Segnaliamo questo articolo di Luca Susic dal sito de La Nuova Bussola Quotidiana, che riporta una notizia che avrebbe dovuto fare un certo scalpore.
La task-force investigativa speciale (SITF) istituita dall'Unione
Europea per indagare sui crimini compiuti dall’UCK (Esercito di
Liberazione del Kosovo) ha recentemente comunicato i risultati del suo
operato. Sostanzialmente i dati confermano tutti gli abusi e le atrocità
che noi abbiamo ripetuto, assieme a tanti inascoltati amici dei serbi
del Kosovo, per tutti questi quindici anni.
Impatto mediatico in Italia? ZERO. C’è da chiederci a cosa serva che le
colpe vengano chiaramente alla luce, quando vediamo la continua volontà
di mantenerle nell’ombra.
11-08-2014
La task-force investigativa speciale (SITF) istituita dalla UE
per indagare sulle gravi violazioni del diritto internazionale
umanitario compiute dall’UCK (Esercito di Liberazione del Kosovo) al
termine del conflitto con la Jugoslavia ha recentemente comunicato i
risultati del suo operato, facendo finalmente luce su una serie di gravi
crimini perpetuati sul territorio dell’ex provincia autonoma di Kosovo e
Metohija.
Come affermato dal Procuratore Capo Clint Williamson,
le informazioni raccolte riguardo ad alcuni membri di spicco
dell’organizzazione armata hanno evidenziato che questi sono
direttamente responsabili della «campagna persecutoria diretta contro i
Serbi, i Rom e le altre popolazioni minoritarie del Kosovo, nonché
contro altri Albanesi del Kosovo» accusati di essere collaboratori dei
serbi o, più comunemente, contrari ai vertici dell’UCK. Nello specifico,
prosegue Williamson, questi individui ordinavano omicidi, sequestri di
persona, sparizioni e detenzioni illegali in campi del Kosovo e Albania,
rendendosi responsabili anche di violenze sessuali e della distruzione e
profanazione di chiese ed altri luoghi sacri. A tali pratiche vanno
aggiunte anche l’estensione delle violenze contro molti oppositori
politici e l’uso sistematico della pulizia etnica al fine di eliminare
la presenza di Serbi e Rom a sud del fiume Ibar.
Queste conclusioni, come ha puntualmente sottolineato il Procuratore,
sono in linea con quanto descritto dal report realizzato nel dicembre
2010 dallo Svizzero Dick Marty che, davanti al Consiglio d’Europa, aveva
denunciato i crimini compiuti dall’UCK, soprattutto quelli connessi al
traffico di organi umani. Quest’ultima grave accusa è stata confermata
anche da Williamson, che però ha evidenziato come l’assenza di prove
sufficientemente consistenti non permetta l’avvio di un processo a
riguardo, per il quale, come riportato dal Večernje Novosti, si sarebbe
detta pronta a rientrare in gioco anche Carla del Ponte, ex Procuratore
Capo dell’ICTY.
L’impatto di queste dichiarazioni, come acutamente evidenziato da The Guardian,
sarà particolarmente violento sia per il Kosovo, sia per l’Europa e gli
Stati Uniti, che avevano sostenuto con convinzione i leader dell’UCK
non solo durante il conflitto con la Jugoslavia, ma anche negli anni
successivi. L’imbarazzo occidentale, comunque, per il momento sembra
essere contenuto, anche se i fatti di cui sopra dovrebbero spingere ad
una profonda riflessione i policymakers, poiché quello in analisi non è
che l’ultimo di una lunga serie di casi in cui un ex-alleato viene
accusato degli stessi gravi crimini del regime che la NATO e i suoi
partner si sono impegnati ad abbattere o colpire congiuntamente (basti
pensare ai Talebani in Afghanistan o ai ribelli estremisti in Siria).
Ancor più precaria, però, pare essere la posizione dell’ex provincia Autonoma,
costretta ad affrontare ora non solo la pesante eredità lasciata dai
vertici del movimento armato che le ha dato l’indipendenza, ma anche le
minacce ben più pressanti provenienti dagli ambienti dell’integralismo
islamico. Ha fatto pertanto molto scalpore la storia di Lavdrim
Muhaxheri, il più famoso jihadista kosovaro, impegnato ora nella guerra
in Siria.
Questi, infatti, dopo aver postato delle foto su Facebook
in cui lo si vedeva reggere il capo mozzato di un giovane ragazzo
accusato di essere una spia, ha dichiarato, come riportato da RTS,
di aver solamente “compiuto ciò che durante la guerra facevano i
combattenti dell’UCK”. In seguito a queste dichiarazioni e alla
crescente minaccia rappresentata dall’avanzata costante dell’estremismo
islamico, il Paese ha deciso di prendere provvedimenti, anche se al
momento non è chiaro quali possano essere le giuste iniziative da
intraprendere. Resta il fatto che troppo a lungo è stato “chiuso un
occhio” su un fenomeno estremamente pericoloso non solo per il Kosovo,
ma per tutta la regione.
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