Vita
di san Nicola Kirieleison, pazzo per Cristo
[2 giugno]
La Vita
di san Nicola (detto anche il Pellegrino), sebbene provenga
da ambiente franco-cattolico del XII secolo, è di straordinario
interesse: raccoglie i ricordi relativi a un giovanissimo pazzo per
Cristo nato in Grecia nel 1075 circa e morto nel 1094 circa in
Puglia, dove è venerato a Trani e in diverse altre località. La sintesi
qui proposta è tratta da G. CIOFFARI,
San Nicola pellegrino patrono di Trani, Bari 1994.
Nicola
nasce nel 1075 circa in un villaggio nei pressi del Monastero di San
Luca di Stirion [nella Focide, non lontano da Livada, diocesi di Tebe –
Thivòn ke Livadìas] da poveri agricoltori; non riceve alcuna
istruzione e, all’età d’otto anni circa, è mandato a pascolare le
pecore. Illuminato tuttavia dalle increate Energie, un giorno,
all’improvviso, comincia a gridare: Kyrie eleison! Invocando
incessantemente la divina misericordia, meritò di raggiungere grandi
altezze.
La madre
ricorre a minacce e botte, nell’intento di far rinsavire il figlio;
quando si rende conto di non riuscire a distoglierlo da quella pratica,
lo caccia di casa. Il ragazzo, dodicenne, si avvia verso la montagna e
si rifugia in una grotta, nella quale abitava un’orsa. Vedendola, Nicola
afferra una croce e dice: – In nome di Gesù Cristo, non entrare più
in questo luogo. Obbediente, l’orsa lasciò quel luogo e disparve.
Nicola si stabilisce nella grotta, nutrendosi d’erbe crude, gridando
giorno e notte: Kyrie eleison! Un giorno gli si presenta un
monaco dall’aspetto venerabile e dalla barba lunga, nudo e con i capelli
bianchi: lo chiama per nome; lo spinge all’amore della virtù; lo esorta
e istruisce, poi scompare[1].
La madre
porta poi Nicola nel Monastero di San Luca di Stirio. All’inizio,
sospettandolo posseduto dal demonio, i monaci lo bastonano: egli allora
sta dinanzi alla porta del tempio, rivolgendosi a Dio senza mai
stancarsi e gridando in preghiera: Kyrie eleison!
I monaci
chiudono Nicola in una torre, e fermano la porta con un macigno: verso
la mezzanotte, ecco un tuono, il macigno rotola e il ragazzo può uscire
liberamente e si reca in chiesa, esclamando come al solito Kyrie
eleison. I monaci acciuffano Nicola e lo incatenano in una cella. La
catena si disfa: Nicola va al refettorio, dove i monaci mangiano e,
pregando sempre il suo Kyrie eleison, mette la catena dinanzi ai
loro occhi. Lo cacciano dal monastero, ma la Potenza divina solleva
Nicola e lo depone sulla cupola della chiesa. I monaci, che dopo
il pranzo stanno riposando nelle celle, lo sentono gridare il solito
Kyrie eleison e accorrono: uno si arrampica sulla cupola e, a
bastonate, costringe Nicola a scendere. Nel tentativo di farlo
rinsavire, i monaci buttano il ragazzo in mare; un delfino, sollevandolo
dal profondo, salva Nicola che, salito su uno scoglio, continua a
gridare Kyrie eleison! Intanto si solleva improvvisamente il
vento, le onde si agitano e si scatena la tempesta; i monaci che lo
avevano buttato a mare sono in pericolo. Nicola li chiama da terra,
dicendo: – Gridate anche voi il Kyrie eleison! Una volta salvi, i
monaci lasciano in pace il ragazzo; egli, però, abbandona il monastero e
torna a casa dalla madre.
Nicola,
prendendo una mannaia o un’ascia o un coltello, ogni giorno andava in
montagna; tagliava legna da alberi di cedro, faceva delle croci e andava
a piantarle ovunque.
Un giorno
Nicola prende con sé il fratello Giorgio, più piccolo di lui, e lo
conduce in montagna. Gli dice: – Ti supplico, resta con me per tre
giorni, costanti nella preghiera. Il Signore ci farà conoscere ciò che
ha previsto per noi. Prega, dunque, affinché anche tu sia illuminato.
Ecco, appare un angelo del Signore, come una colonna di fuoco la cui
sommità raggiungeva il cielo; prende entrambi e li porta in un luogo
altissimo, dicendo: – Questo luogo, o Nicola, grazie a te sarà
glorificato sino alla fine del mondo. Giorgio dormiva profondamente;
quando l’angelo se ne fu andato, chiese: – Dove siamo? Nicola
rispose: – A Oraco. Replica Giorgio: – Non potevi fare
l’eremita da solo, senza costringere anche me? Come possiamo lasciare
sola nostra madre? Gli dice il santo: – Il Padre delle
misericordie che ha cura di tutti la custodirà, proteggerà e difenderà
da ogni male, consolandola e salvandola in questo e nel mondo a venire.
Giorgio
lascia il fratello e torna a casa; il santo invece rimane dove l’ha
portato l’angelo: si costruisce una capanna e intaglia croci di legno di
cedro, innalzandole dappertutto.
Un giorno
gli appare l’angelo del Signore e gli dice: – Tu scaverai in quel
punto e troverai una sorgente, ma gli uomini della zona non ti
lasceranno abitare qui. Un giorno, Nicola decide di salire a
Euzerichia. Mentre si avvicina, gridando come al solito Kyrie
eleison, lo vede da lontano l’igumeno Teodoro, il quale dice ai
monaci: – Facciamogli montare un cavallo feroce, e così vedremo se
davvero è un santo. I monaci lo mettono a forza in sella e spronano
il cavallo: l’animale, però, si fa mansueto.
Venuta
notte, Nicola sogna un angelo del Signore che gli mostra una grotta
piena di luce. Entra in essa; vede tre icone, una di Gesù Cristo,
un’altra della Madre di Dio, e la terza del Precursore; dinanzi alle tre
icone pendevano tre lampade. Nicola venera le icone e, sempre in sogno,
vede che l’angelo del Signore lo porta in Langobardia[2],
in una città sul mare chiamata Trani, e gli dice: – Gli uomini di
questa regione ti cacceranno e non ti tratterrai a lungo con loro.
Svegliatosi, Nicola cerca invano la grotta vista in estasi; non
riuscendo a trovarla, ritorna a Oraco e continua a intagliare croci di
legno di cedro. È così occupato quando gli viene incontro, a cavallo, il
monaco Massimo, economo del monastero di Stirio, uomo violento e severo.
Il santo lo saluta con umiltà e gli dice: – Perché maltratti i
lavoratori a te soggetti e li opprimi e affliggi ingiustamente?
Il monaco
Massimo, sceso da cavallo, cominciò crudelmente a colpire il santo col
bastone che portava. Il santo giaceva pieno di piaghe e dolori, rendendo
grazie a Dio, quando fu rapito e in sogno vide san Luca, il fondatore
del monastero di Stirio[3],
che lo assisteva dicendo: – Coraggio, Nicola; si consoli il tuo
cuore; il Signore è con te! E porgendogli una croce, immediatamente
lo risanò. Alzatosi, Nicola si recò a Euzerichia, dove il monaco Massimo
stava dormendo. Invocando ad alta voce Kyrie eleison, lo svegliò.
Il monaco fece inseguire Nicola dai cani: il ragazzo si salvò
arrampicandosi su un albero.
Un giorno
Nicola andò a trovare sua zia Irene. Lungo la strada, alcuni
passanti gli avevano regalato una certa quantità di olive. Egli le diede
a Irene, dicendo: – Parte mangiale tu, parte dalle a mia madre.
Quella se le mangiò tutte ma subito perse la voce. Il santo tornò da lei
e, segnatala con una croce, le restituì la parola.
Nicola
vestiva da monaco: non era stato ordinato, ma i monaci di Stiri gli
avevano fatto indossare l’abito, come per gioco. Una fanciulla di
bell’aspetto si presenta a Nicola, chiedendogli di poterlo seguire nei
suoi pellegrinaggi: il ragazzo accetta, e la traveste da monaco. Questa
ragazza seguiva il santo e con lui diceva Kyrie eleison eppure,
improvvisamente, accusa Nicola come seduttore e ingannatore, aggiungendo
calunnie e infamie. I paesani ricoprono Nicola d’ingiurie; arrivano
anche i parenti: sentendo il rimorso della coscienza, la ragazza
confessa la verità, che lei aveva liberamente scelto di seguire il
santo.
Il primo
luglio, nel Metochio di Faro presso il mare, chiamato Stirisca, si stava
preparando la festa dei santi anargiri Cosma e Damiano. L’igumeno di
Stirio tutti gli anni andava alla festa. C’era anche Nicola e, durante
la Liturgia, si avvicinò per ricevere il Corpo e Sangue di Cristo.
L’igumeno, ingiuriandolo, ordinò di cacciarlo fuori come uno
scomunicato. Piangendo, Nicola entrò nuovamente nella chiesa ma tre
giorni dopo, finita la festa, decise di partire per Roma.
Nicola si
reca a Naupatto e s’imbarca, aggregandosi a un monaco kaviota, a
nome Bartolomeo[4].
Sulla nave, Nicola continuamente gridava Kyrie eleison,
infastidendo quelli che navigavano con lui: fatto sta che – o
scivola o lo buttano – Nicola finisce in mare; protetto dalla Potenza di
Dio, raggiunge la spiaggia di Otranto. Al monaco Bartolomeo disse che
era stato portato in salvo da una Signora scesa dal cielo. C’era a
Otranto una nave di grandi dimensioni, che da diversi giorni non
riusciva a entrare nel porto, a causa dei venti contrari. Nicola dice ai
timonieri: – Salgo io sulla nave, e quando vi farò un segnale, allora
cominciate a tirare la nave. E sollevati gli occhi al cielo, facendo
la solita preghiera del Kyrie eleison, gridò: – Tirate! La
nave cominciò subito a muoversi e gli abitanti di Otranto si resero
conto di quale potere fosse dotato Nicola. Prendevano in mano, infatti,
la sua croce o il bastone, e guarivano da ogni malattia. Oppressi in
quegli anni dai Franchi, lo supplicavano: –
Sappiamo che ottieni tutto ciò che chiedi
al Signore: intercedi per noi presso il Signore, affinché siamo liberati
dai barbari[5].
Nicola, giorno e notte, senza smettere mai, gridava con i fanciulli
il Kyrie eleison. Una volta che Nicola dormiva sulla spiaggia,
verso mezzanotte, gli sembrò di vedere sbucare una nave di Agareni: in
realtà, erano demoni che sterminò gridando Kyrie eleison.
Si svolgeva
a Otranto una litì con l’icona della Madre di Dio. Nicola, che
seguiva e cantava Kyrie eleison, incontrò un vecchio e,
facendogli un inchino, gli disse: – Salve, mio fratello e signore! Tu
ed io siamo stati plasmati dall’unico creatore! E lo abbracciò. Ma i
cristiani che erano lì mormorarono: – Guardate, riverisce e saluta
gli Ebrei! Mettendogli dinanzi l’icona della Madre di Dio, dicevano:
– Adora la Madre di Dio. Ma egli si rifiutò, per cui lo
picchiarono[6].
Nicola
partì da Otranto e si recò a Sogliana [a 4 km da Galatina – LE] e compì
numerosi miracoli. Poi si recò [forse a Nardò e Racale,] a Olimpio
[Lecce] e a Vérnole [a 14 km da LE], dove guarì un indemoniato. Giunto
nelle vicinanze di Lecce, come al solito gridando Kyrie eleison,
entrò nel tempio di San Zaccaria. Poi, verso l’ora prima, gridando con i
fanciulli Kyrie eleison, entrò in città. Si diresse alla
cattedrale, e cominciò a gridare Kyrie eleison. Il vescovo
Teodoro [Bonsecolo, circa 1092-1101], lo fece frustare e allontanare
dalla chiesa. Due fratelli, Giovanni e Rumtiberto, presero il santo e,
legatolo mani e piedi, lo rinchiusero: appena si allontanarono, le funi
si sciolsero e Nicola uscì tranquillamente[7].
Un giorno,
nella stessa città, nei pressi della porta incontrò il corteo del
principe [di Taranto, Boemondo d’Hauteville?]. Alzate le mani al cielo,
Nicola gridò Kyrie eleison! A quel grido, a quel gesto delle
mani, i cavalli si spaventarono e disarcionarono i cavalieri. Uno di
questi schiaffeggiò Nicola ma subito cadde da cavallo, rompendosi le
gambe e restando con la mano paralizzata.
Il conte
[di Lecce e Ostuni, Goffredo?] teneva in carcere due fratelli che non
volevano pagare le tasse. Il santo, udendo ciò, va alla casa del conte,
gridando Kyrie eleison, per intercedere a loro favore. Il più
altolocato della famiglia del conte regala a Nicola una cappa e dei
sandali.
Per la
strada, passa un cieco: al vederlo, Nicola gli si inginocchia davanti,
piangendo. Questo cieco aveva ucciso il suo socio in affari,
appropriandosi del denaro. Il santo piangendo amaramente, pregava il
Signore; gli si avvicinò l’angelo del Signore e gli disse: – La tua
preghiera è stata esaudita; il peccato del cieco è stato perdonato; ora
illumina tu la sua anima. Toccando il posto degli occhi, Nicola fece
recuperare la vista al cieco.
Alcuni lo
presero e lo incatenarono nel tempio di San Demetrio. Verso mezzanotte,
apparve l’angelo del Signore, e una luce intensa riempì la chiesa:
mentre egli gridava Kyrie eleison, fu liberato. Entrando nel
campanile, cominciò a suonare le campane; appese poi il suo mantello
dinanzi all’icona di san Demetrio. Un giorno, volendo metterlo alla
prova, una donna si travestì da uomo e restò con Nicola in chiesa. Dopo
molte ore di preghiera notturna, desiderando riposare un po’, Nicola si
sdraiò tenendo accanto a sé la croce. Allora la tentatrice vide una
colonna di fuoco che scendeva dal cielo e sfiorava la testa del santo.
Questo e
altro il santo faceva in Langobardia. Segnò con una croce un bambino di
quasi otto anni, Pulexetus [?], che d’allora cominciò a fare miracoli.
Sempre
gridando Kyrie eleison, Nicola si recò a Veglie [a 18 km da
Lecce], in casa di una povera vedova, e la serviva con l’aiuto d’alcuni
devoti amanti di Cristo. Gridava Kyrie eleison incessantemente.
E, nell’invocare sempre Kyrie eleison, ora aggiungeva: Fate
penitenza! Venne poi a Taranto, sempre gridando Kyrie eleison,
e Fate penitenza. Al clamore provocato, il vescovo [Alberto]
ordinò di frustarlo: la terra circostante si tinse del suo sangue.
Partito da
Taranto, si recò a Trani. A causa però delle piaghe, giunto alle porte
della chiesa della Madre di Dio, si accasciò per terra. Una luce
circonda Nicola; perdonando tutti, il martire innocente esala l’ultimo
respiro.
Pubblicato
originariamente in:
http://digilander.libero.it/ortodossia/Nicola.htm
[1] San Lorenzo,
nato a Frazzanò di Messina agli inizi della Francocrazia,
sull’Etna incontra un uomo orribile a vedersi, tutto nudo, che
si presenta come un eremita calabrese inviato da Dio per
confortarlo.
[2] La
Langobardia, la Regione dei Principi [Longobardi], si
può identificare – grosso modo – con l’area compresa tra
Pollino, Sannio, Irpinia, Gargano. Qui invece indica l’antica
Calabria, l’attuale Salento.
[3] San Luca il
Nuovo, nato nell’isola di Eghina, fondò un monastero a Stirio,
dove morì il 7 febbraio 953. Il Monastero (Osios Loukas)
divenne ben presto celebre per i continui miracoli ed è oggi
conosciuto per gli stupendi affreschi che decorano il
katholikon, la chiesa centrale del monastero.
[4] La Vita
specifica che le precedenti notizie sono state raccontate da
Nicola al girovago Bartolomeo, che d’ora poi diventa
testimone diretto e fonte dell’agiografo.
[5] Bari fu
conquistata dai Normanni nel 1071.
[6] L’episodio è
tra i più belli esempi di Pazzia per Cristo.
[7] Le
disavventure – per usare un eufemismo – di san Nicola vanno
unite a quelle, occorse ad altri santi ortodossi di Sicilia e
Grande Grecia, negli stessi anni iniziali della Francocrazia. Il
vescovo san Luca il Grammatico, dal sud della Calabria giunge a
Taranto, volendosi imbarcare per rifugiarsi a Costantinopoli ma
è “costretto” a tornare indietro. San Giovanni di Matera,
arrestato dai Franchi, dichiara di essere pronto a morire per
la verità; condannato al rogo, evade e si nasconde nei
boschi tra Lucania e Calabria. Qui incontra Guglielmo di
Vercelli, che progettava di partire “missionario” per l’Oriente
e lo distoglie da quel proposito sgradito a Dio. Recatosi
a Bari nella speranza di potersi imbarcare per Costantinopoli –
nel 1098 – Giovanni è nuovamente arrestato.
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