Il commento del 20 giugno di Gray Falcon
intitolato "Failure to Communicate" contiene questo brano, che conduce a
un articolo estremamente anti-russo e anti-serbo, partendo da premesse
già inclinate in quella direzione:
"L'ultimo esempio di questo 'cambio di copione' è un articolo di New Republic,
che paragona Putin a Milosevic. In realtà, è l'Occidente che agisce
verso la Russia nello stesso modo in cui ha agito nei confronti dei
serbi due decenni fa. Ho sostenuto in precedenza che Putin è consapevole
di questo, anche se in Russia il pubblico e i media in generale,
possono non esserlo".
Sia che il problema sia in Caucaso o in
Ucraina, nessuno ha pensato di bombardare la Russia, a differenza di
quanto ipocritamente è toccato alla Serbia. Lo status nucleare della
Russia le fornisce maggiore copertura.
Contrariamente a quanto suggerisce il citato articolo da New Republic,
"La storia si ripete", di questo passato 19 giugno, le controversie che
coinvolgono la Russia e la Serbia, non sono state semplici istanze di
azione sgradevole da parte dei due paesi contro altri paesi meno
colpevoli. Sul tema della Serbia e in contrasto con quel pezzo di New
Republic, mi ricordo del commento su First Things dell'agosto
1999 "La condiscendenza dell'Occidente cristiano", che è stato scritto
da un sostenitore della cosiddetta "rivoluzione arancione" e più di
recente delle proteste dell'Euromaidan in Ucraina. (Cito l'articolo di First Things senza necessariamente d'accordo con tutto quello che vi si dice).
L'articolo di New Republic in
questione sottolinea le distorsioni evidenti prevalenti all'interno dei
circoli che appoggiano i neoliberisti e i neoconservatori. La sua
analogia negativamente imprecisa tra il presidente russo Vladimir Putin e
il defunto leader jugoslavo/serbo Slobodan Milosevic non è una novità.
L'ex funzionario dell'amministrazione Clinton Christopher Hill aveva già
tessuto quell'immagine. E non è affatto solo, tra le fonti
istituzionali occidentali della politica estera, che sostanzialmente
forniscono la copertura per il nazionalismo estremo a cui si oppongono i
serbi, i russi e alcuni altri patriotticamente ragionevoli.
Il confronto dell'articolo di New Republic
tra le chiese ortodosse russa e serba (viste con negatività), con le
varianti dei croati cattolici e degli ucraini greco-cattolici (viste in
modo più favorevole), è uno dei tanti esempi. Il periodo della seconda
guerra mondiale e quello successivo, hanno visto notevoli sentimenti
pro-ustascia nella Chiesa cattolica croata, che ha visto il capo del
campo di concentramento di Jasenovac, Dinko Sakic, e il leader supremo
degli ustascia Ante Pavelic, apertamente lodati da alcuni cattolici
croati. Allo stesso modo, il sentimento pro-OUN/UPA. Che ha preso le
forme delle lodi al leader nazionalista galiziano ucraino Stepan
Bandera, è notevolmente evidente all'interno della Chiesa
greco-cattolica ucraina.
Sono consapevole del fatto che mi
controbatteranno che è ingiustamente inesatto caricare una negatività
collettiva sulle chiese croata cattolica e greco-cattolica ucraina. Non
tutti in queste chiese marciano allo stesso passo. Ma proprio per
questo, quanto è ironicamente ripugnante fare una caricatura negativa
delle chiese ortodosse russa e serba. Il New Republic di tendenze neoliberiste trova causa una comune con i sostenitori degli ustascia e di Bandera.
All'interno dei limiti della ragione,
sarebbe gratuito accentuare le azioni discriminatorie della Polonia
contro i non-polacchi prima della seconda guerra mondiale, come base per
razionalizzare in modo subdolo le conseguenze dell'accordo
Molotov-Ribbentrop. Allo stesso modo, la Jugoslavia pre-comunista non
ebbe mai nulla di vicino al tipo di repressione brutale esibito dagli
ustascia croati alleati dei nazisti. Prima della seconda guerra
mondiale, Pavelic era coinvolto nel terrorismo politico contro il
governo jugoslavo, così come lo era Bandera contro il governo polacco.
Il pezzo di New Republic sorvola su questi e su altri particolari, mostrando un pregiudizio anti-serbo e anti-russo.
Da quell'articolo di New Republic, questo estratto sottolinea l'ultima osservazione:
"La storia inizia nei primi anni del
Novecento, quando furono istituiti l'URSS e il Regno di Jugoslavia. In
entrambi i casi, le metropoli della Russia e della Serbia – entrambi
paesi dell'Europa orientale di religione ortodossa che si consideravano
civiltà alternative, non occidentali – imposto il loro dominio sulle
terre cattoliche e molto più pro-occidentali della Croazia e
dell'Ucraina".
Questa prospettiva piena di errori trascura diverse realtà.
Come nazione a sé, la Serbia era dalla
parte delle potenze occidentali durante la prima guerra mondiale, una
situazione molto diversa da quella della della Croazia. La prima guerra
mondiale vide il territorio croato affiliato con l'Austria-Ungheria.
Durante questo periodo, il futuro dittatore comunista jugoslavo Tito,
non serbo (mezzo croato, mezzo sloveno), era un caporale dell'esercito
austro-ungarico. È anche vero che ancor prima della prima guerra
mondiale e in seguito, il movimento per uno stato slavo del sud
multietnico aveva il sostegno sia dei serbi sia dei non serbi nei
Balcani.
Nella seconda guerra mondiale, lo stato
ustascia della Croazia ebbe una posizione privilegiata nell'Europa
occupata dai nazisti, molto diversa da quella della Serbia. Le
trasgressioni dei serbi nella seconda guerra mondiale non giunsero mai
neppure vicine alla brutalità l'anti-serba e anti-ortodossa degli
ustascia croati, che comprendeva barbarie contro ebrei, rom e croati
dissidenti.
La propaganda ufficiale dei comunisti
jugoslavi contro il generale serbo dell'esercito monarchico jugoslavo,
Draza Mihailovic, e contro le sue forze, non ha di fatto contrastato i
manifesti nazisti che lo mostravano come un ricercato, i documenti
nazisti che lo riguardano come un nemico, e le testimonianze
pro-Mihailovich degli aviatori alleati occidentali abbattuti sulla
Jugoslavia. (La posizione anti-Mihailovic è condivisa tra le fonti
anti-comuniste e anti-serbe). Milan Nedic, un altro comandante serbo (ma
di statura inferiore a Mihailovic), era a capo di un ente di
collaborazionisti nazisti di Belgrado, che non erano nemmeno
lontanamente corrispondenti al grado di potere e di colpa nelle atrocità
dello stato croato ustascia. Alcuni vedono Nedic come un individuo che
ha cercato di trarre il meglio da una brutta situazione. Le atrocità
della Seconda Guerra Mondiale in Serbia sono state prevalentemente
commesse da non-serbi alleati dei nazisti. I serbi in Serbia sono stati
molto brutalizzati.
Spostandoci al presente, la disgregazione
della Jugoslavia ha incluso posizioni nazionaliste estreme tra i
principali leader nazionalisti croati e musulmani bosniaci, così come
atrocità commesse da persone che hanno sostenuto gli uni o gli altri. In
termini di retorica, Milosevic non è stato tanto estremo rispetto ai
suoi coetanei, il presidente croato Franjo Tudjman e il presidente
musulmano bosniaco Alija Izetbegovic.
Questi commenti non intendono scusare gli
illeciti da parte serba degli anni '90. Ma allo stesso tempo, i torti
serbi sono stati spesso esagerati in un modo che comprendeva cifre di
morti notevolmente gonfiate (tra le altre affermazioni), utilizzate per
fare pressione per un intervento militare straniero, a sostegno delle
parti che militarmente stavano perdendo contro i serbi.
Tra i credenti cristiani ucraini, la
denominazione greco-cattolica concentrata per lo più in Ucraina
occidentale è di gran lunga al secondo posto rispetto agli ortodossi. Il
periodo post-sovietico ha visto questi ultimi dividersi in tre chiese
diverse.
Nel tardo XVI secolo, il dominio polacco
in Ucraina occidentale ha favorito lo sviluppo della denominazione
greco-cattolica, come base per attirare gli ucraini lontano dal
cristianesimo ortodosso, al fine di limitare i legami con la Russia. In
questa fase di sviluppo, lo stato polacco ha reso più difficile essere
un cristiano ortodosso osservante. In una nota correlata, le incursioni
polacche degli inizi del XVII secolo in Russia inclusero misure
repressive contro la Chiesa ortodossa. (L'articolo nel blog Russia del
28 ottobre 2009, "The Russo-Polish History Coverage and Some Related
Matters", fornisce ulteriori indizi sulla storia delle relazioni
russo-polacca.)
Nel corso del tempo, l'esistenza della
denominazione greco-cattolica ucraina non ha reso i suoi seguaci così
graditi al governo polacco. Durante la guerra civile russa, l'esercito
galiziano ucraino ha preferito mettersi in massa sotto il comando dei
russi bianchi anti-comunisti, piuttosto che allearsi al leader
nazionalista ucraino Symon Petljura, che (da una posizione di debolezza)
aveva fatto un patto con la Polonia, che comportava il riconoscimento
del passaggio di tutta la Galizia sotto la Polonia. Come soggetti della
Polonia, gli ucraini occidentali come Bandera si opposero violentemente
al potere polacco. Quando l'Ucraina occidentale divenne parte
dell'Unione Sovietica, la Chiesa greco-cattolica ucraina fu fortemente
repressa, in un momento in cui altre confessioni religiose, tra cui la
Chiesa ortodossa russa, erano molto compromesse.
Per quanto riguarda il contenzioso
politico in corso in Ucraina, vi è ragione di credere che la Chiesa
ortodossa ucraina associata con il Patriarcato di Mosca (il cui leader
spirituale è morto il 5 luglio), sia stata più neutrale, rispetto alla
Chiesa ortodossa ucraina del Patriarcato di Kiev (uscita fuori dal
Patriarcato di Mosca) e alla Chiesa greco-cattolica ucraina: le ultime
due hanno preso posizioni pro-Euromaidan. Delle tre denominazioni
ortodosse ucraine, la chiesa affiliata al Patriarcato di Mosca, è
l'unica che ha il suo stato formalmente riconosciuto dal Patriarcato
ecumenico di Costantinopoli. (Nel cristianesimo ortodosso, questo corpo
vanta un ruolo corrispondente a quello della Santa Sede, ovvero il
Vaticano; tuttavia, il Patriarcato ecumenico di Costantinopoli non ha il
livello di autorità centrale sulle Chiese ortodosse che ha il Vaticano
su quelle cattolici). La Chiesa ortodossa autocefala ucraina, con radici
risalenti al periodo della guerra civile russa, è di gran lunga la più
piccola delle denominazioni ortodosse dell'Ucraina. Ha esibito un
sentimento pro-Euromaidan meno stridente di quello della Chiesa
greco-cattolica ucraina e della Chiesa ortodossa ucraina del Patriarcato
di Kiev. In generale, i sentimenti filo-russi in Crimea e Ucraina
orientale non sembrano essere notevolmente motivati da una sorta di
fanatismo ultra-religioso.
All'interno dei limiti della logica, c'è
l'impressione che, ai fini di promuovere un'opposizione all'influenza
russa in Ucraina, alcuni in Polonia (e altrove) hanno minimizzato la
brutale attività anti-polacca in Galizia delle forze nazionaliste
ucraine fedeli a Bandera ai tempi della seconsa guerra mondiale. Una mia
conoscente mi ha informato di un evento di intellettuali a Washington
pochi anni fa, che comprendeva una organizzazione pro-Bandera. Bandera è
stato acriticamente lodato in quell'evento. Alla mia conoscente è stato
intimato di stare zitta, dopo che ha raccontato al corpo esecutivo
dell'evento gli attributi negativi di Bandera. (Perdonate la
riservatezza di questo ricordo personale, che mi è stato comunicato in
via ufficiosa). Ci sono stati diversi segmenti dei mass media televisivi
occidentali che hanno mostrato la bandiera nera e rossa pro-Bandera,
senza menzionare ciò che rappresenta.
Nel 1959 l'organizzazione pro-Bandera e
anti-russa del Comitato delle nazioni in cattività è stata in grado di
influenzare il Congresso degli Stati Uniti nell'approvare una
risoluzione per riconoscere ufficialmente la "Settimana delle nazioni in
cattività", che ha riconosciuto creazioni naziste come la "Cosacchia" e
"Idel-Ural" come entità prigioniere differenziate dalla Russia. Da quel
periodo, la propaganda del Comitato delle nazioni in cattività ha
ritratto la Russia e i russi come intrinsecamente malvagi, a prescindere
dalla loro ideologia. Il libro di Bernadine Bailey "Le nazioni in
cattività", è una bigotta diatriba anti-russa, che comprende elogi
acritici di Bandera e Pavelic.
L'articolo di New Republic ripete a
pappagallo le consuete affermazioni erronee che minimizzano le azioni
dei nazionalisti anti-russi, divenuti più prominenti in Ucraina, dopo la
cacciata dall'Ucraina del presidente democraticamente eletto, sia pure
imperfetto, Viktor Janukovich. (Quest'ultimo pensiero, e i dati che
seguono, sono una reiterazione delle mie osservazioni precedenti,
ripetute al fine di fare un riferimento diretto alla mia tesi.
L'estromissione di Janukovich ha visto attuare o ingigantire i seguenti
sviluppi:
• sproporzionate nomine ministeriali alla
Rada, da parte del precedente regime Turchinov-Jatsenjuk a Kiev, di
persone associate all'organizzazione nazionalista pro-Bandera/anti-russa
Svoboda
• demolizione di una legge di tutela dei
diritti linguistici dei russi e di altre minoranze, messe
successivamente in una sorta di stato di limbo in attesa
• azioni violente dei movimenti
nazionalisti anti-russi Svoboda e settore destro – alcuni esempi sono
chiaramente disponibili su filmati
• una situazione a Kiev e in alcune altre
parti dell'Ucraina che è divenuta discriminatoria per le persone con
idee in contrasto con il regime Turchinov-Jatsenjuk, nelle elezioni
presidenziali del 25 maggio in Ucraina
• la sostituzione del nastro di san
Giorgio utilizzato dai filo-russi, in onore della Giornata della
Vittoria del 9 maggio, con un emblema con i colori nero e rosso del
movimento pro-Bandera
• Svoboda ha chiesto la rimozione di un monumento in onore al generale russo dell'epoca napoleonica, Mikhail Kutuzov.
A proposito dell'ultimo punto, ricordo
che gli antenati dei moderni ucraini, negli imperi dei Romanov e degli
Asburgo, per lo più sostenevano la Russia contro Napoleone.)
Un servizio in una trasmissione
televisiva della BBC ha evidenziato come Kiev e Leopoli sono attualmente
più tranquille rispetto all'Ucraina orientale. Mesi fa era vero il
contrario. Dal momento delle manifestazioni di Kiev contro Janukovich,
la Crimea, la parte più filo-russa dell'ex repubblica socialista
sovietica ucraina, se n'è andata praticamente senza spargimento di
sangue, cosa molto diversa da ciò che è accaduto nella capitale
dell'Ucraina – e che include alcune colpe dell'opposizione
anti-Janukovich. Nel frattempo, l'invio in Ucraina orientale delle forze
che sostengono il regime Jatsenjuk-Turchinov e il suo successore, non
ha portato a una diminuzione dei decessi in quella zona. Piuttosto,
l'introduzione di questi combattenti ha notevolmente aumentato le
vittime.
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