Scontri di ecclesiologia o calendari di Stalin... tutto va bene per screditare la Chiesa russa, purché appaia nei giorni "giusti"!
In Russia, dal Capodanno (di calendario gregoriano) al lunedì dopo la
festa del Natale (di calendario giuliano) tutto è fermo per le vacanze
invernali. E' un po' come da noi ad agosto... è pure il momento buono
per un attacco alla Chiesa russa, perché anche quelli che devono fornire
le necessarie risposte si sono presi una pausa.
In questi giorni dell'inizio del 2014 abbiamo assistito a due attacchi
portati avanti ad arte. Il primo è di carattere scandalistico: Un
calendario commemorativo del 2014 con foto e citazioni di Stalin è stato
pubblicato da una casa editrice di libri religiosi, Достоинство (Dignità),
legata alle pubblicazioni patriarcali della Lavra della Trinità e di
san Sergio. La comprensibile perplessità per un accostamento così
inopportuno ha creato un putiferio mediatico, con un ampio spettro di
accuse, che vanno da quella di servilismo della Chiesa ortodossa russa
nei confronti dello stato (quello di Stalin o quello di Putin, non fa
differenza, purché gli si dia contro), fino all'accusa di una Chiesa
interessata solo a fare soldi.
Solo il 9 gennaio - con alcuni, provvidenziali giorni di ritardo utili
per far fare allo scandalo il giro del mondo - i portavoce della Chiesa
hanno potuto offrire qualche spiegazione. Il calendario, pensato per
veterani di guerra e per storici, era stato finanziato da una fonte
esterna alla casa editrice, e non per fini commerciali (costa la metà
dei calendari religiosi abitualmente stampati dalla casa editrice). Di
fatto il direttore della casa editrice ha compiuto un errore nel
permetterne la pubblicazione, e per questo è stato licenziato appena le
autorità ecclesiastiche hanno saputo dell'incidente, ma dopo che i
calendari erano stati consegnati al committente. La VERA notizia è che
il licenziamento del direttore colpevole ha avuto luogo a... luglio! Le
critiche che arrivano ora, quando il calendario viene effettivamente
distribuito, sono un tantino in ritardo per apparire autentiche, e la
coincidenza con i giorni di pausa di gennaio è fin troppo ideale per non
lasciare il sospetto che la reazione di indignazione sia stata
abilmente manovrata.
La seconda bufera mediatica riguarda le critiche del metropolita
Elpidoforo di Bursa al documento ecclesiologico prodotto dal Sinodo di
Mosca il 26 dicembre 2013, riguardo al quale abbiamo presentato ieri una contro-critica di padre Andrew Phillips.
Anche se le tempistiche di questo documento possono essere più consone
con le modalità di una risposta immediata, ci colpisce il fatto che
anche questo testo sia stato diffuso proprio nei giorni in cui la Chiesa
russa non aveva modo di rispondere. Abbiamo avuto modo di sentire i
nostri amici cattolici romani apprezzare il documento del metropolita
Elpidoforo "per il suo contenuto teologico". Non ci stupisce. È una
capitolazione al principio primaziale romano in chiave esteriormente
ortodossa. Ai cattolici romani piace la teologia del documento, perché è
la loro. Se avessimo avuto tempo per analizzare il documento con calma,
avremmo potuto far notare che propone una tesi essenzialmente
contraddittoria. Sostiene che il primato universale sia legato alla
"persona" del patriarca di Costantinopoli, e non derivato dai canoni o
dai dittici della Chiesa, che non fanno altro che manifestare il
carattere necessario del primato personale. Eppure, allo stesso tempo
dichiara che il primato universale era originariamente quello di Roma, e
solo dopo lo scisma questo primato è passato a Costantinopoli. Eppure,
se il primato universale è personale e non è dervato dalla conciliarità,
perché gli ortodossi non dovrebbero tutti essere cattolici romani? Cosa
succede quando l'integrità dottrinale e il primato personale sono in
conflitto? Su quali basi i dittici manifestano il primato, se non per
essere stati stabiliti in maniera conciliare? Per quale potere i canoni
conferiscono o negano poteri di primato, se questo è in sé indipendente
dalla conciliarità? Questi e altri interrogativi ci fanno capire che il
testo del metropolita Elpidoforo fa acqua da diverse parti, ma nondimeno
è riuscito a creare un'onda nel pubblico cattolico, e l'onda ha ormai
ben poco a che fare con i principi dell'ecclesiologia. È sufficente
intorbidare le acque parlando dei russi che mettono il "veto contro
Francesco e Bartolomeo", come Sandro Magister dice (absit iniuria verbo) magistralmente nel suo blog del 9 gennaio, e la demonizzazione mediatica è servita.
Ovviamente, ci potranno anche far notare che esistono nel mondo le
coincidenze temporali, e non tutto quel che fa male deve essere
necessariamente stato diretto con un intento dannoso. Tuttavia, non ci
facciamo illusioni che la Chiesa ortodossa russa non sia il bersaglio
numero uno di un preciso piano di distruzione, e notiamo con attenzione
il target degli attacchi. Lo scandalo del calendario serve a diminuire
la fiducia nella Chiesa di tutti quelli (e non sono pochi) che hanno
sofferto, nel mondo russo o all'estero, a causa dei regimi comunisti. Le
martellate ecclesiologiche fanariote, tanto ben accolte nei circoli
cattolici romani, sono un buon motivo per alimentare diffidenza per la
Chiesa russa nel mondo cattolico (che potrebbe trovare invece a Mosca un
sostegno insperato nella sua evangelizzazione). In questi giorni
abbiamo assistito a una "manovra a tenaglia" che sfrutta i silenzi dal
Patriarcato per alienare mediaticamente le simpatie degli anti-comunisti
e dei cattolici romani dalla Chiesa ortodossa russa... non ci sembra
una cosa da sottovalutare, nemmeno nelle feste di Natale.
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