Acquaformosa accoglie
14 immigrate eritree
02/10/2013
Un gruppo di giovani donne eritree sbarcate a Lampedusa ha raggiunto il piccolo comune arbereshe del cosentino inserito nella rete nazionale del progetto di accoglienza dei migranti. Hanno attraversato l'inferno.
Continuano ad
arrivare anche ad Acquaformosa, piccolo comune arbereshe del cosentino,
punto di riferimento del progetto nazionale di Accoglienza, gli
immigrati che da settimane sbarcano sulle coste siciliane. L’ultimo
arrivo in questi giorni, nel cuore della notte il sindaco Giovanni
Manoccio è stato allertato che sarebbero arrivate delle donne eritree.
In poche ore insieme ai volontari dell’associazione Don Vincenzo
Matrangolo che gestisce il progetto sono stati allestiti gli alloggi,
recuperati viveri e vestiario. Sono 14 giovani donne eritree, dai 18 ai
22 anni. Quando sono arrivate, in condizioni igieniche pessime per le
disavventure patite, sono rimaste per dieci giorni in un mattatoio senza
acqua e servizi igienici, avevano ancora lo sguardo terrorizzato. Oggi
ad Acquaformosa, a distanza di pochi giorni, sono rinate. Dopo aver
attraversato il Sudan e la Libia si sono imbarcate a Tarablus. Hanno
pagato ben 1600 euro ai mercanti della morte, sono sbarcate a
Lampedusa e qui sono rimaste per un mese presso il CDA. Sono quindi
state trasferite a Pozzallo (RG) e dopo un viaggio interminabile tra
Sicilia e Calabria sono giunte ad Acquaformosa, dove sono state accolte
dal sindaco Giovanni Manoccio e dalla presidente dell’associazione Don
Vincenzo Matrangolo, l’avvocatessa Domenica Laffusa. Ora vivono in
appartamenti, fanno la spesa, la loro vita sembra aver trovato una
parvenza di normalità. I loro occhi hanno visto cose indicibili, ma i
loro sorrisi dimostrano che esiste in loro ancora la speranza. Il
progetto di Accoglienza Acquaformosa, diventato un vero e proprio
modello nazionale, si sta rivelando una importante opportunità non solo
per i migranti che qui hanno deciso di rimanere, ma anche per i
residenti. Una boccata d’ossigeno per l’economia locale. Da tre anni nel
progetto lavorano 10 giovani del posto, le scuole sono rimaste aperte
grazie ai figli degli immigrati, le case sfitte sono state occupate, i
negozi locali hanno aumentato le loro vendite. L’integrazione qui,
grazie anche alla cultura arbereshe, è naturale. I residenti hanno
compreso che per loro gli stranieri sono una ricchezza, culturale,
sociale, economica.
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