“Noi cerchiamo e
preghiamo per il ritorno al quel tempo quando, essendo uniti, dicevamo
le stesse cose e non c’era divisione tra di noi”
(San Marco d’Efeso)
(San Marco d’Efeso)
E’ credenza diffusa che il mondo greco si limiti all’area “grika” del
Salento; nel suffragare ciò si tende a dimenticare che tutto il
Salento (così come tutto il Meridione d’Italia) appartenne per molti
secoli all’Impero Romano d’Oriente e che, in ogni salentino scorre
anche sangue greco, come è facile rilevare considerando semplicemente
quanti cognomi salentini presentino radice greca.
Dopo la guerra gotica (VI secolo) il Salento (così come tutta l’Italia) passò sotto il controllo dell’Impero Romano d’Oriente con capitale Costantinopoli, la Nuova Roma (come la ribattezzò il santo Isapostolo, l’imperatore Costantino). Ciò comportò l’ellenizzazione del Salento, grazie soprattutto alla presenza e al grande lavoro dei Monaci Orientali che fondarono in tutto il Salento numerosissimi monasteri: centri di fede e di cultura che ci testimoniano un Medioevo luminoso e non oscuro.
Un famoso monastero fu San Nicola di Casole ad Otranto, distrutto dai Turchi nel 1480 e i cui codici superstiti sono sparsi nelle biblioteche di tutta Europa; basti pensare che alcuni inni del Mattutino del Sabato Santo furono composti da Marco, vescovo di Otranto, la cui diocesi apparteneva alla giurisdizione del Patriarcato di Costantinopoli.
Il dominio dell’Impero Romano d’Oriente terminerà nell’XI secolo con l’arrivo dei Normanni, i quali cercarono di latinizzare il Salento e di portarlo con la forza sotto l’egemonia del Papato. Tuttavia, la fede Ortodossa rimase ancora forte, nonostante la discesa Normanna e il triste scisma della Chiesa di Roma, come testimoniano alcuni scritti dell’abate di Casole Nettario che, nella prima metà del XIII secolo, condanna nei suoi Syntagmata l’innovazione del Filioque nel Credo niceno-costantinopolitano, esponendo tutta la dottrina dei Santi Padri e dei Sette Concili Ecumenici, e quella del Purgatorio.
Le cose si complicarono dopo il Concilio di Trento nel XVI sec., quando la lotta da parte dei Vescovi latini verso gli Ortodossi della Puglia s’inasprisce: al numerosissimo clero greco fu proibito di celebrare e di essere ordinato da vescovi Ortodossi.
Tuttavia gli usi, i costumi, le abitudini sopravvissero, tramandate da padre in figlio, da madre in figlia da nonna a nipote e ancora oggi la gente di Lecce e del Salento continua a viverle e a tramandarle, a volte in maniera inconsapevole della loro origine. L’imminenza e la luce delle feste Pasquali ci dona l’occasione di riflettere sulle tradizioni di origine ortodossa, che sono giunte fino a noi: Una festa e una processione molto sentita dai Leccesi è quella della Madonna Addolorata, compatrona di Lecce, che la Chiesa Lyciense festeggia il quinto venerdì di Quaresima, ma che di norma dovrebbe essere celebrata il 15 settembre. Consultando un semplice Imerologhion (calendario liturgico della Chiesa Ortodossa) scopriremo che per il quinto venerdì di quaresima è prevista la grande officiatura dell’inno Akathistos dedicato alla Madre di Dio; per di più, se consulteremo una guida ai monumenti di Lecce, noteremo che l’antico titolo dell’Addolorata di Lecce era quello di “Madonna di Costantinopoli”.
Un’altra festa di numerosa partecipazione è la fiera di San Lazzaro, che si svolge a Lecce, nell’omonimo quartiere, il sabato prima della domenica delle Palme; in questa fiera sono venduti oggetti tipici dell’artigianato leccese ma anche palme e rami d’ulivo che il giorno successivo saranno benedetti nelle chiese. Per giunta in alcuni paesi del Salento, specie quelli dell’aerea grika, alcuni cantori girano per le strade o si fermano presso le chiese per cantare le “kalimere di San Lazzaro” canti augurali in lingua “grika” che parlano della resurrezione di Lazzaro e preannunciano la Pasqua ormai vicina. La Chiesa Cattolica commemora san Lazzaro a Luglio, mentre in questo giorno nella vicina Grecia così come in tutta la Chiesa Ortodossa si festeggia il sabato di Lazzaro come preludio della Risurrezione di Cristo che sarà celebrata la settimana successiva: recita, infatti, l’ufficiatura: “Per confermare la comune resurrezione, prima della tua passione, hai risuscitato dai morti Lazzaro, o Cristo Dio”; inoltre, le stesse “Kalimere” sono cantate nei paesi della Grecia.
Cinquanta giorni dopo la pasqua, la Chiesa celebra la Pentecoste (dal greco “pente” cinquanta), giorno in cui, con l’effusione dello Spirito Santo, nacque la Chiesa. Dopo la domenica di Pentecoste, la Chiesa latina festeggia la Santa Trinità mentre la Chiesa Ortodossa festeggia tutti i Santi. Anche per quanto riguarda questa festa abbiamo scoperto di recente, grazie ai ricordi di alcune signore anziane, che sino alla metà del secolo scorso, nei giorni successivi alla Pentecoste si portavano in processione per le vie dei paesi tutte le statue dei santi presenti nelle varie chiese e cappelle.
Numerose sono le tradizioni che potremmo riferire, ma già queste testimoniano il profondo legame che esiste tra il Salento e l’Antica Fede della Chiesa Una e Indivisa: la Chiesa Ortodossa. Spetta a noi, future generazioni, riscoprire queste radici, tramandando ciò che è il nostro tesoro, poiché non sono più i Normanni che ci minacciano, bensì un male ancora più forte: quello della globalizzazione.
Dopo la guerra gotica (VI secolo) il Salento (così come tutta l’Italia) passò sotto il controllo dell’Impero Romano d’Oriente con capitale Costantinopoli, la Nuova Roma (come la ribattezzò il santo Isapostolo, l’imperatore Costantino). Ciò comportò l’ellenizzazione del Salento, grazie soprattutto alla presenza e al grande lavoro dei Monaci Orientali che fondarono in tutto il Salento numerosissimi monasteri: centri di fede e di cultura che ci testimoniano un Medioevo luminoso e non oscuro.
Un famoso monastero fu San Nicola di Casole ad Otranto, distrutto dai Turchi nel 1480 e i cui codici superstiti sono sparsi nelle biblioteche di tutta Europa; basti pensare che alcuni inni del Mattutino del Sabato Santo furono composti da Marco, vescovo di Otranto, la cui diocesi apparteneva alla giurisdizione del Patriarcato di Costantinopoli.
Il dominio dell’Impero Romano d’Oriente terminerà nell’XI secolo con l’arrivo dei Normanni, i quali cercarono di latinizzare il Salento e di portarlo con la forza sotto l’egemonia del Papato. Tuttavia, la fede Ortodossa rimase ancora forte, nonostante la discesa Normanna e il triste scisma della Chiesa di Roma, come testimoniano alcuni scritti dell’abate di Casole Nettario che, nella prima metà del XIII secolo, condanna nei suoi Syntagmata l’innovazione del Filioque nel Credo niceno-costantinopolitano, esponendo tutta la dottrina dei Santi Padri e dei Sette Concili Ecumenici, e quella del Purgatorio.
Le cose si complicarono dopo il Concilio di Trento nel XVI sec., quando la lotta da parte dei Vescovi latini verso gli Ortodossi della Puglia s’inasprisce: al numerosissimo clero greco fu proibito di celebrare e di essere ordinato da vescovi Ortodossi.
Tuttavia gli usi, i costumi, le abitudini sopravvissero, tramandate da padre in figlio, da madre in figlia da nonna a nipote e ancora oggi la gente di Lecce e del Salento continua a viverle e a tramandarle, a volte in maniera inconsapevole della loro origine. L’imminenza e la luce delle feste Pasquali ci dona l’occasione di riflettere sulle tradizioni di origine ortodossa, che sono giunte fino a noi: Una festa e una processione molto sentita dai Leccesi è quella della Madonna Addolorata, compatrona di Lecce, che la Chiesa Lyciense festeggia il quinto venerdì di Quaresima, ma che di norma dovrebbe essere celebrata il 15 settembre. Consultando un semplice Imerologhion (calendario liturgico della Chiesa Ortodossa) scopriremo che per il quinto venerdì di quaresima è prevista la grande officiatura dell’inno Akathistos dedicato alla Madre di Dio; per di più, se consulteremo una guida ai monumenti di Lecce, noteremo che l’antico titolo dell’Addolorata di Lecce era quello di “Madonna di Costantinopoli”.
Un’altra festa di numerosa partecipazione è la fiera di San Lazzaro, che si svolge a Lecce, nell’omonimo quartiere, il sabato prima della domenica delle Palme; in questa fiera sono venduti oggetti tipici dell’artigianato leccese ma anche palme e rami d’ulivo che il giorno successivo saranno benedetti nelle chiese. Per giunta in alcuni paesi del Salento, specie quelli dell’aerea grika, alcuni cantori girano per le strade o si fermano presso le chiese per cantare le “kalimere di San Lazzaro” canti augurali in lingua “grika” che parlano della resurrezione di Lazzaro e preannunciano la Pasqua ormai vicina. La Chiesa Cattolica commemora san Lazzaro a Luglio, mentre in questo giorno nella vicina Grecia così come in tutta la Chiesa Ortodossa si festeggia il sabato di Lazzaro come preludio della Risurrezione di Cristo che sarà celebrata la settimana successiva: recita, infatti, l’ufficiatura: “Per confermare la comune resurrezione, prima della tua passione, hai risuscitato dai morti Lazzaro, o Cristo Dio”; inoltre, le stesse “Kalimere” sono cantate nei paesi della Grecia.
Cinquanta giorni dopo la pasqua, la Chiesa celebra la Pentecoste (dal greco “pente” cinquanta), giorno in cui, con l’effusione dello Spirito Santo, nacque la Chiesa. Dopo la domenica di Pentecoste, la Chiesa latina festeggia la Santa Trinità mentre la Chiesa Ortodossa festeggia tutti i Santi. Anche per quanto riguarda questa festa abbiamo scoperto di recente, grazie ai ricordi di alcune signore anziane, che sino alla metà del secolo scorso, nei giorni successivi alla Pentecoste si portavano in processione per le vie dei paesi tutte le statue dei santi presenti nelle varie chiese e cappelle.
Numerose sono le tradizioni che potremmo riferire, ma già queste testimoniano il profondo legame che esiste tra il Salento e l’Antica Fede della Chiesa Una e Indivisa: la Chiesa Ortodossa. Spetta a noi, future generazioni, riscoprire queste radici, tramandando ciò che è il nostro tesoro, poiché non sono più i Normanni che ci minacciano, bensì un male ancora più forte: quello della globalizzazione.
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