domenica 27 gennaio 2013

Dal sito: http://makj.jimdo.com/

“Per l’uomo, la vita terrena, la vita nel corpo, è solo una preparazione alla vita eterna, che comincerà dopo la morte del corpo. Perciò dobbiamo approfittare senza indugio della vita presente per prepararci all’altra vita” (s. Giovanni di Kronstand)      
 
 
LA NOSTRA VOCAZIONE ULTIMA [1]
 
 
san Ivan di Kronstad
 
“Per un autentico cristiano, la morte
è la nascita ad una nuovo vita”
Icona di san Ivan di Kronstad (Russia - 1829/1908)
Icona di san Ivan di Kronstad (Russia - 1829/1908)
     1. Siamo una candela che si consuma: Che cos’è la nostra vita? Una candela che si consuma: chi l’ha accesa deve solo soffiare ed essa scompare. Che cos’è la nostra vita? Il cammino di un viaggiatore: quando ha raggiunto un luogo fissato, le porte si aprono davanti a lui, si toglie il vestito da viaggio (il corpo), depone il bastone da pellegrino e rientra in casa. Che cos’è la nostra vita? Una lunga lotta sanguinosa per la conquista della vera patria e della vera libertà. Una volta terminata la guerra saremo vincitori o vinti; verremo fatti passare dal luogo della battaglia a quello della ricompensa e riceveremo dal Giudice o un premio eterno, una gloria eterna, oppure un castigo, una vergogna eterna.
     2. Il ritorno nella casa del Padre: La giornata è il simbolo della fugacità della nostra vita terrena: prima c’è il mattino, poi viene il giorno, infine la sera e quando scende la notte, tutta la giornata è trascorsa. Così trascorre anche la vita: prima l’infanzia, come il mattino, poi l’adolescenza e l’età adulta, come il giorno pieno, infine la vecchiaia, come la sera che scende, se Dio ce lo concede; dopodiché viene la morte, inevitabile. Ovunque vada, un uomo finisce sempre per tornare a casa sua. Così anche il cristiano: chiunque sia, nobile o plebeo, ricco o povero, dotto o ignorante, ovunque possa trovarsi, qualunque sia il ruolo che occupa nella società, qualunque cosa faccia, deve sempre ricordarsi che non è a casa sua, ma che si trova in viaggio, in cammino e che deve ritornare a casa, da suo padre e sua madre, dai fratelli e dalle sorelle maggiori. Questa casa è il cielo, il padre è Dio, la madre è la purissima Madre del Signore, i fratelli e le sorelle maggiori sono gli angeli e i santi di Dio. Il cristiano deve anche ricordarsi che tutti i suoi impegni e le sue attività terrene sono fallaci, mentre il suo vero impegno consiste nella salvezza dell’anima, nel compimento dei comandamenti divini, nella purificazione del cuore.
     3. Morire è facile, se si è pronti: A volte, quando la nostra anima è abbattuta, ci auguriamo la morte. Morire è facile e presto fatto, ma sei pronto a morire? Ricordati che dopo la morte viene il giudizio (cfr. Ebr 9, 27). In realtà non sei pronto a morire e se la morte venisse da te, fremeresti d’orrore. Allora non parlare a vanvera, non dire: «Sarebbe meglio per me se morissi», di’ piuttosto: «Come posso prepararmi a morire cristianamente?» Con la fede, con le buone opere, sopportando coraggiosamente le miserie e le sofferenze che sopraggiungeranno, in modo da poterti avvicinare alla morte senza timore né vergogna, nella pace non come se si trattasse solo di una dura legge di natura, ma come fosse un invito affettuoso del Padre celeste, santo e beato ad entrare nel Regno eterno. Ricordati di quel vecchio il quale, faticando sotto un carico pesante, invocava la morte: quando questa si presentò, egli si rifiutò di morire e preferì continuare a portare il suo carico.
     4. Preoccupiamoci di purificare il nostro cuore:Queste nostre mani che amano afferrare tutto ciò che si presenta loro, saranno incrociate sul petto e non prenderanno più nulla. Queste gambe e questi piedi che amano camminare nel male e non vogliono stare fermi per la preghiera, rimarranno per sempre distesi e non andranno più da nessuna parte. Questi occhi che guardano con invidia la felicità del prossimo si chiuderanno, il loro fuoco si spegnerà e più nulla li incanterà. Queste orecchie, spesso tese ad ascoltare con piacere maldicenza e calunnie, non ascolteranno più niente: non sentiranno neanche i colpi di tuono, sentiranno solo la tromba che risveglierà i morti, quando i corpi corruttibili resusciteranno, «gli uni per una resurrezione di vita, gli altri per una resurrezione di condanna» (Gv 5, 29). Che cosa resterà vivo in noi dopo la morte, quale deve essere l’oggetto di tutte le nostre preoccupazioni in questa vita? È quello che noi chiamiamo il cuore, cioè l’uomo interiore, l’anima: ecco quale dev’essere l’oggetto delle nostre premure. Purifica il tuo cuore durante tutta la vita, affinché sia capace di vedere Dio nell’al di là; preoccupati del tuo corpo e delle sue esigenze quel tanto che è necessario per conservare la salute, le forze e la decenza. Tutte queste cose periranno e saranno inghiottite dalla terra; sforzati perciò di perfezionare in te l’essere che ama e odia, che è tranquillo o turbato, che si rallegra o è afflitto, cioè il tuo cuore, il tuo uomo interiore, il quale pensa e riflette per mezzo della mente.
     5. La gioia di riposare nel Signore: Fratelli, qual’è lo scopo della nostra vita quaggiù? Non è forse quello, dopo essere stati provati con ogni sorta di disgrazie e di sventure qui sulla terra, dopo aver progredito nella virtù con l’aiuto della grazia divina che ci viene comunicata attraverso i sacramenti, dopo la morte, di poterci riposare nel Signore, che è la pace delle nostre anime? Per questo cantiamo: « Dona, o Signore, il riposo all’anima del tuo servo defunto ». Riposare in pace è il nostro più grande desiderio e lo chiediamo a Dio. Ma allora non è insensato affliggersi oltremodo per un decesso? « Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò riposo » (Mt 11, 28), dice il Signore. Quelli che ci hanno lasciato, che si sono addormentati in una morte cristiana, hanno obbedito a questa chiamata di Dio e hanno trovato il riposo. Allora, perché rattristarsene?
     6. La vera morte è vivere senza Dio: L’unione con Dio: ecco il nocciolo della nostra vita al quale il peccato si oppone radicalmente; per questo devi fuggire il peccato, come un nemico terribile, come l’uccisore dell’anima, perché vivere senza Dio non è vivere, bensì morire. Cerchiamo allora di capire a fondo per che cosa siamo fatti, ricordiamoci sempre che il nostro comune Signore ci chiama all’unione con lui.

NOTA
 
[1] Tratto dal libro Ivan di Kronstadt, La mia vita in Cristo. Semi di preghiera e di pace – Gribaudi editore – 1979.

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