Lettera del Segretario del Sinodo dei Vescovi
al Presidente dell'Assemblea dei vescovi ortodossi canonici in Nord e
Centro America
Dal sito della Chiesa russa all'estero
Dalla redazione del sito della
ROCOR: Martedì 9 dicembre 2013, il Sinodo dei Vescovi della Chiesa
ortodossa russa fuori dalla Russia, nel corso di una riunione ordinaria,
ha deliberato sui risultati della precedente Assemblea dei vescovi
ortodossi canonici in Nord e Centro America tenuta a settembre. Durante
la discussione in merito alla proposta di riorganizzare le diocesi
ortodosse in Nord e Centro America, il Presidente del Sinodo dei Vescovi
ha sottolineato che la Chiesa russa all'estero è sotto l'autorità
canonica della sua cara e grande Madre, la Chiesa ortodossa russa, ed è
obbligata a servire la propria moltitudine di gregge devoto che si trova
all'estero e che desidera rimanere nel suo seno. I membri del Sinodo
dei Vescovi, concordando con il parere del loro presidente, hanno notato
che l'Ortodossia in America non è preparata per la riorganizzazione
delle diocesi ortodosse in America. In relazione a questo, il Sinodo dei
Vescovi ha incaricato il suo segretario, sua Eminenza Kyrill,
arcivescovo di San Francisco e dell'America occidentale, di inviare la
seguente lettera al presidente dell'Assemblea dei vescovi ortodossi
canonici del Nord e Centro America spiegando la posizione sostenuta
dalla gerarchia della Chiesa ortodossa russa fuori dalla Russia in
questa materia.
A: S. Em Rev.ma l'arcivescovo Demetrios
Presidente dell'Assemblea dei vescovi ortodossi canonici in Nord e Centro America
Vostra eminenza!
Durante la nostra recente Quarta
Assemblea dei vescovi ortodossi canonici in Nord e Centro America, una
"Proposta di Ristrutturazione canonica della Chiesa ortodossa negli USA"
è stata presentata dal Comitato per la pianificazione territoriale
canonica, presieduto da vostra Eminenza, in cui sono stati offerti
quattro possibili approcci per future ristrutturazioni, tra i quali il
quarto è la principale raccomandazione del comitato. Siamo grati a Dio
che i legami fraterni tra noi come gerarchi del Nord e Centro America
siano cresciuti a un tale livello, in questi ultimi anni di una maggiore
cooperazione e di dialogo, da poter essere in grado di condividere
apertamente, direttamente e in reciproca umiltà pensieri e
preoccupazioni di tutti gli arcipastori delle chiese in relazione a
questi concetti, e abbiamo voluto dare seguito alle discussioni plenarie
e in piccoli gruppi della quarta Assemblea con una lettera che
chiarisce la posizione della Chiesa ortodossa russa fuori dalla Russia
su tali questioni, che riconosciamo che il comitato continuerà a
considerare nel corso del prossimo anno.
La nostra principale preoccupazione e
considerazione, come eredi indegni della carica apostolica del Signore, è
per la salvezza del nostro gregge, considerato non in termini di
potenzialità, ma di realtà. Coloro che il Signore nella sua misericordia
ci ha affidato sono diversi per età, provenienza, razza e retaggio – e,
anzi, per etnia – e per ogni anima ci rallegriamo come un pastore che
ritrova la pecora smarrita (Isaia 53:6; Matteo 18:12-13). Eppure non
possiamo mai negare, e anzi esultiamo di cuore, per il fatto che Dio ha
consegnato a questo Sinodo un incarico sacro di sorvegliare e prendersi
cura, con particolare intensità, di quelli di retaggio e origine russa,
che si trovano "sparpagliati" fino a tutti i confini della terra. La
rivoluzione dei senza Dio attraverso il quale il ladro di anime ha
cercato invano di depredare un popolo a lungo credente del proprio vero
fondamento, ha creato una situazione che persiste anche ai nostri
giorni, anche se per la misericordia di Dio, la tirannia dell'ateismo
comunista militante è stata spezzata e sollevata dalle spalle della
patria russa. Eppure in tutto il mondo, anche qui nelle terre del Nord e
del Centro America di responsabilità della nostra Assemblea, i russi e i
loro parenti sono stati guidati dal Signore, come da una mano
invisibile, in luoghi dove le macchinazioni degli uomini non sono
riuscite a privarli del libero esercizio della loro pietà e del loro
amore di Dio profondamente radicato. E forse da nessuna parte i loro
numeri sono stati maggiori rispetto al Nord America, dove enormi
popolazioni sono arrivate su entrambe le coste e si sono fatte strada
nel cuore di una nuova nazione, trovando qui la libertà e la stabilità
di conservare all'estero ciò che era stato reso impossibile a casa.
Così, come uomini per i quali "ogni terra straniera è una patria, e ogni
patria è straniera" (Lettera a Diogneto 5:5), hanno stabilito radici in
questo luogo, preservando il loro patrimonio e cultura anche quando si
sono adattati e hanno fatto proprie nuove terre e culture.
La nostra Chiesa russa ha conosciuto la
sua parte di dolori di divisione e separazione, che alla fine sono
sempre i segni della nostra propria peccaminosità e debole pietà.
Tuttavia, per misericordia di Dio, abbiamo anche visto come, attraverso
il pentimento e la reciproca umiltà, lo Spirito Santo opera
riconciliazione e unità in mezzo alla terra, prendendo ciò che il
peccato umano aveva fratturato nella divisione e trasformandolo in una
sacra unità che persiste nella diversità. I nostri cuori si sono
rallegrati "con una grandissima gioia" ( Mt 2,10) nella festa
dell'Ascensione del nostro Signore e Dio e Salvatore Gesù Cristo nel
maggio del 2007, quando dopo lunghi anni di divisione, la frattura
all'interno della nostra Chiesa ortodossa russa è stata guarita.
Attraverso la sapienza divinamente guidata dei nostri arcipastori, in
particolare sua Santità il patriarca Alessio e sua Eminenza il
metropolita Lauro, entrambi di beata memoria, la nostra tanto desiderata
unità è stata restaurata - non attraverso la conglomerazione di entità
amministrative o la ristrutturazione di territori canonici, ma con un
atto di riconciliazione che ha permesso alla Chiesa all'estero e alla
Chiesa in patria di esistere fianco a fianco, in amore e lavoro
reciproco, ciascuna libera e operante all'interno di tale libertà, e
tuttavia legate inseparabilmente come una madre e sua figlia. E
all'interno della nostra Chiesa ortodossa russa fuori dalla Russia,
questo rinnovato legame con la nostra Madre Chiesa è venuto a noi come
un premio agognato, una perla di grande valore, e un legame di forza
spirituale che non sarà rotto.
La nostra missione al nostro gregge in
Nord e Centro America è una fonte di gioia profonda, come lo è stata per
la Chiesa ortodossa russa fin dai giorni in cui i primi missionari
ortodossi hanno lasciato il suolo della Santa Rus' e hanno messo piede
su questa nuova terra, portando con loro la fede apostolica. Da quel
momento, la Chiesa ortodossa russa ha servito i fedeli in Nord America
come una madre la figlia, prestando particolare cura ai suoi figli,
indipendentemente dalla loro origine. Eppure la storia dell'Ortodossia
in America del Nord è stata unica, subito afflitta dai tanti problemi
del ventesimo secolo, in particolare, e allo stesso tempo benedetta
dalla diversità unica di popoli che rappresenta questa terra. In questa
terra troviamo russi e greci, arabi e romeni, bulgari, francesi e
tedeschi, italiani e inglesi, nonché popoli nativi, e troviamo, inoltre,
molti gradi diversi di vita etnica. Per molti, soprattutto delle
generazioni successive di emigrazione, quelle origini del passato si
possono essere fuse in un'identità singolarmente americana, mentre per
altri, resta un forte, costante senso di connessione alle loro origini
nazionali o etniche, uniti alla loro nuova vita culturale in queste
terre. Per tutte queste cose ci rallegriamo, perche questa è in un certo
senso la vera unicità delle terre americane: che da molti, risulta uno
('e pluribus, unum'), non per un crollo di quelle identità diverse, ma
per la loro pacifica co-esistenza e vita unita. Questa unità nella
diversità è resa ancora più perfetta nella Chiesa, dove, come dice il
santo Apostolo, "non c'è né ebreo né greco, né schiavo né libero, né
uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù" (Galati 3,28).
Restiamo riccamente diversi, la molteplice creazione di Dio che ordina
tutte le cose; ma siamo uno al tempo stesso nella fede, nella missione,
nella comunione, nella chiamata e nella sacra speranza.
Questo, crediamo fermamente, è anche il
mezzo di forgiare un'unità più forte tra le Chiese ortodosse del Nord e
Centro America – non con il collasso delle identità e delle strutture
delle nove giurisdizioni attualmente rappresentate in questo territorio,
per quanto ben intenzionata possa essere una "ristrutturazione", o per
quanto attente possano essere le intenzioni verso le questioni di
etnicità – ma attraverso un aumento del legame di amore reciproco che ci
permette di vivere insieme nella nostra diversità, e tuttavia
nell'unità più perfetta dello Spirito.
Ci troviamo in forte accordo con una
moltitudine di sentimenti espressi da sua Grazia il vescovo Daniil della
Diocesi bulgara negli Stati Uniti e in Canada, nella sua lettera
presentata al comitato di vostra Eminenza e distribuita durante la
recente Assemblea. In particolare, noi affermiamo le dichiarazioni di
sua Grazia sui paradigmi che esistono all'interno dei sacri canoni della
Chiesa ( che sono la mano benedetta che ci guida nel determinare ogni
corso d'azione ecclesiale) per i mezzi accettabili di organizzare
l'unità della Chiesa in una regione che per vari motivi non può seguire
il paradigma altrimenti standard di una struttura puramente locale.
Questi includono, per esempio, il 39° canone del sesto Concilio
Ecumenico, che ha consentito una provincia ecclesiastica indipendente
della Chiesa di Cipro entro il territorio di un'altra Chiesa locale
(dimostrando che i canoni consentono, in caso di necessità pastorale,
una dipartita dalla normale localizzazione di supervisione episcopale,
anche nel territorio di Chiese stabilite), così come il 2° canone del
secondo Concilio Ecumenico, che recita: "le chiese di Dio che si trovano
in territori appartenenti a nazioni barbare (cioè dove non c'è una
Chiesa ortodossa locale stabilita) devono essere amministrate in
conformità con la prassi dei Padri", che, secondo le antiche spiegazioni
dei canoni, significa l'invio di vescovi da eparchie stabilite per
prendersi cura di loro (dimostrando così che la situazione di Chiese
sorelle che hanno reciprocamente cura dei loro greggi nella diaspora e,
quindi, "la fornitura di ciò che manca a un sinodo locale" è ciò che i
canoni stessi considerano non un'aberrazione, ma l'antica pratica dei
Padri). Affermiamo, allo stesso modo, altre pratiche esistenti
all'interno delle Chiese locali dei nostri giorni, come la fondazione di
monasteri o comunità stavropigiali, che allo stesso modo si dimostrano
mezzi accettabili per cui il principio storicamente normativo di
organizzazione locale con un singolo vescovo ordinario in un singolo
territorio fisico ha avuto una deroga da parte dei santi Padri, dei
Concili e dei gerarchi del passato, in modi che si addicono alle
esigenze pastorali di una regione. Per essere chiari, non possiamo
ritenere e non riteniamo che questi contesti del passato siano "non
canonici", e nemmeno consideriamo che l'attuale situazione di molteplici
Chiese sorelle che si occupano delle diverse esigenze del gregge nella
situazione culturale unica del Nord America sia, di per sé, una
violazione dell'ordine canonico.
Consideriamo che l'esortazione di quelli
riuniti a Chambesy sia importante, e che dobbiamo tendere verso un
migliore ordine canonico all'interno dei nostri ministeri in queste
terre. Anche se non possiamo accettare che la comunità ortodossa in Nord
e Centro America richieda o sia sotto mandato canonico di ristrutturare
la propria organizzazione in un modo che recida i legami attivi con le
sue varie Chiese madri (e di fatto noi considereremmo tale
ristrutturazione una questione di grave pericolo spirituale per le anime
di tutto il nostro gregge in queste terre, che sia etnicamente di
retaggio russo oppure no, perché noi consideriamo che questi legami
abbiano un valore spirituale essenziale per fornire un sicuro fondamento
spirituale per la vita di tutti gli ortodossi in America del Nord),
nondimeno affermiamo la necessità di adoperarci per una maggiore
cooperazione tra tutti i nostri ordinamenti, in modo che il legame
d'amore cresca tra noi e la nostra diversità si mostri sempre più nella
vera unità dello Spirito Santo. In questa luce, ci rendiamo conto che ci
sono situazioni di vera e propria anomalia canonica che un ente come la
nostra Assemblea dovrebbe considerare correttamente, di fronte a
contesti in cui la variazione non è il frutto di necessità, ma di
molteplicità umana o si lassismo verso i sacri canoni. Queste sono le
anomalie che dispiacciono allo Spirito Santo, e che devono essere
corrette (quali le questioni importanti per quanto riguarda le pratiche
divergenti sulla conduzione dei matrimoni interreligiosi; le pratiche di
accoglienza nella Chiesa; approcci divergenti al digiuno; questioni
riguardanti la confessione e la preparazione alla santa comunione,
l'escardinazione e la ricezione del clero, ecc.) Qui vi è la necessità
di una maggiore cooperazione e dialogo tra tutti i gerarchi del Nord
America, in umile obbedienza alla tradizione della Chiesa, in modo che i
fedeli giungano facilmente a vedere quell'unità più vera, che esiste
nella diversità, e che supera le carenze attraverso l'obbedienza e
l'amore. Riaffermiamo il nostro impegno ai lavori dell'Assemblea dei
Vescovi per tali attività, e per l'aumento di lavoro comune che può
avvenire attraverso i suoi lavori, in cui prenderemo parte attiva finché
il Signore ce ne darà la forza.
Alla luce di tutto quanto è stato detto,
sia qui che nelle discussioni della nostra recente Quarta Assemblea,
concludiamo con una citazione delle parole del Vescovo Daniil. Sua
Grazia ha scritto:
"Siamo fermamente convinti che un piano,
che è interamente nello spirito dell'ecclesiologia ortodossa, della
tradizione canonica e della prassi della Chiesa ortodossa, e che
conserva i diritti delle Chiese sorelle di amministrare il proprio
greggi nella diaspora, è fattibile e applicabile, e questa in effetti è
la nostra comprensione della decisione delle Chiese sorelle della quarta
Conferenza pre-conciliare pan-ortodossa a Chambesy".
Anche questo rappresenta il nostro punto
di vista come gerarchi riuniti del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa
russa fuori dalla Russia, e chiediamo all'unico Signore, venerato nella
Trinità, di concedere alla nostra Assemblea comune la grazia di
rafforzare l'unità della nostra testimoniare in queste terre su questo
modello.
Con amore fraterno e rispetto in Cristo,
+ Kyrill,
Arcivescovo di San Francisco e America Occidentale,
Segretario del Sinodo dei Vescovi della Chiesa ortodossa russa fuori dalla Russia
3 gennaio 2014
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