La Chiesa Cristiana, l'Ortodossia, gli Ortodossi.
Una breve introduzione ad alcuni concetti per sapere qualcosa in più
riguardo lo spirito di
verità che contraddistingue la fede Ortodossa e il suo gregge: "In
ciò che riguarda la fede, non vi siano nè concessioni nè esitazioni" (S.
Marco d'Efeso). Fra queste pagine troverete
le risposte a tutte le vostre domande. Basta immergersi nel sito e
lasciarsi illuminare da Cristo… “Io sono la via, la verità, la vita”.
L'uomo ha vinto molte delle sue malattie
ed ha raggiunto un punto elevato di civilizzazione. Possiamo dire che
viviamo in un'epoca di
unificazione su scala mondiale. Non esistono più località per le
quali occorrano mesi per attraversarle. Non possiamo più parlare di un
Oriente e di un Occidente come due entità assolutamente
separate. Oggi la distanza fra i due è stata abolita: gli uomini
intessono facilmente delle conoscenze e comunicano liberamente con genti
di altre nazionalità e di altre religioni. Questa
fraternizzazione, unita alla facilità di comunicazione e di amicizia
che caratterizza l'uomo contemporaneo, è senza alcun dubbio un segno di
progresso incoraggiante che ogni uomo non può che
approvare. Nel campo spirituale, tuttavia, numerosi problemi, più o
meno importanti, si pongono e richiedono delle risposte. Fra le domande
che vengono poste dai nostri lettori che visitano
l'Italia ed i suoi importanti monumenti, fra i quali luoghi
cristiani come il Monastero ortodosso di Bivongi o altre chiese ammirati
da secoli, vi è la seguente: "Non è il medesimo Cristo che noi
e voi preghiamo? Cosa ci separa ancora? E che cosa è questa
"Ortodossia" che voi difendete con tanto vigore e devozione?"
1. LA CHIESA E' CATTOLICA
NELLA MISURA IN CUI E' ORTODOSSA (1)
Secondo S. Anastasio il Sinaita, uno dei primi Padri
della Chiesa, "l'Ortodossia è il vero concetto di Dio e della
creazione". L'Ortodossia, vale a dire la
giusta fede, è la verità. Secondo la parola di Cristo: "Io
sono la via, la verità, la vita", è la verità incarnata. Non possiamo
trovare e conoscere la verità se non nella persona di
Cristo: è dunque unicamente in Cristo che noi siamo salvati. L'Ortodossia - la Verità - si identifica nel Cristo che è la verità eterna. Poichè Dio-Trinità è la sorgente della
verità, la Sua stessa esistenza è egualmente verità:
questa verità è l'Ortodossia fondamentale ed eterna nella quale gli
uomini sono chiamati a vivere. Dopo la sua caduta, l'uomo ha
perso la grazia di Dio: è decaduto dalla comunione con Dio-Verità. I
discendenti del primo Adamo, per ritornare all'unione primitiva con
Dio, devono entrare in comunione con il nuovo Adamo:
Cristo. La salvezza dell'uomo non è possibile che in Cristo. Ma
quale verità ci offre Cristo? E dove questa verità è
rimasta inalterata, pura e senza confusione? La risposta si
trova nelle Sante Scritture che designano la Chiesa come "colonna e
fondamento della verità (I Tim. 3, 15). La volontà di Dio è che tutti
giungano alla Verità, vale a dire a Cristo (L'Ortodossia
incarnata), nel suo Corpo che è la Chiesa. La redenzione dell'uomo,
il suo ritorno e la sua unione a Dio e la sua salvezza finale non
possono realizzarsi che nella Chiesa.
La Chiesa è stata fondata nel mondo poichè in esso l'uomo
realizza la sua esistenza e la sua comunione con Dio ed il resto del
mondo. E nella Chiesa, l'uomo trova
il senso della vita, del suo destino ed una reale comunione con gli
altri uomini e l'insieme della creazione. Secondo l'Apostolo Paolo, la
Chiesa è "il suo corpo, la pienezza di colui che si
realizza interamente in tutte le cose" (Ef. 1, 23). La salvezza che
Cristo ci porta con la sua Crocifissione e la sua Resurrezione, continua
nella Chiesa. Ecco perchè il Beato Agostino chiama la
Chiesa "Cristo esteso in tutti i secoli". Questo significa che la
Chiesa è Cristo, il Quale, anche dopo la sua Resurrezione e la sua
Ascensione, continua a salvare il mondo con lo Spirito-Santo.
L'umanità può continuamente trovare Dio nel corpo di Cristo, nella
Chiesa. "Ecco perchè non possiamo separare Cristo dalla Chiesa. Non si
può avere la Chiesa senza Cristo e non vi è Cristo fuori
della Chiesa: senza di Essa non vi è nè verità nè salvezza. La
verità fuori dalla Chiesa-Corpo di Cristo è simile a
polvere d'oro nel fango. Non sono altro che raggi momentanei
della presenza divina nella condizione dell'uomo decaduto, niente
altro che la sua incapacità ad elevarsi e ad essere salvato".
Il Cristo, Verità assoluta, ci conduce alla salvezza con
la sua Chiesa e la Chiesa è fondata sulla Verità. Se si vuole avere
un'autentica conoscenza di Cristo nella
sua universalità e pienezza si deve necessariamente ricorrere alla
Chiesa. "Fuori dalla Chiesa, anche nelle cosiddette eresie "cristiane",
l'incapacità di trovare la pienezza del Cristo esclude
la possibilità della salvezza". Ecco perchè le parole di S.
Cipriano, vescovo di Cartagine, secondo le quali "fuori dalla Chiesa non
vi è affatto salvezza", non sono esagerate. "Senza la Chiesa
non possiamo conoscere il Cristo. Parallelamente, senza la Chiesa
non possiamo comprendere nè le S. Scritture nè il tesoro della
tradizione.
E' evidente che, per conoscere Cristo nella Chiesa qui ed
ora, occorre che la Chiesa esprima la verità di Cristo nella sua
pienezza. Altrimenti il vero Cristo
rimane sconosciuto e inaccessibile fintanto che l'uomo rimane
lontano dalla salvezza, esatta condizione delle diverse eresie. E' unicamente nella Chiesa, nell'Ortodossia - vale
a dire la Fede giusta - che l'uomo può veramente incontrare il Cristo ed essere salvato".
La Chiesa, secondo uno dei Santi Padri, è "l'Assemblea
del popolo ortodosso". La Chiesa vive attraverso i secoli e vive come
l'Ortodossia. E' impossibile pensare la
Chiesa senza l'Ortodossia. In questo contesto noi dobbiamo
comprendere la Chiesa come tradizione: processo divino e movimento
dinamico di Dio nella Storia. Padre Dumitru Staniloae, teologo
romeno, dice che "l'Ortodossia è una condizione vivente, la vita
incessante della Chiesa". "La Chiesa ha sempre considerato come sua
responsabilità più elevata quella di conservare, nello Spirito
Santo, la fede apostolica inalterata. Se la Chiesa non fosse rimasta
fedele alla verità della sua esistenza, non potrebbe restare fedele a
se stessa e non avrebbe potuto conservare la sua
identità. Il contenuto e la sostanza della Chiesa è l'Ortodossia".
Questa responsabilità che la Chiesa ha di conservare la verità
attraverso la tradizione non è qualche cosa di astratto.
La Chiesa veglia affinchè ciascuno dei suoi figli rimanga
nella verità, nell'ortodossia e nell'ortoprassi (giusta fede e giusta
azione). Ogni cristiano che si trovi
nella Chiesa, non deve accontentarsi di credere semplicemente ma
deve credere in Dio; e non soltanto credere in una potenza suprema ed
invisibile, ma in Dio-Trinità che si rivela nel Cristo. Allo
stesso modo, non deve semplicemente amare, ma amare il suo Dio
amando il suo prossimo. "La Chiesa ha l'obbligo di conservare questa
ortodossia di fede e di vita e di farne partecipare il mondo
con la sua missione e la sua testimonianza". Coscienti di questo,
possiamo facilmente comprendere perchè la Chiesa rigetta tutti coloro
che hanno cercato di falsare o di rifiutare la sua verità,
coloro che tentano di aggiungere o di togliere qualche cosa a quella
verità che è Cristo stesso. La Chiesa li rigetta come eretici non
perchè manchi di amore verso gli uomini ma, al contrario, a
causa del suo eccesso d'amore per essi dal momento che fuori dalla
Chiesa non vi è salvezza. La Chiesa non può compromettere nè sacrificare la verità e la fede ortodossa poichè
perderebbe allora la sua identità e la sua cattolicità".
"Il cristiano, in ogni tempo, deve accettare tutto ciò che il Cristo ha
rivelato e che è trasmesso dal Suo Corpo (la Chiesa).
Deve accettare la verità intera e non un "minimum di fede". "La
cattolicità e l'ortodossia della Chiesa sono preservate unicamente nella
plenitudine e nella totalità della fede. La Chiesa è
cattolica nella misura in cui è ortodossa, poichè allora soltanto ha
preservato la plenitudine della verità in Cristo".
Sicuramente, oggi, siamo abituati a semplificare le cose e
diventiamo indifferenti alla Verità della Chiesa. Superficiali e
frivoli, ci arrestiamo davanti alle
forme esteriori e proclamiamo che è sufficiente essere d'accordo su
di una fede di base e che tutto il resto è inutile: i dogmi ed i canoni
(regole del diritto ecclesiastico) sono stati fatti per
gli uomini ed è necessario accantonarli "per carità". "Invece i
dogmi, come regole di fede, non hanno distrutto l'unità della Verità.
Hanno creato i limiti dell'Ortodossia, della Chiesa, in modo
tale che la Chiesa - l'Ortodossia - possa essere distinta
dall'eresia... Per la Chiesa, il fondamento della fede è unico: la
pienezza della verità in Cristo".
Per la Chiesa, una cosa è necessaria: conservare la verità inalterata così come l'ha ricevuta. Per questo scopo la Chiesa ha mobilitato
tutte le sue forze per combattere l'eresia, il suo nemico più irriducibile.
Le persecuzioni non hanno mai minacciato l'unità della Chiesa nè la sua
capacità di conservare la verità. Al
contrario, esse l'hanno a volte aiutata a radunare le sue forze,
allorchè l'eresia l'ha turbata a diverse riprese. L'eresia, che altro
non è che un mascheramento della verità, minaccia
l'esistenza e la sostanza (ipòstasi) della Chiesa, minaccia la
Verità tentando di separare e di dividere il Cristo. Ma un Cristo
frantumato e diviso, che non sia l'intera "verità incarnata", non
è affatto il Cristo salvatore. Gli eretici non rigettano la totalità
della verità, non rifiutano affatto il Cristo: non l'accettano interamente
ma soltanto in parte. Ario, per
esempio, non rifiutava l'umanità di Cristo ma rigettava la sua
divinità. Altri accettavano la sua divinità e rifiutavano la sua
umanità. Ma nessuno di loro accettava il Cristo totale ed indiviso.
"La verità della Chiesa è una pienezza, una unità che deve sempre
dimorare indivisa e inseparabile.
L'eresia, tuttavia, cerca di sottomettere la verità della tradizione ecclesiastica ai criteri dell'uomo decaduto. L'eretico si pone a giudice e criterio
della verità rivelata. Per questa ragione, gli eretici di tutte le epoche sono stati dei razionalisti. Un eretico (divenuto tale poichè l'orgoglio lo possiede ed è pieno sino
all'eccesso della fiducia nella sua sola ragione e nelle sue opinioni) si stacca da solo dalla grazia divina vivificante e tenta di salvarsi con le sue forze, con la "verità" che si è
forgiato e non con la Verità donata da Dio. L'eresia conduce inevitabilmente ad
una religiosità fondata sull'uomo". Anzi, la lotta di tutti i Padri
contro le diverse eresie
tendeva a conservare la fede nella sua integralità - cosa
indispensabile alla salvezza - con lo scopo di mantenere ogni uomo
nell'Arca della Chiesa, che è il corpo di Cristo. Si può dire che
questa lotta è la loro più grande offerta alla Chiesa. E' per questo
che essi non hanno mai consentito a coesistere con gli eretici in un
"minimum" di fede nè a soddisfarsi di una parte di
verità, ma hanno lottato per conservare tale fede intera ed indivisa
poichè in tal modo erano Ortodossi - nella Verità - ed ottenevano la
salvezza. Il metodo dei nostri giorni, secondo il quale
si cerca di non menzionare le differenze per mettere in rilievo i
punti comuni, non sarebbe mai stato accettato dai Padri come punto di
partenza di una discussione teologica con gli eretici. Al
contrario, essi hanno riunito dei Concili Ecumenici ed hanno lottato
non per un "minimum" di fede, non per trovare ciò che gli eretici
avevano in comune con essi, ma per ben mostrare ciò che li
separavano, quali insegnamenti degli eretici deturpavano la verità
e, di conseguenza, rompevano l'unità della fede. In altre parole, se la
Chiesa si fosse mostrata indifferente alla conservazione
della fede e della tradizione, tali e quali erano state ricevute,
pure e inalterate, essa non sarebbe stata più la Chiesa di Cristo, il
suo corpo, ma una qualunque organizzazione umana o
politica, Essa cesserebbe di essere legata al Cristo, al suo
sacrificio sulla Croce, alla salvezza.
2. LE QUALITA' INTERIORI DELLA CATTOLICITA' (2)
di G. Florovskij
La cattolicità della Chiesa non è un concetto
quantitativo o geografico. Essa non dipende affatto dalla diffusione
mondiale dei fedeli. L’universalità della
Chiesa è la conseguenza o la manifestazione, ma non la causa o il
fondamento della sua cattolicità. La sua diffusione nel mondo o l’universalità della Chiesa è solo una
caratteristica esteriore, per nulla necessaria. La Chiesa era cattolica anche quando le comunità cristiane costituivano soltanto isole solitarie in un mare di miscredenti o di
pagani. E la Chiesa rimarrà cattolica anche alla fine dei
tempi, quando il mistero dell’“apostasia” sarà rivelato, allorché ancora
una volta la Chiesa si ridurrà ad un “piccolo gregge”.
“Quando verrà il Figlio dell’Uomo, troverà la Fede sulla terra?”
(Luca 18, 8). Il metropolita di Mosca Filerete si espresse in modo assai
adeguato su questo punto: “Se una città o una regione si
allontanano dalla Chiesa universale, quest’ultima continuerà a
rimanere sempre un corpo integrale, non destinato a perire”. Il
metropolita Filerete usa a questo punto il termine “universale”, nel
senso di “cattolico”.
Il concetto della cattolicità non può essere
misurato con la sua diffusione nell’ampiezza del mondo: il vocabolo
“universalità” non lo esprime
esattamente καθολική, che deriva da καθ’όλω, significa, in primo luogo, l’intera pienezza ed integrità della vita della Chiesa. A questo proposito parliamo di
“pienezza”, non solo di “comunione”, e ad ogni modo non di una semplice comunione empirica. Καθ’όλον non è sinonimo di κατά παντός;
esso riguarda non il piano fenomenico ed empirico, ma quello ontologico
e noumenico; esso descrive la vera essenza, non le manifestazioni
esterne. Ci
rendiamo conto di questa differenza di significato già nell’uso
precristiano di questi termini, a cominciare da Socrate. Se cattolicità
significa dunque universalità, non si tratta certamente di
una universalità empirica, ma ideale; s’intende la comunione delle
idee, non dei fatti. I primi Cristiani, usando l’espressione Εκκλησία
καθολική, non hanno mai inteso parlare di
una Chiesa che si estende per tutto il mondo. Quest’espressione mette
piuttosto in risalto l’Ortodossia della Chiesa, la verità
della “Grande Chiesa” in antitesi allo spirito di separatismo e
particolarismo settario. Erano le idee di integrità e purezza che vi
erano espresse. Questo concetto è stato fissato energicamente
nelle ben note parole di S. Ignazio di Antiochia: “Dove c’è un
vescovo, lì c’è tutta la moltitudine, così come dove c’è Gesù Cristo,
c’è anche la Chiesa cattolica” (Smyrn. 8, 2). Queste
parole esprimono quelle stesse della promessa: “Quando due o tre si
raccolgono assieme nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Matteo 18,
19-20). È questo mistero del raccogliersi assieme che è
espresso da termine “cattolicità”, che è usato nel Credo, nella
maniera tradizionale della sua Chiesa. Esso significa “l’adunarsi di
tutti in una unione” e perciò è detto “assemblea”
(εκκλησία).
La Chiesa è chiamata “cattolica” perché è diffusa
per tutto l’universo e sottopone tutti alla sua giustizia. È chiamata
cattolica anche perché i suoi dogmi
sono insegnati “nella loro pienezza, senza alcuna omissione,
cattolicamente e completamente. Infine, la Chiesa è cattolica, poiché in
essa ogni genere di peccato è curato e guarito”
(Catechesi XVIII, 23; P.G. 33, 1044).
“Cattolicità” è intesa come una qualità interiore.
Solo in Occidente, durante la lotta contro i Donatisti, l’aggettivo
“cattolico” fu usato nel
senso di “universale” in antitesi al provincialismo geografico dei
Donatisti. Più tardi, in Oriente, l’aggettivo “cattolico” fu
interpretato come sinonimo di “ecumenico”. Ma in tal modo se ne
limitò il concetto, rendendolo meno vivo, in quanto richiamava
l’attenzione sulla forma esterna, non sui suoi contenuti esteriori.
Tuttavia la Chiesa non è cattolica per la sua estensione
esterna, o, ad ogni modo, non solo a causa di essa. La Chiesa è
cattolica non solo perché è un’entità che abbraccia tutti, non solo in
quanto unisce tutti i suoi membri, tutte le Chiese locali,
ma perché lo è intimamente, in ogni sua piccola parte, in ogni atto
ed evento della sua vita. La “natura” della Chiesa è cattolica, il vero
tessuto della Chiesa è cattolico. Essa è cattolica
perché è l’Unico Corpo di Cristo; essa è l’unione in Cristo, l’unità
nel Santo Spirito, e questa unità è il più alto grado di pienezza e di
completezza. Il criterio dell’unità cattolica risulta
dal fatto che “la moltitudine di quelli che credettero,
costituiscono un solo cuore ed una sola anima” (Atti 4, 32). Quando ciò
non si verifica, la vita della Chiesa è limitata e ristretta. La
mescolanza ontologica di persone è e deve essere resa perfetta
nell’unità con il Corpo di Cristo. I singoli individui cessano di essere
esclusivi ed impenetrabili. Scompare la fredda separazione
tra ciò che è “mio” e ciò che è “tuo”. La crescita della Chiesa
riguarda la perfezione della sua pienezza interiore, della sua
cattolicità interiore, nella “perfezione della pienezza”; “che essi
possano essere perfetti nell’unità” (Giovanni 17, 23).
Il principio della Chiesa Ortodossa secondo cui
il “custode” della tradizione e della pietà è tutto il popolo, cioè il
Corpo di Cristo, non
diminuisce né limita in alcuna maniera il potere di insegnare dato
alla gerarchia. Questo principio significa soltanto che la potestà
d’insegnare della gerarchia, è una delle funzioni della
pienezza cattolica della Chiesa: c’è il potere di rendere
testimonianza, di esprimere la fede e l’esperienza della Chiesa, potere
che è stato mantenuto in tutto il Corpo. L’insegnamento della
gerarchia è, per così dire, il portavoce della Chiesa. “De omnium
fidelium ore pendemus, quia in omnen fidelem Spiritus Dei spirat” (San
Paolino da Nola, Epist. 23, 25; P.L. 61, 281).
Solo alla gerarchia è stato concesso di insegnare “con autorità”.
Essa non ha ricevuto questo potere d’insegnare dai fedeli, ma dal Sommo
Sacerdote Gesù Cristo, nel mistero (sacramentum) del
sacerdozio. Ma questo insegnamento trova i suoi limiti
nell’espressione di tutta la Chiesa. Essa è chiamata a testimoniare
questa esperienza, che è un’esperienza inesauribile, una visione
spirituale. Un vescovo nella Chiesa deve essere un maestro. Solo il
vescovo ha ricevuto la pienezza del potere e l’autorità di parlare a
nome del suo gregge. Quest’ultimo ha il diritto di parlare
attraverso il vescovo. Ma per agire così il vescovo deve abbracciare
la Chiesa nel suo intimo: egli deve rendere manifesta l’esperienza e la
fede di quest’ultima. Egli non parla in nome proprio,
ma in nome della Chiesa, ex consensu ecclesiae. È proprio il contrario della formula del Vaticano I: “ex sese, non autem ex consensu ecclesiae”.
Non è dal suo gregge che il vescovo riceve la pienezza del potere d’insegnare, ma da Cristo attraverso la successione apostolica.
Ma gli è stato
concesso pieno potere di testimoniare dell’esperienza cattolica del
Corpo della Chiesa. Il vescovo perciò è limitato da questa esperienza e
in questioni di fede il popolo deve giudicare il suo
insegnamento. Il dovere di obbedire cessa, quando il vescovo
devia dalla norma cattolica ed il popolo ha il diritto di accusarlo ed
anche di deporlo.
NOTE
(2) Da “Bible, Church, Tradition; An Eastern Orthodox View”, 33-42; 53-54. trad. A. S.
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