mercoledì 4 settembre 2013

Dal sito: https://mospat.ru/it

La Siria, il papa, la Cina: conversazione col metropolita ortodosso Hilarion

 di Marta Allevato


Timori per la sorte dei cristiani in Medio Oriente. Il ricordo dei due vescovi ortodossi rapiti. La stima per papa Francesco che “conosce bene” l’ortodossia. La legge anti-gay e la stretta collaborazione col Cremlino.

Mosca (AsiaNews) - La preoccupazione per le sorti dei cristiani in Siria, dove “le forze estremiste mirano alla distruzione completa del cristianesimo”; i segnali di una possibile “normalizzazione della vita dei fedeli ortodossi in Cina”; l’insoddisfazione nel campo del dialogo teologico con i cattolici, ma i “risultati sorprendenti” nel lavoro comune sui valori morali e il sociale. In un’intervista ad AsiaNews, il metropolita Hilarion di Volokolamsk, presidente del Dipartimento per le relazioni esterne del Patriarcato di Mosca, fa il punto su diversi temi della “politica estera” della Chiesa ortodossa russa e si sofferma anche sulla situazione interna in Russia, dove – a suo dire – la tanto criticata legge contro la propaganda omosessuale dovrebbe essere presa come modello anche dai Paesi occidentali, che con le loro politiche a favore delle unioni gay stanno invece andando verso una “morte certa”.
In Siria la situazione è drammatica, cosa pensa di questo conflitto la Chiesa ortodossa russa?

La situazione in Siria suscita in noi profonda preoccupazione. E’ in corso da molto tempo un conflitto armato, che non chiamerei guerra civile, perché ritengo che sia una guerra di alcuni Stati nel territorio di uno Stato terzo, e molto spesso i gruppi armati, chiamati opposizione, in realtà sono composti da stranieri, che combattono con soldi stranieri.

Cosa preoccupa di più il Patriarcato di Mosca?

Quello che più di tutto preoccupa la Chiesa ortodossa russa è il destino della popolazione civile e quello dei cristiani. Mi pare chiaro che le forze estremiste che cercano di conquistare il potere si siano prefisse come obiettivo la distruzione completa del cristianesimo in Siria. E laddove prendono il potere, anche solo temporaneamente, la popolazione cristiana viene eliminata o cacciata via dalle proprie terre e le chiese vengono distrutte. Più volte abbiamo espresso preoccupazione a riguardo e con la Chiesa di Antiochia, presente in Siria e Libano, abbiamo studiato e messo in pratica vari programmi umanitari. A questi partecipa la Società ortodossa imperiale di Palestina, organizzazione ortodossa russa che svolge un ruolo attivo in Medio Oriente e si occupa della consegna di medicinali e di quello di cui ha bisogno la popolazione.

In Siria ci sono ancora due vescovi ortodossi in mano ai rapitori.

Sì, il metropolita Boulos Yazigi (della Chiesa ortodossa di Antiochia) e il metropolita Mar Gregorios Youhanna Ibrahim (della Chiesa siro-ortodossa), la cui situazione ci preoccupa. Conosco personalmente entrambi da molti anni, sono autorevoli leader spirituali. Siamo molto preoccupati per il fatto stesso del loro rapimento e perché  in tutto questo tempo (il rapimento è avvenuto il 22 aprile scorso), non abbiamo avuto alcuna notizia su dove si trovino e come stiano. Ci sono diverse informazioni, ma nessuna di esse è mai stata confermata ufficialmente.

Anche l’Egitto ha vissuto un’escalation di violenze e i cristiani sono stati presi di mira.

In Egitto ci preoccupa l’escalation di violenza che si è creata per colpa dei Fratelli musulmani, movimento bandito in quanto estremista in molti Paesi, ma che qualche tempo fa ha preso il potere in Egitto e che ora di nuovo lo ha perso. Per colpa loro si è verificata questa escalation di violenza nel Paese, con la distruzione di chiese di diverse confessioni cristiane. Speriamo davvero che l’Egitto torni alla pace, che vada al potere una forza pacifica che abbia a cuore il rispetto dell’equilibrio interconfessionale che c’è stato nel Paese nel corso di molti secoli.

A che punto sono i lavori della Commissione mista per il dialogo teologico tra ortodossi e cattolici. Quando è previsto il prossimo incontro?

Il prossimo incontro della Commissione, con molta probabilità, sarà nel 2014. E’  ancora presto per parlare dei risultati del lavoro della Commissione, perché si stanno esaminando temi molto difficili, come quello del primato e del ruolo del vescovo di Roma, affrontato per la prima volta dopo mille anni. Durante i lavori, inoltre, sono stati sollevati alcuni argomenti molto delicati, non solo per i rapporti tra cattolici e ortodossi, ma anche tra le Chiese ortodosse stesse. Purtroppo, il documento che sta preparando la Commissione ora è sotto embargo e, quindi, non è possibile commentarlo o criticarlo, se non dall’interno della Commissione stessa.
Mi sembra, però, che al momento questo documento non soddisfi il mandato che la Commissione ha ricevuto dalle Chiese e non spieghi in modo chiaro in cosa consistono le differenze e le somiglianze tra cattolici e ortodossi.

Sembra quindi che coi i cattolici sia più efficace il dialogo sull’etica?

La Commissione teologica mista è solo uno degli aspetti del dialogo in corso oggi tra ortodossi e cattolici. Personalmente sono convinto che, al momento, sia molto più efficace il lavoro comune nel campo dei valori morali e del sociale. Credo che nell’elaborazione di una posizione comune su diverse questioni sociali e morali, siamo andati molto avanti. In particolare voglio ricordare il lavoro del Forum ortodosso-cattolico, che è stato istituito alcuni anni fa e ha avuto varie riunioni in diversi Paesi, occupandosi di temi come l’etica familiare. Siamo arrivati a risultati sorprendenti, che si concretizzano nella volontà  comune di lavorare insieme per la difesa dei valori tradizionali cristiani.

Che idea si è fatto del nuovo Pontefice?

Ho partecipato alla sua intronizzazione e il giorno seguente ho avuto con lui un incontro, durante il quale abbiamo identificato alcune piste importanti di interazione  tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa russa. Da parte del Papa ho visto una piena comprensione dell’importanza della nostra azione comune. Inoltre, era evidente che per lui queste tematiche non sono nuove, ma le conosce e capisce bene di cosa si tratta. Questa sua conoscenza nel campo del dialogo cattolico-ortodosso, e anche la sua precedente esperienza in Argentina (dove ha più volte visitato le nostre parrocchie russe ortodosse a Buenos Aires ed è stato presente ai servizi liturgici, incontrando i parrocchiani), fanno sperare in uno sviluppo positivo dei nostri rapporti sotto il suo pontificato.

Cosa bisogna ancora fare per realizzare l’incontro tra il Papa e il Patriarca?

Bisogna prepararlo. Concretamente bisogna arrivare all’accordo su quelle questioni su cui oggi divergiamo. Lei sa come si prepara un incontro bilaterale tra capi di Stato? Prima che i capi di due Stati si incontrino, diversi gruppi dei loro collaboratori devono lavorare a fondo su molte questioni dei rapporti bilaterali. In questo modo, l’incontro tra i due leader non è di protocollo, ma il frutto di un lungo processo di preparazione. Anche noi dobbiamo preparare bene questo incontro, in modo che non sia solo di protocollo, ma permetta di elevare le nostre relazioni a un nuovo livello d’interazione, fiducia e comprensione.

Quale è il maggiore ostacolo in questo senso?

A oggi il più grande problema in questo senso è la situazione dell’Ucraina occidentale, dove negli anni ’80 e ’90 sono successi fatti molto tristi, che hanno privato la comunità ortodossa di alcune città e villaggi delle loro chiese. Si tratta di una situazione che per ora non cambia.
Secondo lei, comunque, ci si sta avvicinando a questo incontro?
Penso che ogni giorno ci avviciniamo esattamente di un giorno! Non posso però dire quando esattamente questo incontro avverrà.

Come sarebbe vista dal Patriarcato di Mosca una visita a Gerusalemme del Papa, su invito del Patriarca Bartolomeo I ?

Direi che è una questione che riguarda i rapporti bilaterali tra la Chiesa di Roma e quella di Costantinopoli. Questi rapporti hanno una storia lunga e purtroppo segnata da eventi tragici. Credo che gli incontri tra i capi delle chiese di Roma e Costantinopoli siano molto importanti e utili per la cura delle ferite inflitte all’unità della Chiesa in passato.

Che risultati ha portato la visita del Patriarca Kirill in Cina, a maggio, e quali spazi si aprono per la libertà religiosa nel Paese?

Tutta la storia dell’ortodossia in Cina coincide con quella della Chiesa ortodossa russa. La Chiesa ortodossa cinese è sempre stata sotto la giurisdizione di quella di Mosca. Negli anni ’50, non molto prima dell’inizio della rivoluzione culturale, era stata istituita la Chiesa ortodossa cinese autonoma, rientrante nella giurisdizione del patriarcato di Mosca. Ma, con la rivoluzione culturale, tutta la sua infrastruttura è stata distrutta. Gli ultimi 20 anni ci siamo occupati di ristabilire questa struttura e di condurre un dialogo con le autorità cinesi per la normalizzazione della situazione dei fedeli ortodossi in Cina. Per molti anni, il dialogo è stato condotto dal metropolita Kirill. Dopo che egli è diventato Patriarca, ho iniziato a occuparmene io.
La visita del Patriarca in Cina è stata possibile grazie a questo dialogo, ormai ventennale, con le autorità locali. Per ora è presto per dire quali siano i risultati concreti di questa visita, ma il fatto stesso della visita è un evento molto significativo per la normalizzazione della vita dei fedeli ortodossi in Cina.

La comunità ortodossa in Italia cresce. Avete intenzione di creare una diocesi?

Credo che in Italia ci sia non meno di un milione di ortodossi delle varie Chiese, forse anche di più. La Chiesa ortodossa russa ha in Italia più di 50 parrocchie già registrate, che costituiscono una diocesi. Questa diocesi per il momento è amministrata da Mosca, ma penso che nel prossimo futuro, magari tra tre o quattro anni, il vescovo potrà risiedere in Italia.

In Russia è in vigore una legge che vieta “la promozione di rapporti sessuali non tradizionali” e che ha sollevato molte critiche. Crede che il Paese ne abbia veramente bisogno?

Penso non solo che questa legge sia necessaria, ma anche che leggi del genere debbano essere adottate da altri Paesi, al posto delle norme che si varano oggi nell’Unione Europea sulle unioni omosessuali, che danno loro perfino il diritto di adottare bambini. Ritengo che questa politica dei governi occidentali sia una politica suicida, perché nelle condizioni di crisi demografica e distruzione dell’istituzione della famiglia, dare tali privilegi alle unioni omosessuali significa firmare una condanna a morte sia dello Stato, che di un popolo.

In che modo?

Ci troviamo sotto l’influenza di un’ideologia secolare, del consumismo nei rapporti interpersonali, della pubblicità, di un sistema educativo volto a insegnare ai bambini non alti valori morali, ma a liberare i propri istinti. Sotto l’influenza di tutte queste circostanze, in molti Stati europei si vive una forte crisi demografica e la popolazione è in forte diminuzione. Questo, dal mio punto di vista, è segno di una profonda malattia spirituale. Se questa malattia non si cura, come per tutte le malattie non curate, porterà alla morte.
Credo che in questo senso la Russia oggi possa essere un esempio. Le leggi che oggi vengono varate da noi, sono dirette per l’appunto alla conservazione di quello che noi chiamiamo ‘fondo genetico’ della nazione, il suo ‘potenziale umano’, affinché ci siano famiglie forti, con tanti figli ad abitare la vastità del territorio russo.

Molti accusano il Patriarcato di essere troppo vicino al Cremlino e anche una parte dei fedeli pare non gradire questa vicinanza. Quale è il rapporto tra Stato e Chiesa in Russia, oggi?

Non mi pare che tra i nostri fedeli ci siano molte persone non contente dei rapporti con lo Stato. Sono i giornali che a volte scrivono di questo. L’ultima volta che sono stato in Inghilterra, la Bbc mi ha chiesto in un’intervista se non pensassi che i rapporti della nostra Chiesa col Cremlino fossero troppo stretti. Ho risposto che in Russia i rapporti tra lo Stato e la Chiesa non sono più stretti che in Gran Bretagna, dove il capo della Chiesa e i vescovi sono nominati dalla Regina su segnalazione del Primo ministro. Poi mi hanno chiesto: non le sembra che una stessa persona non dovrebbe essere al potere per troppi anni? E io ho risposto che da noi non è ancora successo che qualcuno sia al potere per 60 anni di seguito, come la Regina in Inghilterra. Ma a dispetto delle tradizioni democratiche inglesi, queste mie risposte sono state censurate e l’intervista è stata trasmessa dopo che erano state tagliate.
Oggi i rapporti tra Stato e Chiesa in Russia si basano su due principi. Il primo è il principio di non interferenza. La Chiesa ortodossa russa non appoggia nessun partito o nessuna politica in particolare. In quanto partecipa alla vita sociale, la Chiesa può dare la propria valutazione di un programma politico, o di certi problemi specifici. Ma la Chiesa non partecipa alla gestione dello Stato né alla competizione politica. Così anche lo Stato non partecipa alla gestione della Chiesa, non si intromette nella scelta dei vescovi, del Patriarca, o in qualsiasi decisione interna.
Il secondo principio è quello della collaborazione tra Chiesa e Stato in questioni d’interesse comune. Si tratta innanzitutto di questioni etiche, come la politica demografica, l’etica della famiglia, il problema dei bambini abbandonati e tanti altri temi su cui c’è ampio spazio per la collaborazione.

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