Attraverso le pagine delle opere teologiche dell’archimandrita Giustino (Popović)
Ieromonaco Nettario (Radovanović) pravmir.com, 14 giugno 2013 |
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Oggi la Chiesa ortodossa serba
celebra la memoria di san Giustino di Ćelije, che è stato glorificato
nel 2010. (Anche se si è addormentato nel Signore alla festa
dell'Annunciazione, è commemorato nel giorno della festa del suo santo
patrono, san Giustino il filosofo.) In suo onore, offriamo il seguente
studio della sua vita e delle opere, originariamente pubblicato in russo
nel 1984.
Il nome dell’archimandrita Justin (Popović, +1979), dottore in teologia, è tenuto in grande stima nelle Chiese ortodosse locali.
L’archimandrita Justin nacque il 7 aprile
1894, in occasione della festa dell'Annunciazione della santissima
Madre di Dio, nella città antica serba di Vranje, nella pia famiglia di
un sacerdote, che aveva dato alla Chiesa serba sette generazioni di
sacerdoti. Al battesimo gli fu dato il nome di Blagoje, in onore della
festa dell'Annunciazione.
Dal 1905 al 1914 Blagoje Popović studiò
presso il seminario di san Sava di Serbia a Belgrado. Durante i suoi
anni di studio, il giovane Blagoje era particolarmente interessato a
questioni di letteratura e di filosofia contemporanea. Prestò la massima
attenzione alle opere di Dostoevskij, di cui egli scrisse più tardi due
studi: La filosofia e la religione di F. M. Dostoevskij e Dostoevskij sull'Europa e lo slavismo.
Le opere dei santi Padri ebbero
un'influenza decisiva sulla formazione del carattere spirituale
dell’archimandrita Justin. I santi Padri furono, e rimasero fino alla
fine della sua vita, i suoi maestri e istruttori insostituibili. Fu
interamente guidato dai loro insegnamenti. L’archimandrita Justin amava
particolarmente san Giovanni Crisostomo, che pregava incessantemente con
sincerità infantile: "Sento una particolare, misericordiosa vicinanza
di san Giovanni Crisostomo a me, peccatore", scrisse, "La mia anima
ascende a lui nella preghiera: illuminami con le tue preghiere...
concedimi di lottare con la tua lotta ... "
Nel 1916, Blagoje Popović ricevette la
tonsura monastica con il nome di Justin, in onore dello ieromartire
Giustino il filosofo (+166, celebrato il 1 ° giugno). In effetti, come
lui, l'archimandrita Justin era un vero filosofo che interiorizzava la
verità del cristianesimo. Pose l'umiltà di spirito alla base della sua
teologia, seguendo l'esempio di san Giovanni Crisostomo, noto per queste
notevoli parole: "Il fondamento della nostra filosofia cristiana è
l'umiltà di spirito, perché senza di essa la verità è cieca." Ecco
perché padre Justin, nella sua contemplazione di Dio, non parla di
Cristo come una persona ordinaria (o un "personaggio storico"), ma
piuttosto come il Dio-Uomo, il Salvatore del mondo. Padre Justin
riteneva che l'unica autentica teologizzazione di Cristo nello Spirito
Santo sia la contemplazione di Dio, in cui la mente e il cuore (i
pensieri e i sentimenti) sono uniti nella preghiera, passando alla
contemplazione e alla visione divina. Diceva spesso: "ogni pensiero che
mi viene senza essere convertito in preghiera è opprimente".
Poco dopo la sua tonsura, con la
benedizione del metropolita serbo Dimitrije (divenuto in seguito
patriarca di Serbia), padre Justin andò a Pietroburgo, dove si iscrisse
all'accademia teologica. Durante il suo tempo degli studi all'accademia,
p. Justin conobbe bene la Russia ortodossa e l'amò profondamente. Qui
acquisì una vasta conoscenza teologica e crebbe spiritualmente, venendo a
conoscenza dei luoghi santi russi e delle opere dei santi. Da questo
momento, e per tutta la sua vita, padre Justin amò profondamente san
Sergio di Radonezh e altri santi russi; acquisì una particolare
vicinanza spirituale stretta e orante a san Serafino di Sarov. Anche
allora, padre Justin comprendeva che l'anima del popolo, il suo spirito,
è nascosto nelle grandi gesta dei santi, poiché la vera Ortodossia è
l'acquisizione dello Spirito Santo.
Nel giugno 1916, padre Justin andò in
Inghilterra, dove si iscrisse all'Università di Oxford. Studiò lì fino
al 1919, quando tornò in patria. Nello stesso anno si recò ad Atene,
dove lavorò fino al 1921 alla sua tesi di dottorato, "Il problema della
personalità e della conoscenza secondo san Macario d'Egitto", che difese
con successo nel 1926 ad Atene. (Parte della tesi fu successivamente
pubblicata sulla rivista Teologia, giustizia e vita. Atene,
1962, pp 153-175). Nel corso di questi anni, le lotte di preghiera di
padre Justin si rafforzarono, come dimostrano le sue meditazioni
spirituali: «Per quanti anni uno deve aggiungere il lievito fragrante
del Cielo nella pasta della propria essenza? Quanti anni deve passare a
ricreare se stesso attraverso le virtù evangeliche? Dalla grotta del mio
corpo io vedo te, Signore, e continuo a guardare, ma non riesco a
vedere. Ma lo so, lo sento, e so che tu sei l'unico architetto, o
Signore, che può costruire la casa eterna della mia anima. I costruttori
sono la preghiera, le lacrime, il digiuno, l'amore, l'umiltà, la
mansuetudine, la pazienza, la speranza, la compassione..."
A partire dal 1921, padre Justin insegnò
Nuovo Testamento, teologia dogmatica e patrologia presso il seminario di
Sremska Karlovci. Fu ordinato ieromonaco nel 1922, e da allora divenne
un padre spirituale per molti del suo gregge.
Nel 1930, il Santo Sinodo della Chiesa
ortodossa serba nominò padre Justin assistente del vescovo Josif di
Bitola. Il compito congiunto di Vladyka Josif e del suo assistente fu
l'organizzazione delle parrocchie ortodosse in Cecoslovacchia, in
particolare nella regione di Prešov nella Rus' carpatica, dove gli
uniati cominciavano a ritornare in seno all'Ortodossia.
Fr. Justin dedicò una grande energia a
questo compito veramente difficile, ma gradito a Dio. I cristiani
slovacchi stessi cercavano aiuto. Per questo motivo, il vescovo Josif
chiese al Santo Sinodo di consacrare padre Justin come vescovo della
diocesi appena restaurata di Mukachevo in Transcarpazia. Ma padre Justin
rifiutò di accettare la dignità episcopale. La sua lettera a Vladyka
Josif lo testimonia: "Chiedo a vostra grazia di perdonami per questo.
Scrivo con la convinzione irresistibile della mia coscienza... Ho
rifiutato prima e mi rifiuto di nuovo di accettare il rango di vescovo.
Il mio rifiuto non è il risultato di uno stato d'animo che passa... Ho
osservato a lungo e duramente me stesso, sulla base del Vangelo. Ho
giudicato me stesso secondo il Vangelo e sono arrivato invariabilmente a
questa conclusione: non posso accettare il rango di vescovo in
qualsiasi circostanza. Perché mi conosco molto bene: mi è molto
difficile mantenere la mia anima entro i confini della bontà di Cristo,
per non parlare delle anime di centinaia di migliaia di altre persone, e
rispondere per loro davanti a Dio".
Nel 1932, padre Justin tornò dalla Cecoslovacchia e iniziò a lavorare al primo volume della sua Dogmatica,
che fu pubblicato lo stesso anno. Poi divenne professore al Seminario
Teologico a Sremska Karlovci. Due anni dopo, il Santo Sinodo lo nominò
docente alla Facoltà Teologica dell'Università di Belgrado.
Nel 1935, padre Justin pubblicò il secondo volume della sua Dogmatica, in cui espone la dottrina ortodossa sul Dio-uomo e la sua opera (cristologia e soteriologia).
Negli stessi anni, insieme ad altri
esponenti di spicco della cultura spirituale serba, padre Justin
partecipò alla fondazione della Società filosofica serba.
Nel 1948, padre Justin fu nominato padre
spirituale del convento di Ćelije. Rimase lì fino alla fine della sua
vita, dedicando il suo tempo alla preghiera, alla contemplazione divina,
al lavoro teologico accademico, e alle traduzioni.
Molto è stato scritto in varie riviste
ortodosse circa il contributo di padre Justin alla teologia ortodossa
contemporanea. Un numero speciale della rivista ecclesiastica greca Paradosis (Tradizione) del 1979 è stato dedicato a lui.
L'autore di un articolo dedicato alla sua
vita e opera, pubblicato dopo il riposo di padre Justin, scrisse: "Non
sarebbe esagerato caratterizzarlo come uno dei più importanti Padri
contemporanei della teologia ortodossa."
L'eredità di padre Justin come autore è voluminosa: tre volumi di Dogmatica, dodici volumi di Vite dei santi,
varie opere teologiche, e numerose epistole e lettere. Le opere di
padre Justin, piene di profondità teologica e di elevata poesia,
incarnano la sua esperienza spirituale interiore.
Per penetrare lo spirito della teologia dell'archimandrita Justin, le due opere più importanti sono la sua Dogmatica e Le vite dei santi.
Nell'introduzione al primo volume della sua Dogmatica,
padre Justin scrive: "Mosso dalla non-esistenza verso l'esistenza
totale, l'uomo - vestito delle forme meravigliose di materia e spirito -
viaggia attraverso i misteri meravigliosi di Dio. Quanto più si
allontana dal non-essere e quanto più si avvicina all'essere totale,
tanto più ha fame di immortalità e di assenza di peccato e tanto più ha
sete di ciò che è inaccessibile ed eterno. Ma c'è una tirannica
attrazione verso la non-esistenza, mentre il peccato e la morte derubano
avidamente l'anima. Tutta la saggezza della vita è contenuta nel
superamento del non-essere dentro di noi e intorno a noi e
nell'immersione completa nell'essere totale. Lo Spirito Santo insegna
questa saggezza, perché Egli è la sapienza e la conoscenza - sapienza e
conoscenza colma di grazia sulla natura dell'essere. Il centro di questa
sapienza è la conoscenza del divino e dell'umano, dell'invisibile e del
visibile. La contemplazione divina dello Spirito Santo è al tempo
stesso un potere moralmente creativo, attraverso la quale il processo
dell'uomo che imita Dio sul cammino della perfezione ascetica, colma di
grazia moltiplica nell'uomo la conoscenza divina di Dio e del mondo.
Essere vivificati dallo Spirito Santo è l'unica arte che può scolpire un
essere umano variegato e complesso in una persona a somiglianza di Dio,
a immagine di Cristo.
"La conoscenza di Dio nello Spirito Santo
è, in questo modo, quella verità su Dio, il mondo e l'uomo che la
Chiesa ortodossa definisce come dogmi di fede. Pertanto la dogmatica è
una scienza delle verità eterne di Dio che si rivelano alla gente perché
questa le possa mettere in pratica nella propria vita, raggiungendo
così la meta eterna della nostra esistenza, del nostro viaggio martirico
dal non essere all'essere totale..."
Le incarnazioni viventi di queste verità
divinamente rivelate, ritiene padre Justin, sono i santi, che sono i
portatori di queste verità, nonché i loro predicatori e confessori.
Lo studioso di dogmatica ortodossa
dovrebbe rivolgersi in tutte le sue opere ai santi, imparare da loro ed
essere in comunione di preghiera con loro, nel digiuno e nella veglia
spirituale. Così, il lavoro dello studioso di dogmatica ortodossa è la
lotta ascetica della sobrietà della mente.
Nell'introduzione alla sua Esatta esposizione della fede ortodossa,
San Giovanni Damasceno ha consolidato una volta per tutte il principio
guida per la creazione di un sistema dogmatico: "Non voglio dire nulla
da me stesso, ma spiegherò brevemente ciò che i saggi di Dio hanno
detto». Citando queste parole del grande santo, p. Justin testimonia:
"Io, nel mio nulla e nella mia miseria, difficilmente posso osare dire
di essermi attenuto di fatto al suo principio. Se qualcosa nel mio
lavoro è buono, evangelico e ortodossa, allora tutto ciò appartiene ai
Santi Padri, e tutto ciò che vi si oppone è mio e solo mio".
Padre Justin dice che attraverso
l'incarnazione del Figlio di Dio le verità divine sono divenute più
accessibili all'uomo. Questo vuol dire che Cristo è necessariamente
ripetuto in ogni cristiano, perché ogni cristiano è una parte organica
della Chiesa di Cristo, che è il suo corpo divino-umano.
Padre Justin vedeva il percorso per
l'immortalità nell'unità organica dell'uomo con la Persona del Dio-uomo
Cristo, con il suo Corpo, con la Chiesa. "Io so e sento", scriveva, "che
solo in lui e con lui io sono un sé eterno, un sé eterno divino. Ma
senza di questo non ho bisogno di me stesso".
L'obiettivo del ministero della Chiesa è
che tutti i credenti si uniscano organicamente e personalmente con la
persona di Cristo, in modo che la loro percezione di sé diventi
percezione di Cristo e la loro autocoscienza diventi coscienza di
Cristo, in modo che tutta la loro vita sia la vita di Cristo, e in modo
che vivano più essi, ma Cristo in loro (cfr Gal 2, 20).
Trovare se stessi significa trovare il
Dio-uomo in se stessi, ma Cristo rimane solo nella sua Chiesa, che è la
sua incarnazione vivente. Si tratta di una eternità divina-umana,
incarnata entro i confini del tempo e dello spazio. È nel mondo, ma non
del mondo (cfr Gv 18,36). Pertanto, nella Chiesa la Persona del Dio-uomo
Cristo è l'unica guida che conduce l'uomo dalla mortalità
all'immortalità e dalla temporalità all'eternità.
Dio si è fatto uomo, pur rimanendo Dio,
perché come Dio poteva dare alla natura umana il potere divino che
avrebbe portato l'uomo alla più intima unità divino-umana con Dio. La
sua potenza divina opera incessantemente nel suo corpo divino-umano, la
Chiesa, che unisce le persone a Dio attraverso una vita santa e piena di
grazia. La Chiesa infatti non può essere altro che un meraviglioso e
miracoloso organismo divino-umano, in cui - attraverso l'interazione
della grazia di Dio e la libertà dell'uomo - si forma l'immortalità e si
divinizza tutto ciò che è umano, tranne il peccato. Nell'organismo
divino-umano della Chiesa ogni credente è come una cellula vivente che
diventa parte integrante di tale organismo e vive grazie al suo potere
divino-umano.
Chiamando la Chiesa corpo di Cristo, il
santo apostolo Paolo stabilisce un legame tra la sua essenza e il
mistero dell'Incarnazione di Dio, mostrando che il fondamento vivo e
immutabile della Chiesa risiede nel fatto che il Verbo si è fatto carne
(Gv 1:14). Questa è la verità fondamentale della Chiesa. La Chiesa è
soprattutto un organismo divino-umano, e solo successivamente una
comunità umana.
La natura della Chiesa è divino-umana, da
cui segue la sua attività divino-umana nel mondo: tutto ciò che è
divino si incarna nell'uomo e nell'umanità. Pertanto, la missione della
Chiesa, la sua stessa natura, è quella di realizzare valori spirituali,
divino-umani nel mondo umano.
Come padre Justin ha sottolineato,
confessando il Dio-Uomo, la Chiesa confessa anche l'uomo nella sua
autentica unità creata da Dio. Perché senza il Dio-Uomo, non ci può
essere il vero uomo.
L'ontologia della persona umana è la sua
immagine divina. A immagine di Dio, all'uomo è dato tutto il potere
divino necessario per raggiungere la perfezione eterna: "Il mio infinito
mi attira a te, o Dio infinito!"
Il valore dell'uomo, testimonia padre
Justin, è determinato dal suo mondo interiore. Nelle sue profondità
insondabili, il mondo interiore è in contatto con la Realtà assoluta, di
cui l'uomo è portatore. Mantenendo una tale connessione, cioè,
assorbendo in se stessi l'eternità del regno spirituale, i cristiani in
virtù della loro continua crescita spirituale diventano infiniti, anche
se non senza inizio. In effetti, chi può esplorare le profondità
metafisiche dell'uomo? Chi fra gli uomini conosce le cose dell'uomo, se
non lo spirito dell'uomo che è in lui? (1 Corinzi 2:11). Colui che
osserva seriamente le realtà materiali e spirituali dell'universo non
può non sentire la presenza di un mistero infinito in tutti i fenomeni.
Lo spirito umano si sforza costantemente di comprendere il misterioso.
Il movimento costante dello spirito umano in quella direzione è un
secondo componente soprannaturale della persona. Tenendo in mente questo
componente naturale, p. Justin risolve la questione fondamentale
dell'antropologia in questo modo: "Possiamo concludere che l'uomo è
uomo, proprio perché è il portatore di un dono soprannaturale
individuale che si manifesta nella perfezione, nella creatività, e
nell'attività mentale". L'intero spirito umano anela all'eternità:
attraverso la coscienza e attraverso i sensi, attraverso la volontà e
per tutta la vita - il che significa che anela all'immortalità. Così,
padre Justin crede che l'aspirazione umana verso l'infinito, verso
l'immortalità appartenga all'essenza stessa dello spirito umano.
Creato a immagine di Dio, l'uomo è pieno
di struggimento spirituale, dal momento che l'immagine divina è la
componente principale dell'essenza dell'uomo. Questo anelito dell'anima
dall'immagine divina verso il suo archetipo è naturale.
Dando all'uomo il comandamento: Siate
perfetti, come il Padre vostro celeste è perfetto (Matteo 5,48), il
Signore Gesù Cristo indica la possibilità piena di grazia di realizzare
l'immagine divina nella natura umana, dal momento che non avrebbe
comandato l'impossibile.
L'immagine di Dio nella natura dell'uomo,
osserva padre Justin, ha un significato ontologico e uno teleologico:
ontologico, perché l'essenza dell'essere umano si trova in esso, e
teleologico, perché indica la meta della vita, l'unità con Dio.
Ma inclinando la sua libera volontà verso
il peccato, l'uomo - piuttosto che diventare un comunicante della vita
divina in virtù dell'immagine divina nella sua anima - ha preso le
distanze dal Divino. Si è ritirato in se stesso e ha cominciato a vivere
senza la guida soprannaturale inerente alla sua natura. Questo è stato
il suo primo atto di opposizione alla composizione
divinamente-immaginata della propria essenza. Da quel momento, l'uomo si
è reso senza dio forzando Dio fuori da sé e in una trascendenza
sovra-mondana e sovra-umana. Si è trovato di fronte a un abisso
spalancato che lo separava da Dio. L'essenza umana ha subito una
catastrofe che ha sconvolto la natura creata da Dio dell'uomo e ha
spostato il suo centro. Di conseguenza, l'uomo ha perso la capacità di
comprendere se stesso e il mondo che lo circonda.
L'amore dell'uomo per il peccato ha dato
al diavolo potere su di lui, creando il pericolo di formazione di un
"diavolo-uomo". È stato a questo punto che il Dio-Uomo è venuto nel
mondo per salvare l'uomo dal peccato, dal male, dal diavolo, e dalla
morte eterna.
Con la sua morte sulla Croce, il nostro
Signore Gesù Cristo ha dato all'uomo l'opportunità di tornare
all'immagine divina, di passare dal peccato alla luce e alla verità, e
dalla morte alla vita.
Quando il Dio-Uomo Gesù Cristo ha elevato
se stesso sulla Croce, ha elevato simultaneamente l'uomo al primo
livello del Cielo, dove ha riconciliato i due mondi, il celeste e il
terreno, che unisce il cielo e la terra. Alla cima di questa scala è lui
stesso: il Re della gloria, la via, la verità e la vita. Ecco, o uomo,
quante opportunità ti sono state date per crescere verso l'alto! Dal
fondo dell'abisso all'altezza del cielo, e superiore a qualsiasi cielo!
La capacità di pensare è di natura divina
e di origine celeste. È stata data all'uomo al fine di unirlo al cielo,
a Dio, e all'eternità.
Ma l'orgoglio, quel potente strumento del
nemico della salvezza, ha fatto sì che il pensiero umano si separasse
da Dio e che l'uomo immaginasse se stesso infallibile.
La vera natura spirituale dell'uomo
consiste esclusivamente nella vittoria sulla morte, nella
trasfigurazione finale di anima e corpo, e nella liberazione dal peccato
e dal male - fonti di morte. La certezza dell'immortalità passa
attraverso la conoscenza di Dio, che non tollera il peccato che genera
la morte.
A partire dal 1972, l'archimandrita Justin ha iniziato la pubblicazione della sua opera di dodici volumi chiamata Le vite dei santi,
che aveva compilato molto tempo prima. La pubblicazione di questo
lavoro molto significativo è stata completata entro la fine del 1978.
Poco dopo la pubblicazione de Le vite dei santi, l'agiologia è stata introdotta come corso permanente nei programmi di seminari teologici.
Se la Dogmatica di padre Justin è
stato il frutto della sua ricerca prevalentemente
ecclesiastico-accademica, la vita dei santi rivela l'esperienza
spirituale di un uomo pieno di Cristo fino nel suo profondo. Le vite dei santi ci mostrano il cammino misterioso di Cristo che tutti gli asceti hanno seguito. L'autore de Le vite dei santi,
essendo un asceta egli stesso, capisce le lacrime degli asceti; essendo
un martire per la fede, comprende il dolore dei martiri; essendo un
monaco, capisce l'esperienza monastica del raggiungere il Divino, ed
essendo un moderno teologo ortodosso, capisce la teologia dei Padri e
dottori della Chiesa.
Padre Justin iniziò la sua traduzione in
serbo, con un lavoro sistematico, delle vite dei santi della Chiesa
ortodossa dopo la seconda guerra mondiale. Padre Justin commenta le sue
ragioni per scrivere quel libro "semplice" - in confronto alle sue opere
dogmatiche: "Le vite dei santi sono, di fatto, dogmatica
incarnata, perché in essi tutte le verità dogmatiche eterne e sante
prendono vita in tutta la loro forza e vivifica e sostanziale".
Le vite dei santi confermano nel modo più
visibile che i dogmi non sono solo verità ontologiche in sé e per sé,
ma che ogni dogma è una fonte di vita eterna e santa spiritualità,
secondo le parole del Salvatore: le parole che dico a voi, sono spirito e
vita (Giovanni 6:63). Ogni parola del Signore dà all'uomo una forza
salvifica, santificante, che lo riempie di gioia, animandolo e
trasformandolo. Le vite dei santi contengono la totalità dell'etica
ortodossa in tutta la loro magnificenza e potere irresistibile. Le vite
dei santi sono "l'unica pedagogia dell'Ortodossia" e "una sorta di
enciclopedia ortodossa". Padre Justin vede le vite dei santi come una
continuazione degli Atti degli Apostoli, che raccontano e confermano la
diffusione del cristianesimo. Le vite dei santi sono anche il Vangelo,
la vita, la verità, l'amore, la fede, l'eternità, e la potenza del
Signore - perché Gesù Cristo è lo stesso ieri e oggi e per sempre (Ebrei
13:8).
In ogni epoca, il Signore concede la
stessa grazia e compie le stesse opere divine in tutti coloro che
credono in lui. Come osserva padre Justin, i santi "sono le persone in
cui la santa vita divino-umana di Cristo continua di generazione in
generazione, fino alla fine dei secoli". Essi costituiscono tutti il
corpo di Cristo, la Chiesa - e sono inseparabilmente uniti con Cristo e
gli uni agli altri. Il fiume della vita divina immortale comincia con
Cristo il Dio-Uomo, per mezzo del quale i cristiani giungono alla vita
eterna. Le vite dei santi sono di grande importanza, perché "non
possiamo raggiungere" la vita santa ed eterna "singolarmente, ma
possiamo farlo con tutti i santi, con il loro aiuto e sotto la loro
guida, attraverso i santi Misteri e attraverso le opere buone nella
Chiesa". È stato questo significato dei santi - e, di conseguenza,
l'importanza della loro vita per la nostra salvezza nella Chiesa - che
ha spinto padre Justin a scrivere in serbo il primo Sinassario ortodosso completo, vale a dire, una raccolta di vite di santi.
Fonti importanti per padre Justin furono il Synaxarion di san Nicodemo l'Agiorita, le Vite dei santi (Menologion) di San Dmitrij di Rostov, manoscritti greci originali di varie edizioni critiche, il Synaxarion della Chiesa di Costantinopoli, e molte altre opere patristiche e teologiche.
Padre Justin conclude la sua collezione
di vite con una panoramica storica dei tentativi di scrivere la vita dei
santi nella prima cristianità, a partire dagli Atti degli Apostoli, in
cui l'evangelista Luca descrive per la prima volta "le fatiche e le
sofferenze dei primi discepoli del nostro Salvatore e dei suoi
successori". Dopo questa panoramica, padre Justin analizza i racconti
che parlano dei santi asceti pubblicati con i nomi di Paterikon, Gerontikon e Limonarion,
così come raccolte di vite di santi di epoca bizantina e
post-bizantina, e così via, fino alle moderne edizioni critiche di
antichi manoscritti agiografici. Queste ultime pubblicazioni sono
caratterizzate dallo spirito di critica razionalista che, secondo le
parole di padre Justin, contrappone "la posizione dei loro autori a
quella delle vite dei santi".
In conformità con la tradizione
ortodossa, padre Justin ripartisce il ricco materiale agiografico
dell'anno liturgico secondo l'indizione. Ogni volume (per il mese di
settembre, ottobre, ecc.) contiene le vite dei santi commemorati in un
dato mese. A ogni vita di un santo commemorato nello stesso giorno è
dato un capitolo speciale. Inoltre, ove lo spazio lo consente, è inclusa
una fotografia di una chiesa ortodossa o di un monastero che prende il
nome dal santo. L'edizione completa di dodici volumi contiene immagini
di più di duecento chiese ortodosse che illustrano vividamente i tratti
caratteristici dell'architettura ecclesiastica dei popoli ortodossi
dall'Alaska alla Corea e Giappone, e dall'Africa all'India. La vita di
ogni santo è normalmente accompagnata da fotografie di icone antiche e
moderne del santo. Alla fine di ogni volume c'è un indice alfabetico dei
nomi dei santi le cui vite sono incluse nel suddetto volume.
Padre Justin sperava di pubblicare un
volume tredicesimo e ultimo dedicato al ciclo pasquale, cioè, al Triodio
quaresimale e al Pentecostario.
In contemporanea con la pubblicazione de Le vite dei santi, le vite dei più venerati santi serbi sono state pubblicate in diverse edizioni. La pubblicazione de Le vite dei santi
ha suscitato grande interesse all'interno della comunità ecclesiastica
serba, specialmente tra i docenti di storia della Chiesa serba nelle
scuole teologiche. Questi libri sono attualmente usati come libri di
testo per gli studenti di queste scuole. Abbondanti informazioni sulla
storia della chiesa, l'agiografia, la patristica, la dogmatica - così
come materiali canonici, pastorali, liturgici e omiletici - sono
raccolte nelle 8.300 pagine de Le vite dei santi.
L'archimandrita Justin è riuscito a fare del sinassario non solo un
testo narrativo e un lavoro accademico, ma anche un lavoro che esprime
profonda autorità teologica. L'edizione divenne ben presto una rarità
bibliografica.
Il valore dell'opera agiologica di padre
Justin non ha prezzo per la Chiesa serba. Le vite dei santi serbi
contengono la storia della Chiesa serba e dello stato serbo. La santa
dinastia Nemanjić - iniziata con il santo progenitore Simeone, fondatore
del monastero di Hilandar sul monte Athos, e suo figlio san Sava, primo
arcivescovo di Serbia, e terminata con il suo discendente finale, il
santo Martire Uroš - unisce la corona e la Croce, unendo la storia
ecclesiastica e la storia dello stato dei serbi. Di enorme aiuto nella
formazione teologica sono le vite di altri santi, non serbi, così come
le numerose citazioni tratte dalle opere di teologia di Padri,
insegnanti, e santi asceti della Chiesa pubblicati in questo primo Sinassario serbo completo.
Le Vite sono di grande importanza per
tutta l'Ortodossia. Per la provvidenza di Dio, padre Justin ha studiato
in Inghilterra, dove è entrato in contatto con il mondo non ortodosso e
il suo modo di pensare, così come in Russia, dove ha colto la profondità
della spiritualità ortodossa russa, e ad Atene, dove - come lui stesso
ha detto - si è innamorato della tradizione patristica. Ad Atene ha
incontrato eccezionali teologi greci del suo tempo, i professori Balan e
Diovuniotis, e ha studiato con Ioannis Karmiris, il famoso professore
di dogmatica e futuro accademico. Qui ha avuto la possibilità di
studiare i manoscritti bizantini che in seguito sono divenuti parte del
suo Sinassario. Questa conoscenza di molti popoli e tradizioni ortodosse
ha consentito a padre Justin di creare un'opera che può essere
veramente considerata di proprietà comune di tutti i popoli ortodossi a
causa della sua portata e importanza.
Con il passare del tempo, quest'opera di
padre Justin avrà un ruolo sempre più importante nel presentare
l'Ortodossia e suoi valori spirituali ai non ortodossi e ai non
cristiani. Questo lavoro ecclesiastico-accademico originale è un
sinassario ortodosso modello. D'ora in poi sarà impossibile compilare un
sinassario senza la conoscenza del lavoro dell'archimandrita Justin.
Tra le opere pubblicate dell'archimandrita Justin, oltre a quelle già citate, notiamo le seguenti: l'epistemologia di sant'Isacco il Siro, L'uomo e il Dio-Uomo: studi di teologia ortodossa, Fondamenti di Teologia, La teologia di san Sava come filosofia di vita, Vita di san Sava e san Simeone, La Chiesa ortodossa e l'ecumenismo, e Sul prossimo grande e santo Concilio della Chiesa ortodossa.
Le opere teologiche di padre Justin,
secondo le parole dell'accademico Ioannis Karmiris, rappresentano il
vertice dell'auto-espressione spirituale della Chiesa serba (prefazione
all'edizione greca del libro L'uomo e il Dio-Uomo. Atene, I ed. 1969; II ed. 1974, p.7).
L'archimandrita Justin ha lasciato anche alcune opere inedite: Attraverso la vita con l'apostolo Paolo (un commento in più volumi alle epistole dell'apostolo Paolo), Commento alle epistole cattoliche del Santo Apostolo Giovanni il Teologo, Commento ai Vangeli secondo Matteo e Giovanni, il volume XIII de Le vite dei santi
(sul Triodio quaresimale e sul Pentecostario); acatisti a molti santi, e
numerosi altri testi teologici e liturgici. L'archimandrita Justin,
umile sacerdote e teologo di primo piano, appartiene non solo alla
Chiesa serba, ma al tutto il mondo ortodosso.
Come il metropolita Ireneo di Creta ha detto di lui: "È stato un dono di grazia dato dal Signore alla santa Chiesa ortodossa".
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mercoledì 19 giugno 2013
Articolo estratto dal sito della Chiesa Ortodossa di Torino del Rev.mo Padre Ambrogio: http://www.ortodossiatorino.net
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