Professore ebreo difende il crocifisso davanti alla Corte di Strasburgo
La tolleranza non può portare all'intolleranza verso i simboli di una cultura
di Jesús Colina
STRASBURGO, mercoledì, 30 giugno 2010 (ZENIT.org).- Joseph Weiler, professore ebreo di Diritto presso la New York University School of Law, ha difeso questo mercoledì il crocifisso davanti alla Corte Europea dei Diritti Umani.
La sua difesa è stata ascoltata da 17 giudici, tra cui Jean-Paul Costa, presidente della Corte, durante un'udienza straordinaria sul “Caso italiano del crocifisso”, Lautsi v. Italia, riferito al diritto dell'Italia di esporre crocifissi nelle aule delle scuole pubbliche.
Weiler, che è anche professore onorario presso la London University, ha rappresentato nell'udienza i Governi di Armenia, Bulgaria, Cipro, Grecia, Lituania, Malta, Federazione Russa e San Marino, che si sono presentati come “parti terze”.
La Corte di Strasburgo aveva stabilito in una sentenza dello scorso 3 novembre che la presenza del crocifisso in questi spazi costituisce un attentato alla libertà di coscienza e al diritto del singolo di ricevere una formazione conforme ai suoi convincimenti religiosi o filosofici.
In questo modo, aveva dato ragione a una cittadina italiana originaria della Finlandia, Soile Lautsi, che aveva chiesto nel 2002 che le croci fossero tolte dalle scuole frequentate dai suoi figli ad Abano Terme, in provincia di Padova.
Il professor Weiler ha spiegato in primo luogo che in Europa non esiste un unico modello nelle relazioni Chiesa-Stato: basta vedere le differenze tra la laicità, in Francia o anche in Gran Bretagna, dove la regina è capo della Chiesa anglicana. Altri casi sono quelli di Svezia, Danimarca o Grecia.
“In molti di questi Stati non laici, ampie fasce della popolazione, forse perfino una maggioranza, non sono più religiose – ha dichiarato il professore –. E tuttavia il continuo coinvolgimento di simboli religiosi negli spazi pubblici e da parte dello Stato viene accettato dalla popolazione secolare come parte dell'identità nazionale e come atto di tolleranza nei confronti dei propri connazionali”.
“Può essere che un giorno il popolo britannico, esercitando la sua sovranità costituzionale, si sbarazzerà della Chiesa d'Inghilterra, come hanno fatto gli svedesi. Ma questo vale per loro, non per questa Corte, e sicuramente la Convenzione non è mai stata intesa nel senso di forzarli a fare questo”, ha dichiarato.
“Nell'Europa attuale, i Paesi hanno aperto le proprie porte a molti nuovi residenti e cittadini. Dobbiamo loro tutte le garanzie della Convenzione. Dobbiamo il decoro e il benvenuto, e la non discriminazione, ma il messaggio di tolleranza verso l'altro non dovrebbe essere tradotto in un messaggio di intolleranza verso la propria identità”, ha aggiunto Weiler.
Nella sua arringa di fronte ai giudici, il rappresentante per lo Stato italiano, Nicola Lettieri, ha spiegato che “non c'è alcun pregiudizio reale in questa questione. Se uno Stato intrattiene un rapporto privilegiato con una religione, se sposa dei simboli religiosi, ciò non è affatto contrario alla Convenzione europea sui diritti dell'uomo. L'unico limite da non varcare è il perseguire l'indottrinamento o il proselitismo”.
“Se il crocifisso è presente nelle aule, il motivo non è l'indottrinamento, ma si tratta dell'espressione di un sentimento popolare che è alla base dell'identità nazionale”, ha aggiunto.
Il rappresentante legale di Soile Lautsi, Nicolò Paoletti, il primo a esporre le proprie argomentazioni, ha considerato da parte sua che “non si può considerare il crocifisso come un simbolo muto e passivo. I bambini (di Soile Lautsi) hanno vissuto una situazione di marginalizzazione, si sono sentiti in una posizione minoritaria”.
Per questo motivo, il legale della Lautsi ha denunciato il rischio di una “tirannia della maggioranza”.
Nell'udienza è stato coinvolto Gregor Puppinck, direttore dello European Centre for Law and Justice (ECLJ), perché questa istituzione si è posta ufficialmente parte terza con 79 membri dei Parlamenti europei.
In alcune dichiarazioni concesse a ZENIT, Puppinck ha confessato che “lo European Centre for Law and Justice ripone grande speranza nel fatto che la Corte abbia capito che il diritto dei non credenti di non credere non può eclissare i diritti dei credenti”.
“L'ECLJ spera anche che la Corte capisca che non può e non dovrebbe richiedere a uno Stato di rinunciare alla propria identità profonda nel nome della tolleranza e della filosofia dei diritti umani”, ha proseguito.
“Il vero pluralismo inizia con il rispetto tra i Paesi”, sostiene Puppinck. “Contrariamente a quanto sostiene il consulente legale della signora Lautsi, la 'laïcité' non è una richiesta della Convenzione”.
La decisione della Corte non verrà resa nota fino all'autunno, o perfino al periodo natalizio.
E' interessante notare che in totale sono stati 14 gli Stati membri del Consiglio d'Europa che si sono opposti alla decisione originaria sostenendo l'Italia, ha considerato Puppinck.
Oltre ai dieci Paesi rappresentati da Weiler, che partecipano ufficialmente alla causa, altri hanno dato il proprio sostegno ufficiale al crocifisso, tra cui Ucraina, Moldova, Albania e Serbia.
La partecipazione degli Stati è senza precedenti, a dimostrazione dell'importanza della questione per tutta l'Europa.