venerdì 27 luglio 2018

Messaggio di sua Santità il patriarca Kirill e del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa russa agli arcipastori, al clero, ai monaci e ai laici nel 1030° anniversario del Battesimo della Rus'

Benedetto il Signore Gesù Cristo
che è giunto ad amare un nuovo popolo, la terra russa
e lo ha illuminato con il santo battesimo
(Cronaca degli anni passati)

Beneamati nel Signore, sacratissimi arcipastori, venerabili presbiteri e diaconi, monaci e monache amati da Dio, cari fratelli e sorelle!
Oggi tutto il pleroma della nostra Chiesa commemora il santo grande principe Vladimir pari agli apostoli, e ricorda con gratitudine come 1030 anni fa, grazie agli sforzi di questo uomo eletto da Dio e potente nello spirito, ha avuto luogo un evento spartiacque nella storia dei popoli slavi. Tramite l'azione dello Spirito Santo tutto buono, il principe si liberò dalle illusioni pagane, abbracciò con fede l'unigenito Figlio di Dio Gesù Cristo e, avendo ricevuto il santo battesimo con i suoi fratelli d'armi, portò la luce salvifica del Vangelo alla Rus'.
Perché chiamiamo il battesimo della Rus' l'evento spartiacque nella storia dei nostri popoli? Lo facciamo perché ha cambiato per sempre l'intera civiltà slava e ha predestinato l'ulteriore corso del suo sviluppo. Fu davvero la svolta decisiva dalle tenebre alla luce, dal vagare nell'oscurità delle false idee fino al ritrovamento della verità e della salvezza divinamente rivelate.
Il Signore amico degli uomini e generoso ci ha concesso una misericordia senza pari e una grande felicità – la possibilità di appartenere alla Chiesa ortodossa, di costituire un unico corpo di Cristo e di prendere parte all'inesauribile "sorgente d'acqua che zampilla per la vita eterna" (Gv 4:14). Quindi, "non siamo più stranieri e forestieri, ma... concittadini dei santi e membri della famiglia di Dio, costruiti sulla base degli apostoli e dei profeti, e Cristo Gesù stesso è la pietra angolare" (Ef 2:19-20).
Sappiamo molto poco della vita della Rus' prima del Battesimo. I resoconti storici a nostra disposizione hanno conservato un'immagine piuttosto contraddittoria dei nostri antenati come persone, da una parte, crudeli e infide, e dall'altra, coraggiose e generose. Mentre obbedivano alle leggi della faida, gli slavi allo stesso tempo erano persone generose in ospitalità e magnanimità. Tuttavia, durante le campagne militari, un pacifico slavo si tramutava in un guerriero formidabile e spietato: la sua rabbia superava tutti i limiti e per ottenere un ricco bottino era pronto a tutto.
Il mondo slavo sembrava essere a un crocevia tra il bene e il male, mostrando a volte qualità nobili dell'anima, a volte l'orribile abisso delle tenebre. Era necessario un passo fermo e deciso per fare la scelta decisiva. E questa scelta fu fatta dal santo principe Vladimir, pari agli apostoli. La fede ortodossa impiantata nella vita dei nostri antenati dal grande principe trasfigurò il nostro popolo, sviluppando in esso lo spirito di altruismo e mansuetudine, sacrificio e pazienza.
Nei secoli successivi al battesimo nelle acque benedette del Dnepr, la Rus' si sforzò di edificare la propria vita sulla base degli alti ideali cristiani e della fedeltà al Vangelo, per basare la propria vita su ciò che il filosofo Ivan Il'in chiamava "baciare la Croce", ovvero l'ardente amore del Signore e il timore reverenziale per il suo sacrificio redentore. Nonostante tutti i colpi di scena della nostra storia, nonostante tutti gli errori, le deviazioni e persino le cadute, ciò che il nostro popolo ha sempre messo al di sopra di tutto è stato servire e dimorare nella verità divina.
Abbracciare la spiritualità ortodossa è stato anche un potente impulso per lo sviluppo della cultura unica degli slavi orientali. La scelta di religione del principe Vladimir fu anche una scelta di mentalità e di modalità cristiana nei campi della vita sociale e dello stile della cultura. Era la scelta di percorso che la civiltà avrebbe intrapreso. Così ora non possiamo immaginare la nostra letteratura, l'arte, l'architettura o la musica senza i motivi e i soggetti del Vangelo. Impregnate di ideali e valori morali cristiani, queste opere d'arte ci conducono al ricco mondo spirituale della fede ortodossa, incoraggiandoci a riflettere sulle questioni eterne della vita umana e del suo scopo.
Tuttavia, non è solo l'appartenenza per nascita alla cultura ortodossa che ci rende cristiani. Essere cristiani ortodossi non significa rendere omaggio a una tradizione basata sull'amore per le tombe degli antenati e sulla storia nazionale. Essere cristiani ortodossi significa, prima di tutto, fare una scelta consapevole del nostro cammino di vita, significa incessantemente cercare Cristo e la sua verità. Proprio come il principe Vladimir, pari agli apostoli, che, dopo essersi "spogliato del vecchio uomo con le sue azioni <...> si è rivestito dell'uomo nuovo" (Col 3:9-10), diede per sempre il suo cuore al Signore Gesù, anche noi, ricordando "di quale spirito siamo" (Lc 9:55), siamo chiamati ad essere "esecutori della parola, e non solo uditori" (Gc 1:22), e ad essere pienamente consapevoli che la nostra "vita è nascosta con Cristo in Dio" (Col 3:3).
Cercare la verità di Cristo e difenderla – questo è il precetto principale dato dal santo principe Vladimir ai popoli della santa Rus', eredi del fonte battesimale del Dnepr. Tutta la nostra storia e cultura comune, la secolare tradizione spirituale ed ecclesiastica dei nostri popoli sono associate alla ricerca di questa verità. È al centro della nostra vita e auto-consapevolezza; ci unisce tutti e ci dà la forza per seguire il percorso del nostro sviluppo storico, superando ogni avversità, dolore e odio.
E ora nella fraterna Ucraina – il paese dove si trova il sacro fonte del Dnepr in cui i popoli della Rus' sono stati battezzati, gli elementi di questo mondo si stanno sollevando contro la Chiesa del santo principe Vladimir, cercando di distruggere l'unità di questa santa Chiesa. Il clero e laici sono stati sottoposti ad accuse ingiuste e a oltraggi. Tuttavia, crediamo che nessuna pressione dall'esterno sia in grado di infrangere i sacri vincoli dell'amore di Cristo che ci uniscono nell'unico corpo della Chiesa. Crediamo che la nostra preghiera comune ci aiuterà a sopportare tutte le prove e preservare la purezza della fede ortodossa e la fedeltà alla verità canonica.
Glorificando con una sola bocca e un solo cuore il creatore per la sua ineffabile misericordia verso di noi, cerchiamo di essere degni del generoso amore di Dio e del grande dono spirituale che il principe Vladimir, pari agli apostoli, ha dato al suo popolo.
Per le preghiere di questo glorioso santo, gradito al Signore, possa il Signore celeste benedire con la pace i paesi della Rus' storica, possa egli rafforzare i pastori e tutti i credenti che in Ucraina restano coraggiosamente fedeli alla Chiesa canonica; e possa darci il suo incessante aiuto nel seguire il sentiero della salvezza, in modo che noi, "non conformandoci a questo mondo: ma ... trasformati dal rinnovamento della ... mente" (Rm 12:2), possiamo servire Dio e gli uomini, testimoniando la bellezza e la forza intramontabili della fede di Cristo.

mercoledì 25 luglio 2018

Tratto dall'ultimo articolo pubblicato dal confratello p. Ambrogio di Torino sul suo sito: "http://www.ortodossiatorino.net/
 ", vi presento un trafiletto del pensiero, di Padre Andrew Phillips, su come deve essere un futuro presbitero nell'ambito della Chiesa Ortodossa:

" Un uomo di buon cuore, che conosce le funzioni ed è comprensivo con gli altri, paziente e un buon ascoltatore, che non è stupido e non è intollerante, non è fissato sui soldi e non è un carrierista. "
Il più sublime pensiero che dovrebbe essere scolpito nel cuore di tutti noi presbiteri; tutto il resto lascia il tempo che trova !!!!


martedì 24 luglio 2018

SIAMO MESSI VERAMENTE MALE !!!!!

Da un poco di tempo nella nostra Calabria, dal punto di vista religioso, in specifico nell'ambito della santa ortodossia, sembra che l'ammalato grave di "episcopite", nonostante il suo patriarcato di appartenenza, lo abbia messo "nella naftalina", abbia ripreso il suo vecchio vizietto di costruire, inventare, creare "monasteri" senza la benedizione di qualche Vescovo. Sembra che a farne le spese, questa volta, siano i fedeli del patriarcato di Mosca, attirati, in questi luoghi, grazie anche alla compiacenza di qualche presbitero venuto da lontano, il quale senza permesso alcuno e senza avvisare i suoi confratelli della parrocchie di Mosca in Calabria, ha inviato messaggini invitando questi fedeli a prendere parte a questa Liturgia in questo fantomatico monastero, fregandosene e dimenticando che quella domenica si celebrava regolarmente nelle Chiese Parrocchiali del Patriarcato di Mosca in Calabria. Molte fedeli hanno abboccato all'amo e si sono precipitate a partecipare a questa pseudo liturgia alternativa abbandonando la loro parrocchia vera con il vero presbitero inviato dal Vescovo per celebrare le ufficiature. Noto che nei nostri confronti, forse perchè presbiteri italiani e quindi di serie B, "poveri presbiteri del sud" che non essendo di sangue BLU perchè non russi o non ukraini, ognuno ci può mettere da parte e scavalcarci a loro piacimento, solo perchè "l'episcopite" forte del suo nome desidera ancora imperversare nelle calde lande di quella che fu la Magna Grecia. Voglio ricordare che noi preti del Sud, siamo alla stessa stregua di tutti gli altri, anche noi abbiamo avuto l'imposizione delle mani da parte di Vescovi che ci hanno sempre tenuti in grande considerazione, perchè grazie ai preti italiani che la santa ortodossia della giurisdizione di Mosca, in Italia, è stata tra le prime ad avere parrocchie serie e non farlocche o solamente sulla carta.
Intanto prego vivamente tutte le fedeli e tutti i fedeli del Patriarcato di Mosca, di non cadere nelle trappole che gli vengono tese; di non ascoltare la voce suadente di queste sirene ammaliatrici; di non farsi abbindolare da preti o pseudo monaci che non sappiamo perchè si trovino in queste terre di Calabria; di seguire devotamente quelli che sono i consigli teologici dei preti veri, inviati a loro per le celebrazioni.
Sono consapevole e so che contro il demonio diavolo è inutile fare la voce grossa, arrabbiarsi, inveire; così facendo è peggio; occorre semmai abbandonarsi alla preghiera, affinchè il Signore possa dare una grande forza per vincere queste forze malefiche. Solo con la preghiera, l'amore verso i fratelli ed i fedeli, che possiamo essere sicuri non soccombere.
Il demonio è l'altro seminatore, ma non quello che butta sulla terra il buon seme affinchè possa dare frutti atti a soddisfare le esigenze spirituali e corporali dei fedeli; il demonio è colui che si alza nel cuore della notte e corre nel campo dove semina solamente zizzania, perchè una volta cresciuta possa affogare la piantina vera e distruggere il raccolto.
Sono convinto che il Signore punirà coloro che si intrufolano negli ovili degli altri, travestiti da pecore, ma sotto appena slacciata la pelliccia, dimostrano la loro vera identità.........lupi famelici e demoni, pronti a sbranare le pecore, i fedeli, delle nostre parrocchie.
State lontani da loro, non li seguite, il loro canto è soave, ma porta alla perdizione !!!!!

martedì 17 luglio 2018

Dal sito del Confratello P. Ambrogio di Torino

Epistola del metropolita Hilarion dell'America orientale e di New York, primo ierarca della Chiesa ortodossa russa fuori dalla Russia, nel centenario del martirio della famiglia imperiale
Orthochristian.com, 17 luglio 2018
 
 
Ai miei eminenti fratelli arcipastori, onorevoli padri, cari fratelli e sorelle:
Il XX secolo è stato un periodo difficile per i cristiani ortodossi sul territorio dell'Impero Russo, che divenne l'Unione Sovietica dopo la grande guerra, la rivoluzione d'ottobre e la guerra civile. Ma più la Chiesa subiva la persecuzione, più luminose hanno rifulso le lanterne della fede e della pietà nella terra russa. Dallo tsar e dai membri della famiglia imperiale vicini a lui nello spirito, da arcipastori e semplici monaci, sacerdoti e diaconi fino ai laici, è emerso un potente esercito spirituale della Chiesa militante. Dal 1918, la Chiesa russa ha mostrato due tipi di podvig: quello del martirio e quello della confessione. Grazie a Dio, oggi vediamo come il sangue dei molti milioni della schiera dei martiri e dei confessori che ha arrossato la terra russa, è diventato il seme della salvezza per la rinascita spirituale del nostro popolo, in patria e nella diaspora.
Durante i miei anni di servizio alla Chiesa, ho incontrato diverse persone in Europa, America del Nord e del Sud, Australia e Nuova Zelanda, che hanno emulato l'archimandrita Nicholas (Gibbes), che un tempo fu il tutore inglese dello tsarevich Aleksej Nikolaevich. Testimone della profonda pietà della famiglia imperiale, della loro elevata nobiltà e degli esempi di spiritualità, si è gradualmente immerso nel cristianesimo ortodosso. Quando iniziò la prima guerra mondiale, rese testimonianza agli ideali di carità ed empatia della famiglia imperiale nei confronti dei soldati e dei loro vicini. Dopo la rivoluzione, il rovesciamento e la vilificazione senza precedenti dell'imperatore e della sua famiglia, lui, uno straniero, li accompagnò a Tobolsk, ma non gli fu permesso di proseguire con loro fino a Ekaterinburg. Nel 1934, nella lontana città di Harbin, in Cina, Alexej Gibbes fu tonsurato monaco per mano dell'arcivescovo missionario Nestor (Anisimov) di Kamchatka, che gli diede il nome di Nicholas in onore di San Nicola il Taumaturgo e in ricordo dello tsar-martire.
Oggi molti americani, tedeschi, francesi, australiani e cittadini di altre nazioni si stanno avvicinando alla soglia santificata della Chiesa di Cristo, così come fece l'archimandrita Nicholas ai suoi tempi, dopo aver appreso il meraviglioso esempio di fede, pazienza, umiltà e resistenza alla sofferenza senza lamentarsi dello tsar-martire Nicola e della sua augusta famiglia, confrontando le loro vite con quelle dei martiri della Chiesa antica. Grazie a Dio, anche tra la nostra gente, molti sono stati ispirati dal modo in cui i pii sofferenti della passione della famiglia imperiale hanno affrontato tranquillamente la prigionia, l'esilio, la sofferenza e la morte.
Non si può fare a meno di ricordare la lotta di altri martiri che hanno accettato la sofferenza per Cristo 100 anni fa: il santo metropolita Vladimir di Kiev, la cui mano incorrotta con un gesto di benedizione ha continuato a benedire i suoi assassini e tutti noi che lo pregiamo; il santo arcivescovo Andronik di Perm, un tempo assistente di san Nicola del Giappone, pari agli apostoli, e allievo del fondatore della Chiesa russa all'estero, il metropolita Antonij (Khrapovitskij); il santo arcivescovo Vasilij di Chernigov, inviato a Perm a capo di una commissione del Concilio locale pan-russo per indagare sull'omicidio dell'arcivescovo Andronik e per guadagnare in quella città la corona da martire insieme ad altri membri della delegazione. Quasi contemporaneamente, i bolscevichi uccisero il santo archimandrita Varlaam, abate del monastero Belogorskij della diocesi di Perm, che godette della speciale attenzione e della buona volontà della granduchessa Elizaveta Feodorovna e di san Giovanni di Kronstadt. Per misericordia divina, l'igumeno Serafim (Kuznetsov), ex capo di uno skit a Perm, insieme a molti altri suoi fratelli monaci, fu liberato dall'arresto e dall'esecuzione. Padre Serafim si prodigò nel trasferire le reliquie dei martiri di Alapaevsk: prima i princi martiri a Pechino, poi santa Elisabetta e la monaca Barbara in Terra Santa, dove egli stesso trovò poi l'ultimo luogo di riposo.
I santi nuovi martiri e confessori della Chiesa russa sono la nostra speranza nella misericordia divina. Sono stati i nostri antenati, le radici che ci nutrono con la grazia di Dio: senza il nostro legame orante con loro, senza preservare la loro memoria e il nostro attivo sforzo ed emulazione nelle nostre vite di fede e pazienza, non abbiamo futuro. Ecco perché dovremmo studiare questa ricca storia, apprendere amorevolmente le vite, le sofferenze e il retaggio dei santi nuovi martiri e confessori, e comunicare con loro nella preghiera, come sentiamo nel Contacio della festa: "affinché anche noi, ogni volta che ci troviomo nell'ora della prova, possiamo ricevere il dono del coraggio da Dio". Amen.
Con amore nel Signore,
+HILARION,
metropolita dell'America orientale e di New York,
primo ierarca della Chiesa ortodossa russa fuori dalla Russia
4/17 luglio 2018.

sabato 14 luglio 2018

Domani 15 luglio 2018, settima domenica dopo Pentecoste, si fa memoria nelle Chiese Ortodosse del Vecchio Calendario (Giuliano) della deposizione della veste della Genitrice di Dio alle Blacherne. La Divina Liturgia, come annunciato giorni addietro, verrà celebrata presso la Chiesa Parrocchiale "San Arsenio di Cappadocia" del Patriarcato di Mosca, Via B. Accursi n. 7 (ex via Balbia) ad Altomonte.
Si invitano, tutti i fedeli ortodossi, che abitano ad Altomonte e nei paesi vicini (Acquaformosa, San Donato N., Lungro, Firmo, San Sosti, Mottafollone, Fagnano C., Rogiano G., San Marco A., Malvito, ecc.) ad essere presenti alla celebrazione.
La Liturgia inizierà, come sempre, alle ore 10.
Chiesa Ortodossa 
Patriarcato di Mosca
Chiesa
San Arsenio di Cappadocia
Altomonte (cs)
Domenica 15 luglio 2018
Tono VI
Memoria della deposizione alle Blacherne della preziosa veste della santissima Madre di Dio
Tropari del giorno:
Puterile îngereşti la mormîntul Tău şi străjerii au amorţit şi sta Maria la mormînt, căutînd preacurat Trupul Tău. Prădat-ai iadul, nefiind ispitit de dînsul; întîmpinat-ai pe Fecioara, dăruind viaţă. Cela ce ai înviat din morţ Doamne, slavă Ţie.
Născătoare de Dumnezeu pururea Fecioară, Acoperământul oamenilor, Veşmântul şi Brâul Preacuratului tău trup, puternic Acoperământ cetăţii tale ai dăruit, prin naşterea ta cea mai presus de fire, Nestricată rămânând, că întru tine şi firea se înnoieşte şi vremea. Pentru aceasta, te rugăm, pace lumii dăruieşte şi sufletelor noastre mare milă.
Slava Tatălui şi Fiului şi Sfântului Duh.
Viaţă plăcută lui Dumnezeu petrecând şi vas cinstit Mângâietorului făcându-te, purtătorule de Dumnezeu Arsenie, te-ai arătat şi primitor al darului facerii de minuni, tuturor dându-le grabnic ajutor, Părinte Cuvioase, pe Hristos Dumnezeu roagă-L să ne dăruiască nouă mare milă.
Şi acum şi pururea şi în vecii vecilor. Amin
Ceea ce eşti folositoare creştinilor neînfruntată, mijlocitoare către Făcătorul neschimbată, nu trece cu vederea glasurile cele de rugăciune ale păcătoşilor, ci apucă înainte, ca o bună, spre ajutorul nostru, care cu credinţă strigăm către tine: Grăbeşte spre rugăciune şi sîrguieşte spre îmblînzire, apărînd pururea, Născătoare de Dumnezeu, pe cei ce te cinstesc pe tine.

giovedì 12 luglio 2018

RICORDO AI FEDELI  ORTODOSSI DI ALTOMONTE E DEI PAESI VICINI CHE DOMENICA PROSSIMA, 15 LUGLIO 2018, LA DIVINA LITURGIA DOMENICALE, SARA' SELEBRATA PRESSO LA CHIESA PARROCCHIALE ORTODOSSA "SAN ARSENIO DI CAPPADOCIA", PATRIARCATO DI MOSCA, VIA B. ACCURSI, 7 CON INIZIO ALLE ORE 10.00.
IL SIGNORE SIA CON TUTTI VOI E VI BENEDICA !!!! 
 

martedì 10 luglio 2018

Teatro religioso ecumenico

Hanno fatto l'ennesimo incontro teatrale a Bari. 
Hanno riferito i TG, i quotidiani, di questa riunione "ecumenica" tra amici e diciamolo senza peli sulla lingua: "Tra papisti ecumenici", cioè tra chiese, si orientali, ma tutte sotto l'influenza diabolica del vaticano.
Mi dicano dove c'erano le Chiese ed i Patriarchi, quelli veri, ortodossi. Non c'era Antiochia; non c'era Gerusalemme; la vera Chiesa Ortodossa era lontana miglia e miglia. Tutto si è svolto all'insegna delle mega riunioni che si allestiscono a Bose.
Tutti sanno, oramai, che anche il corpo del Santo di Mira della Licia, non trasuda più il suo santo Miron, come lo faceva una volta. 
Ma questo non lo dice nessuno........ peccato.
Importante farsi vedere insieme, mostrarsi dietro un obbiettivo di telecamera, farsi la solita preghiera ecumenica (?!?!? ), dimostrare, agli occhi del popolo "che ignora", che tutto ciò, come ci viene mostrato dalla televisione, non è altro che una teatralità inaudita; tutto deve sembrare bello, tutto deve dimostrare che anche gli "ortodossi" sono al servizio e dietro il carrozzone del papa di roma, lo inneggiano, lo innalzano sul piedistallo, gli si inginocchiano e ......... gli baciano le scarpette rosse e la papalina.
Questa è soltanto "presa in giro", è solamente mostrarsi, è solamente spingere il popolo ortodosso verso il baratro che qualcuno tenta di mostrarlo come un semplice crepaccio (Parliamo solamente di quel poco che ci unisce e non di quella immensità teologica che ci divide).
Dicevo, a questa riunione c'era Costantinopoli, ma oramai non fa più fede, infatti dovunque va il papa, lì c'è qualcuno del Fanar che gli sta accanto tenendogli il veli.
Altri patriarcati della pentarchia, mi è sembrato non ci fossero....solamente loro, i quali vogliono l'unione ad ogni costo. Anzi, diciamolo a chiare note, per loro l'unione già esiste. Fregandosene del 1054, della prostituta sull'altare di Santa Sofia, della distruzione della Città imperiale, dell'aver rubato tutto ciò che si trovava a Costantinopoli e averlo portato in occidente, delle eresie inserite ed evidenti. 
Spero di vero cuore che i     rappresentanti del mio Patriarcato si tengano lontano, come faceva il santo Patriarca di felice memoria, S.S. Alessio II, da tutto questo marasma intriso di eresismo ecumenico latino.
Anche noi "popolo italo-albanese", rivisitando la nostra storia, sotto l'influenza pluri secolare latina, dovremmo essere i primi a rigettare queste adunanze, che non ci rappresentano e tantomeno ci edificano, considerando ciò che abbiamo dovuto sopportate ad iniziare dalla fine del concilio di Trento. E da allora che Roma non permire più ai Vescovi dell'Arcidiocedi di Okrida, di ordinare, ortodossamente parlando, i preti nei nostri paesi, facendo sì che moltissimi paesi oltre a perdere la Fede, hanno perso il rito e la lingua.
Questo le forze occulte anticristiane, massone, demoniache, che "imperano" nel Patriarcato lo hanno dimenticato.
Ora cercano la "prostituzione religiosa con Roma".......ma fino a quando ????
Signore, Signore........... come hai fatto una volta, prendi lo staffile e caccia dal Tempio della Cristianità i mercanti..... cacciali, perchè ti hanno dimenticato, ti hanno abbandonato, si sono fatti una loro chiesa, e si sono dati ai piaceri della vita, che di cristiano non hanno nulla.


mercoledì 4 luglio 2018

Molte, anzi tantissime volte, vedendo e comparando le mode odierne del 3° millennio, mi chiedo come i bambini negli anni '50 vestivano nei nostri paesi italo-albanesi. Certo bisogna tornare indietro di un bel pò di decenni. Diciamo mezzo secolo ???? Beh! credo di si !!!
Sicuramente sia i bambini, sia i giovani, sia gli adulti e sia gli anziani non indossavano le attuali Fustanele, i giubbini sgargianti con su disegnate le aquile bicipiti, non usavano i cappelluzzi bianchi, non indossavano le gonnelline arricciate in bella mostra o altro acquistate, per non sembrare dei poveracci e "senza costume tradizionale", per oltre 400 euro nei vari Bazar di Tirana o in altre città dell'Albania.
La maggior parte di questi paramenti erano più di stampo femminile: sutanina, kamizoll, xhipun ecc., anche se ora i nostri baldi "folklorici", per non sembrare fuori la moda appena possono sbarcano a Durazzo e si danno alla pazza gioia per l'acquisto del "costume maschile Arbresh", che di arbresh non ha nulla, perchè mai visto indossato da chi si cimentava a far parte di un GRUPPO FOLK paesano. Io mi ricordo che il primo, se così possiamo chiamarlo costume, me lo ha cucito la mia zia Marta che faceva la sarta. Ma forse ho divagato. Io chiedevo come vestivamo noi bambini degli anni '50. Io ogni tanto mi vado ad ammirare una mezza foto di quando potessi avere 3, quattro anni. I miei pantaloni, mi ricordo, me li cuciva mio zio Nicola, anche lui sarto, nella bottega in Via Garibaldi.
A quei tempi, sia gli anziani che i bambini seguivano la loro moda: per il taglio dei capelli andava forte il taglio alla "Umberta", mentre per ciò che riguarda il vestiario, andavano di moda i pantaloni alla "Zuava".
Da dove era stata copiata questa moda di abbigliamento??? Facilissimo, dall'abbigliamento dei soldati francesi...gli Zuavi.
Forse i pantaloni si cucivano così per risparmiare la stoffa, non saprei dire, ma le famiglie, per così dire agiate, vestivano in questo modo.
Quindi anche i francesi oltre ad averci lasciato qualche francesismo come "Mazuni" (Maison), l'invito ai cittadini a rientrare in casa dopo il copri fuoco; ci hanno deliziato con la moda dei pantaloni dei loro saldati.
Ma tutto questo cosa centra??? Nulla solamente per ricordare che nei nostri paesi, una moda di vestire, sia nelle feste, sia giornalmente e sia nei componenti i gruppi folk, non c'è mai sta una singolarietà di vestito tipica della nostra storia culturale..........Abbiamo sempre scopiazzato gli altri, vantandoci smisuratamente che ciò che copriva il nostro corpo era in perfetta sintonia con il nostro essere minoranza linguistica. Etnica NO, per il semplice fatto che non abbiamo mai avuto la possibilità di dimostrare il nostro etnicismo, ma solamente la nostra lingua ed in termini religiosi il Rito!!!!
Si, lodiamo il nostro saper scopiazzare l'altro e dire: "Questa è la nostra storia"
Comunque posto questa mia foto, per dimostrare che io bambino normale, non saprei dirvi, se i miei genitori, contadini veraci, sapessero o si interessassero di scrittura, lettura, storia, religione, folklore "etnico".
In casa si parlava solamente l'arbresh, l'italiano l'abbiamo imparato a scuola: Mi ricordo, il mio grande Prof. delle Elementari che ci metteva a nostro agio spiegandoci, lui di origini latine altomontesi, la distinzione tra parole italiane ed arbresh. A quei tempi tutti indistintamente parlavamo, nella nostra infinita ignoranza culturale storica ecc. la nostra lingua, ora a parlarla siamo si e no il 10%................
 
 
 
 
 

domenica 1 luglio 2018

Purtroppo, a malincuore, bisogna constatare che la "Gloriosa Chiesa Ortodossa Italo-Albanese, di una volta, portata in Italia dai nostri Avi nelle varie migrazioni dai Balcani fino al Sud Italia, è ridotta al lumicino. Non sono io , arbresh e prete ortodosso del Patriarcato di Mosca a sostenerlo, ma uno dei più grandi studiosi dell'oriente ortodosso cristiano: Sandro Magister. La fede degli Arbresh, è alla frutta, il latinismo imperversa senza che nè il clero nè il popolo si rendono conto che tra qualche anno tutto sarà, come è desiderio di Roma, un popolo e una diocesi .....L A T I N A !!!!!

domenica 1 luglio 2018

Riflessioni di Sandro Magister intorno ai rapporti tra Vaticano e Chiesa Italo Albanese


 Abbazia di Grottaferrata
Alessandro Magisterdetto Sandro è nato a Busto Arsizio il 2 ottobre del 1943; teologo giornalista, scrittore e vaticanista per diverse testate del gruppo editoriale "L'Espresso".

di Sandro Magister
ROMA, 6 settembre 2016- "Ad extra" l'ecumenismo è sempre più sulla cresta dell'onda, forte dei gesti di riguardo del papa per le Chiese orientali, da Costantinopoli a Mosca.
Ma dentro casa l'ecumenismo latita. Un colpo dopo l'altro, la congregazione vaticana per le Chiese orientali non fa che dissipare quel che resta di importanti diocesi e istituzioni di rito cattolico bizantino, invece che rafforzare la loro identità.
Governa la congregazione il cardinale argentino Leonardo Sandri, cresciuto in segreteria di Stato e coadiuvato dal gesuita Cyril Vasil, segretario, e dal domenicano Lorenzo Lorusso, sottosegretario, entrambi canonisti e appartenenti a due ordini religiosi che di orientale non hanno nulla.
E gli effetti si vedono. Questo sito ha già dato ampiamente notizia dello schiaffo inflitto da Roma alla Chiesa ortodossa greca lo scorso inverno, con la nomina ad esarca apostolico di Atene di Manuel Nin, catalano, monaco benedettino, dunque un latino in abiti bizantini, già rettore del Pontificio Collegio Greco di Roma, cioè di quella che agli occhi dei greci è pur sempre l’esecrata istituzione fondata nel 1577 per preparare i missionari cattolici da inviare nell'Ellade a convertire gli ortodossi:
> Notizie dal fronte orientale. A Creta il concilio panortodosso, mentre ad Atene…
E tre mesi prima c'era stata la nomina a presidente della commissione speciale per la liturgia presso la congregazione per le Chiese orientali di un liturgista che sui riti d'Oriente non ha mai avuto alcuna competenza: Piero Marini, già grande cerimoniere di Giovanni Paolo II e discepolo di quell'Annibale Bugnini che tutti ritengono – a favore o contro – il vero artefice delle riforme liturgiche postconciliari della Chiesa latina:
> Piero Marini, prefetto mancato, si veste all'orientale
Se davvero il compito della commissione è di preservare i riti orientali da indebite "latinizzazioni", riesce infatti difficile immaginare un Marini impegnato a convincere maroniti, siri, caldei e malabaresi ad abbandonare la celebrazione della messa “versus populum”, da loro abusivamente copiata dal "novus ordo" del rito romano, e a tornare alla loro originaria celebrazione verso Oriente.
*
Ma ora su questo fronte e nella stessa direzione c'è in arrivo molto di più.
Nei mesi scorsi il nunzio apostolico in Italia Adriano Bernardini ha trasmesso ai vescovi interessati una lettera della congregazione per le Chiese orientali mirata a sondare la fattibilità dell'erezione di una Chiesa metropolitana "sui iuris" che raccolga tutti i fedeli di rito bizantino residenti in Italia: ucraini, rumeni, italo-albanesi, ecc.
Il piano prevede l’estensione della giurisdizione della diocesi di Piana degli Albanesi ai fedeli bizantini di tutta la Sicilia; della diocesi di Lungro degli Albanesi ai fedeli bizantini di tutta l’Italia meridionale peninsulare; e del monastero di Grottaferrata (vedi foto) ai fedeli bizantini dell’Italia centrosettentrionale.
Si darebbe vita così a una sorta di “Chiesa cattolica dei bizantini in Italia” unificata, che metterebbe assieme fedeli di Chiese con tradizioni proprie, con calendari differenti, chi gregoriano e chi giuliano, e persino con riti diversi, essendovi nell'eparchia di Piana degli Albanesi anche preti e parrocchie di rito latino.
Questa unificazione non la vuole nessuno. Gli ucraini aspirano a una giurisdizione propria, come in Germania, in Inghilterra e in Francia, e gli italo-albanesi non ne vogliono sapere di vedere annullata la loro identità. Discendono dall’emigrazione arrivata in Italia dall'Albania nel XV secolo e nella maggior parte dei luoghi in cui abitano la lingua della loro vita quotidiana e della liturgia è l’albanese, tutelata dalla legge nazionale sulle minoranze linguistiche. Ma sono in minor numero degli ucraini di recente immigrazione in Italia e temono che i loro futuri vescovi, nominati dal papa in forza dei canoni 155 e 168 del codice delle Chiese orientali, saranno appunto ucraini e non più italo-albanesi.
Curiosamente, però, proprio il vescovo che papa Francesco ha insediato nel 2015 nella diocesi di Piana degli Albanesi, Giorgio Gallaro, è un attivo fautore della metamorfosi.
Siciliano, canonista, già di rito latino prima di emigrare temporaneamente in America, Gallaro non parla l'albanese, non ama il greco e cerca di imporre l'uso dell'italiano. Incurante delle prescrizioni liturgiche, va a celebrare anche nelle chiese latine dell’eparchia, indossando paramenti latini. Ha decurtato le solenni liturgie bizantine della settimana santa, per lui forse troppo prolisse, ma alle quali la popolazione è molto attaccata. Sta man mano allontanando dalla cittadina capoluogo dell'eparchia i preti di rito greco, alcuni sposati e con prole, rimpiazzandoli con preti latini. Anche alla Martorana di Palermo, su cui ha giurisdizione, ha interrotto la storica sequenza dei "papàs" italo-albanesi.
Contro di lui va crescendo una comprensibile protesta. Il consiglio presbiterale dell'eparchia e il collegio dei consultori si sono dimessi quasi in blocco.
E un convegno laico e popolare è in programma a Piana degli Albanesi nella seconda metà di settembre, in difesa delle lingue greca ed albanese nella liturgia e nelle istituzioni pubbliche, a cominciare dalla scuola.
*
Quanto all'abbazia di Grottaferrata, il suo futuro è ancora più problematico.
Dopo le dimissioni accolte il 4 novembre 2013 dell’ultimo archimandrita, il monaco basiliano Emiliano Fabbricatore, papa Francesco ha diviso le cariche, nominando egumeno, cioè superiore del monastero, il benedettino belga Michel Van Parys, già abate di Chevetogne, e affidando la giurisdizione diocesana a Marcello Semeraro, vescovo di Albano, stretto collaboratore del papa in quanto segretario del consiglio dei nove cardinali per la riforma della curia romana e il governo della Chiesa universale.
In quell’occasione il quotidiano cattolico francese "La Croix" rivelò che a imporre le dimissioni dell'archimandrita era stata la Santa Sede, a motivo delle lamentele per il "frequente viavai notturno" nell'abbazia. Roma avrebbe inoltre accertato l'invalidità delle ordinazioni sacerdotali di alcuni monaci:
> Démission de l'abbé exarchal de Grottaferrata
Poi all'improvviso, il 30 maggio 2016, un comunicato congiunto a firma di Semeraro e Van Parys ha annunciato la nomina del vescovo di Albano a delegato pontificio dell'ordine basiliano d'Italia e ad amministratore apostolico del monastero, e la cessazione delle funzioni di Van Parys:
> Comunicato
In sostanza si è trattato di un commissariamento in piena regola di una comunità monastica ridotta a pochi elementi anziani e di questo passo destinata progressivamente a cambiare natura, "in forme attualmente allo studio della Santa Sede".
Ma chi il vescovo di Albano ha poi nominato come suo referente riguardo alla vita del monastero? L’archimandrita emerito Emiliano Fabbricatore, cioè proprio colui sotto cui ci furono le dubbie ordinazioni al sacerdozio e il "frequente viavai notturno" denunciato da "La Croix".
Grottaferrata non è un monastero qualsiasi. È stato fondato nel 1004, mezzo secolo prima dello scisma del 1054 tra Oriente e Occidente, da san Nilo da Rossano, sul terreno di un’antica villa romana concesso ai monaci dal feudatario del luogo, Gregorio I dei Conti di Tuscolo.
Situato a una ventina di chilometri da Roma, sulle pendici dei Colli Albani, è l'ultimo dei numerosi monasteri bizantini che esistevano in Italia fino alla metà del secolo XI. Ha resistito ai frequenti tentativi di latinizzazione e continua a essere un simbolo ecumenico di indubbio valore.
Ma con l'avvento della “Chiesa cattolica dei bizantini in Italia” unificata, questa sua identità verrebbe definitivamente compromessa.
Resta un mistero come una realtà orientale così significativa, nel cuore della Chiesa romana, sia stata lasciata decadere a tal punto, senza che nulla fosse fatto per salvarla.


 Oramai l'unica soluzione affinchè le mire Romane e papiste non si avverino è quella che il popolo Italo-albanese ritorni alla Fede degli Avi: l'Ortodossia. 
Non interessa la giurisdizione ecclesiatica, ma solamente che il popolo ritorni a respirare quell'aria che Roma non le permette più di respirare.
Io invito coloro che non vogliono "morire" LATINI / LITINJ, di aderire alla Chiesa Ortodossa Italo - Albanese.