lunedì 26 ottobre 2015

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In chiesa. Piccola guida per i fedeli ortodossi


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a cura di A.F.
Chissà quante volte abbiamo notato dei fedeli un po’ imbarazzati e disorientati in chiesa, che non sanno bene come comportarsi o cercano di capire come muoversi. Solitamente sono persone che pur essendo ortodosse non frequentano costantemente la chiesa e le sue liturgie oppure si tratta di ritornati all’Ortodossia che devono imparare ad “ambientarsi”. Di seguito forniamo alcune brevi indicazioni, che non hanno la pretesa di essere esaustive, ma che possono aiutare a superare questo imbarazzo iniziale e a vivere meglio le celebrazioni. 

Vestiario

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L’abito non fa solo il monaco ma anche il fedele. I cristiani ortodossi dovrebbero recarsi in chiesa con lo stesso spirito di umiltà del pubblicano al tempio, umiltà che dovrebbe trasparire anche nella modestia e nel decoro del vestiario.
Per i nostri appuntamenti importanti scegliamo di solito degli abiti appropriati e soprattutto che segnino una distinzione con il nostro quotidiano. Così dovrebbe essere anche quando ci rechiamo in chiesa tenendo presente che non stiamo andando ad un appuntamento mondano ma incontro al Signore.
Con un po’ di gusto e di buonsenso non ci sarà bisogno di stilare elenchi di abiti più o meno concessi e si potrà comprendere da soli che non ci si dovrà presentare alla liturgia domenicale in tuta o in pantaloncini o in vestiti che destino curiosità e attrattività fisica. Gli uomini poi ricorderanno sempre di scoprire il loro capo all’ingresso del tempio mentre le donne si premureranno di portare con loro un velo o un foulard per coprire la testa. Le donne inoltre faranno attenzione ad evitare i pantaloni, le scollature eccessive e l’uso smodato di cosmetici in particolare di rossetti (non si potranno baciare le icone e prendere la comunione senza macchiare tutto!).
L’arrivo in chiesa

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E’ estremamente importante cercare di arrivare in chiesa sempre in tempo, almeno un po’ di tempo prima dell'inizio delle funzioni. E’ chiaro che può capitare di arrivare in ritardo allora se, per qualche ragione di forza maggiore, capita di tardare bisogna aver cura di non interferire con le preghiere di chi è entrato prima di noi. Arrivare prima dell’inizio della liturgia ci consente un’adeguata preparazione e di rispondere positivamente all’invito dell'Inno dei Cherubini che ci chiede di “deporre ogni affanno della vita”.
All'ingresso in chiesa faremo il segno della croce per tre volte, accompagnando ogni volta il segno di croce con un inchino fino alla cintola. Esistono diverse formule che accompagnano i tre segni di croce, basate sulla preghiera del pubblicano del Vangelo, accompagnate da richieste di intercessione alla Madre di Dio e ai Santi.
E’ bene non fermarsi di fronte all'entrata, per non bloccare la strada degli altri che entrano per pregare. Possiamo allora Muoverci con tranquillità e naturalezza andando ad occupare il posto che desideriamo. Quando ci muoviamo ricordiamo soltanto che, se passiamo di fronte alle Porte Sante dell'iconostasi, è bene fermarsi un attimo e fare il segno della croce.

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Dopo i segni della croce all'ingresso, si possono andare a venerare le icone. Tipicamente l'icona viene venerata con un bacio, anche se tra alcuni popoli è consuetudine anche appoggiare la fronte all'icona dopo averla baciata. Il punto preciso del bacio dipende dal tipo di icona, ma preferibilmente dovrebbe coincidere con il luogo dove ci si aspetta un bacio rituale (la mano di Cristo, un libro dei Vangeli, l'orlo di una veste); per questa ragione, nelle icone non si baciano di solito i volti. Di solito, si venera l'icona del Santo patrono o della festa del giorno, posta su di un analoghio (leggìo) nel mezzo del tempio, e quindi le icone di Cristo e della Madre di Dio. Nulla  vieta, comunque, di andare a venerare altre icone. Se al momento dell’arrivo la funzione è già iniziata, può essere meglio astenersi dall'andare a venerare le icone per evitare di disturbare.
In chiesa troveremo i nostri parenti, gli amici e i conoscenti è bene salutarli in silenzio, con un sorriso, un cenno del capo o un inchino. E’ meglio evitare di instaurare conversazioni, ci sarà tempo dopo la liturgia. Se è necessario parlare (per esempio per chiedere informazioni o assistenza), cerchiamo di farlo con il minimo di disturbo.
Al banco delle candele
In fondo alla chiesa, quasi sempre nei pressi dell’entrata, c’è un banco dove sarà possibile acquistare delle candele ma non solo. È impossibile immaginare una chiesa ortodossa in cui non si accendono candele di cera d’api.
Il Beato Simeone di Tessalonica (XV secolo), commentatore della Liturgia, dice che la cera pura simbolizza la purezza e la castità di quanti la offrono. L'offerta è un segno di pentimento per l'ostinazione e la volontà personale. La morbidezza e la flessibilità della cera indicano la nostra prontezza a obbedire a Dio. La candela che brucia rappresenta la deificazione dell'essere umano, il suo divenire creatura nuova attraverso il fuoco dell'amore di Dio.

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Inoltre, la candela è un testimone della fede, della nostra appartenenza alla luce divina. Esprime la fiamma del nostro amore per il Signore, per la Madre di Dio, per gli angeli e per i santi. Non si deve accendere una candela con il cuore freddo, come mera formalità. L'azione esterna deve avere il supplemento della preghiera, anche la più semplice, usando le proprie parole.
Non vi sono regole assolute su quali e quante candele si devono offrire. Il loro acquisto è un piccolo sacrificio a Dio, volontario e non pesante. Una candela larga e costosa non è portatrice di maggiore grazia rispetto a una piccola.
Al banco delle candele troverete disponibili anche i foglietti per ricordare durante la liturgia i vivi (О здравии, solitamente in rosso) e i defunti (O упокоении, solitamente in nero).
Arrivare puntuali in chiesa significa anche far giungere al sacerdote queste liste per tempo. E’ bene quando ci apprestiamo a compilare i nostri foglietti tenere a mente alcune semplici regole:

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·        I nomi sulle liste devono essere leggibili. Chi non scrive chiaro in corsivo può scrivere in stampatello. È meglio scrivere i nomi in colonne ben ordinate (se il foglio ha righe prestampate, un solo nome per riga), e non riempire un foglio con troppi nomi.
·        Scriviamo solo i nomi e non i cognomi. Nelle preghiere si ricordano le persone per nome di battesimo e non per nome di famiglia o con un patronimico. Nella più antica tradizione cristiana si dava un solo nome di battesimo; oggi in molti paesi, anche di tradizione ortodossa, è subentrato l’uso di dare nomi multipli: in questo caso si può scrivere un nome multiplo, ma comunque senza cognome.
·        Scriviamo i nomi in forma piena (in russo e slavonico, i nomi si scrivono al genitivo). In molte lingue si usano diminutivi di nomi: “Beppe” invece di “Giuseppe” (in italiano), “Misha” invece di “Mikhail” (in russo), “Gică” invece di “Gheorghe” (in romeno) e così via. I nomi non vanno scritti in forma diminutiva, perché questi non sono nomi di battesimo, ma soprannomi. Il miglior modo per non fare errori è sapere dai nostri cari con quale nome sono stati battezzati.
·        Se si ricorda un membro del clero o un monaco o monaca, si ricorda anche il titolo accanto al nome. Se non si conosce il titolo esatto (come per esempio “ieromonaco”, “arcidiacono”, “igumena”…) può andar bene scrivere “padre” o “madre”.
·        Talvolta si ricordano accanto ai nomi alcune condizioni speciali: si può specificare che si tratta di un bambino o bambina, si può scrivere “malato”, “carcerato”, “viaggiatore” o “missionario”, oppure segnare “soldato” accanto al nome di una persona che fa il servizio militare allo Stato, o che è morta in combattimento. Queste annotazioni non sono comunque necessarie, e se non vogliamo chiedere preghiere speciali (per esempio, una preghiera per un malato) è bene non esagerare con queste specificazioni. Anche se non è sbagliato scrivere la finalità per cui preghiamo (per esempio “per la riuscita negli esami”), è meglio non farlo, dato che i memoriali in una chiesa possono essere centinaia o migliaia, e ogni ulteriore annotazione complica la lettura dei nomi.
·        Si possono scrivere i nomi di cristiani non ortodossi, oppure di non cristiani? È bene domandare in ogni chiesa, perché non in tutte si seguono le stesse regole. In alcune chiese si separano i nomi dei cristiani ortodossi dagli altri in liste diverse. In altre chiese non si sente questa necessità, ma è sempre bene informarsi prima. Anche se in certe chiese ci sono restrizioni sui nomi da scrivere sui memoriali, ricordiamo comunque che come cristiani è nostro dovere ricordare tutti, senza eccezioni, nelle nostre preghiere personali.
Al banco delle candele sarà possibile chiedere una Panichida per chi è defunto, o un Moleben (officio di preghiera, chiamato nell'uso greco Paraclisi) per pregare per qualche altro scopo specifico. Ricordate che questi saranno celebrati solo alla fine della Divina Liturgia.
Durante la liturgia

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Molti ritornati all’Ortodossia dal cattolicesimo o dal protestantesimo si sorprendono di non trovare all’interno della chiesa panche e inginocchiatoi. Nella tradizione ortodossa, infatti, i fedeli stanno in piedi praticamente per tutta la funzione. In alcune chiese ortodosse, non troveremo neppure una sedia, tranne alcune sparpagliate ai bordi della navata a beneficio dei più anziani o gli stalli del coro riservati appunto a quest’ultimo. Se ci sediamo però dobbiamo aver cura di non farlo in alcuni momenti importanti della liturgia (lettura del Vangelo, canone eucaristico…) e di rimanere in una posizione composta evitando di incrociare o accavallare le gambe. 
In una chiesa ortodossa sarà più facile vedere un fedele che si prosterna che uno che si inginocchia. Giova ricordare inoltre che secondo l'antica tradizione e una legge chiara della Chiesa, non ci si deve mettere in ginocchio la domenica, e i giorni tra Pasqua e Pentecoste. La radiosa solennità degli eventi che la Chiesa commemora per tutto il periodo da Pasqua a Pentecoste e alle domeniche preclude, in sé e per sé, ogni manifestazione esterna di dolore o di lamento dei propri peccati: poiché Gesù Cristo "avendo cancellato il documento dei nostri peccati… inchiodandolo alla sua Croce, e sconfitto i principati e le potenze, li ha sconfessati apertamente, trionfando su di loro” (Col 2,14-15), da allora “non esiste, pertanto, alcuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù” (Rm 8,1). Per questo motivo, è stata osservata nella Chiesa fin dai primi tempi, e indubbiamente tramandata dagli apostoli, la pratica per cui in tutti questi giorni, consacrati alla commemorazione della gloriosa vittoria di Gesù Cristo sul peccato e sulla morte, si richiedeva compiere il servizio divino pubblico in modo lieto e con solennità, e in particolare senza inginocchiarsi, che è un segno del dolore e del pentimento per i propri peccati. 
Importantissimi sono i segni di croce. Sarebbe lungo e complicato elencare tutti i momenti in cui ci si deve segnare, sarà sufficiente ricordare che è possibile segnarsi con la croce quando vengono nominati Dio, il Signore Gesù Cristo, la Santissima Trinità, la Madre di Dio e i santi o anche alla fine di ogni petizione delle litanie  e in qualsiasi momento si desideri pregare per  ricordare qualsiasi persona. Ricordiamo che nessuno si aspetta che “azzecchiamo” tutti i momenti in cui bisogna fare la croce,  per imparare però può essere utile osservare con discrezione cosa fanno gli altri e limitarsi a fare la stessa cosa. E’ importante ricordare che nella prassi della Chiesa Ortodossa il segno della Croce si fa tenendo tre dita della mano destra unite e le altre due libere. Questo gesto è la confessione dell'unità e trinità di Dio e delle due nature (umana e divina) unite in Cristo senza essere confuse tra loro (Dogma del Concilio di Calcedonia). La mano così disposta tocca la fronte (Nel nome del Padre), l'ombelico (del Figlio), la spalla destra (e del Santo) e la spalla sinistra (Spirito).
La confessione

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Insieme al digiuno una delle condizioni richieste per accedere alla comunione è la confessione sacramentale. E’ bene allora pianificare con cura e per tempo questo appuntamento.
Alla sera del sabato o la domenica mattina prima della Liturgia troveremo in chiesa almeno un sacerdote disponibile per la confessione, dovremo allora premurarci di arrivare per tempo per confessarci con calma ma soprattutto di prepararci accuratamente a questo appuntamento con il perdono di Dio.
La frequenza della confessione può variare, ma deve essere regolare. E’ fissata di comune accordo, esplicito o tacito, con il confessore o con il padre spirituale. In generale la Confessione precede la Comunione Eucaristica, ma può non essere legata ad essa in modo formale. In particolare, allorché ci si accosti frequentemente, ovvero ogni domenica, alla Comunione, anche la Confessione avrà una propria frequenza, secondo i bisogni spirituali del/della credente. E’ bene comunque non diradare la Confessione; la decisione della frequenza del sacramento va comunque lasciata al discernimento del padre spirituale e alla coscienza del fedele.
Solitamente nei pressi dell’iconostasi ci sarà un prete vicino ad un analoghion (leggio) sul quale saranno posti un vangelo e una croce. Se c’è una fila di fedeli rispettiamo il nostro turno e una volta giunto il nostro momento facciamo un inchino a chi sta dietro di noi e poi presentiamoci al sacerdote. Se non conosciamo il prete presentiamoci dicendo chi siamo e che siamo cristiani ortodossi poi potremo confessare i nostri peccati. Per una buona confessione si possono consultare i tanti libri di preghiera che sono a disposizione.

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Finita la confessione dei peccati ci inchineremo sull’analoghion e il sacerdote porrà la sua stola sul nostro capo per impartirci l’assoluzione. Ricevuta l’assoluzione baceremo il vangelo e il crocifisso e porgeremo i palmi delle mani, l’uno sull’altro, nel modo consueto per ricevere la benedizione del sacerdote. 

La comunione

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Avvicinarsi al Santo Calice richiede una preparazione attenta, la cui importanza e necessità non possono essere sottostimate. La preparazione alla Comunione consisterà soprattutto in un ricordo costante di Dio, una attesa confidente e impaziente della Sua venuta: “Amen! Vieni Signore gesù!” (Apoc. 22,20). La preparazione personale deve svolgersi in questo spirito, in questo volgersi profondo e totale del cuore e dei pensieri verso la venuta di Cristo. Questa preparazione comprende diversi aspetti: la preghiera, il digiuno, la confessione.
La Comunione Eucaristica è preceduta da una preparazione in preghiera. E’ vivamente raccomandato, in particolar modo a coloro che intendono comunicarsi, assistere all’officio dei vespri o alla veglia precedente la Liturgia eucaristica della domenica o della festa. Inoltre, i libri di preghiera ortodossi contengono sempre un “officio della Santa Comunione” che possiamo tranquillamente usare per la nostra preparazione. Questo officio è composto da salmi, da un canone, ossia da una composizione poetica, e da preghiere attribuite ai Padri della Chiesa. E’ inoltre possibile aggiungere un canone o un inno acàtisto al Signore, alla Madre di Dio, all’Angelo custode, ai Santi. I libri di preghiere più completi offrono una scelta di questi testi che risalgono all’antichità più remota, e che riflettono la saggezza spirituale e il fervore dei nostri “Padri nella fede”.
Il digiuno non può essere trascurato nella preparazione alla Santa Comunione. Seguendo la pratica più comune, si raccomanda di consumare un pasto frugale la sera che precede la Liturgia Eucaristica, ed una totale astinenza da cibo e bevande durante la notte, fino al momento della Comunione. Questa astinenza si estende anche ai rapporti coniugali. Va precisato che in situazioni concrete di malattia, di debolezza, di età avanzata e di fronte a lunghe distanze da percorrere in viaggio, il confessore ha la libertà di adeguare le regole del digiuno stretto alle esigenze del singolo caso, senza che queste eccezioni si trasformino in regole fisse. Dal digiuno sono inoltre esclusi i bambini al di sotto dei 7 anni.

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Nel momento in cui il sacerdote esce dal Santuario recando il Calice, dopo avere fatto una prostrazione, ci si deve presentare alla Comunione tenendo le mani incrociate sul petto, con la destra sovrapposta alla sinistra. E’ bene recitare la preghiera di comunione (Credo, o Signore, e confesso…) assieme al Sacerdote. Non è opportuno segnarsi avvicinandosi al Calice, per evitare di urtarlo. Gli infanti e i bambini piccoli vanno presentati al Sacerdote reggendoli sul braccio destro. Nel distribuire la Comunione ai fedeli il sacerdote dice: :“Il servo (o la serva) di Dio N., riceve il prezioso e santissimo Corpo e Sangue del Signore, Dio e Salvatore nostro Gesù Cristo, per la remissione dei suoi peccati e la vita eterna”. Ricordiamo quindi presentandoci al prete di pronunciare il nostro nome di battesimo e di aprire bene la bocca mentre i servitori si premureranno di stendere il velo sotto il nostro mento. Una volta che il prete avrà inserito il cucchiaino nella nostra bocca chiudiamola delicatamente per ricevere il Corpo e il Sangue di Cristo e pulire completamente il cucchiaino. Dopo esserci comunicati un servitore pulirà le nostre labbra, diremo “Amìn” e baceremo il santo Calice.
Poi ci verrà offerto, o troveremo di lato, un bicchierino di acqua calda e l’antidoro per purificare la nostra bocca.
Conclusione della liturgia

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Una regola importantissima: se non c'è una necessità estrema, non lasciamo la chiesa prima della fine della liturgia.
Dopo la comunione, soprattutto se il sacerdote è impegnato a purificare i vasi sacri, un lettore legge le preghiere di ringraziamento. E’ bene in questo caso conservare il silenzio poiché queste preghiere sono recitate e non cantate. Sempre in silenzio bisognerà seguire l’omelia che il sacerdote di solito pronuncia a questo punto.
La fine della liturgia è segnata dal bacio della croce che il sacerdote ci offrirà e dalla consegna dell’antidoro, cioè del pane benedetto. Mettiamoci allora ordinatamente in fila avendo poi cura, quando riceveremo l’antidoro di non spargerne a terra delle briciole. E’ possibile chiedere di portare a casa uno o più pezzi di antidoro, per dividerli con la famiglia: in tal caso cerchiamo di avere un fazzoletto pulito o un altro recipiente adatto a contenere l'antidoro, avendo cura di aspettare che tutti abbiano ricevuto il proprio pezzo (soprattutto quando i fedeli sono tanti), in modo da non privare qualcuno della propria parte.
Spesso nei paesi dove gli ortodossi sono una minoranza e dunque le comunità sono più piccole al termine delle liturgie sono previsti dei momento di aggregazione per prendere del the, mangiare qualcosa e conversare. E’ il momento giusto per tutte le necessità di incontri e conversazioni mondane.

domenica 25 ottobre 2015

Gloria a Dio !!! Anche questa domenica, grazie a un folto numero di fedeli, che abbiamo potuto celebrare, presso la nostra Chiesa Parrocchiale Ortodossa del Patriarcato di Mosca, la Divina Liturgia.
Vi presento alcune foto della celebrazione.












sabato 24 ottobre 2015

https://mospat.ru/it

Incontro col Patriarca Giovanni

 

Il 19 ottobre 2015 il Presidente del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca, metropolita Hilarion, ha incontrato ad Atene il Primate della Chiesa ortodossa antiochena, Sua Beatitudine il Patriarca della Grande Antiochia e di tutto l’Oriente Giovanni X.
A nome di Sua Santità il Patriarca di Mosca e di tutte le Russie Kirill, il metropolita Hilarion ha espresso le sue sincere condoglianze alla Chiesa sorella ortodossa di Antiochia in relazione ai tragici eventi in Medio Oriente. Il metropolita ha sottolineato che la Chiesa russa è a conoscenza delle prove che affrontano i cristiani ortodossi in Siria, che prega per loro e fa tutto il possibile per alleviare le loro sofferenze.
Le parti hanno discusso la preparazione del Concilio pan-ortodosso, previsto per il 2016. Il metropolita Hilarion ha aggiornato il Primate della Chiesa di Antiochia sulla V Conferenza panortodossa preconciliare, conclusasi il 17 ottobre a Chambésy (Ginevra) e i documenti da essa approvati.
Il presidente del Decr ha sottolineato che l’adozione di decisioni comuni a livello panortodosso richiede il consenso che può essere raggiunto solo attraverso la presenza di rappresentanti di tutte le Chiese ortodosse locali e la loro decisione unanime su ciascun problema. “Se anche solo una Chiesa locale non accetta questa o quella decisione, essa non è approvata e deve essere rinviata al futuro”, ha detto il metropolita.
Riferendosi alla situazione in Ucraina, il presidente del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca, ha ringraziato il Patriarca Giovanni e, attraverso di lui, tutta la Santissima Chiesa di Antiochia, per il forte sostegno dato alla Chiesa ortodossa ucraina canonica, guidata dal metropolita di Kiev e di tutta l’Ucraina Onufrij.
Le parti hanno discusso di altre questioni di reciproco interesse.
La conversazione si è svolta in un’atmosfera fraterna e accogliente.

http://www.ortodossiatorino.net

Contro il mito del rito bizantino del matrimonio gay
di padre Patrick Viscuso
pravoslavie.ruNew Oxford Review
19 ottobre 2015



Il 7/20 ottobre, la Chiesa ortodossa celebra la memoria dei santi Sergio e Bacco, noti per la loro grande amicizia, che avevano ricoperto alte cariche nell'esercito romano sotto l'imperatore Massimiano (284-305), e alla fine sono stati martirizzati per il loro rifiuto di rinunciare a Cristo e di adorare i falsi dèi pagani.
Purtroppo la memoria di questi illustri santi è spesso pervertita e bestemmiata oggi da coloro che cercano di imporre i propri programmi sulla Chiesa. Nel 1994 il professore di Yale John Boswell ha pubblicato il libro "Same-Sex Unions in Premodern Europe", nel quale sosteneva che il rito bizantino della adelphopoiesis, che menziona i martiri Sergio e Bacco, era in realtà un servizio sancito dalla Chiesa per il matrimonio tra omosessuali, che i santi avevano ricevuto, e usava anche una icona dei santi Sergio e Bacco sulla copertina del suo libro. Anche se la sua ricerca è stata smentita più volte, la sua tesi è ripetutamente risuscitata da coloro che cercano di introdurre i matrimoni omosessuali nella Chiesa.
Padre Patrick Viscuso è un sacerdote e canonista dell'Arcidiocesi greco-ortodossa in America, e ha scritto numerosi articoli accademici in materia di matrimonio bizantino e diritto canonico. È citato tre volte nel libro di Boswell. In questo presente articolo, "Un tentativo non riuscito di riscrivere la storia", p. Viscuso difende la verità storica della pratica ortodossa contro le pretese di Boswell, e nel farlo onora la memoria dei santi Sergio e Bacco.
* * *
Scrivere la storia di un'istituzione religiosa implica una comprensione delle nozioni e del linguaggio nel loro contesto storico e culturale. Il libro del professor John Boswell di Yale pretende di trovare precedenti per il matrimonio omosessuale, in particolare in Ortodossia orientale durante il tardo periodo bizantino. La sua tesi principale è che i bizantini considerato il rito della adelphopoiesis, un termine greco tradotto come "unione omosessuale" da Boswell, come una forma di matrimonio contratto tra due maschi e benedetto dalla Chiesa.
È fuori discussione che vi siano riti di adelphopoiesis contenuti nei manoscritti bizantini risalenti dal IX al XV secolo. La cerimonia era condotta da un sacerdote per due maschi in chiesa, e conteneva simboli comuni ai riti matrimoniali bizantini tra cui tenere in mano candele, unire le mani, ricevere la comunione, e girare tre volte intorno a un tavolo utilizzato nella celebrazione. Le preghiere utilizzate per la benedizione sacerdotale chiedevano a Dio di stabilire "fratelli spirituali" (pneumatikous adelphous) e contenevano riferimenti a coppie sante, tra cui in particolare i santi Sergio e Bacco, che erano famosi per la loro amicizia. L'ordine del servizio variava, ma sembrava possedere una struttura semplice, che di solito comprendeva petizioni seguite dalla/e preghiera/e centrale/i di benedizione e un congedo.
Al fine di valutare se tale servizio fosse equivalente a una cerimonia di matrimonio, è necessario capire come si formavano le unioni coniugali nel tardo periodo bizantino, e quindi confrontare i riti. La nostra preoccupazione in questa analisi non sarà di esaminare il contenuto delle preghiere incluse nei riti, come è già stato fatto in diverse recensioni dell'opera di Boswell, ma di concentrarci sul contesto in cui i riti erano utilizzati e descritti nella società tardo-bizantina.
Nel tardo periodo bizantino, l'unione coniugale si stabiliva attraverso un processo che comprendeva diverse fasi: fidanzamento, contratto di matrimonio, rito del fidanzamento e coronamento.
I fidanzamenti semplici erano contratti civili. Erano una promessa di futura unione di capifamiglia che agivano per conto dei loro figli preadolescenti. Non erano considerati significativi dal punto di vista ecclesiale e potevano essere sciolti con le sole sanzioni civili relative alla rottura di un accordo legale.
Anche i contratti di matrimonio erano un accordo civile, molto probabilmente i "legami trasversali" discussi nel XV secolo da san Simeone di Tessalonica. Questi consistevano in accordi presi di fronte a un rappresentante dello stato prima delle cerimonie in chiesa. Nel corso di questi accordi, ciascuno dei coniugi dava l'assenso a un contratto di matrimonio per iscritto con la firma di una croce. Il consenso delle famiglie all'unione era espresso quando i padri dei futuri sposi toccavano le penne utilizzate dai loro figli durante la firma. I contratti significavano l'accordo della coppia e delle loro famiglie all'unione, così come il trasferimento della proprietà alla comunità coniugale – per esempio la dote della sposa e il dono ante-nuziale dello sposo. La firma del contratto era una forma puramente civile del matrimonio.
Al contrario, il fidanzamento formale comprendeva un atto sacerdotale descritto nelle fonti bizantine come "benedizione." Lo scopo principale di questa benedizione era l'invocazione a Dio affinché il fidanzamento potesse essere confermato e reso indissolubile. Tuttavia, se i fidanzamenti erano rotti, era condotta una procedura di divorzio ecclesiale sulla base dei motivi stipulati. Dopo il fidanzamento, i coniugi erano tenuti a mostrare fedeltà, ma non potevano godere dei diritti positivi del matrimonio, come le relazioni nuziali. Gli effetti del fidanzamento sulle relazioni di parentela erano simili a quelli del matrimonio completo.

i santi Sergio e Bacco

La distinzione del fidanzamento dal matrimonio completo, stabilito dal rito finale del coronamento, può essere compresa se si confrontano i motivi del loro scioglimento. Mentre le cause di divorzio di un matrimonio completo si concentrano sulla rottura dell'unione coniugale e hanno a che fare con l'adulterio o situazioni d'immoralità sessuale reale o sospetta, le cause di dissoluzione dei fidanzamenti si focalizzavano su obiettivi diversi, vale a dire, le finanze, il carattere, la posizione nella vita e gli eventi che circondavano il contratto del matrimonio. La differenza indicava che mentre il divorzio nel caso di un matrimonio completo aveva a che fare con la perdita dell'unione, la rottura del fidanzamento aveva a che fare con la perdita delle basi per l'unione. Il fidanzamento è un passo nella realizzazione del matrimonio, quasi equivalente al matrimonio, ma non è la stessa cosa dell'unione completa.
L'incoronazione, la fase finale della formazione del matrimonio, era chiamata così dal rito centrale di benedizione nel corso del quale le corone erano poste dal sacerdote sul capo della sposa e dello sposo. Come nel caso del fidanzamento, si faceva una solenne invocazione della benedizione divina per stabilire l'unione coniugale. L'unione coniugale comportava una serie di parentele per matrimonio, conosciute come rapporti di affinità. Regole o canoni di una certa complessità regolavano se tali membri della famiglia erano stati autorizzati a sposarsi. Una volta stabilito, questo tipo di parentela sopravviveva anche alla morte di uno o entrambi i coniugi. Questi rapporti erano più estesi di quelli formati attraverso qualsiasi altro sacramento o mistero, tra cui il battesimo, che portava anch'esso ad alcuni divieti di matrimonio tra i familiari del padrino e i battezzati.
Se il matrimonio bizantino viene confrontato con il rito della adelphopoiesis (quella che Boswell chiama "unione tra persone dello stesso sesso"), molte differenze sono evidenti. La prima è che il matrimonio avviene attraverso un processo, non solo attraverso un semplice rito. La ragione più immediata per questo sembra essere che l'unità coniugale nella società bizantina coinvolgeva sia gli sposi sia le loro famiglie, piuttosto che semplici individui. Il consenso delle famiglie era richiesto in quasi ogni tappa della formazione del matrimonio. Questo non significa che il consenso dei coniugi non fosse richiesto. La cerimonia civile era il veicolo in cui si manifestava il consenso matrimoniale. Tale consenso era anche implicato nella partecipazione reciproca della coppia nei riti di fidanzamento e di incoronazione, dove la benedizione sacerdotale istituiva l'unione, e il sacerdote era considerato come il ministro del sacramento. Al contrario, l'adelphopoiesis non era stabilita da un processo di graduale unione tra i coniugi e le famiglie, ma piuttosto era un'unione di due individui. Le parentele familiari risultanti e gli impedimenti matrimoniali erano limitati. Boswell cita il giurista dell'XI secolo Eustazio Rhomaios, che afferma: "le unioni tra persone dello stesso sesso sono tra persone, e solo quelli [che si uniscono attraverso queste unioni] incorrono in impedimenti al matrimonio, ma non gli altri membri delle loro famiglie". Se le "unioni dello stesso sesso", erano una forma di matrimonio, perché non dovrebbero esserci impedimenti matrimoniali per chi era già unito? Non ha senso. Anche se fosse ammesso che tali impedimenti erano applicabili solo quando le "unioni tra persone dello stesso sesso" erano disciolte, tali rapporti di parentela a impedimenti limitati sono completamente incompatibili con il matrimonio come praticato nel contesto della società tardo-bizantina. Inoltre, non sembra che vi siano disposizioni nella Chiesa, dove Boswell sostiene che i matrimoni omosessuali erano benedetti, per motivi di divorzio. Certo, se due uomini erano sposati dalla Chiesa, non avrebbero dovuto esserci disposizioni in caso di una loro separazione, come avveniva per tutte le altre forme di matrimonio?
L'adelphopoiesis stabiliva un diverso tipo di unione rispetto al matrimonio, forse una forma più vicina all'adozione. Questo punto di vista è supportato dal fatto che la discussione dell'adelphopoiesis avviene nelle fonti tardo bizantine in connessione con le parentele stabiliti per adozione, contrariamente alle affermazioni di Boswell. Nel contesto di queste fonti, la traduzione più letterale di adelphopoiesis, "adozione di un fratello" o "adottare un fratello", sembra essere più coerente con le idee espresse nei testi. Per esempio, il monaco del XIV secolo Matteo Blastares nella Collezione alfabetica, un'enciclopedia di diritto canonico, discute l'adelphopoiesis nel contesto dell'adozione, che a sua volta mette in riferimento al tema generale della parentela, non del matrimonio. Boswell perde di vista il contesto.
Nel suo trattamento del Typikon di Giovanni Tzimiskes del X secolo, Boswell fa questa traduzione: "non è consentito ad alcun fratello di lasciare la montagna per formare relazioni o unioni [sunteknias e adelphopoiesis] con laici, e se qualcuno dovesse aver fatto una cosa del genere... non potrà andare alle loro case o fare colazione con loro..." La parola sunteknia espimeva il rapporto spirituale stabilito tra il padrino e il figlioccio al battesimo. Tuttavia, traducendo la parola come "relazione", Boswell modifica il contesto dell'adelphopoiesis. Una traduzione più corretta potrebbe essere "paternità spirituale". Di conseguenza, il parallelo di tale divieto sembra essere correlato al battesimo, un altro tipo di unione che stabilisce legami di parentela, non a quelle regole "contro i monaci che sposano donne", come afferma Boswell.
Un problema simile si verifica quando viene fatta la dichiarazione, "Harmenopoulos, giurista del XIV secolo, nel suo commento a una sentenza del concilio in Trullo del VII secolo... cita Pietro, il chartophylax... che aggiunge il commento che i monaci non devono essere padrini di battesimo di ragazzi e fare unioni dello stesso sesso con loro". Tuttavia, quando è esaminato con attenzione, il passo in questione non ha a che fare con la selezione di ragazzi ai fini di rapporti carnali, ma piuttosto con il divieto di tre tipi di relazioni. Il testo di Harmenopoulos dice quanto segue: "È inaccettabile, dice [Pietro], che i monaci ricevano bambini dal santo battesimo, tengano corone di matrimonio, e adottino fratelli". Due di questi compiti sono chiaramente spirituali, la sponsorizzazione al battesimo e al matrimonio, che implica forse che il terzo compito, l'adelphopoiesis, condivida una natura analoga. In questo contesto, le parole "ricevere bambini dal santo battesimo" si riferiscono al ruolo del padrino del rito del battesimo, che riceve letteralmente il bambino neo-battezzato dalle mani del sacerdote dopo la triplice immersione del bambino nel fonte.
Questi problemi di interpretazione non sono rari nell'opera di Boswell e servono a distorcere il significato dell'adelphopoiesis, la quale appare, nei brani citati, più legata all'adozione e al rapporto spirituale associato con il battesimo che con il matrimonio, e che non implica alcuna dimensione sessuale .
Scrivere la storia di un'istituzione religiosa implica comprendere le nozioni e il linguaggio nel loro contesto storico e culturale. In caso contrario, c'è il rischio che la storia sia riscritta in base alle preoccupazioni attuali. Il tentativo di Boswell di dimostrare che i bizantini consideravano l'adelphopoiesis come una forma di matrimonio è fallimentare, perché la sua ricerca presenta fatti ed eventi storici fuori contesto. Dal punto di vista di Boswell, sembrerebbe che fosse celebrato un matrimonio quando due individui erano uniti da una benedizione sacerdotale in un servizio che utilizzava simboli comuni a quelli delle cerimonie di matrimonio. Tuttavia, il matrimonio bizantino era celebrato come un processo che univa famiglie e sposi in una serie di rituali, non in un rito che aveva effetto soprattutto sui i suoi partecipanti. In poche parole, l'adelphopoiesis era certamente una sorta di unione tra due individui, ma rendere questo istituto un equivalente del matrimonio necessita una prospettiva e un contesto estranei alla Chiesa tardo-bizantina.


venerdì 23 ottobre 2015

NUNTIO VOBIS GAUDIUM MAGNUM:

ABBIAMO IL VESCOVO
(tutto per noi)

 (Roma - Chiesa di S. Caterina)

Il Santo Sinodo della Chiesa Ortodossa Russa riunitosi oggi sotto la presidenza del Patriarca Kirill, ha eletto nuovo Vescovo Vicario per l'Italia con il titolo "Bogorodskij" l'Archimandrita Antonio (Sevryuk) già parroco di Santa Caterina in Roma e segretario per le parrocchie russe in Italia.
(Insieme a Lui a Roma presso la Chiesa di Santa Caterina Megalomartire in occasione della consegna della Croce d'oro.)

A X I O S   A X I O S    A X I O S 

martedì 20 ottobre 2015

https://mospat.ru

Quinta Conferenza Panortodossa a Chambésy

 È iniziata il 12 ottobre 2015 presso il Centro ortodosso del Patriarcato di Costantinopoli a Chambésy, vicino a Ginevra, la riunione plenaria della V Conferenza Panortodossa preconciliare. La riunione è presieduta dal metropolita Ioannis di Pergamo (Patriarcato di Costantinopoli).

Il capo della delegazione della Chiesa ortodossa russa, metropolita Hilarion di Volokolamsk, presidente del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca (Decr), ha rivolto ai partecipanti parole di benvenuto a nome di Sua Santità il Patriarca di Mosca e di tutta la Rus’ Kirill e del Sacro Sinodo della Chiesa ortodossa russa e ha augurato ogni buon esito nei lavori.
Su incarico di Sua Santità il Patriarca Kirill, il metropolita Hilarion ha espresso la particolare preoccupazione della Chiesa ortodossa russa in relazione alla situazione in Medio Oriente, dove il terrorismo dilagante minaccia l’esistenza stessa della comunità cristiana, ed ha chiesto uno sforzo comune affinché i nostri fratelli e sorelle in Medio Oriente possano sentirsi al sicuro.
Il presidente del Decr ha riferito sull’esito della revisione delle bozze dei documenti conciliari da parte del Sacro Sinodo della Chiesa ortodossa russa, inoltrate alla Segreteria per la preparazione del Santo e Grande Concilio.
A nome di Sua Santità il Patriarca Kirill, il metropolita Hilarion ha espresso la profonda preoccupazione della Chiesa ortodossa russa riguardo alle azioni anticanoniche di vescovi delle strutture ecclesiastiche ucraine del Patriarcato di Costantinopoli negli Stati Uniti e in Canada, che, a quanto da essi affermato, a nome del Patriarca di Costantinopoli, arrivano in Ucraina senza avvisare il Primate della Chiesa canonica Ortodossa Ucraina; entrano in contatto con gli scismatici; dichiarano la presunta disponibilità del Patriarcato di Costantinopoli a concedere agli scismatici l’autocefalia; mettono in discussione gli atti canonici del Patriarcato di Costantinopoli dei secoli passati; accolgono con onori ex-chierici ridotti allo stato laicale e scomunicati dalla Chiesa, permettendo loro di celebrare «servizi» nei loro templi e a partecipando alla preghiera con loro. «Chiediamo al Patriarcato di Costantinopoli di valutare queste azioni anticanoniche e di obbligare i gerarchi menzionati a fermare tali azioni, che distruggono la nostra unità panortodossa», ha detto il metropolita Hilarion.
In conclusione, il capo della delegazione della Chiesa ortodossa russa ha espresso la speranza che, nonostante le difficoltà esistenti, i partecipanti alla plenaria siano in grado, in spirito di unione fraterna e di cooperazione, di preparare il Concilio Panortodosso, che dovrebbe diventare un fattore di rafforzamento della nostra unità ecclesiastica in un momento in cui l’Ortodossia ne ha più bisogno.
La delegazione della Chiesa ortodossa russa comprende anche l’arcivescovo Mark di Berlino, Germania e Gran Bretagna (Chiesa Russa all’estero), il vicepresidente del Decr, arciprete Nikolaj Balashov, il chierico della diocesi dell’America occidentale della Chiesa Russa all’estero, archimandrita Irinej (Stinbegr), e l’interprete, sacerdote Anatoly Churyakov.
Le altre Chiese ortodosse sono rappresentati da delegazioni così composte:

Patriarcato di Costantinopoli – metropolita Emmanuele di Gallia, archimandrita Bartolomaios (Samaras), protopresbitero Georgios Tsetsis, archimandrita Prodromos (Xenakis);
Patriarcato di Alessandria – metropolita Sergios di Capo di Buona Speranza, metropolita Ieronimos di Mvanza, archimandrita Nicolaos (Ioannidis);
Patriarcato di Antiochia – metropolita Damaskinos di San Paolo e di tutto il Brasile, metropolita Basileios di Akkar, H. Gandur;
Patriarcato di Gerusalemme – metropolita Esichios di Kapitolia, arcivescovo Aristarchos di Konstantinia, F. Jangu;
Patriarcato di Georgia – metropolita Gerasim di Zugdidi e Tsaish, metropolita Andrej di Gori e Ateni, protopresbitero Georgij di Zviadadze, monaco Anfim (Djavakhishvili-Grigoriatis);
Patriarcato di Serbia – metropolita Amfilohije del Montenegro e Primorje, vescovo Irinej di Bačka, sacerdote Gaij Gaić;
Patriarcato di Romania – metropolita Nifon di Tărgovište, vescovo Vissarion di Tulcea, arciprete Viorel Ionitsa;
Patriarcato di Bulgaria – metropolita Ioann di Varna e Veliki Preslav, metropolita Serafim di Nevrokop, D. Arnaudov;
Chiesa ortodossa di Cipro – metropolita Gergios di Pafos, vescovo Khristoforos di Carpasia;
Chiesa Ortodossa di Grecia – metropolita Khrisostomos di Peristeri, metropolita Ignatios di Dimitrios e Almira, metropolita Khrisostomos di Messenia;
Chiesa Ortodossa di Albania – metropolita Ioannis di Korchin, metropolita Dimitrios di Argirocastro, P. Kondilis;
Chiesa Ortodossa di Polonia – vescovo Georgij di Siemiatycze, arciprete Andrej Kuzma;
Chiesa Ortodossa Ceca e Slovacca – arcivescovo Georgij di Michalowski-Košice, archimandrita Serafim (Shemyatovsky), arciprete Milan Gerka.

http://www.ortodossiatorino.net



Attraverso lo specchio: "l'aggressore" russo invita la squadra paralimpica dell'Ucraina ad allenarsi in Crimea
 
dalla pagina Facebook di Aleksej Zhuravko
17 ottobre 2015

A volte quando guardo l'Ucraina ho la sensazione che il mio paese sia scivolato attraverso lo specchio di Alice.
I liberatori sono diventati "colonizzatori" e gli assassini di bambini sono diventati eroi.
Criminali condannati e schizofrenici diagnosticati servono nella polizia.
I "guerrieri della luce" stanno bombardando donne e bambini, mentre i "terroristi" ricostruiscono le scuole.
Il governo che parla di libertà di parola e di dignità imprigiona i giornalisti che osano parlare.
Le sanzioni contro gli altri fanno male solo a noi stessi.
Anche il "paese aggressore" e "occupante" sta facendo tutto al contrario!
Putin ha recentemente invitato la squadra paralimpica ucraina ad addestrarsi in Crimea... qualcosa non quadra... ho letto molta della nostra stampa ucraina e da questa so che in Crimea finisci quasi certamente in carcere o anche fucilato per aver mostrato qualsiasi segno di ucrainismo... potrebbe essere che i media ucraini stiano mentendo a noi e al mondo?
Ma per essere onesti sono stupito da quanto la Russia e la sua leadership si siano comportati in modo calmo per tutto questo tempo. Hanno davvero agito come un fratello saggio o come un genitore.
L'Ucraina, come una ragazza adolescente con gli ormoni in subbuglio, corre per tutta la casa, prendendo i muri a testate e facendosi male, e urlando "Vi odio! Avete rovinato la mia vita! Se solo fossi nata in una famiglia diversa sarei felice! Siete dei mostri!"
Il genitore si limita a stare in silenzio, guardando sua figlia con la tristezza negli occhi, e poi, quando l'adolescente si addormenta, entra nella stanza della figlia e la copre con una coperta in più, in modo che non prenda freddo di notte. Il genitore sa che gli ormoni adolescenziali passeranno, ma la parentela è per sempre.
Amici, la Russia avrebbe potuto spazzare via l'Ucraina dalle mappe molto tempo fa, se lo avesse voluto.
La Russia avrebbe potuto deportare in un colpo tutti i milioni di ucraini che vivono e lavorano in Russia, e provocare un collasso sociale in Ucraina.
La Russia avrebbe davvero potuto inviare truppe in e distruggere l'esercito ucraino, come sta facendo ora con l'ISIS.
La Russia potrebbe chiudere le imprese di proprietà ucraina come la fabbrica Roshen di Poroshenko a Lipetsk.
La Russia potrebbe semplicemente chiudere i suoi mercati ai beni ucraini e far collassare la nostra economia (Per la perdita del piccolo mercato della Crimea innumerevoli imprese ucraine stanno soffrendo – immaginare che caos potrebbe infliggere la Russia sulla nostra economia, se escludesse completamente le nostre merci dal proprio paese)
Ma "l'occupante" non sta facendo niente di tutto ciò. "L'aggressore" sta invece dando sconti all'Ucraina sul gas, ci rifornisce di energia elettrica e ha preso un milione di profughi ucraini.
Nelle parole del grande filosofo Winnie the Pooh, "Questo è il tipo sbagliato di api!" Abbiamo un aggressore molto strano e di tipo sbagliato che ci aiuta invece di farci del male.
Onestamente, l'Ucraina è davvero scivolata attraverso lo specchio di Alice!




http://luceortodossamarcomannino.blogspot.it

Perché il culto del Sacro Cuore è anti-spirituale ( p. Aidan Keller )

L'articolo di padre Aidan Keller, sacerdote di rito ortodosso-latino fin da quando era giovanissimo ( entrò in monastero a 19 anni ), spiega gli sviluppi della devozione cattolico-romana del Sacro-Cuore di Gesù, e del perché essa è da considerarsi una devozione anti spirituale e decisamente non assimilabile nel nostro vissuto privato. Il mio è un tentativo di sintesi di questo piccolo saggio: ritenendolo utile anche non solo per i convertiti o per l'Ortodossia Occidentale, ma anche per quegli ortodossi nati ortodossi, ma catholic-friendly, che non si proteggono dalle cattive pratiche romane, ma anzi nel nome dell'Ecumenismo si perdono in esse.
Durante uno dei miei colloqui spirituali con il padre Serafim di Bologna, arrivati non mi ricordo come al Sacro-Cuore, mi disse: secondo me è una devozione nestoriana. Lasciandovi con questa riflessione fra le righe, andiamo a leggere le parole del padre americano.
La devozione al Sacro-Cuore di Cristo è molto diffusa fra i cattolici di oggi. Immagini del Cuore compaiono un po' ovunque nelle chiese e nelle case, nei libri di preghiera molte pagine sono dedicate a orazioni a questo elemento, senza contare che esiste pure una dedicazione di sé stessi al Cuore di Cristo. Ci si riferisce ad esso anche come "il dono di Dio per la nostra epoca."
Genesi della Devozione del Sacro Cuore 

La Devozione al Sacro Cuore compare nella fine del 1600 negli ambienti dei Gesuiti, i quali hanno sempre teso ad enfatizzare l'umanità di Cristo. Questa nuova devozione faceva parte del progetto gesuitico di rendere più semplice e accessibile la religione ai fedeli, per andare a costruire quello che essi stessi chiamavano il Cristianesimo minimale. Per un rapido paragone, mentre i Giansenisti e altri gruppi spirituali insegnavano - giustamente - che dev'essere l'amore per Dio a muovere l'uomo verso il pentimento e l'ammenda di vita durante tutta l'esistenza, i Gesuiti invece insegnavano che bastava pentirsi appena prima della morte per venire salvati; nell'Ortodossia invece crediamo da sempre - i Giansenisti avevano questo residuo di ortodossia - che è la Vita nella sua lunghezza e pienezza vissuta nella ricerca di Dio a renderci salvi o meno, e non dettagli insignificanti o episodi marginali della nostra vita a cambiarci.
I Gesuiti, nella loro devozione al Sacro-Cuore, sono usciti ben oltre dall'Ortodossia, sono usciti dalla stessa Fede condivisa dai Padri dei Sette Concili.  Al Concilio di Efeso ( 431 d.C.) fu decretato quale dogma che l'unica ipostasi di Cristo è composta di due nature, l'umana e la divina, non separate ma non confuse. A Gesù Cristo, vero Dio e vero Uomo, si deve il vero culto ( latrìa ) quale Dio.
Nestorio, l'eretico, divise la natura umana da quella divina, dividendo così la forma di culto che si deve alle due nature. In un sermone eretico di Natale, Nestorio aveva addirittura proclamato dal pulpito che si vergognava di tributare onore e gloria ad un bambino!


una stampa oleografica col Sacro-Cuore, molto diffusa.

Sant'Atanasio di Alessandria ha scritto riguardo l'errore di adorare il Corpo di Cristo in modo separato, con queste parole: noi non adoriamo una creatura, ma il Creatore d'ogni cosa, il Verbo Incarnato, e anche se la carne è, presa separatamente, parte delle cose create, quella assunta da Dio è stata resa Dio stesso. Noi non adoriamo il Corpo separato dal Verbo, così come allo stesso modo non separiamo il Verbo dal corpo quando lo veneriamo. Noi riconosciamo il Logos in carne e ossa quale Dio. ( Ep. ad Adelph. par. 3 )

Nella devozione al Sacro-Cuore, noi glorifichiamo Cristo nella sua completa unità, o solamente il suo Corpo?

Lo scandalo 
Il primo a parlare di questo culto fu il gesuita La Colombiere ( + 1682 ) il quale fu il confessore di suor Maria Alacoque ( + 1690 ). Come conferma lui stesso, il confessore diffuse solamente delle rivelazioni private che suor Alacoque riceveva nella sua cella nei momenti di solitudine. Le narrazioni di suor Maria furono poi raccolte e pubblicate dal vescovo Languet, un gesuita, nella città di Soissons. Nonostante il clero diocesano, leggendo il libro, fosse disgustato, ormai era stato dato alle stampe ed era impossibile fermare la diffusione che pareva inarrestabile. Papa Clemente XIV nel 1772 comunque condannò il libro e la devozione.
Quali potevano essere le affermazioni che avevano scandalizzato il clero e il Vaticano del 18° secolo?

Sviluppo del culto
Maria Alacoque aveva raccontato di aver ricevuto la rivelazione sul Sacro Cuore nel modo seguente.
Mentre si preparava per la venerazione del Santissimo, Gesù le era apparso e le aveva confidato che voleva che la Chiesa fondasse una nuova festività, dopo il Venerdì dopo il Corpus Domini, "se davvero l'amava". Gesù le avrebbe chiesto di avvicinare Le Colombiere e convincerlo a diffondere la devozione, "per far godere il mio cuore" le avrebbe detto. Suor Maria avrebbe riferito la visione al confessore, aggiungendo anche: "Il Cristo ha grandi prospettive per il vostro Ordine ( Gesuiti )". Maria spendeva intere notti in colloqui col suo Gesù mentre l'interesse per questo piccolo officio cresceva ovunque. Suor Maria donò il proprio cuore a Gesù con un documento scritto, firmato col sangue.  Un giorno Cristo le disse, secondo i suoi racconti, che Maria era divenuta erede del Suo cuore nei secoli. Un giorno, Dio le avrebbe permesso di appoggiare la testa sul Suo petto, per poi appoggiare la Sua sul petto di lei. Un altro giorno ancora, suor Maria prese un coltello e incise sul proprio seno, a grandi lettere, il Nome di Gesù. Il clero era scandalizzato, ma il popolino era invece colpito da questo strano rapporto.
Il Vescovo Languet riferisce anche di "promesse matrimoniali" tra Gesù e suor Maria, culminate con un fidanzamento e un matrimonio reali ( n.d.s ho scelto queste parole per non essere costretto a scrivere frasi poco consone ad un articolo letto da Cristiani). Languet concesse la pubblica recita delle orazioni al Sacro Cuore i primi venerdì del mese.
I Gesuiti sfruttarono grandemente la devozione al Sacro Cuore per portare la loro teologia nelle masse, così come promossero l'Immacolata Concezione per lo stesso motivo: inoltre, la stessa Alacoque asseriva che la Madre di Dio era nata in modo inconcepibile secondo natura umana.
"Mi hai promesso" scrive lei ad un suo amico sacerdote " di dedicare nove messe all'Immacolata Concezione di Maria". Nonostante le pressioni della Compagnia del Gesù, la richiesta di creare una Festa del Sacro Cuore fu rigettata dalla Congregazione dei Riti nel 1697. Per trent'anni l'Ordine diffuse con immagini, medagliette, libretti questa nuova devozione pietistica. Nel 1729 Prospero Lambertini, il responsabile per la Congregazione dei Riti, uomo di grande cultura, rifiutò ancora una volta l'istituzione della festa commentando: " E perché allora non la Festa degli Occhi di Cristo? O del Cuore di Maria, magari?" l'ingenuo futuro papa Benedetto XIV non poteva sapere che si sarebbe davvero istituita, nel cattolicesimo, una devozione anche per il cuore di Maria. Papa Clemente XIII, amico dei Gesuiti, tentò invece di proporre questa devozione a Roma: pare invece che l'ambiente curiale fosse tutt'altro che favorevole. Nel 1765 Clemente permette una Festa al Cuore di Cristo, a livello locale, ma non inteso "fisicamente", ma come "espressione dell'Amore per l'umanità che mosse Dio a prendere carne". In quegli anni la maggior parte dei Vescovi cattolici pubblicano lettere pastorali sollecitando i parroci ad adottare quella festa nei propri messali. I teologi cattolici iniziano a creare Apologia su questa devozione, difendendola dall'accusa di Nestorianesimo che veniva mossa da alcune congregazioni. Pio IX canonizzerà Maria Alacoque: lo stesso Pio IX anti-ortodosso e anti-tradizionale, promulgatore dell'Immacolata, dell'Infallibilità Papale, insomma, i dogmi nemici della Tradizione.

Conclusione
Molti americani che si convertono all'Ortodossia, sia occidentale che bizantina, continuano a tenere immagini del Sacro-Cuore nelle loro case, come un piccolo bagaglio del loro passato religioso. Tutti dovrebbero invece cambiare queste immagini con delle icone e  genuinamente ortodosse: non si possono tenere immagini non ortodosse nei nostri angoli di preghiera. 

lunedì 19 ottobre 2015

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Svizzera - Conclusa la V Conferenza panortodossa
 
Chambésy, 16 ottobre 2015 – Si sono conclusi il 16 ottobre, presso il Centro ortodosso del Patriarcato di Costantinopoli a Chambésy (Svizzera), i lavori della V Conferenza panortodossa preconciliare. Con la benedizione di Sua Santità il Patriarca di Mosca e di tutta la Rus’ Kirill ha partecipato ai lavori la delegazione della Chiesa ortodossa russa guidata dal presidente del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne, metropolita Hilarion di Volokolamsk. Facevano parte della delegazione l'arcivescovo Mark di Berlino, Germania e Gran Bretagna (Chiesa Russa all'Estero), il vicepresidente del Decr, arciprete Nikolaj Balashov, un sacerdote della diocesi dell’America occidentale della Chiesa ortodossa russa, archimandrita Irinej (Steenberg), e un dipendente del Decr, sacerdote Anatoly Churyakov (traduttore).
La riunione è stata presieduta dal metropolita Ioannes di Pergamo, del Patriarcato di Costantinopoli. Una parte degli incontri sono stati presieduti dal metropolita Emmanuel della Gallia (Patriarcato di Costantinopoli).
Sua Santità il Patriarca di Mosca e di tutta la Rus’ Kirill ha inviato ai partecipanti della conferenza un messaggio di benvenuto.
Al termine dei lavori della V Conferenza panortodossa preconciliare è stata approvata la bozza del documento del Santo e Grande Concilio della Chiesa ortodossa dal titolo «Autonomia e metodo del suo annuncio», sviluppato nel 2009 dalla Commissione preparatoria interortodossa. L'assemblea ha inoltre esaminato le bozze dei documenti del Concilio panortodosso, che sono stati modificati dalla Commissione speciale interortodossa nelle riunioni tenutesi a Chambesy nel mese di ottobre 2014, e nei mesi di febbraio, marzo e aprile 2015. Tenendo conto degli emendamenti presentati dalle delegazioni delle Chiese ortodosse locali, i documenti «Relazioni della Chiesa ortodossa con il resto del mondo cristiano» e «L'importanza del digiuno e la sua osservanza oggi» sono stati approvati dalla Conferenza panortodossa.
Il documento «Contributo della Chiesa ortodossa per il raggiungimento della pace, della giustizia, della libertà, della fratellanza e dell'amore tra i popoli e l'eliminazione del razzismo e altre forme di discriminazioni» è stato inserito sotto il nuovo titolo «La missione della Chiesa ortodossa nel mondo contemporaneo». A causa del fatto che su un certo numero di posizioni di principio non è stato raggiunto il consenso, il documento non è stato firmato dai capi delle delegazioni delle Chiese ortodosse di Russia e Georgia.
Alla conferenza hanno partecipato le delegazioni dei Patriarcati di Costantinopoli, Alessandria, Antiochia, Gerusalemme, Mosca, Serbia, Romania e Bulgaria, e delle Chiese ortodosse locali di Cipro, Grecia, Albania, Polonia e della Chiesa Ceca e Slovacca.
Il Segretariato della V Conferenza panortodosso preconciliare era composto dal metropolita Ieremias della Svizzera, dall’arcidiacono Ioannos Chryssavgis, da V. Fidas e K. Delikostandis (Patriarcato di Costantinopoli).

(Fonte: Decr Servizio di Comunicazione; www.mospat.ru)