Uno
sguardo al cattolicesimo romano. “Fare della << pace >> uno
stato di inerzia, di immobilità, di conservazione dell’uguale porta
all’entropia, impedisce, la voglia di vivere, toglie la speranza di un
future cambiamento, uccide il contrasto delle idee… Nessuno si azzarda a
discutere, neanche i sacerdoti e i vescovi, consentendo a priori con
quello che dice il Papa.”
QUEL CONCETTO DI FALSA PACE CHE SOFFOCA IL CRISTIANESIMO *
Un grido di allarme sulla fine del cristianesimo in Italia. L’ha
lanciato il vescovo di Como, monsignor Alessandro Maggiolini in una
intervista al Corriere della Sera… (E ci si dovrebbe meravigliare) che
una preoccupazione così grave non sia sentita dai 250 vescovi e dai
circa 54.000 sacerdotì italiani, e neanche dal Papa, che pure è il
Vescovo di Roma e il Primate d'Italia, e che, quando lancia i suoi
messaggi di esortazione alla cristianità, non sembra particolarmente
allarmato dalla situazione italiana.
Invece è proprio qui, in questo tranquillo silenzio uno dei sintomi, e al tempo stesso delle cause della malattia mortale che stà uccidendo non soltanto il cristianesimo ma la società italiana.
Un tranquillo silenzio dettato dalla volontà di conservare la «pace», di indurre, anzi, a ritenere la «pace» esaltandone la bellezza come il massimo piacere, il migliore dei sistemi sociali e politici di cui godono gli italiani e possibilmente dovrebbero godere tutti gli uomini.
Bisogna, dunque, intendersi sul concetto di pace… Bisognerà pur chiedersi di chi siano le responsabilità maggiori di un tale stato di cose e se esso non abbia le sue radici proprio in quel concetto di «pace» che ha condotto la Chiesa cattolica a un tragico ripensamento di se stessa.
In altri termini si tratta dell'errore, troppo facile, per il quale si ritiene che si possa non farsi la guerra soltanto cercando «ciò che ci unisce, piuttosto che ciò che ci divide»; slogan fatto, proprio anche dai capi politici, non soltanto in Italia ma in tutta l'Europa.
Da qui l'ostinata volontà di attenuare il più possibile la frattura-differenza fra l'ebraismo e il cristianesimo, operazione cominciata in sordina dal Concilio Vaticano II, ma poi esplosa con l'opera totalitaria di Wojtyla; tesa a includere anche l'islamismo nell'idea che ciò che ci unisce è il monoteismo, il padre Abramo. Wojtyla ha annullato così qualsiasi dinamica nelle religioni con la stessa sicurezza con la quale ha ritenuto di poter annullare a suo piacimento la «storia», semplicemente chiedendo scusa, cosa di cui a ragione si lamenta Maggiolini.
Da questo falso concetto di pace discendono due gravissime conseguenze. La prima è la riduzione al minimo comun denominatore di qualsiasi fenomeno umano, una riduzione che elimina l'intelligenza, il pensiero, la ricerca, la critica, la differenza, il nuovo, il difficile, il «meglio», assieme allo sforzo, alla passione, al sacrificio per conquistarlo. L'altra inevitabile conseguenza connessa alla prima è… la tendenza al suicidio, all'estinzione.
Il conflitto, la tensione, la volontà di agire, di raggiungere una meta e di affermarla; come giusta e vera davanti a tutti, è la vita dell'uomo, quello che lo caratterizza e lo definisce con l'attività del.pensiero (capire significa sempre andare al di là del confine).
Fare della << pace >> uno stato di inerzia, di immobilità, di conservazione dell’uguale porta all’entropia, impedisce, la voglia di vivere, toglie la speranza di un future cambiamento, uccide il contrasto delle idee, lasciando questa possibilità soltanto a coloro che governano, ben felici di questo comodo modo di gestire il potere.
In Italia questo è successo sia nell'ambito politico che in quello religioso. Nessuno si azzarda a discutere, neanche i sacerdoti e i vescovi, consentendo a priori con quello che dice il Papa, cosa che ha comportato la cancellazione di una forte personalità, e di una reale presenza dei sacerdoti, al di fuori della funzione «amministrativa» con incluse le buone parole.
Non è forse anche per questo motivo che il vescovo Maggiolini appare cosi privo di speranza? Sarebbe indizio di vitalità l'esistenza di qualche movimento ereticale piuttosto che la «pace» dell'indifferenza. [...]
Invece è proprio qui, in questo tranquillo silenzio uno dei sintomi, e al tempo stesso delle cause della malattia mortale che stà uccidendo non soltanto il cristianesimo ma la società italiana.
Un tranquillo silenzio dettato dalla volontà di conservare la «pace», di indurre, anzi, a ritenere la «pace» esaltandone la bellezza come il massimo piacere, il migliore dei sistemi sociali e politici di cui godono gli italiani e possibilmente dovrebbero godere tutti gli uomini.
Bisogna, dunque, intendersi sul concetto di pace… Bisognerà pur chiedersi di chi siano le responsabilità maggiori di un tale stato di cose e se esso non abbia le sue radici proprio in quel concetto di «pace» che ha condotto la Chiesa cattolica a un tragico ripensamento di se stessa.
In altri termini si tratta dell'errore, troppo facile, per il quale si ritiene che si possa non farsi la guerra soltanto cercando «ciò che ci unisce, piuttosto che ciò che ci divide»; slogan fatto, proprio anche dai capi politici, non soltanto in Italia ma in tutta l'Europa.
Da qui l'ostinata volontà di attenuare il più possibile la frattura-differenza fra l'ebraismo e il cristianesimo, operazione cominciata in sordina dal Concilio Vaticano II, ma poi esplosa con l'opera totalitaria di Wojtyla; tesa a includere anche l'islamismo nell'idea che ciò che ci unisce è il monoteismo, il padre Abramo. Wojtyla ha annullato così qualsiasi dinamica nelle religioni con la stessa sicurezza con la quale ha ritenuto di poter annullare a suo piacimento la «storia», semplicemente chiedendo scusa, cosa di cui a ragione si lamenta Maggiolini.
Da questo falso concetto di pace discendono due gravissime conseguenze. La prima è la riduzione al minimo comun denominatore di qualsiasi fenomeno umano, una riduzione che elimina l'intelligenza, il pensiero, la ricerca, la critica, la differenza, il nuovo, il difficile, il «meglio», assieme allo sforzo, alla passione, al sacrificio per conquistarlo. L'altra inevitabile conseguenza connessa alla prima è… la tendenza al suicidio, all'estinzione.
Il conflitto, la tensione, la volontà di agire, di raggiungere una meta e di affermarla; come giusta e vera davanti a tutti, è la vita dell'uomo, quello che lo caratterizza e lo definisce con l'attività del.pensiero (capire significa sempre andare al di là del confine).
Fare della << pace >> uno stato di inerzia, di immobilità, di conservazione dell’uguale porta all’entropia, impedisce, la voglia di vivere, toglie la speranza di un future cambiamento, uccide il contrasto delle idee, lasciando questa possibilità soltanto a coloro che governano, ben felici di questo comodo modo di gestire il potere.
In Italia questo è successo sia nell'ambito politico che in quello religioso. Nessuno si azzarda a discutere, neanche i sacerdoti e i vescovi, consentendo a priori con quello che dice il Papa, cosa che ha comportato la cancellazione di una forte personalità, e di una reale presenza dei sacerdoti, al di fuori della funzione «amministrativa» con incluse le buone parole.
Non è forse anche per questo motivo che il vescovo Maggiolini appare cosi privo di speranza? Sarebbe indizio di vitalità l'esistenza di qualche movimento ereticale piuttosto che la «pace» dell'indifferenza. [...]