sabato 28 giugno 2014

Decalogo degli italo-albanesi

                       NJË  TRADITË
                       NJË  SHËPIRT

                                        NJË  ZËMIR
                       NJË  GJUFË
                       NJË  FJAMUR
                       NJË  DHE
                       NJË  KULLTUR
                       NJË  QISHË
                       NJË  BESË “ORTODOKSIA”
                       NJË  ‘KRISHTË’

       KËTA JAN DHËJET PIKATË E ARBËRESHËVETË
  NJË  TRADITË
NJË  SHËPIRT
NJË  ZËMIR
NJË  GJUFË
NJË   FJAMUR
NJË  DHE 
NJË KULLTUR
NJË  QISHË
NJË BESË “ORTODOKSIA”
NJË  ‘KRISHTË’
KËTA JAN DHËJET PIKATË E ARBËRESHËVETË

venerdì 27 giugno 2014

Anche i preti, come tutti, sono esseri umani........: http://www.ortodossiatorino.net


 Segreti che il tuo parroco non può 
condividere con te in una predica
 




  






1) Sai che il tuo medico, avvocato e dentista hanno dovuto completare anni di addestramento estenuante e hanno dovuto presentare numerose credenziali prima di praticare la loro professione? Ebbene, ho dovuto farlo anch'io. Nella maggior parte dei casi dobbiamo seguire un programma di laurea di quattro anni, talvolta un diploma professionale triennale, completare degli stage e fare un equivalente di un "internato". Quindi, quando pensi che io sia un idiota che non capisce proprio nulla, stringo i miei denti spirituali e cerco di ricordarmi dell'umiltà di Cristo. Sorrido, ma solo all'esterno.
2) L'offerta che fai in chiesa non è una mancia per una buona predica, né ti è richiesto di pagare un compenso per i servizi resi. La tua responsabilità cristiana, cioè quella di portare le decime e le offerte alla comunità in cui rendi culto a Dio, è una pratica spirituale che sgorga dalle Sacre Scritture. Le persone a cui Gesù ha insegnato e che ha guarito vivevano in estrema povertà. E poi c'erano le tasse, imposte da un brutale esercito di occupazione. Ricordi Matteo il pubblicano e tutti quei centurioni in giro? Non erano lì per fare le comparse. Eppure, Gesù dava comunque per scontata la pratica ebraica della decima. L'assenza di offerte adeguate è un problema spirituale. Lo so, e prego per te.
3) Probabilmente pensi che io lavori solo quanche ora alla domenica mattina, perché è così che spesso mi vedi. Ma quelle poche ore alla settimana richiedono giorni di preparazione. Alla domenica, di solito sono anche riuscito a trovare tempo per varie riunioni di gruppi parrocchiali, ho visitato diverse malati o costrette a casa, e ho dovuto chiamare l'idraulico e la società dei cassonetti. Ho anche rappresentato la chiesa a una funzione civica, e mi sono sorbito tre lunghe telefonate in cui mi dicevano che la predica della scorsa settimana era "troppo politico", perché ho ​​fatto notare che Gesù ha insistito ci preoccupiamo per i poveri. E' stata una settimana intensa, ma ce l'ho fatta con meno di 60 ore di lavoro... una buona media, no?
4) Oh, e a proposito della domenica mattina ... sono stato "a pieno volume", come un concerto rock, per tutta la mattina. Cerco di sorridere e di socializzare, ma in realtà mi sento fritto. Hai presente quella cosa importante che avevi bisogno di dirmi quando sei venuto a baciarmi la mano e sei subito scappato per andare a pranzo? Me la sono dimenticata, insieme con quelle cose importanti che mi hanno detto altre otto persone. Mi dispiace, non volevo dimenticarle, ma è meglio che mi scrivi, mi mandi una e-mail, o mi lasci un messaggio per quando torno in ufficio. Io penso che siano cose importanti perché tu pensi che siano cose importanti, ma le ho già dimenticate.
5) Io lavoro per Dio. Lo so che sembra folle, ma è così, e tanto basta. Ogni altro livello di autorità, il vescovo, il decano o il consiglio parrocchiale, è solo amministrazione intermedia. Non ho accettato l'invito di Dio per fare soldi. Ho accettato perché non potevo più dire di no a Dio. Questo significa che non predicherò sempre quelle cose che desideri sentire. A volte ho intenzione di sfidarti; in realtà, a volte ho proprio intenzione di farti arrabbiare. Non lo faccio per divertimento. Lo faccio perché Gesù ci ha detto che seguirlo sarebbe stato difficile, e che abbiamo bisogno di farlo con una buona squadra alle nostre spalle. E io sono nella tua squadra per scelta. Se smetto di sfidarti, saprai che sono esaurito oppure che no paura. E nessuna di queste due cose è buona per te o per la chiesa che ami.
6) Parlando di paura, mi piacerebbe mantenere il mio lavoro. Posso avere una moglie che lavora nella comunità, bambini che vanno a scuola, e certamente ho da pagare dei mutui che mi seguiranno fino alla tomba. Sto camminando su di un filo di rasoio, cercando di piacere a Dio e all'amministrazione intermedia e a ogni persona che viene in chiesa. Ho bisogno delle vostre preghiere, e possibilmente di un buon terapista...
7) Mi stanno più a cuore i fedeli abituali. So che non dovrebbe essere così, ma è la realtà. Sai, quelli che compaiono in chiesa anche sotto la pioggia battente, quelli che sono presenti a ogni raccolta di fondi e a ogni studio della Bibbia. Quando mi si presenta una perfetta sconosciuta che mi chiede i riti della chiesa e mi tratta come se fossi una sfortunata comparsa nel suo film personale, è un problema. Lo so, può essere tua nipote, ma per anni non si è mai vista all'interno di una chiesa, se non come damigella d'onore a un matrimonio. Può promettermi di far crescere quel bambino come cristiano, ma tu e io sappiamo che non ha intenzione di alzarsi dal letto la domenica mattina. Su questo ho seri scrupoli teologici, mi limito solo a non dirtelo.
8) Quando insisti sul "modo in cui facciamo le cose in questa chiesa", mi chiedo quando hai smesso di adorare un Dio vivente e hai iniziato ad adorare un edificio e la sua burocrazia residente. Dammi una mezza possibilità, e io ti aiuterò a far scendere l'età media dei fedeli e a dare questa chiesa un futuro. Molte migliaia di chiese chiudono ogni anno. La nostra non deve essere necessariamente una di loro. Ma è la tua scelta. Quando sei pronto a guardare avanti anziché indietro, sarò lì ad aprirti la strada. Ed è questo, dopo tutto, ciò che continui a dirmi che dovrei fare.
9) Infine, sono un essere umano. Davvero. Te lo ricordi quel brutto commento che mi hai fatto quando stavi per uscire dalla porta della chiesa? Faceva male. E non era molto cristiano. Ma ti perdono, e ti voglio ancora bene, perché è così che mi comporto.











mercoledì 25 giugno 2014

 Chiesa Ortodossa 
 Patriarcato di Mosca

PARROCCHIA
SAN GIOVANNI DI KRONSTADT
Palazzo Gallo - Piazza Vittorio Em. II
 CASTROVILLARI
 
Русская Православная Церковь 
Московского Патриархата 

Biserica Ortodoxă Rusă
 Patriarhia Moscovei  



 
 
 
 
 
DOMENICA 29 Giugno 2014 
 
Святитель Тихон Амафунтский
 
San Tikone
 
TONO II
 
DIVINA LITURGIA
ORE 09.30
  Tropario:
  Иже Божественнаго Духа благодатию избран святитель явися/ и чудотворец показася предивен./ Яко солнце, чудесы сияя, Тихоне,/ память твоя пресветлая./ Темже зовем ти:/ радуйся, пресловущее миру светило.

Il lupo perde il pelo, ma non il vizio. Gli uniati non perdono occasione per denigrare la loro abiurata VERA FEDE: dal sito del Rev. Padre e Confratello Ambrogio di Torino.

"Non siamo vostri nemici, siamo fratelli, vogliamo essere buoni vicini.."



















In una conversazione telefonica con Marta Allevato di AsiaNews, l'arcivescovo maggiore degli uniati ucraini, Svjatoslav Shevchuk, riesce a proporci un tale concentrato di ipocrisie buoniste che sulle prime anche noi (piuttosto ben informati sulle questioni ucraine, fin dallo scorso millennio...) ci sentiamo tentati di apprezzare il vello da pecora sulle spalle del lupo.
Il fatto è che l'uniatismo (e soprattutto quello ucraino) è per sua natura costretto alla duplicità, a cominciare da come presenta se stesso. Mons. Shevchuk è "arcivescovo maggiore" solo quando parla con una reporter cattolica italiana; parlando con rappresentanti delle chiese sotto il suo omoforio, si presenta come "patriarca", nonostante il fatto che l'unico ente che potrebbe legittimare questo suo titolo (la sede romana) NON glie lo conceda. Lo stesso nome "uniatismo", che per lui sarebbe "linguaggio che offende", viene dal termine Unia, con cui gli stessi ortodossi rinnegati passati sotto l'obbedienza polacco-romana definivano se stessi (fino al punto di parlare di una "santa Unia", termine certamente non coniato a Mosca), indubbiamente perché presentarsi come "ortodossi rinnegati" sarebbe stato poco confacente! Ora, la smania di trovare a tutti i costi un termine politically correct spinge a deliri di apnea linguistica come "ortodossi in comunione con Roma".
Ma le ipocrisie non si limitano alle auto-definizioni. Mons. Shevchuk può presentarsi come desideroso di "un aperto e sincero dialogo", accusando Mosca di mancata riconciliazione, quando per lo meno dai tempi della dissoluzione dell'Unione Sovietica OGNI progetto di dialogo proposto da Mosca E da Roma è fallito perché silurato dagli uniati stessi (ovviamente, quando a Kiev c'era ancora un governo credibile, era un po' troppo sconveniente sedersi a tavoli di dialogo che comportassero questioni come chiese e cattedrali ortodosse sottratte pochi anni prima dagli uniati con la violenza). Il rigurgito di desiderio di dialogo fin "dall'inizio dell'anno" giunge a babbo un po' troppo morto per essere credibile.
Consideriamo un'altra frase nella quale, sotto vesti nobili di autodeterminazione popolare, si nasconde il vero nucleo del problema relativo agli uniati ucraini, cioè la presa nazionalistica del potere:
"I vertici della Chiesa ortodossa russa non riconoscono l'esistenza di un popolo ucraino, con una sua propria cultura, la propria storia; in questo momento stanno negando l'esistenza stessa del popolo, della nazione ucraina come tale".
A dire il vero, non sono solo "i vertici della Chiesa ortodossa russa" ad avere dubbi sulla nazione ucraina come tale: ci pensa già abbastanza bene la base, assieme a qualsiasi storico degno di reputazione. Per essere credibili nella loro ideologia, gli uniati potrebbero presentare qualche fonte letteraria in "lingua ucraina" anteriore al diciottesimo secolo, o magari una cartina geografica delle loro terre con su scritta la parola "Ucraina" e datata prima del periodo sovietico... ma non possono farlo, per cui – soprattutto con giornalisti italiani non addentro alle questioni locali ucraine – è molto meglio ricorrere alla retorica buonista.
Per continuare, consideriamo questa meravigliosa chicca di utopia:
"Non c'è assolutamente tensione tra le varie confessioni in Ucraina"
Sì, certo... e le mucche volano, soprattutto a Pochaev.
Per concludere, non vorremmo lasciare l'impressione di essere tanto ostili a mons. Shevchuk da voler contraddire ogni sua affermazione. Quando uno si ammanta di retorica buonista, rischia sempre di farsi scappare qualche parola davvero buona, con la quale non possiamo che concordare:
"Ma io credo nella saggezza spirituale dei vescovi ortodossi..."
...ma anche noi, vladyko! Proprio per questo, quando sentiamo da parte loro seri moniti nei vostri confronti, li teniamo in alta considerazione.
"...nel fatto che sapranno liberarsi dalla ideologia politica, perché se la Chiesa rimarrà politicizzata, sarà sempre strattonata tra vari modi di fare politica e tra diversi Paesi, mentre la Chiesa deve emanare unità e non divisioni".
Certo, vladyko, certo... abbiamo ammirato il suo modo tutto personale di "liberarsi dalla ideologia politica", e possiamo fare nostre anche alcune delle sue stesse previsioni, ovviamente applicandole a lei e ai suoi:
"Finché non riusciranno a riconoscere la realtà, ci saranno sempre tensioni".
Intanto, aspettiamo da parte vostra qualcosa che con tutto questo buonismo non abbiamo ancora visto, e che non dovrebbe essere tanto difficile a chi si dichiara in comunione con Roma... un po' di mea culpa.

 

domenica 22 giugno 2014

Axios, Axios, Axios. Auguri amico e confratello in Cristo. Dal sito di P. Ambrogio di Torino


Il diacono Eugenio Miosi è stato ordinato al sacerdozio a Pescara

Celebrazione archieratica a Pescara

Sabato 21.06.2014

Il 20 giugno è iniziata la visita pastorale in Italia del capo 
del Dipartimento per le parrocchie locali del Patriarcato di Mosca,
 l'arcivescovo Mark di Egor'evsk. In serata vladyka,
 accompagnato dal segretario dell'amministrazione 
delle parrocchie in italia, l'archimandrita Antoniy (Sevryuk) 
è arrivato a Pescara, una delle più grandi città della regione dell'Abruzzo.
Il 21 giugno, l'arcivescovo Mark ha celebrato la Divina Liturgia 
nella parrocchia della Natività della Beata Vergine in un 
sobborgo di Pescara, Montesilvano. Hanno concelebrato 
l'archimandrita Antoniy, il rettore della parrocchia, 
arciprete Vyacheslav Safonov, i diaconi Vitalie Sterpu
 sopportare ed Eugenio Miosi.
Dopo il Grande Ingresso, l'arcivescovo ha officiato
 un'ordinazione sacerdotale: il diacono Eugenio Miosi è
 stato ordinato sacerdote, con il diritto a portare il nabedrennik.
Dopo la fine della funzione, vladyka si è rivolto ai fedeli con
 una predica, in cui, tra l'altro, ha invitato i parrocchiani a 
un'intensa preghiera per la pace nell'Ucraina. Dopo aver letto
 una speciale preghiera, diffusa in questi giorni in tutte 
le chiese della Chiesa ortodossa russa con la benedizione
 del patriarca Kirill di Mosca e tutta la Rus', Vladyka
 ha salutato il rettore della parrocchia, che ha ringraziato
 l'arcivescovo per la prima celebrazione archieratica nella 
 storia della comunità.
Quindi vladyka Mark ha condiviso un momento con i 
parrocchiani al tè della festa. Alla fine del pasto l'arcivescovo
 si è incontrato con il neo-ordinato sacedote Eugenio Miosi
 e con i suoi genitori. Vladyka ha augurato a padre
 Eugenio l'aiuto di Dio nel ministero e il successo negli studi 
che il sacerdote, italiano di nascita, sta compiendo presso
 la facoltà degli studenti stranieri dell'Accademia Teologica 
di San Pietroburgo.
 

 

Fuori dalla Chiesa i sobillatori amici degli uniati e degli scismatici: http://www.ortodossiatorino.net/

Il Sinodo della Chiesa ortodossa ucraina ha degradato il principale portavoce antirusso nella Rus' Carpatica



Mosca. 20 giugno. Interfax - Il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa ucraina, ha rimosso l'archimandrita Viktor (Bedja) dalla carica di commissario per l'istruzione superiore e la scienza, abolendo nello stesso tempo tale carica.
Inoltre, il sacerdote è stato rimosso dalla carica di rettore dell'accademia teologica ucraina dei Santi Cirillo e Metodio a Uzhgorod, e inviato nel clero della diocesi di Mukachevo, annuncia il servizio stampa della Chiesa ortodossa ucraina.
"Padre Victor era il portavoce principale del movimento anti-russo in Transcarpazia, ha espresso simpatia per i banderovtsy, sostenendo l'istituzione di una Chiesa locale in Ucraina," - ha detto venerdì al corrispondente di "Interfax-Religion" Kirill Frolov, capo del Dipartimento per le relazioni con la Chiesa ortodossa russa e la comunità ortodossa nei paesi della CSI.
Inoltre, a causa di inconvenienti, giovedì il Sinodo ha deliberato l'abolizione del Dipartimento onorario guidato dal segretario della Chiesa ortodossa ucraina, il metropolita Aleksandr (Drabinko).
NB. Chi ha bisogno di un commento per capire questa notizia, la legga così: il metropolita Onufrij e il Santo Sinodo hanno iniziato a fare pulizia in casa. Anche ad alti livelli, uno ha la libertà di sbraitare quanto vuole contro la Russia, senza nemmeno temere di essere deposto dal clero (dopo tutto, questa libertà conferma che ci troviamo nella Chiesa di Cristo, non in una conventicola uniata o scismatica), ma non può servirsi di una posizione di prestigio per fare accordi personali separati con i nemici della Chiesa.
 

 

Dal sito: http://latanadellorso.livejournal.com

SCALPORE IN DIRETTA

La partecipazione del giornalista Mark Franchetti alla diretta del programma ucraino “Shuster Live” ha avuto l’effetto di una bomba. Gli eventi ormai noti a milioni di persone si sono rivelati una scoperta per gli ospiti in studio. Molti di loro sono venuti a conoscenza di un parere diverso da quello delle autorita’ di Kiev per la prima volta. Il corrispondente di guerra ha raccontato i fatti di cui e’ stato testimone oculare.
Il conduttore del programma Savik Shuster ha presentato il giornalista del settimanale The Sunday Times come un amico, con il quale ha lavorato in Iraq e del quale ci si puo’ fidare. Mark Franchetti ha trascorso tre settimane nel Sud Est dell’Ucraina, all’interno del famoso battaglione di miliziani “Vostok”. La trasferta si e’ conclusa al confine, dove il “Vostok” ha riportato grosse perdite, e lo stesso giornalista e il suo fotografo hanno rischiato di morire.

“Mark, hai assistito alla morte di queste persone. Chi sono, qual e’ il loro background ideologico, quali sono le loro motivazioni?”, ha chiesto Shuster.

“Non sono un esperto, posso raccontare solo cio’ che ho visto con i miei occhi, e cio’ che ho visto e’ incontrovertibile. La maggior parte degli uomini con cui ho parlato sono ucraini, vengono dal Donbass e dalle zone limitrofe. C’e’ una piccola percentuale di volontari russi, ho parlato anche con loro. Si tratta perlopiu’ di persone prive di esperienza militare, di cittadini comuni che hanno imbracciato le armi e che sono assolutamente convinti di difendere le proprie case, come sono soliti dire, dai nazisti”, ha raccontato il giornalista del Sunday Times Mark Franchetti.

Non e’ difficile cogliere la perplessita’ sui volti degli ospiti del programma “Shuster Live”: in fondo sono abituati a sentirsi dire che nel Sud Est dell’Ucraina gli unici a combattere sono i mercenari e i sabotatori russi, e che lo fanno per soldi. Glielo ripetono ogni giorno. Gli spettatori sono certi che da un momento all’altro il giornalista fara’ una qualche rivelazione, che pronuncera’ parole familiari sulle atrocita’ commesse dai guerriglieri. E invece si fa sempre piu’ chiaro il messaggio che Kiev sta combattendo contro il proprio popolo.

“Tutti loro sentono di non poter trovare un linguaggio comune con il governo di Kiev dopo cio’ che e’ accaduto a Odessa e dopo l’inizio dei bombardamenti a Slavjansk. Voglio sottolineare che non sto difendendo la loro posizione, mi limito a riferire cio’ che ho visto. Potete definirli terroristi, potete dire che si tratta di persone che ricevono un mucchio di armi e di denaro dalla Russia, ma non e’ cosi’. Non e’ cosi’! Per ora. Si tratta di persone quasi sempre normali, senza alcuna esperienza, che hanno poche armi e che, ve lo posso assicurare, sono assolutamente certi che prima o poi la Russia accorrera’ in loro aiuto. Lo stanno aspettando, questo aiuto. Io, che lavoro a Mosca, capisco perfettamente che la Russia non ha intenzione di aiutarli, almeno per quanto riguarda la fornitura di denaro, armi, volontari e cosi’ via”, ha fatto notare Mark Franchetti.

Durante il collegamento, per alcuni minuti nello studio e’ regnato il silenzio. Il giornalista e’ stato interrotto soltanto quando era ormai palese che non avrebbe detto cio’ che ci si aspettava di sentire da lui.

“Sto ascoltando attentamente il suo amico, e sono certo che stia raccontando proprio cio’ che ha visto. Tuttavia penso si tratti di un’operazione perfettamente riuscita dei reparti speciali russi, volta a dare al giornalista occidentale quest’impressione, affinche’ lui la diffonda in Europa”, afferma Anton Geraschenko, consigliere del ministro degli Interni ucraino Arsen Avakov.

“E’ libero di pensare cio’ che vuole, personalmente me ne frego. Io sto raccontando cio’ che ho visto. Per quanto riguarda i membri del battaglione “Vostok”, considerato il migliore di tutto il Donbass, non posso confermare l’abbondanza di armi, ne’ la presenza di soldati russi tra di loro, tantomeno dei ceceni inviati da Kadyrov di cui si parla spesso. Li ho cercati a lungo, perche’ io, diversamente da voi, in Cecenia ci sono stato 30 volte. Potete ridere quanto volete, ma a differenza di voi io ci sono stato”, ha sottolineato Mark Franchetti.

E’ possibile ingannare un corrispondente come Mark Franchetti? E’ davvero in grado di distinguere un soldato da una persona senza esperienza militare? Giudicate voi: ha alle spalle alcuni punti caldi, e’ stato in Afghanistan e in Iraq, ha trascorso molti mesi in Cecenia e intervistato Shamil Basaev. A Mosca e’ entrato nel teatro Dubrovka, attaccato dai terroristi durante la rappresentazione dello spettacolo “Nord-Ost”, e ha parlato con il loro leader Movsar Baraev. Di fronte all’evidenza che Franchetti non e’ un novellino, ma un corrispondente di guerra con molta esperienza, iniziano ad accusarlo di parzialita’.

Alla conversazione si aggiunge un agente anonimo e mascherato, il quale definisce tutti coloro che combattono contro Kiev alcolisti e drogati, con i quali non c’e’ niente di cui si possa parlare. “Si deve vergognare di aver mentito a tutta l’Ucraina”, dice l’uomo mascherato, soprannominato “Odessa”.

“Perche’ dovrei vergognarmi? Io riferisco cio’ che ho visto. Vuole forse che mi metta a raccontare frottole?”, risponde perplesso Mark Franchetti.

E’ risaputo che Mark Franchetti non e’ mai andato a genio a Mosca. Il giornalista britannico ha scritto numerosi articoli sarcastici e girato alcuni film dai toni critici sul nostro paese. E’ interessante il modo in cui descrive il passaggio del battaglione “Vostok” oltre il confine con la Russia. Sorpresi da un attacco aereo, i guerriglieri si sono visti costretti a mettersi in salvo nel territorio russo, dove pero’ non li attendeva un’accoglienza calorosa.

“L’America e l’Ucraina hanno piu’ volte accusato il Cremlino di prendere le parti dei separatisti e di permettere loro di oltrepassare armati il confine ormai “permeabile”. E invece li hanno disarmati immediatamente. Hanno portato i feriti in ospedale. Gli altri, tra cui c’eravamo anche noi, sono stati condotti in un’aviorimessa. Abbiamo passato la notte in bianco, siamo stati interrogati dai collaboratori delle forze dell’ordine”, scrive il giornalista britannico.

Dopo il programma abbiamo contattato Mark Franchetti, il quale ha dichiarato di non voler parlare ne’ con i giornalisti russi, ne’ con quelli ucraini. Tuttavia e’ evidente che le parole di Franchetti sono controproducenti per le autorita’ di Kiev e per i loro sostenitori. La disillusione e il nuovo punto di vista impediscono infatti di trasformare la Russia nel nemico al quale attribuire tutti i propri errori e crimini.

http://www.1tv.ru/news/world/261025

giovedì 19 giugno 2014

http://www.ortodossiatorino.net/

Appello di sua Santità il patriarca Kirill al pleroma della Chiesa ortodossa russa

Sua Santità Kirill, patriarca di Mosca e di tutta la Rus', si appella al pleroma della Chiesa ortodossa russa.
Cari fratelli e sorelle, oggi mi rivolgo alla pienezza della nostra Chiesa, a tutti i popoli della Rus' storica.
Non ci può essere per noi oggi nulla di più importante che il fratricidio che continua, infiammando il territorio dell'Ucraina, distruggendo sempre più vite.
Oggi la parte meridionale della Rus' storica è in fiamme per lotte intestine.
I risultati di questo conflitto sanguinoso sono spaventosi. Non si parla più di un centinaio di vittime, come quest'inverno a Kiev, ma di molte, molte centinaia di morti, migliaia di feriti e senzatetto. Solo il diavolo può festeggiare quando i fratelli combattono, si distruggono a vicenda, provocano lesioni, indebolendo le forze vitali del popolo.
E, naturalmente, la Chiesa ortodossa russa, la Chiesa della Rus' spiritualmente indivisa, non può dividere il popolo di Dio secondo principi politici, nazionali, sociali o di qualsiasi altro tipo. La Chiesa compie la missione affidatale dal Signore Gesù Cristo, e non agisce a comando o su richiesta di varie forze politiche. Questo è ciò che la distingue da alcune organizzazioni, religiose di nome, ma in realtà essenzialmente secolari.
Ci sono state più volte guerre intestine nella nostra storia. Sono queste che hanno portato all'indebolimento della Rus' di Kiev e alla caduta dei principati separati e sotto l'orda di Batu, al terribile Tempo dei Torbidi nello stato russo nel XVII secolo, al mostruoso spargimento di sangue e all'instaurazione per molti anni di un regime senza Dio nel ventesimo secolo.
Le lezioni della storia mostra anche che lo lotte intestine generano sempre minacce di assoggettamento della Patria a forze esterne. Come ai vecchi tempi, così oggi ci troviamo di fronte al rischio di perdere la vera sovranità del popolo. Una sovranità, che si esprime nella possibilità e nella capacità di organizzare la propria vita sulla base dei valori morali, spirituali e culturali che per grazia divina abbiamo ricevuto dai nostri antenati al battistero della Rus' di Kiev, coltivati e assimilati nel corso di una storia plurisecolare.
Faccio appello a tutti coloro che prendono decisioni: interrompete immediatamente lo spargimento di sangue, iniziate reali negoziati per la pace e la giustizia. Non c'è nulla da vincere in una guerra civile, non ci possono essere guadagni politici che valgano più delle vite delle persone.
Per quanto riguarda la Chiesa, le sue braccia e il suo scudo sono la preghiera e la Parola di Dio, che è "viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio" (Ebrei 4:12).
Invito tutti i figli della Chiesa ortodossa russa a una maggiore preghiera, a mantenre rigorosamente il digiuno dei Santi Apostoli, appena iniziato. In modo speciale mi appello alle comunità monastiche: pregate ora il Signore, come sapevano pregare i nostri pii antenati nei tempi terribili degli sconvolgimenti; come in tempi di guerra fratricida pregarono il Padre celeste per la sua cessazione gli iniziatori del monachesimo russo, Antonio e Teodosio delle grotte di Kiev, come pregò per la cessazione dell'odiosa discordia di questo mondo l'intercessore delle terre russe, il venerabile Sergio di Radonezh, come gridarono al Signore nei giorni di caos sanguinoso e di guerra civile il santissimo Tichon, patriarca di tutte le Russie, e il santo ieromartire Vladimir, metropolita di Kiev.
In tutti i luoghi di culto della nostra Chiesa sia ora letta in permanenza la speciale preghiera, di cui oggi ho approvato il testo, per la pace e per il superamento della guerra fratricida.
"Che il Dio della pace vi santifichi interamente, e il vostro spirito, anima e corpo si conservino intramente irreprensibili" (1 Tess 5:23).
Dall'ufficio stampa del patriarca di Mosca e di tutta la Rus'

 

martedì 17 giugno 2014

 Chiesa Ortodossa 
 Patriarcato di Mosca

MISSIONE ORTODOSSA
SAN NICOLA DI MIRA
LAUROPOLI (cs)
 
Русская Православная Церковь 
Московского Патриархата 

Biserica Ortodoxă Rusă
 Patriarhia Moscovei  



 
 
  Foto: Voglio ricordare, già da ora, che la Divina Liturgia che mensilmente celebriamo a Lauropoli, presso la Chiesa di S. Francesco, per i fedeli ortodossi della zona di Cassano Jonio, Lauropoli, Doria e Sibari, da questo mese verrà celebrata ogni terza domenica del mese e non più l'ultima domenica. Quindi ci vedremo, care fedeli e cari fedeli, domenica 22 giugno 2014 con inizio alle ore 10.00
Il Signore sia con voi e vi benedica.
 
 
DOMENICA 22 Giugno 2014 
 
Patriarca di Alessandria

San Cirillo di Alessandria
 
TONO I
 
DIVINA LITURGIA
ORE 10.00
 

mercoledì 11 giugno 2014

 Chiesa Ortodossa 

 Patriarcato di Mosca
Parrocchia
San Giovanni di Kronstadt

Palazzo Gallo - P.zza Vittorio Em. II 
Castrovillari (cs)
Русская Православная Церковь 
Московского Патриархата 

Biserica Ortodoxă Rusă
 Patriarhia Moscovei  



 
 
 
 
DOMENICA 15 Giugno 2014 
 
Икона Всех святых

Domenica di tutti i Santi
 
TONO VIII
 
DIVINA LITURGIA
ORE 9.30
 
Tropario:
 
Иже во всем мире мученик Твоих, яко багряницею и виссом, кровьми Церковь Твоя украсившися, теми вопиет Ти, Христе Боже: людем Твоим щедроты Твоя низпосли, мир жительству Твоему даруй и душам нашим велию милость.

lunedì 9 giugno 2014

Un articolo che faccio mio e lo posto sul mio blog estratto da: http://ortodossiapuglia.blogspot.it/



Storia e spiritualità greca nella terra idruntina (Di Giuseppe papàs Ferrari)
Spiritualità greca nella terra idruntina
Di Giuseppe papàs Ferrari
 (articolo pubblicato sull’Osservatore Romano, il 3 Ottobre 1980)
Papàs Giuseppe Ferrari (XX secolo), sacerdote dell'eparchia greco-cattolica di Lungro e professore di spiritualità bizantina presso l'Ecumenica di Bari. Nella sua diocesi si impegnò a ripristinare le tradizioni "ortodosse". (es. eliminando statue e devozioni latine medievali)
Otranto, chiesa bizantina di san Pietro, IX-X sec.

Otranto si trova, per la sua posizione, al confine tra l’ecumene dell’antica Roma e quello della nuova Roma. Nell’antichità classica era considerata il porto naturale e il punto d’incontro. Furono i Romani a sostituirlo, come porto, con Brindisi. Chissà, forse perché la città era troppo greca. Molte volte le ragioni vere sono diverse da quelle che appaiono. Durante l’impero bizantino Otranto riprende il suo ruolo antico. È proprio questo che mi fa pensare che non solo la sua superficie, ma tutta la sua mentalità, la sua anima, la sua spiritualità doveva essere rimasta greca e dava ogni garanzia alle autorità di Bisanzio, sia religiose che civili. 

Ecco perché la sua chiesa viene elevata a Metropoli autonoma, ricevendo come diocesi suffraganee Acerenza, Tursi, Gravina, Matera, Tricarico ecc. E quando più tardi Otranto passa (1) al rito latino, lo stesso papa Leone IX riconosce i suoi diritti metropolitani, pur dandole diocesi suffraganee diverse ed anche se la concezione di metropoli e di Arcivescovo è diversa nel diritto canonico latino e nel diritto ecclesiastico bizantino.

Anche quando per il declino dell’impero romano d’oriente e per le circostanze storiche della Puglia Otranto è di rito latino e la sua fedeltà (2) al papato è fuori discussione  , la sua cultura greca doveva essere ancora assai viva. Ancora l’11 agosto del 1370 papa Urbano V sceglieva l’arcivescovo di Otranto, Giacomo d’Itri, per visitare i monasteri basiliani del regno di Sicilia e lo stesso arcivescovo era già stato scelto per esaminare i libri liturgici degli italo-greci. Segno che la S. Sede gli riconosceva una particolare competenza  nella conoscenza del mondo religioso greco.
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                             Otranto, rovine del monastero italo-greco di Casole, distrutto dai Turchi nel 1480

Se i centri diocesani volontariamente o perché costretti, erano ormai tutti latinizzati, la presenza greca in Puglia rimaneva ancora fortissima e non si estinse che molto più tardi. Prova evidente che la religiosità delle popolazioni era sempre greca e per molti secoli i due riti convissero insieme, né si può rifiutare, almeno come ipotesi, che i vescovi presi da quelle popolazioni potessero essere latini per ragioni di saggezza politica, ma greci per convinzione spirituale.



                                                                             Cattedrale di Otranto, affresco.

  Il codice brancacciano della Nazionale di Napoli (I-B-6) ci dà un elenco preciso sullo stato della religiosità greca del Salento al sec. XVI. Vi è un numero di Castelli, cito le parole testuali del codice: “dove si parla greco solamente e dove si fanno l’offici greci solamente e cioè: Solito (sic), Sternatia, Cannule, Sturdà, Niviano, Zullino”. Una seconda categoria è composta di quei paesi dove si parla italiano ma i due riti convivono. Essi sono: Altamura, Montesardo, Ruggiano, Padu, Gagliano, Ruffiano, Buggiardo (sic), Moriciano, Giurdignano, Mondervino, Galatone, Scurrano, Salignano, Maliano, Magle, Otranto, Abbazia di S. Nicola di Casule. E ancora una terza categoria dove le popolazioni parlano ancora le due lingue (greca e italiana) e i due riti convivono: S. Pietro in Galatina, Aradei, Noe, Martano, Castrignano, Melpignano, Calimera, Corigliano, Cursi, Bagnolo. Il medesimo codice ci offre anche un piccolo elenco di paesi stanziatisi nel Tarantino e composto non di italo greci, ma di immigrati greci e albanesi venuti in Italia alla fine del secolo XV e nei primi decenni del XVI dopo l’occupazione della Balcania da parte dei Turchi. Essi sono: Carosino, Belvedere, La Rocca, Faggiano, S. Giorgio, S. Crispiere, Monteiasi, S. Martino, Casalnuovo, Fragagnano. Il ms. fa precedere quest’ultimo elenco da questa nota: “Quarta classe di certi Castelli e ville Albanesi sotto la diocesi di Taranto i quali fanno l’officio greco e vivono scorrettamente (sic) a loro modo”. 


                       Otranto, chiesa bizantina di San Pietro, affresco della Lavanda dei Piedi.
 
Il celebre Antonio Arcudio, in una lettera indirizzata al Cardinale Sirleto, in qualità di Protopapa (Arciprete greco) di Soleto, nel 1580, in difesa dei riti greci e contro le accuse dei latini, ci spiega il termine scorrettamente” usato dal manoscritto di Napoli, dicendo che gli italo-greci erano stati sempre fedeli alla religione cattolica, mentre causa di tutti i mali sono (cito le sue parole): “…una congerie di vagabondi Albanesi, cattivacci e scismatici” (Riv. St. Calabrese, a. VI, Ser. II fasc. 1 p.55). In realtà gli ultimi immigrati nell’Italia Meridionale, Greci e Albanesi, fino al 1700 non accettarono mai altra giurisdizione religiosa all’infuori di quella del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli. Né, d’altronde, vi è mai stato, prima o dopo di allora, alcun atto ufficiale di un loro passaggio dall’ortodossia al cattolicesimo latino o greco, come, invece fu fatto per i vari gruppi greco-cattolici, come Melchiti, Ucraini, Rumeni etc.



             Carpignano Salentino, Cripta di Santa Cristina, uno dei tanti gioielli del Salento Ortodosso

Esaminando sempre il manoscritto napoletano già citato, troviamo, alla fine del 1500, un lungo elenco di preti e di diaconi greci, in buona parte coniugati. Ecco alcuni nomi. A Corigliano: Pietro Antonio Lega, Alessandro Indrino, Antonio Lollo, Ferdinando De Mattheis, Lupo De Angelis, Cristaldo Renna, tutti preti greci; più due chierici.Giurdignano, di cui è barone Francesco Prototico (sic), di Otranto, ha 150 famiglie di rito latino; per i Greci vi è un sacerdote celibe (il ms. lo chiama “castus presbiterus”), vi sono due diaconi e un chierico. A Muro Leccese: un sacerdote coniugato. A Giuggianello: un sacerdote, Antonio Rizzo, vedovo. A Palmariggi l’ultimo prete greco fu Francesco Antonio Federico. A Melpignano, nella visita pastorale del 12 Dicembre 1607, risulta il seguente clero greco: sacerdote Elia De Aloisio, diacono Giovanni Luca Fenestra e tre chierici tutti coniugati. A Martano  quattro ecclesiastici. A Castrignano dei Greci risultano due sacerdoti latini e dieci greci coniugati. A Calimera: dodici sacerdoti tutti greci e coniugati, di cui tre vedovi. A Martignano: dieci sacerdoti greci coniugati. A Sternatia, nella visita del 27 Settembre 1608, due sacerdoti greci e nove chierici. A Zollino: quattro sacerdoti coniugati, di cui uno vedovo. A Cursi: cinque preti greci. In una lettera del clero di S. Pietro in Galatina del 10 Aprile 1570 risultano le firme di cinque sacerdoti greci, quattro diaconi e altri ecclesiastci inferiori. Alcuni firmano in greco. Nella stessa Otranto, nonostante la presenza dell’Arcivescovo latino, che da tempo spiegava tutto il suo zelo per far scomparire ogni traccia di rito greco, come risulta da numerosi documenti, ancora nel 1684 troviamo in funzione tre chiese greche regolarmente officiate dal clero greco (Arch. St. Ser. IV, T. VI, p.100)


                                           Otranto, Chiesa bizantina di San Pietro, affresco del Battesimo di Cristo

  Per conchiudere possiamo asserire che ancora nel 1700, nonostante che ogni giorno si assottigliasse sempre più, per un complesso di cause, nelle due diocesi di Otranto e di Castro, molte popolazioni professavano ancora il rito greco e le più tenaci a non volersi spegnere sono state, oltre a parte della stessa città, nell’Archidiocesi di Otranto, le popolazioni di Corigliano, Giurdignano, Muro Leccese, Giugianello, Palmariggi, Melpignano, Martano, Castrignano, Calimera, Martignano, Sternatia, Zollino, Cursi. E nella diocesi Castro (poi soppressa nel 1793) i seguenti casali, oltre a Castro stessa: Diso, Vignacastrisi, Castiglione, Andrano, Marittima, Cerfignano, Cocumola, Vitigliano, Ortelle, Spongano, Poggiardo, Vaste, Nociglia, oltre a un numero di villaggi oggi distrutti come S. Giovanni Calavita, Casalicchio, Capriglia, S. Giovanni Malcantone, Torre Padule, Casa Massima, Torricella, Murtole, Belvedere, Principiano, Trunco, Torre Macchia, Cellino ecc.



Castello di Acaya (Lecce), affresco della Koimisis della Madre di Dio.

 Generalmente i sistemi per sopprimere il rito greco furono sempre e ovunque i medesimi: erigere una o più parrocchie latine dove esse non esistevano, accanto a quelle greche e poi favorire il passaggio, vessando le popolazioni greche e molto di più il loro clero; premiando invece quello latino. Citiamo il caso di Soleto, che, a quanto sembra, fu per secoli sede di un vescovo greco. A ricordo di questo vi era rimasta una collegiata nella chiesa madre con rendite cospicue. All’ultimo arciprete greco fu proposta la soppressione della collegiata e l’assegnazione di tutte le sue rendite a lui unico parroco, a condizione che passasse al rito latino. E il patto funzionò, con la fine, così, del rito greco a Soleto. Esaminando i documenti che si riferiscono a queste vicende, spesso si notano contraddizioni tra l’uno e l’altro. Sono carte che bisogna saper leggere, perché, spesso, la verità è tra le righe.  Così nelle relazioni che vescovi e baroni mandano a Roma e a Napoli si tende sempre a diminuire il numero del clero e delle popolazioni greche, come pure a sottolineare disordini molte volte inesistenti, quasi sempre interpretando male il loro operato e i loro riti. Del resto non si devono escludere molti casi di morte naturale, perché il rito greco era giunto nel 1700 con il fiato grosso: privato dei vescovi, il clero senza una vera formazione, posti i greci sotto la giurisdizione degli ordinari latini locali che, almeno nel ‘6-700, non comprendevano questi riti, costretti a modificare alcuni riti per manifestare in quel modo il loro cattolicesimo. 

                                         Castro, resti con affreschi della cattedrale bizantina.

Mi sono indugiato su questo argomento per dire che la Terra d’Otranto, quando si parla di greci e di rito greco, non bisogna riferirsi soltanto ad alcuni monasteri cosiddetti basiliani. Il discorso sul monachesimo greco in Puglia è un altro. Qui, e più propriamente nelle due diocesi di Otranto e Castro, intere popolazioni erano ancora greche e professavano la religiosità bizantina fino al 1700.
 
Giuseppe Papàs Ferrari.

(1) l'autore usa irenicamente il termine "passa". Tuttavia, la Chiesa di Roma usò una politica che portò o alla completa scomparsa della Chiesa Greca (in Italia ma soprattutto nel Meridione) o al fenomeno dell'uniatismo, non accettato dalle popolazioni greche e albanesi come lo stesso autore scrive.

(2) La fedeltà dei vescovi di Otranto a Roma si può intendere o nell'ecclesiologia della Chiesa del primo millennio cioè del rispetto e del riconoscimento del primato d'onore della sede di Roma Antica (primus inter pares) o quando la sede di Otranto passò sotto la giurisdizione di Roma. L'argomento è tuttavia molto vasto e lo amplieremo in un altro articolo.