giovedì 30 dicembre 2010

Dal sito: Testimonianza ortodossa

OMELIA CATECHETICA PER IL PRIMO DELL’ANNO


Il primo giorno del mese di Gennaio si inaugura, ogni volta, il nuovo anno e si dovrebbe iniziare nel nome del Padre, del Figlio e del santo Spirito. Come è bello e piacevole se il Signore è l'inizio e la fine di ogni cosa nella nostra vita. Com'è bello se il Signore è l'alfa e l'omega perché lui è inizio di ogni cosa e in lui tutto finisce.
Si tratta di un nuovo anno, ma è veramente nuovo quando Gesù è tra noi. È nuovo quando è dedicato a lui e diventa così un anno di amore e di salvezza. Così ogni anno passato, presente e futuro sarà un inno di ringraziamento al Signore per le sue opere, per noi e per tutta l'umanità.
Più di duemila anni di salvezza sono trascorsi dalla nascita di Cristo. Salvezza per ogni uomo che crede nel Dio-uomo e nostro Signore Gesù Cristo; salvezza per ogni persona che si battezza nel Suo nome, nel nome della Santissima Trinità, per ogni persona che crede, partecipa ai sacri Misteri, osserva i suoi comandamenti e coltiva l'umiltà, la vera contrizione e il pentimento.
Ogni anno l’anno nuovo è salutato con luminarie e fuochi d'artificio, con canti e preghiere. Ci facciamo gli auguri a vicenda per un Nuovo Anno sereno, in salute, da vivere con gioia e felicità lontano da ogni tribolazione e patimento con la speranza profonda che questi auguri ci accompagnino non solo per un anno ma per il resto della nostra vita.
L’arrivo del nuovo anno è anche una stazione speciale, nel flusso del tempo, che ci aiuta a capire che la vita va avanti e passa. E come crescono gli anni così si riduce e diminuisce il tempo della nostra vita in terra procedendo verso la fine, la morte. E questa è una cosa certa, anche se evitiamo di parlarne o di pensare. La morte verrà.
Tuttavia, per l’uomo che percorre la via di Dio, la vita non finisce. Per lui comincia una vita di gioia e di felicità. La vita eterna che si realizza, in ogni caso, pienamente e universalmente solo vicino a Dio. Solo da Dio. " Dio ci ha dato la vita eterna”. Quindi a coloro che credono nella Trinità, nell'incarnazione di Dio nella persona di Gesù Cristo a Betlemme, che partecipano ai santi Misteri della Chiesa , osservano i comandamenti di Dio e vivono una vita ad imitazione di Cristo, a tutti loro Dio dà la vita eterna.
La vita eterna è nel Figlio di Dio, il nostro Signore Gesù Cristo e, come dice l'evangelista Giovanni, “la vita eterna è nel Suo Figlio”.
Cristo è quindi colui che dà la vita eterna all'uomo e distribuisce beni superiori di molto a tutti i beni della terra, perché questi beni sono indistruttibili ed eterni.
Così Cristo, il Redentore del mondo, è la salvezza attraverso la personale partecipazione di ciascuno di noi alla Fede, ai sacri Misteri e ci dona un potere soprannaturale attraverso il santo battesimo, l'unzione regale del crisma e la comunione del suo santo Corpo e Sangue e con il pentimento ci rigenera. Tanto più a lungo dura in noi il vero pentimento e l’umiltà, tanto più si trasforma quotidianamente la nostra vita, il nostro cuore, la nostra anima, la nostra mente, i nostri pensieri, i nostri sensi, anche il nostro corpo.
E anche se durante il cammino della vita cadiamo e sporchiamo la nostra anima, Cristo attraverso un vero pentimento ci ridà di nuovo i suoi doni per non farci perdere la vita eterna.
Egli è la fonte inesauribile della nostra vita spirituale che non ha fine, vicino a lui non si ha paura della morte e del demonio. Avendo Cristo non ci piegano i dolori e le tribolazioni della vita.
Il peccato, dunque, è la cosa che ci separa da Lui che è vero Dio e vita eterna, e ci porta alla dolorosa e definitiva morte. La morte eterna. La morte del corpo e dell’anima, che è l'inferno, l'inferno eterno.
Per questo la notte in cui un anno finisce e comincia un nuovo anno dovrebbe essere per noi motivo per cominciare una vita nuova, una vita di lotta spirituale, una vita ad imitazione di Cristo! Senza Cristo la vita è un inferno eterno.
Ed è per questo che il miglior augurio non è di vivere per molti anni, cento o duecento, ma vivere per sempre con Cristo nella gioia eterna del Regno dei Cieli.

Per gentile concessione dell'autore l'amico Francesco Marchianò ka Spixana


1830: Didier a San Demetrio e Santa Sofia
di Francesco Marchianò
Come risaputo, nei primi decenni del XIX sec. la Calabria è stata meta dei viaggiatori del Gran Tour attratti dalla sua bellezza selvaggia e dall’alone di ferocia che circonda i suoi abitanti descritti ora come terribili briganti ora come gente ospitale.
Non sfuggono a questi viaggiatori, per la verità tutti intellettuali o colti avventurieri, le
colonie degli Albanesi d’Italia noti al mondo, in quel periodo, perché accomunati a quelli dell’Albania per le vicende allora note di Alì Pasha di Tepelena e per il loro contributo all’indipendenza greca, epopee molto in voga in quel periodo del Romanticismo.
Charles Didier (1805-’64), uno di questi avventurosi viaggiatori, nelle sue narrazioni di
viaggio nella Calabria afferma che nella primavera del 1830 è passato per Spezzano Albanese, nell’autunno di aver visitato Civita (autunno 1830 e non 1829!) e, prima ancora, afferma di essere stato ospite presso le comunità albanesi di San Demetrio e Santa Sofia.
Il viaggio di Didier inizia una domenica mattina da Corigliano, passando per la masseria fortificata di San Mauro, a piedi verso San Demetrio attraverso una campagna solitaria essendo giorno di festa. La natura varia man mano che il colto viandante sale verso le alture argillose, la monotonia è rotta solamente dalla presenza di un contadino a dorso di mulo che sale verso il paese “sporco e meschino” ma in posizione incantevole. E’ un sandemetrese armato di ascia – avendo una legge del 1821 proibito le armi da fuoco – che lo fa montare sulla propria modesta cavalcatura
ritenendo un’offesa il rifiuto.
L’albanese conversa con Didier parlandogli dei propri antenati, di Skanderbeg e giudicando in malo modo gli italiani dei dintorni. Nel frattempo giungono davanti alla casa di un notabile che lo ospita dopo aver letto le lettere di raccomandazione dategli a Corigliano. L’uomo, di cui non cita il nome, viene descritto come un uomo colto, perseguitato per i moti del 1821, che ha ricoperto alti incarichi nella magistratura del regno e che ora è sorvegliato dalla polizia borbonica. Questi scarni e significativi dati ci rimandano alla persona di Salvatore Marini (1772-1850), giacobino nel 1799, Commissario di Polizia ed infine presidente della Gran Corte Criminale della Calabria Ultra durante il decennio francese.
Subito dopo il giovane Didier si presenta dal giudice regio, che proprio in quel momento sta leggendo una circolare a favore degli stranieri, e da questi viene a lungo interrogato prima della concessione del visto.
Didier apprezza l’ospitalità dei sandemetresi e cita la gentilezza del “mastro scarparo” che gli sistema gratuitamente le scarpe ritenendo un onore aver servito un “forestiere” e sostenendo che l’ultimo straniero passato circa quindici anni prima era stato un inglese. Il giovane francese offre brevi cenni geoantropologici evidenziando che San Demetrio è il capoluogo, San Giorgio il paese più grande mentre Vaccarizzo è famosa per le sue belle donne; inoltre, la montagna circostante è caratterizzata da miniere che non vengono sfruttate.
Lo stesso prosegue parlando delle colonie albanesi, la cui presenza in Italia si fa risalire fin dalla caduta di Costantinopoli (1453), e narrando la vita e le gesta di Skanderbeg; si sofferma a descrivere gli Albanesi che hanno condotto un’esistenza nomade nelle contrade del Regno di Napoli abbandonando,nel tempo, “l’indole oziosa e bellicosa” per dedicarsi alla vita agreste rimanendo, però, sempre dei soldati.
I paesi calabresi vicini non hanno stima degli Albanesi perché sono stati capaci di cambiare il volto delle terre che hanno ripopolato; la lingua è rimasta pressoché integra ma hanno dovuto subire gli italianismi e ricorrono al calabrese solo in caso di necessità. Il governo cerca di integrarli con la “sua livella di ferro”, infatti, una legge del 1821 li costringe a non portare armi, pena la morte!
Didier prosegue descrivendo il carattere gaio ed ospitale degli Albanesi che però il regime poliziesco, “idra dalle mille teste”, ha ridimensionato, ma, nonostante tutto essi conservano uno spirito generoso! “Tu vedi ormai solo la nostra ombra; ai tempi della mia giovinezza avresti trovato l’Albania sulle montagne di Calabria. La gente ti avrebbe ricevuto a festa e al suono delle chitarre; ti avrebbero invitato ai banchetti; ma oggi siamo noi stessi? Hanno paura di te, ti prendono per spia!”, gli confida sconsolato un vecchio sandemetrese, che forse fa parte del corteo di curiosi che
lo accompagna per le strade del paese.
Le sue note proseguono con il culto affermando che i fedeli seguono il rito greco e
riconoscono la curia di Roma “ che detestano definendola perfida e rapace”; egli descrive sacerdoti colti che, oltre  dalle autorità e che per questo essi acquistano a peso d’oro: “Insomma, il clero albanese è protestante quanto quello di Ginevra e Edimburgo”. Le note curiose continuano con il sacro terrore che domina il vescovo di Bisignano circa i matrimoni dei sacerdoti albanesi che ricatta concedendo favori solo a quelli che se ne astengono.
Didier si reca quindi a S. Adriano, dove viene ricevuto dal vescovo-presidente Mons.
Domenico Bellusci (1774-1833), di Frascineto, “istruito e affatto fanatico”, che lo fa partecipe di una sua futura pubblicazione storica che paragona gli Albanesi alle antiche popolazioni germaniche, avendo in comune la passione “per le armi e la libertà”. Il Bellusci ha come testo di riferimento quello di Angelo Masci che presta al suo gradito e colto ospite.
La narrazione del Didier continua con la descrizione della condizione della donna albanese totalmente ignorante e sottomessa all’uomo e prosegue descrivendo le usanze del paese: i funerali raggiungono livelli di parossismo con uomini e donne che urlano, si percuotono il petto e si tirano i capelli aggiungendo che dopo l’orazione funebre tutto termina con un lieto banchetto!
Il matrimonio, simile a quello che si svolge ai nostri giorni, si celebra in una chiesa “nuda e buia”; il costume delle donne è italianizzato nella forma ed i colori contrastanti sono sia calabresi che albanesi. Il velo è “scarlatto bordato di bleu o giallo, il corsetto verde, ricamato di oro. Esse lo chiamano vulgarida (sic!) dal nome di un uccello da cui ha preso la forma. È graziosissimo e poiché le fanciulle sono tutte ben messe, fa perdere la testa”! I costumi sgargianti contrastano con la chiesa buia ma il giovane Didier viene colpito dalla figura di una giovane assorta nella preghiera:
Questa bella testa greca, tutta illuminata, si stagliava come una visione celeste sulle tenebre del luogo sacro” mentre vari cori innalzavano inni sacri fra le sue volte.
Didier, attratto dai canti albanesi, viene indirizzato dal vescovo Bellusci presso un suo amico di Santa Sofia che ne ha curato una raccolta.
Il tragitto si presenta arduo per le asperità del territorio caratterizzato da profondi burroni senza ponti; di tanto in tanto dalle alture si intravedono scorci del Crati e della pianura di Sibari “oggi trasformata in palude insalubre e popolata da bufali e da selve piene di lupi”.
Nell’impervio itinerario il viaggiatore è preceduto da un albanese che intona un’aria
evocante nel francese “la mitologia poetica della Grecia moderna”. Il canto narrava della disperazione di una madre che aveva il proprio figlio unico prigioniero in una terra tanto lontana che lui non poteva mandarle notizie. Un giorno il giovane scrisse una lettera che attaccò alle piume di un uccello che andò a posarsi vicino alla donna lasciando cadere la missiva su cui era scritto: “
Madre, tornerò da voi quando cucirete una camicia con i vostri capelli e la laverete con le vostre lacrime, quando il mare diventerà un giardino di fiori e quando il sambuco porterà fichi e il noce uva!”.
Didier finalmente giunge presso l’abitazione del Barone **** di Santa Sofia, che in quel
momento non dall’aspetto del giovane che non aveva le sembianze del mendicante pur presentandosi in disordine per il penoso viaggio.
La donna, visibilmente imbarazzata, venne tranquillizzata dal giovane viandante che le
assicura di trovarsi lì solamente per “elemosinare canti”.
Subito dopo si manifesta la generosità dei sofioti: tutte le case erano aperte per lui! Il nipote di Pasquale Baffi si mostrò il più ospitale. La considerazione espressa dal Didier sul piccolo paese di Santa Sofia era positiva avendo dato i natali a uomini illustri: “Tutti gli italo-albanesi sono, del resto, dotati di un’intelligenza aperta e di una mentalità vivace e pronta”.
La spedizione di Didier, però, non giunge a buon fine perché la raccolta di canti è stata portata a Cosenza e forse è andata persa, ma non dispera confidando nell’oralità che si perpetuava da secoli nelle generazioni locali. Volendo ascoltare qualche componimento dalla viva voce dei sofioti viene condotto da una vegliarda che ricordava “brani sparsi” di questi canti intonandoli con un’armonia lenta e monotona.
La vecchia gli canta le gesta di Skanderbeg e di “Costantino il piccolo” – una versione
diversa da quella a noi nota – muovendo il busto al ritmo del canto.
Il giorno seguente Didier lascia Santa Sofia accompagnato dai suoi amici fino alle rive del Crati che attraversa “sulle robuste spalle di un montanaro”.
Le prossime tappe saranno Civita – di cui abbiamo già parlato – e San Costantino Albanese.

(Apparso in “Katundi Ynë – Paese Nostro”, Anno XLI –n.140 – Settembre 2010)

Dal sito: natidallospirito

Benedetto il bimbo 

(inno natalizio di Efrem il Siro)



Benedetto il bimbo (inno natalizio di Efrem il Siro)


icona scritta da Rena Christodoulou

1.
Benedetto il bimbo, che oggi
ha fatto esultare Betlemme.
Benedetto l’infante, che oggi
ha ringiovanito l’umanità.
Benedetto il frutto, che ha chinato
se stesso verso la nostra fame.
Benedetto il buono che in un istante
ha arricchito
tutta la nostra povertà
e ha colmato la nostra indigenza.
Benedetto colui che è stato piegato dalla sua misericordia
a prendersi cura della nostra infermità.
Responsorio:
Sia benedetta la tua nascita, mio Signore, che ha innalzato la nostra insipienza.
2.
Siano rese grazie alla fonte
inviata per la nostra propiziazione.
Siano rese grazie a colui che congedò
il sabato compiendolo (Mt 12,8).
Siano rese grazie a colui che sgridò (Lc 4,39)
la lebbra, ed essa non [poté] rimanere (Mt 8,3 e par.)
Anche la febbre lo vide
e fuggì. (Mt 8,5 e par.)
Siano rese grazie al clemente
che ha portato la nostra pena.
Gloria alla tua venuta
che ha portato alla vita gli uomini.
3.
Gloria a Colui che è venuto
presso di noi mediante il suo primogenito.
Gloria a quel Silente (Az 16,17)
che ha parlato mediante la sua voce
Gloria a quel Sublime
divenuto visibile mediante il suo Levante (Lc 1,78)
Gloria a quello Spirituale
compiaciutosi
che divenisse corpo il proprio figlio [1]
affinché, mediante esso, la sua potenza divenisse
tangibile (1Gv 1,1)
e potessero vivere, grazie a quel corpo,
i corpi della sua stessa stirpe.
4.
Gloria a quell’Invisibile
il cui figlio divenne visibile.
Gloria a quel Vivente
il cui figlio morì.
Gloria a quel Grande
il cui figlio scese e si rimpicciolì.
Gloria a quella Potenza divina
che si è modellata
una figura della propria maestà
e un’immagine della propria invisibilità.
Con l’occhio e l’intelletto,
con entrambi lo vediamo.
5.
Gloria a quell’Invisibile
che persino con l’intelletto
non può essere minimamente toccato
da quelli che lo vogliono scrutare,
e fu toccato, per sua grazia,
in virtù della sua umanità.
La natura che mai fu palpata,
fu legata e avvinta per le mani,
trafitta e crocifissa per i piedi.
Di sua propria volontà
prese un corpo per coloro che lo afferrarono.
[1] Con corpo bisogna intendere, conformemente a tutta la cristologia efremiana, l’uomo completo, senza esclusione dell’anima.
Efrem il Siro
dall’inno III del Natale
tratto da: E.S., Inni sulla natività e sull’epifania, Paoline, pp. 149-160
(trad. di Ignazio De Francesco)

domenica 26 dicembre 2010

SS. Madre di Dio Kikkiotissa - 27 dicembre ---segue storia e commento perfido del Padre Giovanni


SACRA ICONA DELLA SS.MADRE DI DIO DI “ KIKKO

Sinassi 27 dicembre

Secondo la tradizione sarebbe stata dipinta a da San Luca ed il nome viene dal Monte Kikko che si trova a Cipro.


All’inizio l’icona si trovava in una delle comunità cristiane dell’Egitto, poi fu trasportata a Costantinopoli al tempo dell’imperatore Alessio Comneno ( 1082 - 1118) e quindi venne trasferita nell’isola di Cipro. Si suppone che l’originale sia la Panaghia Kanakria, sempre di Cipro, che mostra la madre di Cristo in trono. Secondo una cronaca di Costantinopoli ( 836), un arabo avrebbe ferito un ginocchio della Madre di Dio ed il sangue sarebbe colato.


Contemporaneamente all’eremita Isaia , impegnato nell’ascesi a Cipro, gli fu rivelato che per le sue sante preghiere una miracolosa icona dipinta da san Luca sarebbe giunta e rimasta a Cipro.


Molti fatti prodigiosi avvennero presso l’icona non appena fu li trasportata e grazie agli sforzi del monaco Isaia sorse una chiesa in onore della Vergine sul monte Kikko dove l’icona trovò la sua sede.


Inseguito li sorse un monastero. Nel monastero è sepolto l’arcivescovo Macario di Cipro e di NeaGiustiniana , etnarca di Cipro, molto devoto alla madonna. Iconograficamente la Madre di Kikko è del tipo Elusa ( in questa icona, scritta nella scuola del celebre iconografo russo Simon Usakov e scritto in caratteri greci ELEOUSA H UKUOTISSA ). Le teste guardano a destra. Il bambino si presenta in diagonale e la mano destra della madre lo sorregge e si appoggia sulla spalla sinistra. Con la mano detra il bambino solleva il velo della madre; nell’altra mano porta una pergamena. Il suo abito lascia libere le gambe.

..commento perfido a latere del Padre Giovanni
..finalmente è bello sapere che Kikko è il nome di un monte che si trova a Cipro ..è liberatorio..fino ad ora circolavano notizie circa una sorta di guru strano convinto non tanto di essere il Messia quanto di più..di essere lui apparso al Messia

sabato 25 dicembre 2010

Message de Noël du patriarche Cyrille 

de Moscou et de toute la Russie

En cette nuit lumineuse, nous revivons la joie spirituelle de la rencontre du monde avec son Sauveur. A nouveau nous voyons en pensée le Fils du Dieu Vivant couché dans la crèche de la grotte de Bethléem. A nouveau nous entendons dans nos cœurs la voix angélique chantant la louange au Créateur et Rédempteur : «Gloire à Dieu au plus haut des cieux, paix sur la terre et aux hommes bienveillance » (Lc. 2, 14).

Attentifs aux louanges des forces célestes, nous devenons conscients que la Nativité du Christ est remplie d’une signification intemporelle et a un sens immédiat pour le destin de chaque être humain. Même celui qui ne sait encore rien du sacrifice du Sauveur peut dès à présent parvenir à la connaissance de la Vérité, devenir enfant de Dieu et hériter de la vie éternelle. La Nativité du Christ nous révèle la vérité sur nous-mêmes et nous permet de comprendre et d’assimiler cette vérité.

Souvenons-nous que le premier être humain a été formé parfait par le Créateur, à l’image et à la ressemblance de Dieu (cf. Gn. 1, 26). Mais Adam, ayant enfreint le commandement, a faussé l’intention du Créateur à son propos. Privé de la relation vivante avec Dieu, l’humanité s’enfonçait de plus en plus dans l’abîme du péché et de l’orgueil. Alors, le Seigneur, plein d’amour pour sa créature et désirant son salut, envoie dans le monde Son Fils unique qui a rétabli la plénitude de la nature humaine et est devenu le Nouvel Adam. Le Christ nous a donné l’exemple d’une vie conforme au dessein divin pour l’humanité. Cet exemple représente l’orientation pleine d’espérance qui nous aide à ne pas nous égarer et à trouver l’unique chemin juste qui amène à la plénitude de vie tant dans notre existence terrestre que dans l’éternité.

Nous suivons ce chemin de salut dans la mesure où nous répondons aux appels divins. L’un de ces appels qui nous sont adressés est contenu dans une épitre de Saint Paul : « Glorifiez Dieu dans votre corps et dans votre esprit, lesquels appartiennent à Dieu » (1 Co. 6, 20). Cela signifie que nous rendons grâce à Dieu, non seulement par les prières et par le chant, mais aussi par les bonnes œuvres pour le bien de notre prochain, pour le bien de notre peuple, pour le bien de l’Eglise.

Un tel effort devient un effort joyeux au nom du Christ, il transfigure réellement le monde qui nous entoure, ainsi que nous-mêmes. Les gens atteignent la cohésion en œuvrant non pas par contrainte, non pas pour le profit, mais étant mus par le désir sincère d’accomplir une œuvre bonne et utile. Par là-même, nous servons ensemble le Créateur en mettant en œuvre Sa volonté. Le mot grec « leitourgia » est traduit par « œuvre commune ». Et toute notre vie doit devenir Liturgie, prière commune et œuvre commune accomplies afin d’incarner dans la vie le dessein de Dieu pour le monde et pour l’humanité et par là-même rendre gloire et louange au Créateur. Ceci exige de nous la solidarité avec nos frères et nos sœurs par la foi et même avec ceux qui n’ont pas encore trouvé dans leur cœur le Seigneur, mais qui, tout comme les mages de l’évangile, sont en chemin vers Lui.

L’importance de l’union des efforts pour surmonter les afflictions et les malheurs nous a été montrée par les feux, la sécheresse et les inondations de l’année écoulée en Russie ainsi que dans certains autres pays de la Russie historique. Une fois de plus, nous a été montré le devoir de l’aide au prochain – sans distinction des convictions, des nationalités, des situations sociales. Durant les mois de chaleur de l’été, beaucoup de gens ont généreusement partagé leurs forces, leur temps et leurs biens avec ceux qu’ils ne connaissaient même pas et que probablement ils ne verront jamais. Au nom de quoi le faisaient-ils ? Au nom de la commisération vis-à-vis de ceux qui sont dans le malheur, qui souffrent de privations et qui ont besoin d’aide.


La solidarité sociale, les efforts conjugués pour atteindre les buts communs, ne sont pas possibles sans que l’on surmonte l’égoïsme, sans que l’on ne s’efforce à se tourner vers le bien, sans refuser de n’être tournés que vers ses propres besoins et intérêts. A la base de l’authentique « unité de l’esprit » (Ep. 4, 3) se trouve la loi de l’amour qui nous a été légué par le Sauveur. L’unité d’un peuple ne peut être limitée qu’aux instants d’épreuves. Elle doit devenir une partie inséparable de notre conscience et de notre vie nationales.


La force de l’unité de l’Eglise, je l’ai ressentie clairement à l’occasion de mes nombreux voyages dans les diocèses de Russie, d’Ukraine, du Kazakhstan, de l’Azerbaïdjan. Partout, j’ai constaté l’empressement des évêques, du clergé, des moines et moniales, et des laïcs, de travailler pour le bien de l’Orthodoxie, pour perfectionner l’action des paroisses, des monastères, des diocèses. Ceci provoque l’espérance d’un développement plein de succès de la vie de l’église dans un esprit d’unité et de collaboration.


De tout mon cœur, rempli de joie, je vous adresse tous mes meilleurs voeux, éminents évêques, honorables clercs, habitants des communautés monastiques, frères et sœurs, à l’occasion de la grande fête salvatrice de la Nativité du Christ et de l’année nouvelle. En prière, je vous souhaite à tous d’être de fervents exécutants de la volonté de Dieu, apportant des dons spirituels au Sauveur du monde né en ce jour, afin que Son Nom soit glorifié en tout temps, maintenant et toujours et pour les siècles des siècles.

Amìn.

Cyrille,

PATRIARCHE DE MOSCOU ET DE TOUTE La RUSSIE

Jeudi 23 Décembre 2010

Nuovo Vescovo di Chersoneso

Il Santo Sinodo della chiesa russa, riunitosi a Mosca, oggi 24 dicembre 2010, ha nominato mons. Nestor (Sirotenko) nuovo Vescovo della diocesi di Chersoneso e amministratore della chiesa russa in Italia. Al nostro nuovo pastore auguriamo un buon lavoro.
L'Arcivescovo Innokentij (Vasiliev) già vescovo di Chersoneso è stato designato vescovo di Vilnius e Lituania successore di Mons. Chrisostomos dimessosi per raggiunti limiti di età.
Vogliamo approfittare di questo momento così importante per noi tutti per ringraziare di cuore l'Arcivescovo Innokentij per tutto il bene che ha seminato fra noi lungo tutti questi anni. Buon lavoro e la nostra preghiera riconoscente La accompagnerà sempre.

giovedì 23 dicembre 2010

Dal sito: Testimonianza ortodossa

LA NATIVITA'
Omelia catechetica

La festività della Natività nella carne di nostro Signore è uno dei più grandi giorni della nostra Fede. Insieme con la Pasqua è la più grande festa della Chiesa. In questo giorno si celebra l'incarnazione di Dio, la discesa della Seconda Persona della Trinità nel mondo. Dio fatto uomo per far diventare l'uomo dio per grazia. Dio scende dal cielo alla terra per far salire l'uomo dalla terra al cielo.
La Grazia di Dio ci ha reso degni anche quest'anno di avvicinarsi al grande mistero dell'incarnazione del nostro Signore Gesù Cristo. E attraverso le celebrazioni, la Chiesa ci rende partecipi alla stessa gioia e felicità che hanno vissuto i pastori di Betlemme, i Magi sapienti d'Oriente e le potenze angeliche che cantavano il Gloria a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra, per gli uomini di buona volontà.
Questa stessa gioia è vissuta da giovani e vecchi, ricchi e poveri, e stranieri che partecipano al mistero della rinascita della speranza perduta e di fiducia personificata nel volto di Colui che ha indossato la carne dell'uomo per amore verso il mondo. Questa esperienza spirituale ci permette di lasciare da parte i problemi quotidiani, ad ignorare le nostre carenze, ad allontanare le afflizioni, e ad elevarsi spiritualmente partecipando, in modo personale, al "Grande Mistero".
Purtroppo lo spirito del mondo di oggi e il susseguirsi di notizie negative cercano di attaccare e distorcere la nostra partecipazione alla gioia di questo grande Mistero. Lo spirito del mondo di oggi cerca di creare un’atmosfera malsana che ci fa circondare dal marciume, creando un ambiente di povertà spirituale, per convincerci che la nostra felicità dipende dalla prosperità degli indicatori finanziari piuttosto che dalla nostra elevazione spirituale.
Gesù è venuto tra noi per salvare la razza umana, per ricostruire i ponti caduti che portavano l’uomo a Dio, per restaurare l'uomo alla sua vera gloria, per rivelare agli uomini la volontà di Dio. Cristo si è profondamente umiliato per elevare noi, è nato nel tempo per far oltrepassare all’uomo il tempo, ha preso la natura umana per deificarla.
La gioia per l'Incarnazione di Gesù è una nostra questione personale, e nello stesso tempo un caso che riguarda il mondo intero. Ognuno a modo suo, nel proprio ambiente familiare nei luoghi di lavoro, deve costruire, pietra su pietra, l'edificio della gioia di Cristo venuto al mondo per riportare l’uomo alla sua antica gloria.
E' Cristo la vera felicità e beatitudine, è l'unico che ci ama ed è l'unico che non ci tradirà!

Dal sito amico: Eleousa.net

Russia - Assemblea diocesana annuale

Mosca, 22 dicembre 2010 – Nella sala convegni della Chiesa Cattedrale di Cristo Salvatore, il Santo Patriarca di Mosca e di tutta la Russia Kyrill ha presieduto l'annuale Assemblea Diocesana di Mosca.
Il Primate della Chiesa ortodossa russa nel suo discorso ha parlato dell’attività del Patriarca come vescovo della città di Mosca per l'anno in uscita 2010.
Il Patriarca Kyrill nel 2010 ha presieduto quattro riunioni del Santo Sinodo: a San Pietroburgo (due volte), presso il Monastero delle Grotte a Kiev e a Mosca. Il quinto incontro di quest'anno si terrà il 26 dicembre a Mosca, come ha riferito l’ufficio stampa del Patriarca di Mosca e di tutta la Russia.
Nella prima riunione, il 2 febbraio erano presenti 155 vescovi. Durante la seconda riunione, il 16 luglio si è discusso dei risultati della fase iniziale della sperimentazione dell'insegnamento della materia "Fondamenti di cultura ortodossa” nelle scuole, a cui hanno partecipato i Vescovi di quelle regioni, e la possibilità di inserire un completo corso di formazione sui "Fondamenti di cultura religiosa ed etica laica".
Sua Santità il Patriarca Kyrill ha tenuto tre incontri con i responsabili delle istituzioni sinodali per discutere i problemi della riforma della sede centrale della Chiesa ortodossa russa.
Nel 2010, Sua Santità ha condotto due sessioni del Consiglio Permanente - un organismo consultivo che prepara i Vescovi ai Concili Locali e trovare soluzioni su una vasta gamma di questioni. Durante l'anno, si sono riunite più volte le Commissioni del Consiglio Permanente.
Nel corso dell'anno passato, la Chiesa ortodossa russa ha avuto diversi incontri con il Presidente della Federazione Russa, con il presidente del Governo della Federazione russa, con i membri del governo russo, il sindaco della capitale, i rappresentanti del Presidente nei distretti federali, con i capi di stato e governi stranieri. Sono state discusse questioni urgenti in materia di rapporti tra Chiesa e società, stato e chiesa.
Nel corso dell'anno, sono stati firmati quattro accordi di partenariato e cooperazione sociale tra la Chiesa ortodossa russa e le agenzie governative.
Nel 2010, Sua Santità ha effettuato visite ufficiali nelle diocesi della Chiesa ortodossa russa in Russia, Ucraina, Kazakhstan e Azerbaijan.
Durante l'anno il Primate della Chiesa ortodossa russa ha visitato i monasteri stavropegici a Mosca e fuori: il Monastero della Santa Trinità di San Sergio (più volte), a Optina, a Valaam, alle Solovki, al Monastero della Santa Trinità di S. Stefano Mahrischsky e altri monasteri.
In alcuni viaggi sono stati organizzati incontri pubblici su vasta scala (Alma-Ata, Ekaterinburg, Petrozavodsk, Odessa), con il clero diocesano (Kiev, Tver e Kaliningrad) e con gli abitanti dei monasteri (Optina, Valaam, Solovki, Pskov). Durante questi incontri, Sua Santità ha risposto a numerose domande del pubblico.
Nel 2010, Sua Santità ha presieduto 195 servizi di culto, di cui 15 nelle cattedrali e nelle chiese del Cremlino di Mosca, 43 nelle cattedrali di Mosca, 60 a Mosca (conventi, monasteri, chiese parrocchiali), 77 nei monasteri e chiese di altre diocesi.
Nel 2010, il Patriarca ha ordinato sette vescovi e 30 sacerdoti, ha consacrato 22 templi.
Nel corso dell'anno passato, il Primate della Chiesa ortodossa russa ha presieduto cinque consigli di fondazione: “Cattedrale di San Nicola di Kronstadt", "Alexander Nevsky", "Enciclopedia ortodossa”, il consiglio di fondazione del Monastero della Sacra Trasfigurazione di Solovki e del Monastero della Santa Trasfigurazione a Valaam, ha partecipato ad una riunione del Consiglio di fondazione del monastero ortodosso di San Giorgio in Getshendorfe (Germania), insieme con il Presidente della Russia ha partecipato alla riunione del Consiglio di fondazione della Carità del Fondo nazionale, ha presieduto i lavori della Commissione per preservare il patrimonio spirituale, culturale e naturale dell’arcipelago delle Solovki.
Nel dicembre 2010, Sua Santità ha tenuto la prima riunione del Comitato di coordinamento per la promozione di iniziative sociali, educative, informative, culturali e altro, sotto l'egida della Chiesa Ortodossa Russa.
L'anno passato è stato formato e ha iniziato il suo lavoro il Consiglio Patriarcale per l’Arte.
Inoltre, Sua Santità ha riportato i dati statistici sulla vita della Chiesa nella capitale russa.
Il numero totale di chiese e cappelle della diocesi della Città di Mosca è pari a 837. Tuttavia, solo in 271 è stato regolarmente prestato il servizio e questo significa che la capitale è all'ultimo posto tra le regioni della Federazione russa per il rapporto tra il numero di chiese e la densità della popolazione ortodossa. In 39 chiese di Mosca non sono riprese le attività liturgiche. Diciannove chiese non ancora sono state restituite alla Chiesa. Inoltre, 90 chiese e cappelle sono in costruzione.
Secondo il Patriarca, queste cifre dimostrano chiaramente la necessità di proseguire gli sforzi per accelerare la costruzione di nuovi templi, in particolare nelle comunità periferiche di Mosca.
1720 sacerdoti svolgono il ministero sotto la giurisdizione del Patriarca (compresi i monasteri stavropegici), 1150 direttamente all'interno di Mosca. Tra essi: 19 nella dignità di vescovo, 860 nel rango di sacerdote, 271 con il grado di diaconi, nei monasteri stavropegici e conventi ci sono 397 sacerdoti e 173 diaconi.
Per la formazione del clero ci sono a Mosca l’Accademia Teologica e il Seminario, i Seminari di Sretensky, Perervinsky e Nicholas Ugreshskaya nonché l’Università ortodossa di San Tichon per le discipline umanistiche.
Dal novembre 2010 a Mosca ci sono 226 scuole di Domenica con 10.738 bambini e 5.738 adulti.
Negli ultimi dodici mesi, a un sacerdote del clero di Mosca è stato vietato servire e un altro è stato trasferito in un'altra diocesi. Sei sacerdoti sono defunti: Arciprete Victor Ippolitov, Arciprete Sergei Bachtin, Arciprete Klochkov Michael, Arciprete Zaitsev Michael, Diacono Ihor Poltarenko, Diacono Afanasiev Dimitry.

(Fonte: Decr Servizio Comunicazione; www.mospat.ru)
+ BARTOLOMEO
PER GRAZIA DI DIO
ARCIVESCOVO DI COSTANTINOPOLI - NUOVA ROMA
E PATRIARCA ECUMENICO
A TUTTO IL PLEROMA DELLA CHIESA
GRAZIA, PACE E MISERICORDIA DA CRISTO SALVATORE
NATO A BETLEMME



Amati Fratelli Concelebranti e Figli benedetti nel Signore,
Nel mezzo della oscura atmosfera che ultimamente prevale nel mondo, di una variegata latente crisi economica, sociale, morale, e specialmente spirituale, la quale provoca negli uomini molta frustrazione, molta amarezza, molto sconcerto, molta preoccupazione, molta angoscia, molta delusione e molta paura per il domani, dolce di sente la voce della Chiesa: “Venite, fedeli, eleviamoci divinamente, per contemplare la divina discesa dall’alto a Betlemme, verso di noi visibilmente.” (Idiomelo della Sesta Ora di Natale).
Incrollabile fede dei cristiani è che Dio non osserva dall’alto e con indifferenza il cammino dell’uomo creato personalmente da Lui, a sua immagine e somiglianza. Per questo anche la Incarnazione del suo Unigenito Figlio e Logos fu fin dal principio una “Sua Benevolenza”, la sua volontà originale, il suo “volere pre-eterno”. Di assumere lui stesso, come estremo atto d’amore, la natura umana che aveva creato e renderla “partecipante della natura divina” (2Pt. 1,4). E questo prima della caduta di Adamo ed Eva e anche prima della loro creazione.
Dopo la caduta di Adamo ed Eva, il “volere pre-eterno” della Incarnazione, ha compreso la Croce, la Passione Immacolata, la Morte vivificante, la Discesa all’Ade, la Resurrezione dopo tre giorni, affinché il peccato che si insinua , che avvelena ogni cosa e la morte, passeggera clandestina della vita, abbiano fine e siano definitivamente bandite e perché l’uomo gioisca interamente della Paterna eredità dell’ eternità.
Ma la divina condiscendenza del Natale non si limita solamente alle cose relative alla eternità. Include anche il nostro cammino terreno. Cristo è venuto nel mondo per annunciare il Regno dei Cieli e per introdurci in esso, ma è venuto anche per salvare e guarire il male della umanità.
Più volte ha saziato miracolosamente la moltitudine di coloro che hanno ascoltato la Sua Parola, ha sanato i lebbrosi, ha risollevato gli storpi, ha donato la luce ai ciechi, l’udito ai sordi, la parola ai muti; ha liberato gli indemoniati dagli spiriti immondi, ha resuscitato i morti. Ha sostenuto il diritto degli oppressi e dei dimenticati. Ha stigmatizzato la ricchezza illecita, la mancanza di carità verso i poveri, ipocrisia e l”hybris” – l’eccesso nelle relazioni umane; ha dato se stesso come esempio di volontario sacrificio e svuotamento a favore degli altri. Quindi durante questo Natale bisogna fare particolare attenzione a questa dimensione del messaggio della divina incarnazione.
Molti nostri simili e correligionari provano una terribile tentazione dalla crisi latente. Sono senza numero gli eserciti dei senza lavoro, i nuovi poveri, dei senza tetto, di giovani con “sogni infranti”. Ma Betlemme si interpreta come “Casa del Pane”. Siamo debitori dunque, fedeli, verso tutti i fratelli nella prova, non solo del “Pane Sovra-essenziale”, cioè del Cristo, che si trova, avvolto in fasce, nella umile mangiatoia di Betlemme, ma anche del quotidiano pane materiale della sopravvivenza e di tutto “il necessario per il corpo” (Gc. 2,16).
E’ l’ora della attuazione pratica del Vangelo, con elevato senso di responsabilità. L’ora nella quale si sente più intensamente ed in modo più pressante l’esortazione apostolica; “Mostrami la tua fede attraverso le tue opere” (Gc, 2, 18). Il momento, cioè la occasione di “elevarci con ispirazione divina”, all’altezza della virtù regale dell’Amore, che ci rende prossimi a Dio.
Annunciando queste cose dalla santa e martire cattedra della Chiesa dei Poveri di Cristo, ai figli del Patriarcato Ecumenico, ovunque nel mondo, invochiamo su tutto la divina condiscendenza, la infinita misericordia, la pace e la grazia dell’Unigenito Figlio e Logos di Dio, incarnato per noi per opera dello Spirito Santo e da Maria Vergine, al Quale siano la gloria, la potenza, l’onore e la adorazione, insieme al Padre e allo Spirito, nei secoli dei secoli. Amen.

Dato al Fanar, Natale 2010
+ Il Patriarca di Costantinopoli
Fervente intercessore presso Dio per voi tutti


AUGURI A TUTTI I NOSTRI LETTORI 
BUON NATALE !!

martedì 21 dicembre 2010

Sabato 18 dicembre 2010 - XXX dell'ordinazione Presbiterale di P. Antonio Lotti, Decano delle Parrocchie del Patriarcato di Mosca in Italia - Celebrazione della Divina Liturgia - S. Em. Arcivescovo Innokentij (Foto a cura di Padre Giovanni Giannoccolo)

Dal sito in lingua francese: La croix.com

ATHENES, 19 déc 2010 (AFP) - 
L'Eglise grecque met une sourdine à l'anathème jeté sur l'UE et le FMI
L'Eglise orthodoxe grecque, qui n'est pas séparée de l'Etat, s'est finalement bornée dimanche à distribuer, plutôt que faire lire en chaire comme prévu au départ, une virulente critique de la férule imposée au pays par l'UE et le FMI, selon l'agence de presse grecque Ana.
Rendu public vendredi, le texte met en cause, sans les nommer, l'Union européenne et le Fonds monétaire international, en jugeant que la Grèce "semble ne plus être libre", comme "sous occupation".
"Sur le plan social, des remises en cause de droits sont entreprises, avec comme argument que ce sont des mesures imposées par nos créanciers", mentionne le texte, intitulé "A l'adresse du peuple", et qui a été remis aux fidèles à l'entrée de la messe.
L'Eglise, influente dans un pays orthodoxe à plus de 90%, y rejette la faute de la crise économique et sociale sur les responsables politiques "les mêmes depuis des décennies (...) dont le seul but était d'exercer le pouvoir", au mépris des "intérêts du peuple et du pays".
Invoquant des sources ecclésiastiques, l'Ana (semi-officielle) affirme que le chef de l'Eglise, Mgr Iéronimos, est intervenu pour que le texte ne soit pas lu en chaire. Ce prélat est crédité de bonnes relations avec le Premier ministre socialiste, Georges Papandréou, à l'inverse de l'aile droitière et conservatrice de la hiérarchie.
Dirigée collégialement, selon la tradition orthodoxe, et revendiquant un droit de regard sur les affaires publiques, l'Eglise grecque est régulièrement le théâtre de passes d'armes entre ses prélats. Ses relations avec le gouvernement se sont aussi tendues ces derniers mois au vu du tour de vis fiscal imposé sur la fortune immobilière orthodoxe.

lunedì 20 dicembre 2010

Preghiera di assoluzione secondo il rito copto


Tu, o Signore, che hai inclinato i cieli; tu che sei disceso e ti sei fatto uomo per la salvezza del genere umano. Tu sei colui che siede sul Cherubino e sul Serafino, e osserva le cose umili. Tu anche ora, nostro Sovrano, sei colui al quale noi leviamo gli occhi dei nostri cuori, o Signore che rimetti le nostre iniquità e salvi le nostre anime dalla corruzione. Adoriamo la tua ineffabile compassione e ti preghiamo di concederci la tua pace; infatti ci hai dato ogni cosa.
Possiedici, Dio nostro Salvatore, poiché non conosciamo altri allíinfuori di te, e pronunciamo il tuo santo Nome. Volgici, o Dio, al tuo timore ed al desiderio di te; compiaciti che noi abitiamo nel godimento dei tuoi beni. Coloro che hanno chinato i loro capi sotto le tue mani, esaltali nella condotta ed adornali di virtù, e faí che noi tutti siamo degni del tuo regno che è nei cieli, per il beneplacito di Dio, il tuo buon Padre, con il quale tu sei benedetto assieme allo Spirito Santo vivificante, consustanziale a te, ora e sempre, etc.
preghiera di assoluzione del rito copto
alla fine della levata d’incenso mattutina

Dal sito: Testimonianza Ortodossa

Chi desidera il libro può fare un offerta all'associazione di euro 7,5.
Versamento da effettuarsi sul C.C. postale n. 67402529 intestato: Associazione cristiana TESTIMONIANZA ORTODOSSA ".
Nel versamento specificare la causale: offerta libro.
Altrimenti per mezzo bonifico bancario: Codice IBAN IT38 M076 0102 4000 0006 7402 529
Il libro sarà inviato gratuitamente ai nostri soci e sostenitori
Un libro dell'Arcivescovo Paolo
Primate della Chiesa Ortodossa di Finlandia
L'autore affronta ed approfondisce la Fede, la Liturgia e la preghiera.
Si tratta quindi di un libro interessante da leggere, conoscere ed approfondire, adatto a tutti quelli che desiderano conoscere la e approfondire tematiche sulla Fede cristiana.

sabato 18 dicembre 2010

Dal sito amico: Eleousa.net

Grecia - Conferenza trilaterale ad Atene

Atene, 13 dicembre 2010 – Si è svolta ad Atene una conferenza sul tema: "Russia Grecia Cipro. La cooperazione politica, economica e culturale del presente e del futuro".
La riunione trilaterale russo-greco-cipriota, che si tiene sotto gli auspici del Ministero degli Affari Esteri della Grecia, è stata organizzata dalla società greco-russo (Atene), insieme alla Camera di Commercio greco-russa. Lo scopo del forum è quello di affrontare l'intero spettro delle relazioni dei tre paesi, comprese le relazioni tra le chiese.
Alla conferenza hanno partecipato i rappresentanti delle autorità statali di Russia, Grecia e Cipro, i diplomatici, le comunità scientifiche ed economiche, nonché i rappresentanti della Chiesa. Il vice primo ministro F. Pankalos ha rivolto un appello ai partecipanti da parte del governo greco. Per la Chiesa ortodossa di Grecia ha parlato il metropolita Chrysostomos Zakinfsky, membro di lunga data della società russo-greca.
Il Patriarcato di Mosca è stato rappresentato dal personale del Segretariato per le inter-relazioni del Dipartimento per le relazioni esterne della Chiesa, sacerdote Michael Asmus. Nella sua relazione sul ruolo della Chiesa ortodossa come ponte tra i tre paesi, Asmus ha rilevato che la fede stessa ha rafforzato i legami spirituali secolari tra il mondo greco e il mondo russo, nonché le nuove prospettive di cooperazione del Patriarcato di Mosca con le Chiese di Grecia e Cipro.
Il tema dell’unità spirituale dei popoli della Russia, Grecia e Cipro come base per la cooperazione politica, economica e culturale è stato ripetuto più volte nelle parole di molti oratori. Il più sorprendente è stato l’intervento del deputato della Duma di Stato della Russia Savvidi che ha invitato la Grecia a inviare un rappresentante della sua vita politica, economica e culturale a fianco della Russia.

(Fonte: www.patriarchia.ru; Decr Servizio di Comunicazione)




Nascita del Signore Teantropo 2010 Un augurio e una (la) Speranza di P. Giovanni Festa


Nascita del Signore Teantropo 2010 Un augurio e una (la) Speranza

Palermo Ortodossa
Foglio mensile ad uso interno
della Chiesa Ortodossa San Marco d’Efeso – Palermo

Anno 1 numero 2 - DICEMBRE 2010

Un augurio e una (la) Speranza

Il Parroco non si limita a presentare a tutti voi alle vostre
famiglie gli auguri di bella e buona nascita di Cristo, ma vorrebbe
ricordare a se stesso e a tutti noi,riprendendo il tema della
Lettera alla Chiesa di Laodicea nell’Apocalisse, che la nostra sequela
a Cristo Signore ci chiede inquietudine e continua autocritica
(bisogna sempre sparare a zero su quel quartiere generale che è la
nostra vita, intransigenti con noi stessi e misericordiosi con gli altri!)
Ecco oggi noi facciamo memoria, e non semplice ritualità, di
questo porre le tende fra di noi da parte di Dio in carne umana. Paolo
ci parla di scandalo, di paradosso, di svuotamento, di annichilimento
e di finale vittoria sulla morte come ultimo nemico; ed intanto
il terzo Vangelo nella celebrazione del mistero e del sacramento
dell'olio Santo (dovremmo tutti ma proprio tutti noi stare a
“bagnomaria” nell'Olio Santo!) ci ricorda che il Signore ci ha mandato
per guarire i malati, scacciare i demoni, mondare i lebbrosi e
risuscitare i morti. In quella particolare visione e lettura dell'ortodossia
cristiana in cui e per cui ogni festa è già epiclesi e caparra
dell'altra successiva festa in un continuum di preghiera e di glorificazione,noi già siamo nella pienezza della Parousia del Signore.
Certo c'è la battaglia dura contro il principe di questo mondo,una
battaglia fangosa, dura, spietata, ma non dobbiamo mai avere paura,
Egli verrà e non tarderà...Signore non tardare...e tutto sarà in
tutti.

Protopresbitero Giovanni Festa