In chiesa. Piccola guida per i fedeli ortodossi
Chissà quante volte abbiamo notato dei fedeli un po’ imbarazzati e disorientati in chiesa, che non sanno bene come comportarsi o cercano di capire come muoversi. Solitamente sono persone che pur essendo ortodosse non frequentano costantemente la chiesa e le sue liturgie oppure si tratta di ritornati all’Ortodossia che devono imparare ad “ambientarsi”. Di seguito forniamo alcune brevi indicazioni, che non hanno la pretesa di essere esaustive, ma che possono aiutare a superare questo imbarazzo iniziale e a vivere meglio le celebrazioni.
Vestiario
L’abito non fa solo il monaco ma
anche il fedele. I cristiani ortodossi dovrebbero recarsi in chiesa con lo
stesso spirito di umiltà del pubblicano al tempio, umiltà che dovrebbe
trasparire anche nella modestia e nel decoro del vestiario.
Per i nostri appuntamenti
importanti scegliamo di solito degli abiti appropriati e soprattutto che
segnino una distinzione con il nostro quotidiano. Così dovrebbe essere anche
quando ci rechiamo in chiesa tenendo presente che non stiamo andando ad un
appuntamento mondano ma incontro al Signore.
Con un po’ di gusto e di
buonsenso non ci sarà bisogno di stilare elenchi di abiti più o meno concessi e
si potrà comprendere da soli che non ci si dovrà presentare alla liturgia
domenicale in tuta o in pantaloncini o in vestiti che destino curiosità e
attrattività fisica. Gli uomini poi ricorderanno sempre di scoprire il loro
capo all’ingresso del tempio mentre le donne si premureranno di portare con
loro un velo o un foulard per coprire la testa. Le donne inoltre faranno
attenzione ad evitare i pantaloni, le scollature eccessive e l’uso smodato di
cosmetici in particolare di rossetti (non si potranno baciare le icone e
prendere la comunione senza macchiare tutto!).
L’arrivo in chiesa
E’ estremamente importante cercare di arrivare in chiesa
sempre in tempo, almeno un po’ di tempo prima dell'inizio delle funzioni. E’
chiaro che può capitare di arrivare in ritardo allora se, per qualche ragione
di forza maggiore, capita di tardare bisogna aver cura di non interferire con le
preghiere di chi è entrato prima di noi. Arrivare prima dell’inizio della
liturgia ci consente un’adeguata preparazione e di rispondere positivamente
all’invito dell'Inno dei Cherubini che ci chiede di “deporre ogni affanno
della vita”.
All'ingresso in chiesa faremo il
segno della croce per tre volte, accompagnando ogni volta il segno di croce con
un inchino fino alla cintola. Esistono diverse formule che accompagnano i tre
segni di croce, basate sulla preghiera del pubblicano del Vangelo, accompagnate
da richieste di intercessione alla Madre di Dio e ai Santi.
E’ bene non fermarsi di fronte
all'entrata, per non bloccare la strada degli altri che entrano per pregare. Possiamo
allora Muoverci con tranquillità e naturalezza andando ad occupare il posto che
desideriamo. Quando ci muoviamo ricordiamo soltanto che, se passiamo di fronte
alle Porte Sante dell'iconostasi, è bene fermarsi un attimo e fare il segno
della croce.
Dopo i segni della croce
all'ingresso, si possono andare a venerare le icone. Tipicamente l'icona viene
venerata con un bacio, anche se tra alcuni popoli è consuetudine anche
appoggiare la fronte all'icona dopo averla baciata. Il punto preciso del bacio
dipende dal tipo di icona, ma preferibilmente dovrebbe coincidere con il luogo
dove ci si aspetta un bacio rituale (la mano di Cristo, un libro dei Vangeli,
l'orlo di una veste); per questa ragione, nelle icone non si baciano di solito
i volti. Di solito, si venera l'icona del Santo patrono o della festa del
giorno, posta su di un analoghio (leggìo) nel mezzo del tempio, e quindi le
icone di Cristo e della Madre di Dio. Nulla vieta, comunque, di andare a venerare altre
icone. Se al momento dell’arrivo la funzione è già iniziata, può essere meglio astenersi
dall'andare a venerare le icone per evitare di disturbare.
In chiesa troveremo i nostri
parenti, gli amici e i conoscenti è bene salutarli in silenzio, con un sorriso,
un cenno del capo o un inchino. E’ meglio evitare di instaurare conversazioni,
ci sarà tempo dopo la liturgia. Se è necessario parlare (per esempio per
chiedere informazioni o assistenza), cerchiamo di farlo con il minimo di
disturbo.
Al banco delle candele
In fondo alla chiesa, quasi
sempre nei pressi dell’entrata, c’è un banco dove sarà possibile acquistare
delle candele ma non solo. È impossibile immaginare una chiesa ortodossa in cui
non si accendono candele di cera d’api.
Il Beato Simeone di Tessalonica
(XV secolo), commentatore della Liturgia, dice che la cera pura simbolizza la
purezza e la castità di quanti la offrono. L'offerta è un segno di pentimento
per l'ostinazione e la volontà personale. La morbidezza e la flessibilità della
cera indicano la nostra prontezza a obbedire a Dio. La candela che brucia
rappresenta la deificazione dell'essere umano, il suo divenire creatura nuova
attraverso il fuoco dell'amore di Dio.
Inoltre, la candela è un
testimone della fede, della nostra appartenenza alla luce divina. Esprime la
fiamma del nostro amore per il Signore, per la Madre di Dio, per gli angeli e per i santi. Non
si deve accendere una candela con il cuore freddo, come mera formalità.
L'azione esterna deve avere il supplemento della preghiera, anche la più
semplice, usando le proprie parole.
Non vi sono regole
assolute su quali e quante candele si devono offrire. Il loro acquisto è
un piccolo sacrificio a Dio, volontario e non pesante. Una candela larga e
costosa non è portatrice di maggiore grazia rispetto a una piccola.
Al banco delle candele troverete
disponibili anche i foglietti per ricordare durante la liturgia i vivi (О
здравии, solitamente in rosso)
e i defunti (O упокоении,
solitamente in nero).
Arrivare puntuali in chiesa
significa anche far giungere al sacerdote queste liste per tempo. E’ bene
quando ci apprestiamo a compilare i nostri foglietti tenere a mente alcune
semplici regole:
·
I nomi sulle liste devono essere leggibili.
Chi non scrive chiaro in corsivo può scrivere in stampatello. È meglio scrivere
i nomi in colonne ben ordinate (se il foglio ha righe prestampate, un solo nome
per riga), e non riempire un foglio con troppi nomi.
·
Scriviamo solo i nomi e non i cognomi. Nelle
preghiere si ricordano le persone per nome di battesimo e non per nome di
famiglia o con un patronimico. Nella più antica tradizione cristiana si dava un
solo nome di battesimo; oggi in molti paesi, anche di tradizione ortodossa, è
subentrato l’uso di dare nomi multipli: in questo caso si può scrivere un nome
multiplo, ma comunque senza cognome.
·
Scriviamo i nomi in forma piena (in russo e
slavonico, i nomi si scrivono al genitivo). In molte lingue si usano diminutivi
di nomi: “Beppe” invece di “Giuseppe” (in italiano), “Misha” invece di
“Mikhail” (in russo), “Gică” invece di “Gheorghe” (in romeno) e così via. I
nomi non vanno scritti in forma diminutiva, perché questi non sono nomi di
battesimo, ma soprannomi. Il miglior modo per non fare errori è
sapere dai nostri cari con quale nome sono stati battezzati.
·
Se si ricorda un membro del clero o un monaco o
monaca, si ricorda anche il titolo accanto al nome. Se non si conosce il titolo
esatto (come per esempio “ieromonaco”, “arcidiacono”, “igumena”…) può andar
bene scrivere “padre” o “madre”.
·
Talvolta si ricordano accanto ai nomi alcune
condizioni speciali: si può specificare che si tratta di un bambino o bambina,
si può scrivere “malato”, “carcerato”, “viaggiatore” o “missionario”, oppure
segnare “soldato” accanto al nome di una persona che fa il servizio militare
allo Stato, o che è morta in combattimento. Queste annotazioni non sono
comunque necessarie, e se non vogliamo chiedere preghiere speciali (per
esempio, una preghiera per un malato) è bene non esagerare con queste specificazioni.
Anche se non è sbagliato scrivere la finalità per cui preghiamo (per esempio
“per la riuscita negli esami”), è meglio non farlo, dato che i memoriali in una
chiesa possono essere centinaia o migliaia, e ogni ulteriore annotazione
complica la lettura dei nomi.
·
Si possono scrivere i nomi di cristiani non
ortodossi, oppure di non cristiani? È bene domandare in ogni chiesa, perché non
in tutte si seguono le stesse regole. In alcune chiese si separano i nomi dei
cristiani ortodossi dagli altri in liste diverse. In altre chiese non si sente
questa necessità, ma è sempre bene informarsi prima. Anche se in certe chiese
ci sono restrizioni sui nomi da scrivere sui memoriali, ricordiamo comunque che
come cristiani è nostro dovere ricordare tutti, senza
eccezioni, nelle nostre preghiere personali.
Al banco delle candele sarà
possibile chiedere una Panichida per chi è defunto, o un Moleben (officio di
preghiera, chiamato nell'uso greco Paraclisi) per pregare per qualche altro
scopo specifico. Ricordate che questi saranno celebrati solo alla fine della
Divina Liturgia.
Durante la liturgia
Molti ritornati all’Ortodossia
dal cattolicesimo o dal protestantesimo si sorprendono di non trovare
all’interno della chiesa panche e inginocchiatoi. Nella tradizione ortodossa,
infatti, i fedeli stanno in piedi praticamente per tutta la funzione. In alcune
chiese ortodosse, non troveremo neppure una sedia, tranne alcune sparpagliate
ai bordi della navata a beneficio dei più anziani o gli stalli del coro
riservati appunto a quest’ultimo. Se ci sediamo però dobbiamo aver cura di non
farlo in alcuni momenti importanti della liturgia (lettura del Vangelo, canone
eucaristico…) e di rimanere in una posizione composta evitando di incrociare o
accavallare le gambe.
In una chiesa ortodossa sarà più
facile vedere un fedele che si prosterna che uno che si inginocchia. Giova
ricordare inoltre che secondo l'antica tradizione e una legge chiara della
Chiesa, non ci si deve mettere in ginocchio la domenica, e i giorni tra
Pasqua e Pentecoste. La radiosa solennità degli eventi che la Chiesa commemora per tutto
il periodo da Pasqua a Pentecoste e alle domeniche preclude, in sé e per sé,
ogni manifestazione esterna di dolore o di lamento dei propri peccati: poiché
Gesù Cristo "avendo cancellato il documento dei nostri peccati…
inchiodandolo alla sua Croce, e sconfitto i principati e le potenze, li ha
sconfessati apertamente, trionfando su di loro” (Col 2,14-15), da allora
“non esiste, pertanto, alcuna condanna per quelli che sono in Cristo
Gesù” (Rm 8,1). Per questo motivo, è stata osservata nella Chiesa fin dai
primi tempi, e indubbiamente tramandata dagli apostoli, la pratica per cui in
tutti questi giorni, consacrati alla commemorazione della gloriosa vittoria di
Gesù Cristo sul peccato e sulla morte, si richiedeva compiere il servizio
divino pubblico in modo lieto e con solennità, e in particolare senza
inginocchiarsi, che è un segno del dolore e del pentimento per i propri
peccati.
Importantissimi sono i segni di
croce. Sarebbe lungo e complicato elencare tutti i momenti in cui ci si deve
segnare, sarà sufficiente ricordare che è possibile segnarsi con la croce
quando vengono nominati Dio, il Signore Gesù Cristo, la Santissima Trinità,
la Madre di Dio
e i santi o anche alla fine di ogni petizione delle litanie e in qualsiasi momento si desideri pregare
per ricordare qualsiasi persona.
Ricordiamo che nessuno si aspetta che “azzecchiamo” tutti i momenti in cui
bisogna fare la croce, per imparare però
può essere utile osservare con discrezione cosa fanno gli altri e limitarsi a
fare la stessa cosa. E’ importante ricordare che nella prassi della Chiesa Ortodossa
il segno della Croce si fa tenendo tre dita della mano destra unite e le altre
due libere. Questo gesto è la confessione dell'unità e trinità di Dio e delle
due nature (umana e divina) unite in Cristo senza essere confuse tra loro
(Dogma del Concilio di Calcedonia). La mano così disposta tocca la fronte (Nel
nome del Padre), l'ombelico (del Figlio), la spalla destra (e del Santo) e la spalla
sinistra (Spirito).
La confessione
Insieme al digiuno una delle
condizioni richieste per accedere alla comunione è la confessione sacramentale.
E’ bene allora pianificare con cura e per tempo questo appuntamento.
Alla sera del sabato o la
domenica mattina prima della Liturgia troveremo in chiesa almeno un sacerdote
disponibile per la confessione, dovremo allora premurarci di arrivare per tempo
per confessarci con calma ma soprattutto di prepararci accuratamente a questo
appuntamento con il perdono di Dio.
La frequenza della confessione
può variare, ma deve essere regolare. E’ fissata di comune accordo, esplicito o
tacito, con il confessore o con il padre spirituale. In generale la Confessione precede la Comunione Eucaristica,
ma può non essere legata ad essa in modo formale. In particolare, allorché ci
si accosti frequentemente, ovvero ogni domenica, alla Comunione, anche la Confessione avrà una
propria frequenza, secondo i bisogni spirituali del/della credente. E’ bene
comunque non diradare la
Confessione; la decisione della frequenza del sacramento va
comunque lasciata al discernimento del padre spirituale e alla coscienza del
fedele.
Solitamente nei pressi
dell’iconostasi ci sarà un prete vicino ad un analoghion (leggio) sul quale
saranno posti un vangelo e una croce. Se c’è una fila di fedeli rispettiamo il
nostro turno e una volta giunto il nostro momento facciamo un inchino a chi sta
dietro di noi e poi presentiamoci al sacerdote. Se non conosciamo il prete
presentiamoci dicendo chi siamo e che siamo cristiani ortodossi poi potremo
confessare i nostri peccati. Per una buona confessione si possono consultare i
tanti libri di preghiera che sono a disposizione.
Finita la confessione dei peccati
ci inchineremo sull’analoghion e il sacerdote porrà la sua stola sul nostro
capo per impartirci l’assoluzione. Ricevuta l’assoluzione baceremo il vangelo e
il crocifisso e porgeremo i palmi delle mani, l’uno sull’altro, nel modo
consueto per ricevere la benedizione del sacerdote.
La comunione
Avvicinarsi al Santo Calice
richiede una preparazione attenta, la cui importanza e necessità non possono
essere sottostimate. La preparazione alla Comunione consisterà soprattutto in
un ricordo costante di Dio, una attesa confidente e impaziente della Sua
venuta: “Amen! Vieni Signore gesù!” (Apoc. 22,20). La preparazione personale
deve svolgersi in questo spirito, in questo volgersi profondo e totale del
cuore e dei pensieri verso la venuta di Cristo. Questa preparazione comprende
diversi aspetti: la preghiera, il digiuno, la confessione.
La Comunione Eucaristica
è preceduta da una preparazione in preghiera. E’ vivamente raccomandato, in
particolar modo a coloro che intendono comunicarsi, assistere all’officio dei
vespri o alla veglia precedente la
Liturgia eucaristica della domenica o della festa. Inoltre, i
libri di preghiera ortodossi contengono sempre un “officio della Santa
Comunione” che possiamo tranquillamente usare per la nostra preparazione.
Questo officio è composto da salmi, da un canone, ossia da una composizione
poetica, e da preghiere attribuite ai Padri della Chiesa. E’ inoltre possibile
aggiungere un canone o un inno acàtisto al Signore, alla Madre di Dio,
all’Angelo custode, ai Santi. I libri di preghiere più completi offrono una
scelta di questi testi che risalgono all’antichità più remota, e che riflettono
la saggezza spirituale e il fervore dei nostri “Padri nella fede”.
Il digiuno non può essere
trascurato nella preparazione alla Santa Comunione. Seguendo la pratica più
comune, si raccomanda di consumare un pasto frugale la sera che precede la Liturgia Eucaristica,
ed una totale astinenza da cibo e bevande durante la notte, fino al momento
della Comunione. Questa astinenza si estende anche ai rapporti coniugali. Va
precisato che in situazioni concrete di malattia, di debolezza, di età avanzata
e di fronte a lunghe distanze da percorrere in viaggio, il confessore ha la
libertà di adeguare le regole del digiuno stretto alle esigenze del singolo
caso, senza che queste eccezioni si trasformino in regole fisse. Dal digiuno
sono inoltre esclusi i bambini al di sotto dei 7 anni.
Nel momento in cui il sacerdote
esce dal Santuario recando il Calice, dopo avere fatto una prostrazione, ci si
deve presentare alla Comunione tenendo le mani incrociate sul petto, con la
destra sovrapposta alla sinistra. E’ bene recitare la preghiera di comunione
(Credo, o Signore, e confesso…) assieme al Sacerdote. Non è opportuno
segnarsi avvicinandosi al Calice, per evitare di urtarlo. Gli infanti e i
bambini piccoli vanno presentati al Sacerdote reggendoli sul braccio destro.
Nel distribuire la Comunione
ai fedeli il sacerdote dice: :“Il servo
(o la serva) di Dio N., riceve il prezioso e santissimo Corpo e Sangue del
Signore, Dio e Salvatore nostro Gesù Cristo, per la remissione dei suoi peccati
e la vita eterna”. Ricordiamo quindi presentandoci al prete di pronunciare
il nostro nome di battesimo e di aprire bene la bocca mentre i servitori si
premureranno di stendere il velo sotto il nostro mento. Una volta che il prete
avrà inserito il cucchiaino nella nostra bocca chiudiamola delicatamente per
ricevere il Corpo e il Sangue di Cristo e pulire completamente il cucchiaino.
Dopo esserci comunicati un servitore pulirà le nostre labbra, diremo “Amìn” e
baceremo il santo Calice.
Poi ci verrà offerto, o troveremo
di lato, un bicchierino di acqua calda e l’antidoro per purificare la nostra
bocca.
Conclusione della liturgia
Una regola importantissima: se
non c'è una necessità estrema, non lasciamo la chiesa prima della fine della
liturgia.
Dopo la comunione, soprattutto se
il sacerdote è impegnato a purificare i vasi sacri, un lettore legge le
preghiere di ringraziamento. E’ bene in questo caso conservare il silenzio
poiché queste preghiere sono recitate e non cantate. Sempre in silenzio bisognerà
seguire l’omelia che il sacerdote di solito pronuncia a questo punto.
La fine della liturgia è segnata
dal bacio della croce che il sacerdote ci offrirà e dalla consegna dell’antidoro,
cioè del pane benedetto. Mettiamoci allora ordinatamente in fila avendo poi
cura, quando riceveremo l’antidoro di non spargerne a terra delle briciole. E’
possibile chiedere di portare a casa uno o più pezzi di antidoro, per dividerli
con la famiglia: in tal caso cerchiamo di avere un fazzoletto pulito o un altro
recipiente adatto a contenere l'antidoro, avendo cura di aspettare che tutti
abbiano ricevuto il proprio pezzo (soprattutto quando i fedeli sono tanti), in
modo da non privare qualcuno della propria parte.
Spesso nei paesi dove gli
ortodossi sono una minoranza e dunque le comunità sono più piccole al termine
delle liturgie sono previsti dei momento di aggregazione per prendere del the,
mangiare qualcosa e conversare. E’ il momento giusto per tutte le necessità di
incontri e conversazioni mondane.
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