Quando un matrimonio è morto - il parere di un sacerdote Arciprete Dmitrij Karpenko |
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Ci è difficile accettare
l'imperfezione del mondo. Vorremmo che ci fosse una sorta di garanzia di
stabilità. Noi possiamo non essere perfetti, ma almeno qualcuno
dovrebbe esserlo, in modo da poter fornire un esempio che tutti gli
altri possono seguire. Può quindi essere particolarmente difficile
accettare il fatto che le cose non vanno sempre bene anche nelle
famiglie del clero. L'arciprete Dmitrij Karpenko, segretario della
diocesi di Gubkin e rettore della chiesa di San Giacomo a Gubkin
(regione di Belgorod, Russia), offre la seguente risposta a un resoconto
scritto da una matushka (moglie di un sacerdote), che aveva subito un
matrimonio pieno di abusi psicologici, spirituali e fisici per undici
anni, prima di chiedere il divorzio. Il marito, che sosteneva di averla
sposata solo per "obbedienza", alla fine si è preso un'amante. Durante
tutta questa prova, ogni volta che l'ex matushka ha chiesto il parere di
un sacerdote o di un padre spirituale, è stata accolta con lo stesso
ritornello familiare: "Sopporta, prega e sii umile" E' in risposta a
casi di questo e simili che p. Dmitrij offre quanto segue.
C'è un detto che si adatta perfettamente a
questo tipo di situazioni: "Non ci sono problemi irrisolvibili, ci sono
soltanto modi sgradevoli di risolverli." Tali situazioni estreme
possono essere risolte, ma il modo, ovviamente, il modo sarà molto
sgradevole.
Se il marito si comporta in modo
inappropriato, se ha un'amante, e se non è disposto a cambiare, allora
si deve ammettere che la famiglia è già caduta a pezzi, che non c'è più,
che non esiste più. Anche se è stata santificata dal santo Mistero del
matrimonio, neppure questa è una garanzia che la famiglia non cadrà a
pezzi. Purtroppo, questo può accadere in ogni famiglia, compresa quella
di un prete.
Il fatto è che le vite delle famiglie del
clero non sono immuni da tali situazioni. Ci sono vari elementi che
contribuiscono qui, incluso quanto una persona è ben integrata nella
Chiesa quando si sposa o quando accetta l'ordinazione. Può accadere che
questo si faccia senza alcuna preparazione interiore.
C'è un altro problema nelle famiglie
ortodosse: il matrimonio "per benedizione" [di un padre spirituale]. Ma
quando non c'è amore - la condizione principale per la creazione di una
famiglia - prima o poi le relazioni familiari entrano in un vicolo
cieco. Le famiglie di quelli che si definiscono cristiani ortodossi non
fanno eccezione.
Proprio come il santo Mistero del
matrimonio non offre alcuna garanzia che il matrimonio sarà felice e non
cadrà a pezzi, così anche il santo Mistero del sacerdozio non
garantisce che un uomo diventerà un "santo padre", in virtù della sua
ordinazione.
Ciò significa che, se la famiglia non
esiste più, si deve procedere da questa situazione, prendendo questa
realtà dura e sgradevole come un dato di fatto. E se un uomo non è più
un marito (un rapporto in cui un uomo si fa beffe del matrimonio, in cui
vive con un'altra donna, non è quella di un marito e moglie), allora è
necessario divorziare. Se non c'è famiglia né relazione, eppure non si
fa nulla, allora ci si sta ingannando da sé.
Una donna in una situazione del genere ha
bisogno di divorziare e di iniziare una nuova vita, tenendo conto del
fatto che è sola, che ha bisogno di crescere i suoi figli, e che ha
bisogno di chiedere aiuto non da suo marito, ma dai propri genitori (se
ci sono) o da altri. Qui tutto dipende dalla situazione concreta. Ha
bisogno di pensare a dove vivere, a come trovare lavoro, e così via. Ha
bisogno di partire dalle circostanze in cui si trova.
Se qualcuno inizia a minacciarla (e qui
non importa se è una matushka oppure no) che, se va in tribunale o dal
vescovo, questi ce l'avranno con lei, allora ha bisogno di capire che le
cose si sono messe davvero male. Niente di "buono" arriverà da queste
cose. Niente si risolverà da solo. Questo lo si deve comprendere in modo
chiaro. Dovrà cercare di documentare qualsiasi tipo di minaccia o
ricatto fatto contro di lei, ad esempio con una registrazione su nastro.
Oggi la tecnologia permette di farlo. E dovrebbe rivolgersi alla
polizia e ai tribunali.
Poi è essenziale informare il vescovo, e inoltre di farlo per iscritto, in modo che la petizione sia messa agli atti.
Questa è una lista di procedure
spiacevoli di cui uno preferirebbe non parlare. Ma uscire da questa
sporcizia è essenziale come uscire da una palude. Ti sporchi
sicuramente, ma non c'è altro modo. In caso contrario, rischi di
annegare completamente.
Nella nostra tradizione ortodossa in
qualche modo si pensa che la famiglia debba essere conservata in
qualsiasi situazione, che il divorzio sia qualcosa di peccaminoso. In
realtà, il divorzio è come un intervento chirurgico, come un'amputazione
- senza dubbio spiacevole, ma in alcuni casi (non troppi, ma esistono)
un intervento senza il quale la persona può semplicemente morire. Questo
è proprio il caso in questione. A volte, se una donna non chiede il
divorzio allora la sua vita (soprattutto se ha dei figli) può essere
rovinata spiritualmente, mentalmente e fisicamente.
La vita del nostro clero è in genere un
libro chiuso; nessuno si occupa dei problemi dei sacerdoti e dei membri
delle loro famiglie. Per esempio, ho letto studi sulla sindrome
d'esaurimento tra i sacerdoti, sulla depressione e altri problemi
psicologici e fisiologici del sacerdozio. Non c'è nessuno, o quasi
nessuno, che si occupa di tutto questo. In caso di problemi reali non vi
è nessuno in particolare a cui rivolgerci, soprattutto al di fuori
delle grandi città. Non c'è nessuno da consultare, non c'è modo di
ricevere assistenza qualificata - pastorale, psicologica o spirituale.
Può succedere che qualche "anziano
ispirato" dica a una matushka: "devi sopportare" E lei sopporta, perché
quel sacerdote è buono, molto rispettato, e non dà cattivi consigli. Ma
potrebbe sbagliarsi. Seguire i suoi consigli (o quelli di chiunque altro
dia un tale consiglio) può significare rovinare la vostra vita. Non
abbiamo alcuna garanzia di poter semplicemente leggere una certa
preghiera e di far passare il resto della nostra vita senza problemi.
Qui devi capire che non è quel prete, ma
tu stessa, a essere responsabile di ciò che accade nella tua vita - non
quel prete, non un'altra persona rispettata, ma tu stessa. Il Signore ci
ha dato la vita, ci ha dato la ragione, ci ha dato la possibilità di
percepire in qualche modo questo mondo. Dobbiamo essere responsabili
delle nostre azioni, per la nostra condizione spirituale. Non dobbiamo
avere paura, ma, contando sulla volontà di Dio, dobbiamo prendere le
nostre decisioni.
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martedì 4 dicembre 2012
Dal sito della Parrocchia ortodossa di Torino: http://www.ortodossiatorino.net
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