Sul nuovo e il vecchio calendario
Relazione dell'arcivescovo Serafim (Sobolev) di Boguchar al Concilio di Mosca (8-18 luglio 1948)pravoslavie.ru
8 febbraio 2016
La seguente traduzione di un testo teologico del neo-canonizzato san Serafino (Sobolev) di Boguchar è stata pubblicata sul sito web della diocesi vecchio-calendarista greca di Etna e Portland.
Si tratta della relazione dell'arcivescovo Serafim al Congresso di
Mosca del luglio 1948, dove il tema dell'ecumenismo era stato discusso a
lungo.
[A causa della lunghezza e della
complessità delle note nel testo originale, non le abbiamo riprodotte
qui. La presenza di una nota a piè di pagina è contrassegnata da un
asterisco. Le note in questo testo iniziano con il numero 18 nel testo
originale.]
* * *
Uno degli scienziati che hanno indagato
sul tema del nuovo e del vecchio calendario, E. B. Predtechenskij,
membro a pieno titolo della Società astronomica russa, sostiene che solo
a partire dal periodo del Rinascimento la gente in Occidente ha
cominciato a interessarsi al calcolo della data della Pasqua, tra le
altre questioni scientifiche.
"Purtroppo", ha dichiarato, "anche se a
malapena capivano i dettagli della regola alessandrina, e anche se erano
probabilmente lontani dal comprenderla come avrebbero dovuto, i
pascalisti occidentali vollero riformare questa regola entro un breve
periodo di tempo e con arroganza tentarono di correggere un'opera
superbamente eseguita... Se il periodo del Rinascimento era cominciato
simultaneamente in Europa occidentale e orientale, se le circostanze
difficili non avessero bloccato la formazione intellettuale quasi al
punto di estinguerla nelle antiche Chiese cristiane di Bisanzio, ...se
le tradizioni alessandrine le tradizioni e l'erudizione dei primi secoli
non fossero giunte alla fine in Oriente, allora è certo che Papa
Gregorio XIII non avrebbe mai potuto fare quello che ha fatto".
A queste parole di Predtechensky dovremmo
aggiungere che l'emergere della riforma del calendario di papa Gregorio
XIII è stata causata non solo dal fatto che i pascalisti occidentali
non avevano assimilato la regola alessandrina o il metodo di calcolo
della Pasqua, e mancavano della necessaria comprensione, ma anche dal
crollo dell'erudizione in Oriente, e soprattutto, dalla mancanza in
Occidente della fede nella Santa Chiesa, e più precisamente, dalla loro
incapacità di credere che in essa lo Spirito Santo vive e respira come
fonte di ogni verità.
Se la Chiesa cattolica romana avesse
posseduto questa fede, allora non si sarebbe impegnata, nella persona
dei suoi papi e dei suoi pascalisti esperti, a modificare i canoni su
cui si basa il computo pasquale del vecchio calendario, in cui lo
Spirito Santo ha espresso una verità non soggetta a modifiche. Abbiamo
in mente in primo luogo il settimo Canone apostolico:
Se qualche vescovo, presbitero o diacono
celebrerà il giorno sacro della Pasqua prima dell'equinozio di
primavera, insieme con gli ebrei, che sia deposto.
Questa ingiunzione è menzionata anche nel primo Canone del Concilio di Antiochia:
Tutti coloro che hanno il coraggio di
mettere da parte il decreto del Santo e Grande Concilio riunito a Nicea,
alla presenza dell'imperatore Costantino, amato da Dio, per quanto
riguarda la santa e salvifica festa della Pasqua; se essi persistono
polemicamente nel contrastare quello che fu allora giustamente ordinato,
che siano scomunicati e scacciati della Chiesa (questo se sono laici).
Ma se uno di coloro che presiedono nella Chiesa, sia egli vescovo,
presbitero o diacono, osasse, sulla scia di questo decreto, esercitare
il proprio giudizio privato per sovvertire il popolo e disturbare le
chiese, osservando la Pasqua insieme con gli ebrei, il santo Concilio
decreta che egli allora in poi sia alieno dalla Chiesa, come uno che non
solo porta peccati su di sé, ma che è anche la causa della distruzione e
della sovversione di molti; e non solo depone queste persone dal loro
ministero, ma anche coloro che, dopo la loro deposizione avranno il
coraggio di fare comunione con loro. E i deposti siano privati anche di
quell'onore esterna, di cui sono partecipi i santi Canoni e il
sacerdozio di Dio.
Questo Canone del Concilio di Antiochia
ci colpisce come particolarmente degno di nota, perché non solo
proibisce la celebrazione simultanea della Pasqua con gli ebrei, ma
dimostra anche che tale divieto è stato registrato nel decreto del primo
Concilio Ecumenico. A dire il vero, questo decreto sinodale non è
giunto fino a noi, ma una nota epistola dell'imperatore Costantino il
Grande a tutti i vescovi che non erano presenti al Concilio Ecumenico di
Nicea si riferisce al suo contenuto. *
Citiamo la sostanza del decreto di Nicea,
come stabilito nell'interpretazione del primo Canone del Concilio di
Antiochia dal vescovo Nikodim (Milaš), un interprete dei sacri Canoni
riconosciuto da tutta la Chiesa: *
Il Concilio a Nicea si occupò dell'esame
di questo problema (il tempo per la celebrazione della Pasqua) allo
scopo di evitare, per mezzo di una decisione comune, tutte le discordie
che potevano derivare da questa materia, e di restituire armonia a tutta
la Chiesa. In primo luogo, sulla base del settimo Canone Apostolico e
dell'insegnamento della Scrittura a proposito del settimo giorno, i
Padri sinodali hanno deciso sui seguenti punti: (1) la Pasqua cristiana
deve sempre essere celebrata di domenica, (2) questa domenica dovrebbe
essere dopo la prima luna piena dopo l'equinozio di primavera, e (3) se
dovesse accadere che la Pasqua ebraica sia celebrata in questa domenica,
allora la Pasqua cristiana dovrebbe essere trasferita alla domenica
immediatamente successiva. *
A tutte queste prescrizioni canoniche
della Chiesa ortodossa dobbiamo aggiungere anche il settimo Canone del
secondo Concilio Ecumenico e l'analogo novantacinquesimo Canone del
Concilio in Trullo (Penthekte), che hanno decretano come gli eretici
dovrebbero essere ricevuti nella Chiesa:
Coloro che provengono dagli eretici e
hanno aderito all'Ortodossia e alla parte di quelli che si salvano, li
riceviamo secondo il seguente ordine e uso. Ariani, macedoniani,
sabbaziani, novaziani, tessareskaidekatitai [quartodecimani] o tetraditai,
e apollinariani, li riceviamo con la loro presentazione delle
dichiarazioni di fede e con il loro rigetto di ogni eresia che non
concorda con la Santa Chiesa Cattolica e Apostolica di Dio; e prima di
tutto, li ungiamo con santo crisma sulla fronte, gli occhi, le narici,
la bocca e le orecchie, e sigillandoli diciamo: "Sigillo del dono dello
Spirito Santo".
Come si vede qui, i quartodecimani, vale a
dire, i cristiani che celebravano la Pasqua insieme con gli ebrei il 14
di Nisan, sono chiaramente chiamati eretici e sono collocati nella
stessa categoria degli ariani e di altri grandi eretici, e per questo
motivo, nel caso del loro pentimento, devono essere ricevuti nel seno
della Chiesa attraverso la cresima (o essere ri-cresimati). *
Vedete dove porta la violazione dei
canoni sul tempo per festeggiare la Pasqua. Dalle suddette prescrizioni
canoniche della Chiesa ortodossa è chiaro che noi dobbiamo mantenere
tali canoni con riverenza, senza alcuna alterazione. Per questo motivo,
il ventunesimo Canone del Concilio di Gangra dice:
Ci auguriamo che tutte le cose che sono
state tramandate dalle divine Scritture e dalle tradizioni apostoliche
siano osservate nella Chiesa.
E il secondo Canone del sesto Concilio Ecumenico:
Che a nessuno sia consentito di
falsificare o mettere da parte i canoni di cui sopra [degli Apostoli,
dei Concili ecumenici e locali, e dei santi Padri], o di accettare
canoni diversi da quelli qui specificati, compilati in una trascrizione
spuria da alcune persone che hanno tentato di manipolare la verità.
Tale mantenimento costante e inflessibile dei Canoni è richiesto dal settimo Concilio Ecumenico, il cui primo Canone afferma:
Abbracciamo volentieri i Canoni Divini e
manteniamo tutti i loro precetti, completi e senza modifiche, se sono
stati stabiliti da quei luminari dello Spirito, gli Apostoli degni di
ogni lode, o dai sei Concili Ecumenici, o dai Concili localmente riuniti
per promulgare tali decreti, o dai nostri santi Padri; tutti costoro
infatti, illuminati dallo stesso Spirito, hanno ordinato cose che erano
convenienti; e su quanto hanno scagliato un anatema, noi allo stesso
modo scagliamo i nostri anatemi; coloro che essi hanno deposto, li
deponiamo anche noi; coloro che essi hanno scomunicato, li scomunichiamo
anche noi...
Da tutte le suddette prescrizioni
canoniche è evidente in quale grande peccato sono caduti i cattolici
romani quando hanno annullato i sacri Canoni che ci proibiscono di
celebrare la Pasqua insieme con gli ebrei. Questo è un peccato di
bestemmia contro lo Spirito Santo, che Dio non perdona, né nella vita
presente né nella vita a venire. Infatti, lo stesso Spirito Santo, Dio,
parla attraverso i sacri Canoni, perché le prescrizioni canoniche, così
come quelle dogmatiche, dei Concili ecumenici sono state composte
secondo le parole della divina Scrittura: "È sembrato giusto allo
Spirito Santo e a noi." *
E lo Spirito divino, attraverso gli
Apostoli, i Concili ecumenici e i santi Padri, non ha decretato verità
canoniche in modo che noi possiamo in seguito correggerle e modificarle,
come se fossero, presumibilmente, imperfette ed erronee. Un tale
atteggiamento nei confronti dei sacri canoni è del tutto inaccettabile e
blasfemo.
Così, la Chiesa cattolica romana è
colpevole di aver direttamente violato e annullato i sacri canoni,
celebrando la Pasqua nel 1805, 1825, 1903, 1923, 1927, e in molti altri
anni in concomitanza con la Pasqua ebraica. *
E, peggio ancora, il nuovo calendario
(gregoriano) decreta che la Chiesa cattolica romana sia in contrasto con
il Vangelo attraverso la sua distorsione del racconto evangelico. È
chiaro dal Vangelo che la Pasqua cristiana ha avuto luogo dopo la Pasqua
ebraica.
Ma i papisti, con le loro nuove regole
per la determinazione della Pasqua, non solo celebrano regolarmente la
Pasqua insieme con gli ebrei, ma spesso prima di loro, come è accaduto
nel 1845, 1853, 1856, 1891, 1894, e in molti altri anni. * Nel 1921, la
Pasqua ebraica è caduta il 10 aprile, mentre i papisti hanno celebrato
la Pasqua il 14 marzo, vale a dire, quasi un mese prima della Pasqua
ebraica! *
Ma se, sulla base dei sacri canoni, è
impossibile per noi accettare il nuovo calendario nella sua interezza,
per la stessa ragione è impossibile per noi cristiani ortodossi
accettare il nuovo calendario sotto forma di un compromesso. *
Questo compromesso è stato percepibile
recentemente nella vita di alcune Chiese ortodosse e consiste nel fatto
che la Pasqua si celebra secondo il vecchio Paschalion ortodosso, mentre
tutte le feste fisse si celebrano secondo il nuovo calendario. Ma un
calendario misto del genere non può assolutamente essere accettato dagli
ortodossi, perché dà contemporaneamente luogo anche a violazioni di
altre ordinanze ecclesiastiche che si trovano nel Tipico, e che dobbiamo
osservare religiosamente e con fermezza, dato che non dovremmo
discostarci dall'obbedienza alla nostra Madre, la Chiesa.
I nuovi calendaristi sono colpevoli di
tale disobbedienza. Lo diciamo tenendo conto della loro trasgressione
delle indicazioni del Tipico per quanto riguarda le feste fisse. La
Chiesa ha ordinato i limiti temporali entro i quali possono essere
celebrate le feste fisse che cadono durante la Grande Quaresima. Così,
per esempio, la festa del venerabile Precursore (il primo e il secondo
ritrovamento del suo capo) fluttua tra il mercoledì della settimana del
Carnevale (limite inferiore) e il martedì della quarta settimana del
digiuno (limite superiore). * Ma i nuovi calendaristi hanno rimosso
questi limiti, perché celebrano tutte le feste fisse tredici giorni
prima.
La stessa cosa accade con la festa
dell'Annunciazione (25 marzo). Secondo le istruzioni del Tipico,
l'Annunciazione si celebra nel periodo compreso tra il giovedì della
terza settimana del digiuno e il mercoledì della settimana luminosa. *
Ma con l'introduzione del nuovo calendario, il periodo durante il quale
l'Annunciazione può essere celebrata inizia il venerdì della prima
settimana del digiuno e si estende solo fino al giovedì della sesta
settimana del digiuno.
Ma il peccato dei nuovi calendaristi per
quanto riguarda le esigenze della Chiesa e del suo Tipico non si ferma a
questo. Il loro atteggiamento negativo verso i limiti designati per la
celebrazione delle grandi feste li conduce in una violazione ancora più
grave del Tipico.
La Chiesa ha previsto la coincidenza di
alcune delle grandi feste con feste mobili o con vari giorni della
Quaresima. In tutti questi casi, ha decretato un ordine liturgico
preciso. Ma nel violare i limiti designati, i nuovi calendaristi
devastano anche l'ordine liturgico della Chiesa ortodossa.
Per questo motivo, i nuovi calendaristi
non potranno mai più celebrare l'Annunciazione durante la Grande
Settimana e, per lo stesso motivo, non possono celebrare la
"Kyriopascha", cioè, la coincidenza dell'Annunciazione con la Pasqua, e
in questo modo violano chiaramente il Tipico.
Una trasgressione particolarmente
scioccante del Tipico da parte dei nuovi calendaristi si può osservare
in relazione con la festa dei santi Apostoli Pietro e Paolo. La santa
Chiesa onora questi grandi apostoli a tal punto che si prepara per la
loro festa (29 giugno), con un digiuno che dura da otto a quarantadue
giorni. Ma con l'introduzione del nuovo calendario, questo digiuno, in
contrasto con il Tipico, è sempre abbreviato. E quando si celebra la
Pasqua nel periodo dal 20 al 25 aprile, il digiuno degli Apostoli è
completamente abolito, perché terminerebbe prima del suo inizio! *
Si potrebbe dire che questa violazione
del Tipico non costituisce un grave peccato, in quanto non comporta
alcuna violazione del dogma. Ma le parole di Cristo, "Se rifiuta di
ascoltare anche la chiesa, che sia per te come un pagano e un
pubblicano" *, non si riferiscono alla violazione di una o un'altra
verità dogmatica della nostra fede. Eppure, secondo la testimonianza di
queste stesse parole divine, chiunque di noi non mostra obbedienza alla
Chiesa deve esserne staccato, ed entra nei ranghi dei grandi peccatori,
perché nel caso in questione, è imposta la punizione più severa:
l'eclusione dalla Chiesa. Inoltre, attraverso il loro disprezzo per il
suo Tipico, i nuovi calendaristi commettono il peccato di disobbedienza
alla Chiesa pubblicamente e sfacciatamente.
Dal punto di vista della fede ortodossa,
un tale atteggiamento di disprezzo verso il Tipico non è ammesso per i
figli della santa Chiesa, proprio come qualsiasi violazione delle sue
ordinanze dogmatiche o canoniche è inammissibile. E questo è abbastanza
comprensibile.
Proprio come il disprezzo per le
ordinanze dogmatiche o canoniche porta all'alienazione dall'Ortodossia,
così anche il disprezzo per il Tipico porta a tale alienazione. In
verità, il Tipico costituisce, per noi, una legge sacra, che ci dà una
guida nei nostri servizi, feste, e digiuni graditi a Dio. Il Tipico è un
libro sacro, collegato con il nome di un eccezionale vaso di grazia,
san Sava il Santificato, ed è stato accettato dalla Chiesa ortodossa
come uno dei suoi libri di base. Il Tipico non è altro che la voce della
nostra Madre, la Chiesa. * E noi non dobbiamo mantenere un
atteggiamento di disprezzo nei confronti di questa voce, ma, piuttosto,
un'obbedienza incrollabile e senza esitazioni, se vogliamo essere fedeli
e dedicati alla Santa Chiesa e a tutti i suoi canoni ortodossi.
Cosa ci guadagniamo a seguito della
violazione di questo libro sacro attraverso l'introduzione del nuovo
calendario? Se usiamo l'ordine del nuovo calendario per stabilire nuove
date per le nostre feste, digiuni, e servizi, allora in questo modo
testimonieremo che il nuovo calendario è ecclesiasticamente corretto,
mentre è il tipico che si sbaglia. E questo, nonostante il fatto che
sappiamo che il Tipico deriva dalla Chiesa ortodossa, la stessa Chiesa
in cui gli apostoli hanno posto come in un tesoro prezioso tutto ciò che
riguarda la verità. E questo, nonostante il fatto che siamo ben
consapevoli che la suddetta violazione del Tipico deriva dai papisti,
avvolti nel buio di ogni eresia ed errore.
Come prole del papismo e come fenomeno
anti-ecclesiastico, il nuovo calendario non ha null'altro che confusione
da offrire alla Chiesa ortodossa. Fin dall'inizio del suo aspetto, il
nuovo calendario è stato inteso in questo modo dai suoi avversari, il
patriarca Geremia II di Costantinopoli e il Concilio locale riunito nel
1583 a Costantinopoli. Da un inizio così alienato, il nuovo calendario
rimane fino a oggi uno strumento di propaganda papista molto dannosa per
la vita della Chiesa ortodossa. Quindi, se dovessimo accettare il nuovo
calendario, nonostante la volontà della santa Chiesa – anche se a
titolo di compromesso – ciò potrebbe condurci solo a contribuire alla
confusione e al disordine nella vita della Chiesa, attraverso la quale
metteremmo a repentaglio per mano nostra l'autorità della santa Chiesa
ortodossa.
Perciò, così come ci troveremmo sulla
strada della tomba del peccato di disobbedienza alla Chiesa se
accettiamo il nuovo calendario nella sua interezza ripudiando i sacri
canoni, così ci troviamo sulla stessa strada della disobbedienza se
accettiamo il nuovo calendario in una forma mista, ripudiando le
richieste del Tipico.
Da quanto sopra, è chiaro il motivo per
cui la Chiesa ortodossa è stata così risolutamente e ardentemente
opposta a questa innovazione anti-ecclesiastico dalla nascita della
riforma del calendario fino a poco tempo fa.
Appena papa Gregorio XIII introdusse il
nuovo calendario, subito, nello stesso anno, il 1582, Il patriarca
ecumenico Geremia II, insieme con il suo sinodo, condannò il nuovo
computo romano come antitetico alla tradizione della Chiesa ortodossa. *
L'anno seguente, 1583, il patriarca Geremia, con la partecipazione del
patriarca Silvestro di Alessandria e del patriarca Sofronio IV di
Gerusalemme, convocò un Concilio ecclesiastico, che condannò
l'introduzione del calendario gregoriano nella Chiesa romana come cosa
contraria ai sacri canoni della Chiesa e come violazione della
prescrizione del primo Concilio ecumenico sul calcolo della santa
Pasqua.
Questo Concilio, nel suo Sigillion
del 20 novembre 1583, sollecita gli ortodossi ad aderire fermamente e
fermamente al calendario ortodosso e al Paschalion giuliano fino
all'effusione del sangue e impone a tutti coloro che trasgrediscono
questa ingiunzione l'anatema dell'espulsione dalla Chiesa ortodossa. *
Il Concilio di Costantinopoli comunicò la
sua decisione a tutte le Chiese orientali, al metropolita Dionisij di
Mosca, alla Chiesa delle isole Ionie, al famoso campione dell'Ortodossia
in Europa occidentale, il principe Konstantin Ostrozhskij, a Niccolò da
Ponte, doge di Venezia, e a papa Gregorio XIII, responsabile per i
disturbi nella Chiesa.
Così, i patriarchi ecumenici e, insieme a
loro, tutta la Chiesa nei secoli successivi, hanno reagito in modo del
tutto negativo all'introduzione del nuovo calendario. *
Per esempio, il patriarca Kallinikos II
di Costantinopoli, insieme con il patriarca Athanasios IV di Antiochia,
dichiarò che la celebrazione della Pasqua con i papisti, il rifiuto
dell'ordinanza della Chiesa ortodossa in materia del digiuno, e
l'accettazione delle ingiunzioni della Chiesa romana costituisce un
tradimento dell'Ortodossia e una violazione delle leggi dei santi Padri
distruttiva per il gregge della Chiesa ortodossa, e che, per questo
motivo, ogni cristiano è obbligato a celebrare la Pasqua e le feste ad
essa connesse, così come tutte le stagioni dell'anno ecclesiastico, così
come stabilito nella pratica dell'Oriente ortodosso e non alla maniera
dell'Occidente eterodosso, che è estraneo alla fede.
Nella sua enciclica del 1756, Il
patriarca ecumenico Kirillos V pronuncia temibili
imprecazioni-applicabili sia a questa vita terrena transitoria e alla
vita eterna, contro tutti i cristiani che accettano il nuovo calendario.
* Con l'intento di proteggere i cristiani dall'accettare il nuovo
calendario, in quanto grandissimo peccato, nel 1848 il patriarca
ecumenico Anthimos VI, insieme agli altri patriarchi orientali, cioè,
Ierotheos II di Alessandria, Methodios di Antiochia, Kirillos II di
Gerusalemme, e i loro sinodi, nella loro Enciclica nel nome della Chiesa
una, santa, cattolica, apostolica, decretò la seguente confessione di
fede:
Poiché da noi né patriarchi né sinodi
sono mai stati in grado di introdurre novità, perché il difensore della
nostra religione è il corpo della Chiesa, cioè lo stesso popolo di Dio,
che desidera che la propria religione sia eternamente immutabile,
identica a quella dei loro padri... "Atteniamoci fermamente alla
confessione", che abbiamo ricevuto non adulterata da tali grandi uomini,
aborrendo ogni innovazione come un suggerimento del diavolo; chi
accetta le innovazioni censura come manchevole la fede ortodossa che
finora è stata predicata. Ma questa fede, nella sua integrità, ora è
stata sigillata, senza ammettere sottrazioni né aggiunte, né alcuna
alterazione di sorta, e chi osa fare o consigliare o contemplare cose
simili ha già rinnegato la fede di Cristo, ha già consegnato
volontariamente se stesso all'anatema eterno a causa della sua bestemmia
contro lo Spirito Santo come se questo, presumibilmente, non avesse
parlato perfettamente nelle Scritture e attraverso i Concili
ecumenici.... Quindi. chiunque opera innovazioni nell'eresia o nello
scisma, ha volontariamente "indossato la maledizione come un abito",
come dice il salmista, sia che si tratti di papi, patriarchi, clero o
laici; Anche se un angelo dal cielo predicasse un vangelo diverso da
quello che avete ricevuto, sia anatema. *
Tra il 1902 e il 1904, su iniziativa del
celebre patriarca Joachim III di Costantinopoli, le Chiese Autocefale di
Costantinopoli, Gerusalemme, Grecia, Russia, Serbia, Romania e
Montenegro, nelle persone dei loro primati, espressero il loro rifiuto
della riforma del calendario di papa Gregorio XIII. *
Allo stesso modo, il Concilio pan-russo
del 1917-1918 decise la stretta osservanza del vecchio calendario per
l'uso ecclesiastico. * Per giungere a questa decisione, il Concilio di
Mosca ricevette il parere del padre Dimitrij A. Lebedev, professore
presso l'Accademia teologica di Mosca, che dimostrò, sulla base di dati
astronomici e canonici, quanto sarebbe stato distruttivo qualsiasi
accomodamento al calendario gregoriano, attribuendo superiorità completa
all'antico calendario giuliano". *
Purtroppo, il Congresso pan-ortodosso *
convocato dal patriarca Meletios IV di Costantinopoli nel 1923 si
allontanò dalle tradizioni sacre che i patriarchi ecumenici avevano
sostenuto con tanto fervore e pietà nel corso di lunghi secoli. * Questo
Congresso decise di accettare il nuovo calendario. I laici ortodossi di
Costantinopoli presero questa innovazione non canonica con evidente
agitazione, e il patriarca Meletios fu costretto a dimettersi. *
E tuttavia, Gregorio VII, che gli
succedette come patriarca di Costantinopoli, tentò nel 1924 di
introdurre il nuovo calendario per le feste fisse, consentendo
temporaneamente che la Pasqua e le altre feste dipendenti da essa
fossero celebrate secondo il vecchio computo pasquale, fino alla
convocazione di un Concilio ecumenico. Nel periodico ufficiale della
Chiesa greca, ἐκκλησία, e in alcuni periodici russi, fu pubblicato a suo
nome e a nome del suo sinodo un articolo autorevole che riguardava
l'accettazione del nuovo calendario da parte del Patriarcato di
Costantinopoli.
Sotto l'influenza del patriarcato di
Costantinopoli, anche la Chiesa romena decise di celebrare le feste
fisse secondo il nuovo calendario. Tuttavia, i patriarchi orientali di
Alessandria, Antiochia e Gerusalemme rifiutarono risolutamente di
esaminare la questione della modifica del calendario. *
Nella sua risposta all'articolo
summenzionato, sua Beatitudine il patriarca Tikhon di Mosca e di tutta
la Rus' informò il Patriarca ecumenico che, anche se aveva ricevuto la
sua lettera riguardante l'implementazione del nuovo calendario a partire
dal 10 marzo, era però diventato impossibile introdurlo nella Chiesa
russa a causa della ferma opposizione del popolo. *
Allo stesso modo, i sinodi della Chiesa
ortodossa russa all'Estero nel 1923, 1924, e il 1925 rifiutarono
totalmente di accettare il nuovo calendario. *
Dobbiamo rimanere in costante solidarietà
con queste Chiese ortodosse, senza alcun compromesso, osservando il
vecchio calendario nella nostra vita della Chiesa, seguendo le
prescrizioni dei canoni, che devono rimanere salde, in quanto
costituiscono una delle basi dell'esistenza della Chiesa ortodossa.
Inoltre, come attestato da dati
scientifici, il nuovo calendario contiene molti errori ed è certamente
meno accurato rispetto al vecchio calendario. Questa è la ragione per
cui la Commissione scientifica convocata il 18 febbraio 1899 dalla
Società astronomica russa * per prendere una decisione sulla riforma del
calendario ha dichiarato che "non ci sono motivi per introdurre in
Russia (e ancora meno nella Chiesa) il calendario gregoriano, che è
famigerato per i suoi errori". *
È essenziale sottolineare che fino a poco
tempo fa non è stato il calendario gregoriano, ma quello giuliano, a
essere utilizzato in astronomia. * L'astronomo americano Newcomb ha già
parlato in favore di un ritorno al calendario giuliano, più semplice e
pratico per i calcoli astronomici.
Per noi, l'opinione del celebre professor
Vasilij V. Bolotov, dell'Accademia teologica di San Pietroburgo, è allo
stesso tempo utile e di grande interesse. Durante l'anno finale della
sua vita, il Santo Sinodo della Chiesa Russa lo ha nominato delegato del
Dipartimento per gli affari della Chiesa sotto la nuova Commissione
istituita dalla società astronomica russa per verificare se il vecchio
calendario ortodosso era compatibile con il nuovo calendario.
Il prof. Bolotov ha indagato su questo
tema in tutti i suoi dettagli, non solo da un punto di vista
ecclesiastico, canonico, scientifico e storico, ma sotto ogni possibile
aspetto. In possesso di tutta questa conoscenza scientifica, ha
partecipato alla riunione della Commissione scientifica astronomica,
quando la Commissione ha esaminato la questione dell'introduzione del
nuovo calendario. Ed ecco, poiché la riunione non ha potuto raggiungere
una decisione finale, dal momento che molti dei suoi membri avevano
cominciato a propendere per il nuovo calendario, il presidente della
riunione ha suggerito a Bolotov di esprimere la sua opinione.
Il prof. Bolotov ha esposto i suoi
argomenti storici per due ore, tenendo in mano le tavole astronomiche *
che aveva compilato. Ha difeso il vecchio calendario con tutto il cuore.
Le sue conclusioni a sostegno del vecchio calendario erano così
scientifiche e incontrovertibili che l'intera riunione ha deciso
all'unanimità a favore del mantenimento del vecchio calendario.
Ricorderemo per sempre questo e non
dimenticheremo mai il testamento, che il grande genio e sapiente Bolotov
ci ha lasciato sulla questione del calendario:
Per quanto mi riguarda, ritengo del tutto
indesiderabile modificare il calendario in Russia. Rimarrò, come ho
fatto in passato, un difensore deciso e devoto del calendario giuliano.
La sua eccezionale semplicità costituisce la sua superiorità scientifica
su ogni altro calendario riformato. Credo che la missione culturale
della Russia riguardo a questo problema consista nel preservare il
calendario giuliano nella sua vita per i secoli a venire, e spianare
così la strada ai popoli dell'Occidente per lasciare il calendario
gregoriano, che non è di alcuna utilità a nessuno, e tornare
all'incontaminato vecchio calendario. *
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