetto dalla amministrazione dei sacramenti e dalla celebrazione delle messe “ob malam promotionem”. La causa era stata assegnata al vicario di Santa Severina, ma costui non l’aveva ancora determinata, in quanto voleva che essa fosse discussa nel concilio provinciale. Per tale motivo, il vescovo, anche a tutela del detto prete greco, chiedeva all’arcivescovo di ordinare al suo vicario generale metropolitano di farne relazione. Udita la relazione del vicario sia riguardante i fatti che i diritti, fu con voto unanime deciso che il prete doveva rivolgersi al Papa per essere assolto dalla sospensione. Continuando l’arcivescovo propose ai padri alcune riforme del rito greco rifacendosi a quanto deciso circa la riforma dei greci ad alcune lettere e risoluzioni del cardinale di Santa Severina Giulio Antonio Santoro. Fu deciso che i Greci dovevano conformarsi ai latini ed astenersi dal mangiare carne sia il venerdì che il sabato ed anche nelle vigilie e nei quattro tempora. Inoltre nei matrimoni tra Greci e Latini, il latino o la latina sempre doveva rimanere nel suo rito latino mentre era lecito ai Greci passare al latino. Infine fu stabilito che i preti greci dovevano essere curati perpetui e non amovibili.
La strada giustaCon la remissione della causa al giudizio papale, le cose si mettevano molto male. Per sfuggire a questo infausto evento, il Varipapa fece l’ultimo tentativo.
Il giorno dopo,17 maggio, nella congregazione iniziata dopo pranzo alle ore diciotto, comparve all’improvviso il prete Demetrio Varipapa, del quale nella precedente congregazione si era concluso. Egli “produxit, ac allegavit nova Iura qualiter eius dispensatio non pertinebat ad summum Pontificem”. Fu perciò sospesa dai congregati la decisione del giorno precedente e fu dato mandato al vescovo di Umbriatico, nella cui diocesi risiedeva il Varipapa, di risolvere la questione nel modo migliore. Non sappiamo come si concluse la vicenda e quali siano stati i “nova Iura” esibiti dal prete, che riuscirono a mutare in modo così repentino il giudizio. Di tutto questo il documento non ne fa cenno, ma possiamo immaginarlo. Risolta la questione del prete Varipapa, la congregazione procedette con la lettura di una convenzione presentata dal sindaco e dagli uomini del casale di Santo Mauro riguardante i rapporti con l’arciprete del luogo, quindi il procuratore dell’università della terra di Cirò presentò un libello contenente molte lagnanze contro il vescovo di Umbriatico.
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