Riflessioni sulla separazione tra cristianità occidentale e orientale Arciprete Andrew Phillips da pravoslavie.ru, 1 novembre 2013 |
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Se osserviamo la vita o le opere dei
cristiani occidentali durante i cosiddetti "secoli bui", il periodo dal
450 al 1050 circa, siamo sempre colpiti dalla loro debolezza
intellettuale e culturale e dalla loro informe, immatura, e anche
grossolana, prospettiva teologica. Mentre nel terzo e quarto secolo
siamo in grado di trovare grandi Padri (il beato Girolamo, il beato
Agostino), che davano il loro contributo teologico allo sviluppo
dell'Ortodossia in Occidente, e anche coloro che operavano per
diffondere l'influenza dell'Ortodossia orientale in occidente
(sant'Ilario di Poitiers, san Martino di Tours, san Giovanni Cassiano),
dal sesto all'undicesimo secolo vi è una rottura nella crescita
intellettuale e culturale dell'Occidente. Ci sono pochi infatti in
questo periodo che possono reggere il confronto con i grandi teologi
mistici dell'Oriente, dove si tenevano i grandi Concili ecumenici e in
cui la fede veniva formulata. Roma stessa svanisce come centro
intellettuale in questo periodo. La luce della conoscenza era conservata
in luoghi lontani, da sant'Isidoro in Spagna, da Beda il Venerabile in
Gran Bretagna, dai cristiani dell'Irlanda, alcuni dei quali conoscevano
il greco. La loro conoscenza, però, era di gran lunga inferiore a quella
dei Padri orientali, e un uomo come Giovanni Scoto Eriugena, che aveva
tradotto alcune opere dello 'Pseudo-Dionigi' in latino nel IX secolo, si
erge come un faro nel buio dell'ignoranza. I santi uomini e donne
dell'Occidente nei 'secoli bui' sono così diversi dai grandi mistici
egiziani, siriani e greci dell'Oriente multi-culturale, quanto
l'iconografia carolingia o anglosassone lo è dall'iconografia bizantina
post-iconoclasta. Eppure, anche se c'erano divergenze sociali, politiche
ed economiche tra Oriente e Occidente, si sentiva la Chiesa Una.
C'erano variazioni locali, culturali nella pratica della fede, ma nel
cuore i cristiani erano uniti nella loro confessione fede cattolica
ortodossa. L'Oriente era un nuovo e fiorente fondamento, che saliva
intellettualmente e culturalmente al suo apice, l'Occidente era un
impero caduto, isolato per opera dei maomettani delle ricchezze
culturali di Costantinopoli. L'Occidente era politicamente paralizzato
da assalti e invasioni pagane, vivendo senza una grande consapevolezza
culturale o intellettuale della fede e ovunque alla ricerca di sostegno
politico e militare contro i suoi nemici. Era anche disposto a
incoronare un re franco e a istituire un impero occidentale per la
propria auto-protezione. Rimaneva, tuttavia, l'unità spirituale.
Differenze di usanze erano sorte anche
nei primi secoli. L'Oriente, per cultura e per storia, era più incline
alla contemplazione mistica e speculazione filosofica. L'Occidente,
d'altra parte, era rinomato per la pratica della legislazione e del
governo. Inoltre, dopo la caduta dell'impero in Occidente, la necessità
di tali qualità era sempre maggiore. La stabilità politica e religiosa
della sede di Roma dipendeva dalle attività dei governatori,
sorveglianti, confessori e missionari tra i pagani che avevano inondato
l'Occidente. L'Occidente chiedeva a re e regine dalla vita devota di
portare alle sue terre ordine e protezione dai nemici del cristianesimo.
L'Oriente, invece, viveva in una situazione più stabile in questo
momento. La sede dell'universo cristiano era stata fissata in Nuova
Roma, la città di Costantino. Questa città era il centro di teologia,
arte, architettura e governo ecclesiale. Tutti i suoi abitanti erano
stati ufficialmente accolti nella Chiesa. Uomini e donne di conseguenza
si ritirarono nel deserto per formare monasteri a pregare per il mondo e
la Chiesa di Cristo sulla terra, che ora brulicava di nuovi convertiti
che tanto spesso erano cristiani solo nella forma esteriore.
L'Occidente viveva in una situazione
completamente diversa. Non aveva ancora vinto grandi battaglie
spirituali, militari e politiche, per poter diventare anch'esso
pienamente parte dell'Impero cristiano. Comprensibilmente la Chiesa in
Occidente era disposta a dare la sua sanzione religiosa a eventuali
neofiti franchi o teutoni, disposti a difenderla contro i pagani. La
cristianità, tuttavia, non era divisa in due in questo senso. C'erano,
per esempio, grandi amministratori ecclesiastici in Oriente, e che
avevano bisogno di forza per proteggere i loro patriarcati da
usurpazioni e rivendicazioni degli imperatori eretici. E in Occidente vi
era un grande movimento monastico, che si era diffuso a decine di
migliaia di monaci dal deserto egiziano all'Italia, dalla Gallia
meridionale all'Irlanda. Vi furono grandi mistici e santi. Pensiamo ai
celti, con centinaia di eremiti e santi vescovi, i più famosi dei quali
sono i santi Patrizio, Colomba, Colombano e Aidan. Pensiamo ai santi
anglosassoni come Cuthbert e Guthlac le cui vite ricordano quelle dei
padri del deserto. Pensiamo alla grande influenza della Regola di san
Benedetto, di ispirazione orientale. Pensiamo anche alla moltitudine di
eremiti anglosassoni e Franchi, ai grandi santi abati e badesse,
vescovi, principesse, re e regine: per esempio, i santi Edmondo ed
Edoardo il Martire. Eppure, anche se questi erano tutti santi, molti di
loro erano analfabeti, non raffinati, non sufficientemente istruiti per
esprimere la loro esperienza mistica in opere di teologia, come fecero i
grandi santi orientali.
Lo iato tra la cultura precoce e non
sviluppata della Roma cristiana e la crescita di una nuova cultura
cristiana occidentale, tra secoli V e XI, significò in Occidente la
formazione di un ambiente culturale diverso da quello dell'Oriente.
L'Occidente cristiano non ha avuto il tempo di cristianizzare la cultura
pagana, classica di Roma, mentre l'Oriente viveva un nuovo inizio. Il
mondo intellettuale e culturale dell'Occidente è stato quindi lasciato
aperto a chiunque potesse con successo cristianizzarlo e santificarlo,
appropriandosi e sacralizzandolo per la gloria di Dio e l'uso della
Chiesa. E in quel tempo tale lavoro è stato lasciato incompiuto: la
cultura classica di Roma pagana giaceva in gran parte ignorata. Nel
frattempo Costantinopoli provvedeva ai bisogni culturali e artistici
dell'Occidente. L'iconografia, l'architettura e l'arte orientali,
cristianizzate, depaganizzate, inondarono l'Occidente, soprattutto
attraverso l'Italia e la Sicilia, e si irradiarono attraverso le terre
del Mediterraneo e fino al nord. Tuttavia, al di sotto di questo
processo, le sfere intellettuali e culturali sono rimaste invariate,
teologicamente non assimilate e non sviluppate. L'arte della cristianità
orientale è stata il prodotto della sola teologia orientale, e
l'Occidente ha ricevuto solo l'arte, non la teologia. Per ragioni
linguistiche, geografiche e di altro genere, il mondo intellettuale e
culturale dell'Occidente non è stato ripreso nei processi di
spiritualizzazione, di divinizzazione, che avevano portato una completa
armonia di pienezza e unità al pensiero e alla cultura cristiana
orientale. Il cuore occidentale era cristiano, ma la testa era rimasta
ignorante. Anche se l'ortodossia della cristianità occidentale non
poteva seriamente essere messa in dubbio in questo periodo, si può dire
che l'Oriente era in una fase molto più sviluppata, avanzata nella
crescita della pienezza della cultura cristiana. Per questo motivo siamo
in grado di percepire la differenza culturalmente e intellettualmente
qualitativa tra l'Oriente e l'Occidente in questi secoli. Infatti
l'Occidente era incapace di dare profondità teologica ai problemi che
l'Oriente aveva già risolto, soprattutto nell'iconografia.
L'ascesa del papato riformato nella
seconda metà dell'XI secolo, dopo un periodo di scioccante corruzione,
aveva portato la possibilità di guardare indietro al mondo antico e di
considerare i problemi teologici e intellettuali del cristianesimo.
Purtroppo, i problemi sono stati esaminati alla luce della logica
pagana, della filosofia del mondo antico. E la teologia che fu prodotta
come risultato era una teologia artificiale, non una teologia vivente,
una teologia di scuole, di soluzioni intellettuali a problemi che
richiedevano soluzioni spirituali, o soluzioni fornite da un intelletto
spirituale. Con il patrocinio degli imperatori tedeschi, l'Occidente
aveva già cercato di cristianizzare le sfere intellettuali e culturali
del cristianesimo, questo era già stato fatto sotto Carlo Magno nei
secoli VIII e IX. Ma nel secolo XI ci fu un tentativo profondo e
coerente di cristianizzare queste sfere. Col senno di poi, sembra
inevitabile che questo sarebbe accaduto, data la situazione
dell'Occidente durante i "secoli bui". Se nell'XI secolo l'Occidente non
aveva ancora scoperto che la santificazione di intelletto e cultura non
dipende dai nostri ragionamenti autonomi, ma dalla saggezza che i santi
traggono dal loro cuore, dove incontrano Dio, allora non ci sarebbe mai
arrivato senza una grande influenza dall'Oriente. È un fatto strano che
questa influenza dall'Oriente teologicamente più avanzato è diventata
possibile solo nel XX secolo, 900 anni dopo.
Fu proprio nell'XI secolo che la Chiesa
d'Occidente iniziò a divergere seriamente dalla Tradizione cristiana.
L'XI secolo è il più importante per lo studio delle cause e degli
effetti della separazione della cristianità orientale e occidentale. Dal
punto di vista cristiano ortodosso la prima metà di questo secolo forma
una serie di occasioni mancate, in cui la crescente spaccatura tra
Oriente e Occidente avrebbe potuto essere ridotta. Se solo l'Occidente
avesse rinnovato la sua conoscenza con la cultura classica attraverso
gli occhi dell'Oriente, la casa del tesoro culturale e spirituale della
cristianità. Se solo Rus' di Kiev avesse aiutato la Germania nei primi
anni del secolo XI a familiarizzarsi con la teologia orientale, e quindi
superare gli errori del patrimonio carolingio e le sue vedute primitive
e politicizzate. Se solo l'opera dell'imperatore occidentale, per metà
bizantino, del X secolo, Ottone III, fosse stata continuata in modo più
positivo nell'XI. Se solo la missione dei santi Cirillo e Metodio fosse
proseguita in Moravia e Boemia, invece di essere perseguitata per motivi
razziali e politici. Se solo il Papato non fosse stato germanizzato
alla fine del decimo secolo. Se solo il Papato avesse dato ascolto alla
richiesta dell'imperatore orientale di un Concilio Ecumenico nel 1040.
La separazione non sarebbe avvenuta. Nel XI secolo, l'Occidente avrebbe
quindi potuto assorbire le tradizioni culturali ellenica e latina, le
filosofie di Platone e di Aristotele, proprio come avevano già fatto i
Padri orientali, in modo cristiano. Non ci sarebbe stata alcuna
Scolastica, nessun Rinascimento pagano nei secoli a venire. L'Occidente
non è riuscito a fare questo, non è riuscito a santificare la filosofia,
a cristianizzare il passato pagano e la sua mentalità. Non è riuscito a
raggiungere la visione del mondo integrale e armonica che era già stata
formulata dalla cristianità orientale, non è riuscito a raggiungere la
pienezza e totalità già raggiunta in Oriente.
Non vi può essere dubbio che il
"filioque" ha svolto un ruolo molto importante in questo processo di
separazione. Quello che era iniziato come un'espressione teologicamente
goffa dell'Ortodossia divenne nel IX secolo uno strumento politico o un
pretesto nelle mani dei carolingi e poi di papa Niccolò I. Fu allora,
alla fine del IX secolo, che san Fozio il Grande, patriarca di
Costantinopoli, si oppose al suo uso. Gli studiosi teologicamente non
sofisticati dell'Europa nord-occidentale, avevano accettato il
"filioque" per ignoranza o invidia politica, piuttosto che per vera
convinzione teologica. È da notare che Roma vi è sempre stata ostile
fino all'inizio del secolo XI, probabilmente fino al 1009, fino, in
altre parole, ai primi papi tedeschi. Inoltre dove era confessato in
Europa occidentale, non era capito nella sua forma scolastica più tarda
del XII secolo. Fu solo alla fine del secolo XI che il filioque è
diventato più di un equivoco, un parere teologico erroneo di ignoranti,
ed è diventato un problema pratico con risultati e ramificazioni
concrete e visibili. Il primo coerente tentativo occidentale di
difendere il 'filioque' avvenne nel 1090 e fu fatto da Anselmo di
Canterbury, il 'padre della Scolastica'. Quali sono le implicazioni
pratiche del "filioque"?
La vita del cristiano ortodosso dovrebbe
essere radicata nel suo Dio, la Santissima Trinità. Un cambiamento,
quindi, nella sua concezione della Santissima Trinità porta a un
cambiamento nel suo modo di vivere. Quello che era iniziato come un
malinteso divenne nell'XI secolo una questione letteralmente vitale. Le
rivendicazioni papali devono essere l'implicazione pratica del
"filioque". La pretesa di Ildebrando (papa Gregorio VII), nel 1070, di
essere il "vicario di Cristo", invece del "vicario di san Pietro", che
in passato era sempre stato il titolo dei papi di Roma, è stato il
risultato della confessione consapevole del "filioque". Perché se lo
Spirito Santo procede da Cristo, come dice il "filioque", allora è
chiaro che deve anche procedere dal "vicario di Cristo", il papa.
L'implicazione che lo Spirito Santo procede anche dal "vicario di
Cristo" equivale a un confinamento, una prigionia dello Spirito Santo.
Un abisso è fissato tra Dio e l'uomo, l'unico mediatore è il papa. Senza
l'illuminazione dello Spirito Santo, non ci resta che usare la nostra
ragione caduta per comprendere Dio. Questo spiega la seconda grande
conseguenza della separazione dell'Occidente dall'Oriente - il
razionalismo o la scolastica. Nel Prologo al suo lavoro "Sic et Non", lo
scolastico Abelardo, scrivendo circa nel 1120, osserva: "I Padri
erano guidati dallo Spirito Santo, ma noi non lo siamo". In questo modo
giustificava l'uso della ragione caduta per fare teologia. La terza
conseguenza del "filioque" fu nella devozione popolare. Dal momento che
la dottrina della Trinità, di Dio, era diventata un'astrazione
teologica, un problema per gli intellettuali, e la dottrina dello
Spirito Santo era diventata inaccessibile, essendo un affare del solo
papato, la pietà popolare si rivolse verso la natura umana di Cristo,
l'aspetto esteriore del suo corpo. Si sviluppò una spiritualità nuova,
umana, un po' morbosa sviluppata: la devozione alla sofferenza fisica,
alla crocifissione, le "cinque piaghe di Cristo", il "sacro Cuore", la
festa del Corpus Domini, la venerazione delle statue.
La seconda metà del secolo XI indica
quindi la separazione della cristianità orientale e occidentale,
simboleggiata dalla data del 1054. Essa ha significato l'assunzione del
potere temporale del papato, che si riflette nella cosiddetta "lotta per
le investiture". Questo pose fine alla comprensione ortodossa della
regalità in Occidente, che era stata una imitazione, sia pure
provinciale, del concetto ortodosso di "Symphonia", o equilibrio
armonico della Chiesa e dello Stato. Il re, che rappresenta i laici, fu
ridotto di importanza, come lo fu il laicato. Il celibato fu
gradualmente imposto al clero. Ebbe inizio il clericalismo. Inoltre, la
separazione dell'Occidente dall'Oriente significava anche la perdita per
l'Occidente del grande patrimonio patristico dell'Oriente, con la sua
chiara comprensione dello Spirito Santo, la libertà della persona umana e
la divinizzazione dell'essere umano da parte dello Spirito Santo. Da
questo momento in poi, comincia in Occidente la crescita dell'
"agostinismo", la dipendenza da un solo Padre della Chiesa per la
comprensione teologica. Il risultato fu come se l'Oriente avesse fatto
affidamento su un solo Padre per l'insegnamento. Peggio ancora, gli
scolastici presero anche e poi distorsero certe opinioni del beato
Agostino, che non appartenevano alla mente comune della Chiesa del primo
millennio, in particolare i suoi insegnamenti sulla grazia e la
libertà. Dal momento che l'Occidente dipendeva così tanto dal beato
Agostino, in realtà isolava se stesso dai Padri orientali, e anche da
Padri occidentali come sant'Ambrogio, con il risultato di non essere in
grado di vedere il punto di vista del beato Agostino in prospettiva.
Questo a sua volta avrebbe prodotto ulteriori distorsioni nella teologia
del Medioevo e poi quella della Riforma.
Entro la metà del XII secolo il movimento
scolastico era in piena fioritura. L'espressione visibile della
teologia scolastica, lo stile gotico, stava sostituendo quello romanico.
Era chiaro che l'Occidente aveva intrapreso un corso separato di
sviluppo religioso, lasciando l'Ortodossia all'Oriente. Certo non
vorremmo far coincidere questa separazione con qualche singolo evento: è
stato un processo lento. I contadini ignoranti dell'Occidente
conservarono l'eredità ortodossa dell'Occidente per lunghi anni. Lo
spirito della religione popolare continuò nello stesso modo. C'erano
ancora persone che ne vivevano la teologia, l'esperienza religiosa. Nel
XIV secolo in Inghilterra, scritti come "La nube della non conoscenza",
indicano questo processo. Lo stesso può essere vero di Jan Hus in
Boemia. In Inghilterra Wyclif scrisse: "Solo i greci sono fedeli a
Cristo". Ci furono in seguito contatti tra l'Inghilterra e le Chiese
ortodosse, nel XVII, XVIII e XIX secolo. Il vescovo Ken, il Non-Juror,
scrisse: "Io muoio nella fede della Chiesa indivisa". Altri hanno
adottato un atteggiamento simile e ci sono stati casi isolati di
conversione, o meglio di ritorno alla fede ortodossa.
L'Ortodossia, in una forma o nell'altra, è
emersa di tanto in tanto in vari paesi occidentali come una sorta di
flusso di luce vitale, puramente spirituale. Nel complesso, tuttavia, la
storia del secondo millennio del cristianesimo occidentale è stata la
storia avvincente ma tragica della riduzione e frammentazione
dell'Ortodossia. La storia dell'Occidente dopo il secolo undicesimo è la
storia del trasferimento di energia, di fede e di impegno dal regno
spirituale a quello caduto. L'Ortodossia cerca costantemente all'interno
la risposta ai problemi del cristianesimo, mentre l'Occidente, a
partire da questo periodo, ha reso esterno il suo essere spirituale,
mettendo la sua forza nelle mani del suo essere temporale.
Alla luce di queste considerazioni, sembra che l'unico modo per uscire da questa impasse
per un europeo occidentale sia l'adozione della fede cristiana
ortodossa. È questa fede che si trova alle radici spirituali di tutti i
popoli occidentali, e diventare un cristiano ortodosso per un
occidentale significa diventare se stesso in modo più vero, diventando
quello che i suoi antenati erano in un lontano passato, un confessore
dell'Ortodossia. Il significato dell'Ortodossia nel contesto occidentale
è la restaurazione, la ricostituzione della Chiesa, il reinserimento in
essa, il ritorno a casa del figliol prodigo. Le radici spirituali
d'Oriente e d'Occidente rappresentano lo stesso fine, lo stesso ideale -
la fede ortodossa. L'Ortodossia in Occidente significa non solo l'unità
con la Chiesa ortodossa, ma anche l'unità con una decina di secoli di
tradizione cristiana occidentale. L'Ortodossia è al cuore del
cristianesimo in Occidente, una volta che tutti gli strati di
pregiudizio, ignoranza e illusione sono stati rimossi. Le nostre radici
spirituali sono nell'Ortodossia, il ritorno alla più autentica e
profonda tradizione cristiana.
* * *
Settembre 1976 - dal libro di padre Andrew Phillips, Orthodox Christianity and the English Tradition (Il cristianesimo ortodosso e la tradizione inglese), pubblicato a Felixstowe da The Orthodox Trust nel 1997. |
martedì 5 novembre 2013
Dal sito: http://www.ortodossiatorino.net
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