venerdì 30 gennaio 2009

Messaggio di felicitazioni di Mons. Gabriele

A Sua Santità Cirillo Patriarca di Mosca ed di tutta la Russia – Patriarchato di Mosca Tchistij pereulok, 5 - MOSCA 119034



Parigi, 28 gennaio 2009



Vostra santità!

Ricevete le mie congratulazioni calorose per la Vostra elezione al trono patriarcale della città di Mosca, protetta da Dio. Per la volontà divina e la scelta della pienezza ecclesiale Vi è affidato il timone della nave della Chiesa ortodossa russa, e non dubito che la grazia dello Spirito Santo Vi accompagnerà nel difficile compito che Vi attende in quanto primate.

Auspico alla Vostra santità di godere del sostegno del vigore fisico e spirituale al pari di un copioso aiuto divino nel Vostro servizio del gregge innumerevole dei figli spirituali della Chiesa ortodossa russa.

Come Voi sapete, complessa è la storia delle relazioni tra l'Arcivescovado che la Provvidenza divina mi ha affidato e la grande – e da me tanto rispettata – Chiesa della Russia.

Sono persuaso che la Vostra intenzione di garantire l'unità ecclesiale e le buone relazioni tra tutti gli ortodossi che vivono nei paesi dell'Europa occidentale permetterà in un breve lasso di tempo di definire le vie per un regolamento comune delle questioni che permangono ancora oscure nelle nostre reciproche relazioni.

Vi garantisco che sono pronto, nel quadro di un dialogo costruttivo e rispettoso, a intraprendere tutto ciò che è possibile per ricercare la comprensione reciproca e il regolamento delle questioni e delle disfunzioni in sospeso.

Vi auspico che il Signore, per le preghiere dei santi gerarchi e taumaturghi di Mosca, Vi conceda una lunga vita alla testa del gregge spirituale che il Cristo Vi ha affidato.

Mi affido alle Vostre sante preghiere presso l'altare di Dio l’Altissimo.


Con il mio amore rispettoso nel Signore,


+ Gabriele, Arcivescovo di Comana

Esarca del Patriarca Ecumenico

giovedì 29 gennaio 2009

Da Zenit: Cosa pensano dal Vaticano del nuovo Patriarca di Mosca S.S. Kirill

Gioia di Benedetto XVI per l'elezione del nuovo Patriarca di Mosca

Invia un telegramma al nuovo capo della Chiesa ortodossa russa

CITTA' DEL VATICANO, mercoledì, 28 gennaio 2009 (ZENIT.org).- Benedetto XVI ha appreso “con gioia” la notizia dell'elezione del Metropolita Kirill di Smolensk e Kaliningrad a nuova guida della Chiesa ortodossa russa. Kirill, al secolo Vladimir Gundiaiev, è stato eletto Patriarca di Mosca e di tutte le Russie questo martedì sera dal Concilio plenario della Chiesa ortodossa russa con 508 voti a favore, superando Kliment di Kaluga e Borovsk. E' il primo Patriarca di Mosca eletto dopo il crollo dell'Unione Sovietica e il suo volto è familiare ai fedeli grazie a una serie di apparizioni nei programmi televisivi. In un telegramma inviato al nuovo Patriarca, il Papa si congratula “calorosamente” con lui e gli augura “ogni forza e gioia nella realizzazione del grande compito che l'attende come guida della Chiesa che ora presiede sulla via della crescita spirituale e dell'unità”. “Nella preghiera, chiedo al Signore di donarle abbondante saggezza per discernere la Sua volontà, perseverare nel servizio amorevole al popolo affidato al suo ministero patriarcale e sostenerlo nella fedeltà al Vangelo e alle grandi tradizioni dell'ortodossia russa”, scrive. “Possa l'Onnipotente benedire anche i suoi sforzi per mantenere la comunione tra le Chiese ortodosse e cercare quella pienezza di comunione che è l'obiettivo della collaborazione e del dialogo cattolico-ortodosso”. Il Papa assicura quindi al nuovo Patriarca la sua “vicinanza spirituale e l'impegno della Chiesa cattolica a cooperare con la Chiesa ortodossa russa per una testimonianza sempre più chiara della verità del messaggio cristiano e dei valori indispensabili per sostenere il mondo di oggi sulla via della pace, della giustizia e dell'assistenza amorevole agli emarginati”. “Con affetto fraterno nel Signore Gesù Cristo, invoco su di lei i doni dello Spirito Santo di saggezza, forza e pace”, conclude il messaggio. Kirill (Vladimir Michajlovič Gundjaev) è il 16° Patriarca della Chiesa ortodossa russa. Nato il 20 novembre 1946 a Leningrado, figlio di un sacerdote, è stato consacrato monaco dal metropolita Nikodim Rotov il 3 aprile 1969. Dal 1971 al 1974 è stato rappresentante del Patriarcato di Mosca presso il Consiglio Mondiale delle Chiese a Ginevra. Dal 1974 al 1984 ha poi ricoperto l'incarico di Rettore del Seminario e dell'Accademia teologica di Leningrado. Nel 1976 è stato consacrato Vescovo e nel 1977 Arcivescovo. Successivamente nel dicembre 1984 gli è stata affidata la diocesi di Smolensk, e dal 1988 ha assunto il titolo di Arcivescovo di Smolensk e Kaliningrad. Nel novembre 1989 è quindi diventato Presidente del Dipartimento per le Relazioni esterne del Patriarcato di Mosca, mentre nel febbraio 1991 è stato nominato metropolita.
Membro permanente del Santo Sinodo, il 6 dicembre 2008 è stato eletto locum tenens patriarcale. La Chiesa ortodossa russa conta circa 165 milioni di fedeli.


L'elezione di Kirill, “una nuova fase per la Chiesa ortodossa russa”

Il Cardinale Kasper: “Ha una posizione ferma, ma con lui si può dialogare”

CITTA' DEL VATICANO, mercoledì, 28 gennaio 2009 (ZENIT.org).- “Siamo molto contenti di questa elezione e ci congratuliamo con la Chiesa ortodossa russa”, ha affermato il Cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, riferendosi all'elezione del Metropolita Kirill di Smolensk e Kaliningrad a Patriarca di Mosca e di tutte le Russie. Kirill, dal 1989 alla guida del Dipartimento per le Relazioni Ecclesiastiche Esterne del Patriarcato di Mosca, è stato eletto Patriarca questo martedì sera e la sua intronizzazione avverrà il 1° febbraio. “Conosciamo da molti anni Kirill”, ha spiegato il Cardinale Kasper ai microfoni della “Radio Vaticana”. “Ha una posizione ferma, ma con lui si può dialogare”. La sua elezione, ha osservato, “rappresenta anche una nuova fase per la Chiesa ortodossa russa”, la cui rinascita “dopo il terribile periodo comunista” è dovuta al suo predecessore, il Patriarca Alessio II, morto il 5 dicembre scorso. I rappresentanti della Chiesa cattolica, ha proseguito il porporato, sono “pronti, disponibili”, “desiderosi di continuare il dialogo”. “Possiamo dialogare e collaborare nel campo culturale e sociale: ma questo non ci basta, perché lo scopo del movimento ecumenico è la piena comunione. Dobbiamo continuare anche il dialogo teologico che svolgiamo in seno alla Commissione internazionale mista con tutte le Chiese ortodosse”, ha rivelato. “Vogliamo quindi proseguire il dialogo con lui: siamo contenti della sua elezione e gli auguriamo tutti i doni dello Spirito che sono necessari per guidare una Chiesa tanto importante e anche tanto grande e in particolare il dono della sapienza e della fortezza”. Quanto alla possibilità di una visita di Benedetto XVI a Mosca, il Cardinale ha spiegato che egli si recherà all'intronizzazione del Patriarca, anche se probabilmente lui e Kirill avranno “soltanto un breve incontro, perché ci saranno molti ospiti”, e non si parlerà di un incontro con il Papa. “Il Patriarca dapprima dovrà visitare gli altri Patriarchi ortodossi – ha ricordato –. Ha bisogno di tempo e noi non vogliamo mettergli fretta”. Su questo stesso argomento, l'Arcivescovo della Madre di Dio a Mosca, Paolo Pezzi, ha affermato: “Innanzitutto, non lo escludiamo; in secondo luogo, è sommamente desiderabile; in terzo luogo, auspichiamo che questo possa avvenire secondo i tempi che la grazia di Dio e la gloria di Cristo permetteranno e, in quarto luogo, che questo sia un passo assieme verso il cammino auspicabile di una piena comunione tra tutti noi”. “Essendoci già questa conoscenza, questi rapporti del Patriarca Kirill con la Chiesa cattolica, questi incontri già avvenuti con lo stesso Papa, certamente si può ipotizzare che possa esserci questo incontro”. A suo avviso, l’elezione di Kirill significa “una scelta di un riconoscimento di passione per la fede cristiana e per la Chiesa del Patriarca Alessio II e quindi una scelta della bontà del lavoro fatto da Alessio II, una scelta di continuità per ciò che si vuole dare a quest’opera”. La comunità cattolica russa, ha rivelato, accoglie il nuovo Patriarca “positivamente”, perché “una Chiesa con un proprio Patriarca è un bene anche per gli altri” e perché “la conoscenza, il rapporto che abbiamo con il Metropolita Kirill, ora Patriarca, ci conforta nella possibilità di una continuità di un dialogo e anche di un’opera comune, soprattutto in quegli ambiti in cui questo è già possibile oggi”. Con Kirill alla guida della Chiesa ortodossa russa, commenta, si può guardare con fiducia alla prosecuzione dei rapporti tra ortodossi e cattolici, “perché una passione autentica per la fede, per la bontà di testimonianza della propria Chiesa, non può che portare ad un intensificarsi anche di un cammino con chi nella cristianità questo più desidera”.
“Penso che l’attenzione e la cura che avrà Kirill nel rapporto con le altre Chiese ortodosse possa rafforzare la comunione che c’è nell’ortodossia e poi questa comunione più intensa si potrà dilatare”, ha aggiunto.

mercoledì 28 gennaio 2009

Sua Santità Kirill, Patriarca di Mosca e di tutta la Rus'


Il 16mo Patriarca di Mosca e di tutte le Russie. Mons. Kirill (al secolo Vladimir Gundyaev) è nato il 20 novembre 1946 a Leningrado. Suo padre era un sacerdote. Dopo aver completato la scuola superiore, ha frequentato gli studi teologici presso il Seminario di Leningrado e poi l’Accademia Teologica di Leningrado dove si è laureato con lode in Teologia nel 1970. Mons. Nicodemo, metropolita di Leningrado e Novgorod, in data 3 aprile 1969 lo tonsura monaco, il 7 aprile dello stesso anno viene ordinato diacono e il 1 ° giugno ieromonaco. Dal 1970 al 1971 è stato professore di teologia dogmatica e Ispettore Generale Accademia Teologica di Leningrado, come pure segretario personale di Arcivescovo Nicodemo. Il 12 settembre 1971, fu elevato al rango di archimandrita. Dal 1971 al 1974, è stato rappresentante del Patriarcato di Mosca per il Consiglio Mondiale delle Chiese a Ginevra. Dal 1974 al 1984 ha servito come rettore all’Accademia Teologica di Leningrado. Il 14 marzo 1976, fu ordinato vescovo di Vyborg, e il 26 dicembre 1984 è stato nominato arcivescovo di Smolensk e Viazma. Nel 1988 divenne Arcivescovo di Smolensk e Kaliningrad. Il 3 novembre 1989 è stato nominato presidente del Dipartimento delle Relazioni esterne della Chiesa ortodossa russa, e il 25 febbraio 1991 è stato elevato a Metropolita. Il 6 dicembre, è stato eletto come locum tenens del trono patriarcale. L'intronizzazione del nuovo patriarca si terrà Domenica 1mo. febbraio nella cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca.
Dal sito del Confratello Padre Massimo

sabato 24 gennaio 2009

CALENDARIO LITURGICO ORTODOSSO - PASQUA 2009

Febbraio
08 D Domenica del Pubblicano e del Fariseo – Entrata nel Triodion - Tono I

15 D Domenica del Figlio prodigo - Tono II

Inizia la settimana dei defunti
21 S Commemorazione dei defunti
22 D Domenica di Carnevale - Tono III


Marzo

01 D Domenica dei Latticini - Tono IV


INIZIO DELLA QUARESIMA

Lunedì, Martedì, Mercoledì, Giovedì
Preghiera del Drande Apodipnon (Compieta)

Venerdi
Piccolo Apodipnon (Compieta) e I Stasis dell’Inno Akathistos

07 S Commemorazione dei defunti e Vespro
08 D Domenica prima di quaresima - dell’Ortodossia - Tono V
Processione con le Sacre Icone

Lunedì, Martedì, Mercoledì, Giovedì
Preghiera del Drande Apodipnon (Compieta)

Venerdi
Piccolo Apodipnon (Compieta) e II Stasis dell’Inno Akathistos

14 S Commemorazione dei defunti e Vespro
15 D Domenica seconda di quaresima – San Gregorio Palamas - Tono VI

Lunedì, Martedì, Mercoledì, Giovedì
Preghiera del Drande Apodipnon (Compieta)

Venerdi
Piccolo Apodipnon (Compieta) e III Stasis dell’Inno Akathistos

21 S Commemorazione dei defunti e Vespro
22 D Domenica terza di quaresima - Adorazione della preziosa e vivificante Croce - Tono VII

Lunedì, Martedì, Mercoledì, Giovedì
Preghiera del Drande Apodipnon (Compieta)

Venerdi
Piccolo Apodipnon (Compieta) e IV Stasis dell’Inno Akathistos

28 S Commemorazione dei defunti e Vespro
29 D Domenica quarta di quaresima - San Giovanni Climaco - Tono VIII

Lunedì, Martedì, Giovedì
Preghiera del Drande Apodipnon (Compieta)

Mercoledì
Piccolo Apodipnon (Compieta) e dopo si recita il Grande Canone
di San Andrea di Creta

Venerdi
Piccolo Apodipnon (Compieta) ed intero Inno Akathistos


Aprile
04 S Commemorazione dei defunti e Vespro
05 D Domenica quinta di quaresima - Santa Maria Egiziaca - Tono I
11 S Commemorazione dei defunti e Vespro
12 D Domenica delle Palme – Ingresso di N.S.G.C. a Gerusalemme

La sera Ufficatura del Nimfios (Mattutino)


INIZIO DELLA GRANDE E SANTA SETTIMANA

13 L La sera Ufficatura del Nimfios (Mattutino)
14 M La sera Ufficatura del Nimfios (Mattutino)
15 M La sera Ufficatura del Nimfios (Mattutino)
16 G Mattutino e 12 evangeli
17 V Ufficio delle Grandi Ore e Epitafios Trinos (Sante sofferenze del Signore)
18 S Mattutino di Pasqua

19 D PASQUA DI RISURREZIONE

DIVINA LITURGIA ORE 10.00


CRISTO È RISORTO - VERAMENTE È RISORTO

A TUTTI I FEDELI ORTODOSSI

B U O N A P A S Q U A

Ваша во Христе (In Cristo)

Padre Giovanni Capparelli

giovedì 22 gennaio 2009

Da ZENIT

L'elezione e il ruolo del Patriarca di Mosca

Intervista con Giovanni Codevilla, autore di un libro sul patriarcato russo

ROMA, mercoledì, 21 gennaio 2009 (ZENIT.org).- Il 25 gennaio prossimo, giornata di chiusura della Settimana di Preghiera per l'Unità dei Cristiani, il Concilio della Chiesa Ortodossa si riunirà per eleggere il successore del Patriarca Alessio II.

Per comprendere meglio il processo di elezione e soprattutto il ruolo svolto dal Patriarca, ZENIT ha intervistato Giovanni Codevilla, che ha da poco pubblicato un libro intitolato "Lo Zar e il Patriarca. I rapporti tra trono e altare in Russia dalle origini ai giorni nostri" (editrice La Casa di Matriona), nel quale ricostruisce i rapporti tra Stato e Chiesa nella storia della Russia fino ad arrivare ai giorni nostri.

Codevilla insegna Diritto ecclesiastico comparato e Diritto dei Paesi dell'Europa Orientale alla Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Trieste. Nel 2005 ha scritto "Laicità dello Stato e separatismo nella Russia di Putin".

Può spiegarci quali sono le modalità per l'elezione del Patriarca? 


Giovanni Codevilla: Nella Chiesa Ortodossa Russa, che come è noto è stata privata della direzione patriarcale dal tempo di Pietro il Grande sino all'inizio del periodo comunista, non esiste una procedura definita per l'elezione del Patriarca. Nel Concilio locale del 1917-1918 il nome del nuovo Patriarca Tichon venne estratto a sorte da una terna di candidati eletti con voto segreto dai Vescovi, dai rappresentanti del clero, dei monaci e dei laici; in epoca sovietica i Patriarchi vennero de facto scelti dal regime, così nel 1943 il metropolita Sergij venne eletto Patriarca da un semplice Concilio episcopale con voto palese e nel 1945 Aleksij I, unico candidato, venne eletto, sempre con voto palese, in un Concilio locale con i voti dei soli Vescovi, i quali peraltro, per salvare il principio di conciliarità, dichiararono di esprimere il loro voto anche a nome dei rappresentanti del clero e dei laici. Nel 1971 il Patriarca Pimen, unico candidato gradito al partito comunista, venne eletto in un Concilio locale a cui parteciparono anche i rappresentanti del clero e del laicato, ma in cui votarono solamente i Vescovi, seppure anche a nome degli altri delegati privati del diritto di voto. Il Concilio locale del 1990 deliberò il ritorno allo scrutinio segreto ed istituì una procedura elettorale assai macchinosa, differente dal quella del 1917-1918, che portò all'elezione del Patriarca Aleksji II, peraltro con il voto anche dei laici (donne comprese), dei rappresentanti dei monasteri e degli istituti teologici. Il prossimo Concilio locale convocato per i giorni 27-29 gennaio, che sarà preceduto da un Concilio episcopale nei giorni 25-26 gennaio, definirà alcuni particolari delle modalità dell'elezione del patriarcale. 


Può illustrare sinteticamente quali sono i poteri e le funzioni del Patriarca della Chiesa Ortodossa Russa?

Giovanni Codevilla: Il Patriarca ha soprattutto un potere di rappresentanza della Chiesa Ortodossa Russa, mentre il vero potere decisionale spetta per lo più ai Concili, sia locali (quelli più importanti) e sia, soprattutto, episcopali e al Santo Snodo, organi di cui, in ogni caso il Patriarca è il presidente. Lo Statuto della Chiesa Ortodossa Russa del 2000 afferma che il Patriarca dirige la Chiesa unitamente al Santo Sinodo, con il quale convoca i Concili. Al Patriarca sono attribuiti numerosi poteri, che tuttavia sono più formali che sostanziali, ad esempio, egli è responsabile dell'attuazione delle delibere conciliari e sinodali, rappresenta la Chiesa nelle relazioni con i supremi organi dello Stato ed emana i decreti di nomina dei Vescovi diocesani, che, tuttavia, sono scelti dal Santo Sinodo, il quale esercita, invece, un potere effettivo. Questa è una conseguenza del prevalere del principio di conciliarità (sobornost') che caratterizza la gestione della Chiesa Russa, che si distingue da quella gerarchica che è tipica del cattolicesimo.

Come appare chiaramente dal suo libro nelle Chiese Ortodosse il rapporto tra il potere civile e quello religioso si ispira al principio della "sinfonia". Esiste davvero una armonia tra Stato e Chiesa? 


Giovanni Codevilla: L'idea bizantina della sinfonia tra trono e altare, mai rinnegata a livello teorico e dottrinale, ha trovato in Russia una applicazione assai limitata nel tempo, e precisamente nel periodo che va dall'istituzione del Patriarcato di Mosca (1589) al grande scisma dei Vecchi Credenti (1654). Il resto della storia russa è invece caratterizzato da una totale subordinazione della Chiesa allo Stato, che si aggrava soprattutto con l'ascesa al trono di Pietro il Grande, il quale agli inizi del XVIII secolo abolisce il Patriarcato e istituisce al suo posto il Santo Sinodo, retto da un laico nominato dall'imperatore. La Chiesa diventa così una sorta di ministero statale, totalmente privata della sua autonomia. La decisione di Pietro, che muove da una concezione del mondo completamente estranea ai valori religiosi, crea nella società russa una frattura che persiste ancor oggi. Proprio la concezione petrina costituisce, in ultima istanza, a mio avviso, una delle premesse per lo sviluppo futuro della concezione bolscevica: non a caso la figura di Pietro trova una piena esaltazione nel periodo comunista. 


Qual è il suo giudizio sul comportamento della gerarchia ortodossa russa durante il potere sovietico?

Giovanni Codevilla: Questo è un tema estremamente delicato. Direi prima di tutto che non si può parlare genericamente di un comportamento della Chiesa ortodossa: bisogna, infatti, distinguere tra l'atteggiamento di una parte seppur rilevante della gerarchia, nominata, in realtà, dal regime comunista, e quello di milioni di sacerdoti e di fedeli che hanno scelto di rifiutare ogni calcolo politico e di testimoniare la propria fedeltà alla Chiesa, pagando con le torture e il martirio. Questo vale anche per buona parte della gerarchia nominata prima del 1917 e negli anni immediatamente successivi, che di conseguenza è stata eliminata fisicamente (penso in particolare al 1937-38).

Credo che la Chiesa sia sopravvissuta per l'esempio dato da questa legione di uomini e donne, laici e consacrati e anche appartenenti alla gerarchia ecclesiastica. Le scelte determinate dal calcolo politico, in realtà, e mi riferisco in particolare al metropolita (poi Patriarca) Sergij, stavano portando non già ad un modus vivendi con lo Stato bensì ad un modus moriendi dell'Ortodossia. Per quanto sia paradossale, si deve riconoscere che l'aggressione tedesca, e la conseguente tregua antireligiosa (la cosiddetta Nep religiosa staliniana), ha permesso la sopravvivenza delle Chiese. 


martedì 20 gennaio 2009

VERITA' SEMPLICEMENTE VERITA'

Gironzolando tra i meandri dell’internet e della sua infinità di canali, mi sono imbattuto sul sito del Comune di Bivongi, si proprio il Comune dove sulle sue terre si trova il Grande Monastero Ortodosso di San Giovanni Theristis (anche in albanese ‘theristiu’ il mese di giugno, il mese della mietitura): qui veniva commentato un articolo, apparso su un quotidiano calabrese, in cui l’argomento era la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani e quindi incontri ecumenici tra il 18 di questo mese ed il 24.
L’articolista, forse preso dalla foga di scrivere qualcosa, o peggio ancora condotto fuori strada da consigli incredibilmente non sostenibili si è così espresso: "Insieme in preghiera per l'unità cristiana. La diocesi di Cosenza coinvolta in varie celebrazioni nelle parrocchie greco-ortodosse e nel tempio valdese".
Bene, per quanto riguarda la prima parte, nulla da confutare: oramai da diversi anni si riuniscono i cristiani delle diverse confessioni per una parvenza di unità, la quale ‘gabbatu u santu’, ci si dimentica di tutto e ognuno torna a casa sua sorridente e felice di essersi preso in giro da solo e raggiante perché articoli e telecamere hanno parlato di tutto ciò, scorazzando nelle varie sale di riunione e mandando in onda riprese, mostrando sale sempre più vuote e abbandonate alle solite persone addette ai lavori.
Per ciò che concerne la seconda parte: “Parrocchie greco-ortodosse” bisogna soffermarsi un attimo, perché qui il ‘gabbatu’ è proprio l’articolista, il quale, da come scrive, non conosce la realtà giuridica di queste così dette parrocchie greche e poi ortodosse. Desidererei conoscere, poi, la provenienza della frase ‘di chiese greco-ortodosse-cattoliche’. Quindi una assurdità dentro l’assurdità, sostantivi messi lì alla rinfusa pensando che tutti i cittadini abbiano al posto degli occhi due robusti prosciutti e che non conoscano la vera realtà e la verità giuridica di queste strutture.
Sono frasi queste che possono anche piacere a chi sa e tace, ma di certo non fanno piacere ai veri ortodossi, i quali operando in situazioni a volte drammatiche, si sentono sottrarre, sotto gli occhi ed in modo subdolo, quella verità che gli altri, senza titoli, fanno propria a discapito della veridicità e della sincerità cristiana.
Bisogna ricordare a titolo semplicemente conoscitivo, che nella provincia di Cosenza, ci sono due realtà giurisdizionali autentiche, che operano in favore dei fedeli ortodossi: il Patriarcato di Costantinopoli e il Patriarcato di Mosca, tutti e due con un clero presente ed attivo. Un clero greco-ortodosso cattolico è assurdo, inammissibile, scorretto e inesistente.
Le parrocchie di cui, sicuramente, l’articolista desiderava parlare non sono altro che le chiese così dette UNIATE. Sono chiese rette da un clero che si veste come gli ortodossi, hanno preti sposati come gli ortodossi, hanno la Liturgia ortodossa, sono arricchite come le ortodosse (ora stanno facendo piazza pulita delle statue, fino a ieri iconografia ufficiale, sostituendole con le icone ortodosse), anche i sacramenti come il battesimo, fino a poco addietro amministrato alla latina, con un poco d’acqua sul capo, ora tentano di farlo per immersione. Inoltre con l’arruolamento di preti, uniati, dalla Romania e dall’Ucraina (li inviano in giro per la Calabria) hanno avviato un becero proselitismo nei confronti dei loro compaesani immigrati, il 99,9% ortodossi veraci; ecco perchè, queste parrocchie o chiese, che tutti finalmente lo sappiano, dal punto di vista giurisdizionale dipendono e sono sovvenzionate dal Vaticano e con la vera Ortodossia non hanno nulla in comune.
Voglio ricordare che una chiesa italo-albanese, nella sua completezza, non è mai esistita, è soltanto una coniatura forzata inventata per buttare fumo negli occhi agli stessi italo-albanesi; i profughi arrivati nelle nostre terre, erano, udite udite, ortodossi con al seguito preti greci sposati e tutto il patrimonio della Santa Chiesa Orientale Ortodossa. Una Chiesa arbreshe non ha i numeri per esistere e poi con quale Patriarcato si dovrebbe aggregare: con Roma o con Costantinopoli alla quale apparteneva ai primordi???
A me sembra strano che il clero, quello autenticamente ortodosso, non sia stato consultato; mi sembra strano che la Curia vescovile di Cosenza abbia commesso uno sbaglio così madornale; non penso che la Curia di Cosenza non sappia che ci sono anche veri preti ortodossi, in quanto ha concesso al Patriarcato di Costantinopoli di poter celebrare con un suo prete la Divina Liturgia in una delle sue strutture.
Se si vuole celebrare degnamente l’ecumenismo, bisogna celebrarlo con le Chiese che hanno i Santi titoli, Chiese riconosciute tali, Chiese di altri Patriarcati autenticamente ortodossi, non surrogati di altre chiese i quali dimentichi del piatto da dove mangiano, strizzano l’occhiolino all’altro versante.
E’ tempo che Roma chieda a questa gente di scegliere una volta per tutte; non si può stare in mezzo al fiume e non scegliere se andare a destra o a sinistra. E Roma sa, molto bene, che fino a quando non risolverà il così detto problema dell’uniatismo, non potrà mai e poi mai, parlare di ecumenismo compiuto; loro che sembravano una buona conquista, si stanno dimostrando una zavorra all’interno delle scarpe che non li fa camminare speditamente. E Roma sa anche che nelle comunità italo-albanesi solo il clero, ancora, parla di cattolicesimo, mentre nella popolazione iniziano a vedersi delle crepe spaventose in favore della Besa arbreshe (Fede italo-albanese) e cioè dell’amore per e verso l’ortodossia, la Fede e la confessione dei loro antenati.
Non vado oltre, a titolo di cronaca inserisco l’articolo estratto dal sito del Comune di Bivongi, ringrazio coloro che per la verità molte volte sono derisi e messi all’indice, ma non tutti hanno paura e si inchinano supinamente, Grazie amici per questa verità; siate voi lettori a giudicare e dare una risposta:
17.01.2009
Un consiglio a noi lettori... più attenzione a ciò che leggiamo sui
giornali, ma soprattutto alle cose in cui crediamo veramente!
La Theristis International ha una propria rassegna stampa e segue da vicino alcune rubriche come quelle pubblicate su "Il Quotidiano di Calabria": "Culti e Comunità", che prendiamo come semplice e genuino spunto. Ebbene, nell'articolo del 17.01.09 a cura di Vincenzo Sammarro, dal titolo "Insieme in preghiera per l'unità cristiana. La diocesi di Cosenza coinvolta in varie celebrazioni nelle parrocchie greco-ortodosse e nel tempio valdese", si leggono le testuali parole: ... anche le chiese di Cosenza sintonizzano con il principio di preghiera per "l'unità voluta da Cristo"...
E così Valdesi, Greco-ortodossi cattolici, accanto ai fratelli latini, cercheranno all'unisono la via da Cristo indicata e portata avanti nel tempo secondo la visione profetica di Ezechiele: "Essere riuniti nella tua mano". E poi, più avanti si legge: Domenica 18 gennaio - Parrocchia greca del SS. Salvatore" degli italo-albanesi dell'Eparchia di Lungro, Corso Plebiscito...
(Fine del testo riportato dall'articolo esaminato. Segue nostro commento) Dunque, noi ci chiediamo: oltre ai cattolici e ai greco-ortodossi, è nato un nuovo ordine religioso che si chiama "Greco-ortodossi cattolici"??? E poi, vorremmo anche capire che significa Parrocchia greca degli italo-albanesi? Nel leggere un articolo di giornale si vorrebbe capire meglio alcune cose ma per via di spazi ristretti, ed altri motivi, non è sempre possibile approfondire
gli argomenti. Comunque, per aiutare coloro che da anni frequentano tali parrocchie è bene precisare, secondo la Verità in Cristo, che essi non hanno nulla a che fare con l'Ortodossia. Ci dispiace sgretolare in un attimo anni di grandi e forti convinzioni, ma è così... e forse anche per secoli, molti hanno creduto e credono il contrario. Ciò vale anche per le varie parrocchie siciliane, nell'area di Piana degli albanesi, ecc. Queste parrocchie sono cattoliche (uniati), dipendono dal Vaticano e commemorano il Papa di Roma. Hanno mantenuto parzialmente lo stile orientale, i paramenti sacri, l'esteriorità, ecc., ma non sono Ortodosse. Scusate la precisazione ma è l'ennesima volta che leggiamo articoli del genere, oltre ad accogliere quotidianamente pii pellegrini che non sanno fino in fondo quale sia il proprio Credo, come stanno veramente le cose... se si è carne o pesce!
In queste condizioni, com'è possibile parlare di vero e sano ecumenismo?
Ricordiamo, infine, che qualche tempo fa, furono proprio alcuni arcivescovi
ortodossi a chiedere al Vaticano di intervenire per fare chiarezza, revocan-
do l'istituzione di parrocchie che confondono facilmente le idee a fedeli e
pellegrini, soprattutto laddove vi è un numeroso gregge ortodosso.
Infatti, un modo utile per raggiungere l'unione delle chiese potrebbe essere
la strada della verità, importante base per l'ecumenismo in senso concreto,
al cospetto di una società odierna, sempre più bisognosa di solide certezze.
Purtroppo, mentre tutte le diocesi cattoliche, anche in Calabria, celebrano
dal 18 al 25 gennaio la settimana per l'unione dei cristiani insistendo sui rap-
porti fraterni stabiliti tra cattolici ed ortodossi, non mancano testimonianze contrarie che ci riportano ai tristi tempi dell'inquisizione e della persecuzione
dei non cattolici. A Crotone, ad esempio, il dotto attuale arcivescovo ha ne-
gato agli ortodossi l'ospitalità accordata in città dal suo predecessore, men-
tre ha dato una chiesa al prete uniate ucraino propagandando la sua parte-
cipazione al Natale ortodosso. Attenzione!!! Questi metodi che creano confu-
sione rappresentano l'attuale fase del proselitismo cattolico: non potendo
più obbligare con la forza gli ortodossi a divenire cattolici, si creano difficol-
tà al clero ortodosso mentre si sollecita ed aiuta il clero uniate a occuparsi
degli ortodossi, in genere umili immigrati ignari dell'inganno.
Fortunatamente questi tristi avvenimenti, del tutto antitetici al dialogo della
chiesa Ortodossa con la chiesa Romano-cattolica, non riscuotono il generale consenso di clero e popolo cattolico, anche se risultano crescenti in questi
ultimi anni in diverse località della Calabria.
Commento a cura della Theristis International.”

Padre Giovanni

domenica 18 gennaio 2009

Ancora qualche foto del mio paese






Divina Liturgia del 18 c.m. 2009


E' una sensazione veravigliosa vedere la nostra Cappella piena di fedeli acquaformositani, che ad ogni Divina Liturgia, riempiono quell'angolo di casa.
La riempiono e sono felici e orgogliosi di presiedere e cantare le lodi al Signore.
"E sempre chiedono quando la prossima volta? Mi raccomando, facci sapere, anzi avvisaci personalmente. Verremo ben volentieri".
Ma un prete, cosa vuole più dalla vita, se non l'affetto di chi lo circonda e l'entusiasmo dei suoi fedeli che lo riempiono di coccole e di attenzioni?
Scusate il mio peccato: ma sono orgoglioso di celebrare la Liturgia ad Acquaformosa!
Quanti eravamo, due, cinque, dieci, quindici, ma proporzionamlmente tanti, anzi tantissimi.
P. Giovanni

venerdì 16 gennaio 2009

Divina Liturgia e Benedizione delle Acque

Con grande gioia comunico a tutti i fedeli di Acquaformosa che Domenica 18 Gennaio 2009, con inizio alle ore 10.00, presso la nostra Cappella di Santa Caterina Megalomartire, in via Garibaldi,64 celebreremo la Divina Liturgia e alla fine ci sarà la Benedizione delle acque.
In attesa di rincontrarci uniti nel Signore, Vi invio fraternamente la mia benedizione.

Padre Giovanni


Foto Chiesa di Diamante







Carissimi, queste sono, come promesso, le prime foto della Chiesa che la Diocesi di S. Marco A. - Scalea ci ha messo a disposizione per una volta al mese per la celebrazione della Divina Liturgia a Diamante. Dovremmo iniziare le celebrazioni appena la Chiesa sarà finita di essere messa a posto, infatti all'interno e si nota in una foto, ci sono lavori in corso.

giovedì 15 gennaio 2009

Padre Giovanni Festa di Palermo risponde ad una domanda sui fatti di Gaza

Caro Marco,

la mia idea personale sulle tragedie del Medioriente e della
striscia di Gaza devono prima purificarsi ed essere purificate
dall´immediatezza dello stesso mio vissuto personale .Il cristiano è
chiamato sempre ad essere-in forza del suo battesimo- testimone ed
annunciatore del Vangelo della Grazia e della Libertà proponendo a
se stesso e agli altri una progettualità sempre alta e sempre
spiazzante e mai né di facile retorica né di banale compromesso
bipartisan
Il cristiano- potessimo veramente comprenderlo- senza se e senza ma è
chiamato a vivere - ed è paradossale- e nella sua vita personale ma
anche nella sua vita di relazione e nella sua vita sociale
l´incredibile realtà evangelica per cui se qualcuno ti vuol rubare
mezzo mantello daglielo tutto(A questo punto il comportamento
oggettivo delle singole chiese cristiane -ed è stato spesso
comportamento compromissorio- non mi gioca molto ..mi addolora
moltissimo..ma il mio disincanto evangelico ,il senso della realtà
che mi viene dal Vangelo lo ha pure previsto e lo prevede...)

L´appello alla pace e al cessate il fuoco per ciascuna delle parti in
causa è ovviamente doveroso ed è cristianamente inevitabile ma -
diciamolo- non serve a niente e nulla risolve .La situazione
mediorientale è ormai ingovernabile ,frantumata,frastagliata,una
continua guerra per bande e questo luciferino caos ha seppellito-
quanto opera il principe di questo mondo caro fratello!!!!- le uniche
due posizioni serie ed eticamente significative ..Il diritto di
Israele ad esistere come stato e il diritto del popolo palestinese
ad avere statualità concreta e seria nella stessa zona mentre già da
tempo era stata uccisa la grande progettualità che ha animato negli
anni settanta il cuore mio e di mia moglie ..l´idea di "due
popoli...una nazione"....

Caro Marco, con molto disincanto e con molto realismo cinico devo
dire a me stesso e a te e a tutti i fratelli e le sorelle che nulla
cambierà nel quadro mediorientale( non pensiamo minimamente che il
presidente Obama ad oggi sia il messia liberatore di tutto e di
tutti...) e -e non è un caso- il principe di questo mondo,il
violento,il menzognero ha scelto la terra di Dio ,la terra delle sue
epifanie e delle sue teofanie come tragico segno del fallimento
possibile nel cuore degli uomini e nell´organizzazione dei loro
rapporti sociali e statuali della stessa teofanie e di ogni
teofania .Nel medioriente Dio sembra essere un apolide quand´anche-
il che è una bestemmia- da una parte e dall´altra si spara e si
uccide in nome di Dio stesso

Ed ora andare a dire e a riscontrare il colpevole ..il chi ha
cominciato per primo..chi è effettivo pericolo per l´altro...è sport
osceno che non intendo percorrere(lo facciano in modo bipartisan in
Italia i due gemelli speculari e monoculari ,i due furbi totali e
pieni ,il Giuliano e il Massimo...non li ho mai stimati anzi li
avverto come pericolo spirituale ,come cancro reale della stessa
esistenza dei cristiani ) come credo sia altrettanto osceno
l´invocare la pace sapendo bene che è solo giaculatoria buonista
ipocrita inutile ed insulsa ginevrina in servizio permanente
effettivo nelle solite sue moquettate stanze come pure sono
rivoltanti i reciproci cortei in tutto il mondo dove -a Palermo ne
ho visto uno vomitevole- i figli annoiati e "fatti" della ricca
borghesia palermitana e che nella loro vita non avranno fatica
alcuna perché sin d´ora hanno tutto garantito provavano l´ebbrezza
dell´orgasmo
orgiastico e pagano bruciando le bandiere di Israele...Ovviamente
molti di loro e molte di loro finiranno per fare i grossi dirigenti
d´azienda ...
..cos come lasciano il tempohe tva le adunate bipartisan nel mondo di
quanti difendendo israele negano esistenza ai palestinesi
cnfondendo volutamente e mentendo sapenddi mentire Hamas con
l'intera palestina

Certo si muore e muiono anche i bambini e come è scritto nei
Karamazov ..eh no Signore..i bambini...no...!!!!

E resto convinto -e non da solo-che il principe di questo mondo vince
perché i cristiani stanno seriamente in deficit di fede ...

E si continuerà ad uccidere in medioriente e lungo la striscia di Gaza
(oscuri e torbidi interessi economici..oscure manovre...potentati
delle multinazionali nascoste e avviluppate in presunti ideali
religiosi ...la miscela è esplosiva ..è satanica..) e non c´è
speranza umana ..solo la possibilità tutta negoziale e tutta
diplomatica(in questo è veramente lungimirante e significativa
l´azione del presidente francese ..) di tregua..di tregua armata e
vigilata da forze neutrali( ma esistono forze neutrali?)

Sul piano della soluzione che tutto liberi e tutto risolva in modo
defintivo e sconfigga il principe di questo mondo io continuo(a
quasi sessanta anni...e da buon povero cristo parroco di
città...posso nominare una volta tanto il santo curato d´Ars e Sant
Ivan di Kronstadt così per far andare in collera i liberal
progressisti ed incatenati ginevrini dal cuore in burrasca che ogni
tanto leggono questo forum?) a coltivare l´irrangibile speranza(che è
nelle mani di Dio tre volte santo) perché domani anzi no ora e
subito Benedetto XVI Bartolomeo I e Ron di Canterbury con Amba
Shenouda III ,il rabbino capo di Gerusalemme e il primo degli Imam
della striscia di Gaza decidano - e ci vogliono le @@ -di offrirsi
come scudi umani per i due confini e dentro i due territori...

E´ l´unica speranza che resta e ci interroga tutti ...Ma vorrei
vedere di fronte a tali scudi umani chi spara per primo..chi tira i
razzi e chi invade per terra...

Ma le perfide lingue (come la mia..) dicono che queste persone sono
state già di per sé minacciate e di brutto se lo facessero e pare
che la minaccia sia venuta proprio da coloro che invocano
giornalmente la pace ..Se la guerra finisse veramente ...e finisse
dovunque... le grandi famiglie insieme pacifiste e guerrafondaie..le
multinazionali laiche e progressiste che come scatole cinesi
pubblicano insieme riviste di sinistra e sono proprietarie di
industrie belliche...si troverebbero sul lastrico e gli arcivecovi
delle nostre chiese tutte quante non potrebbero più scrivere libri
sulla pace in tempo di guerra con tanti saluti all'immagine e ai
successi editoriali ....

Padre Giovanni

(Padre Giovanni Festa, Confratello e Concelebrante, un carissimo amico, di Palermo è il Vicario Eparchiale per la Sicilia dell'Arcidiocesi d'Italia e di Malta del Patriarcato di Costantinopoli)

Albania: XI Festival Nazionale della Gioventù ortodossa

Il 26 dicembre scorso, nella sala principale del museo di storia di Tirana, davanti diverse centinaia di persone, si è svolto l’XI festival nazionale della Gioventù ortodossa. Diversi gruppi di giovani, divisi secondo l’appartenenza diocesana, hanno proposto delle selezioni teatrali, di canto, di recitazione ispirate ai valori cristiani tradizionali ( secondo la regione che essi rappresentavano). Una giuria a valutati i diversi gruppi che hanno ricevuto un premio.
L’arcivescovo Anastase è stato presente con diversi vescovi e chierici.

lunedì 12 gennaio 2009

Risposta ad un anonimo

Caro Fratello Anonimo,
che poi ad analizzare il modo di scrivere, tanto anonimo non lo sei, manca solo che ci dici da quale regione della tua nazione provieni; ti ringrazio, comunque, per aver espresso il tuo parere su questo articolo, vecchio, ma sempre attuale e da diffondere incessantemente con tutta la caparbietà che portiamo nel nostro intimo.
Quella caparbietà e quell’amore per il Rito, quindi per l’Ortodossia che ci ha permesso, qui sto parlando di noi italo-albanesi, di resistere a tutte le lusinghe papiste, atte ad abiurare il nostro Rito e buttarci anima e corpo ad abbracciare il rito Latino, come è avvenuto a Spezzano Albanese nel 1668. Un anno luttuoso per la popolazione arbresh di quel paese; le promesse erano che oltre alla parrocchia latina, quella greca avrebbe dovuto continuare la sua funzione. Ciò non è stato mantenuto ed il paese e la popolazione sono sprofondati nel baratro della liturgia Latina.
Qui non stiamo criticando le persone, sicuramente degne fino al midollo, e con un buon avvenire, in terra arbresh, da tutti i punti di vista. Infatti tutti conoscono ed apprezzano la nostra disponibilità nell’accogliere gli indigenti, i disperati, il diverso e la nostra apertura allo straniero; infatti se nei secoli scorsi ci saremmo comportati come lo stiamo facendo in questi ultimi tempi, tutto sarebbe scomparso, la lingua, i costumi, il modo di pensare, la cultura e principalmente la nostra Ortodossia.
E se quel prete rumeno ora può essere ospitato, lui e la sua famiglia, nelle parrocchie arbresh, deve ringraziare chi si è battuto per il mantenimento della cultura religiosa ortodossa.
Se ancora abbiamo qualcosa da dire e da difendere è perché ci siamo abbarbicati cocciutamente in questi posti sperduti e solitari, dove abbiamo continuato la nostra vita scandendo ciò che avevamo portato con noi dalla nostra Patria perduta ed anche qui dovremmo affrontare uno studio e una ricerca storica, seria, per avere una conoscenza perfetta del luogo di provenienza. Proveniamo dai paesi Arvaniti dell’attuale Grecia, o dai paesi dell’attuale Albania??
Ma questo è un’altra cosa e ci allontana dalla risposta al nostro Anonimo.
Non riesco a cogliere il significato delle tue parole: “Se eravate tutti bravi come sono quelli sacerdoti rumeni ……”, cosa vuoi intendere? Che i nostri preti usciti tutti quanti dal Seminario minore di San Basile (sedotto ed abbandonato), dal Seminario maggiore di Grottaferrata e poi dal Collegio Greco di Roma, erano e sono una massa di ignoranti: che non capiscono nulla, non conoscono il canto bizantino, le Ufficiature le storpiano, il greco non lo sanno leggere così come l’albanese, privi di cognizioni basilari sul Rito Orientale? Questo vuoi farci intendere? Ma tu lo sai che fior di Presbiteri hanno accompagnato dalla nascita fino alla morte il popolo arbresh? Molti di questi Presbiteri hanno insegnato nelle Università (Papàs Giuseppe Ferrari di Frascineto, senza dimenticare e chiudo la parentesi, Papàs Vincenzo Matrangolo di Acquaformosa, le sue pubblicazioni non sono articoletti da strapazzo), ma di grazia, di questi luminari della storia italo-albanese ne hai sentito almeno parlare per caso qualche volta?? Se loro fossero ancora in vita, non so fino a che punto questa incresciosa situazione avrebbe avuto risvolti tanto eclatanti e drammatici.
Da questo Anonimo ci stiamo beccando una lezione mai vista, e qui dimentico per un attimo di essere un prete Ortodosso e non cattolico, e inizio a difendere le mie radici che non hanno nulla spartire con quella rumena; la mia lingua che è diversa da quella rumena; la mia dignità di arbresh da difendere con tutte le forze; la mia cultura ellenista e magno greca; la mia storia diversa da quella rumena, con un eroe ortodosso, che ci ha difeso dall’avanzata dei turchi islamici ed infine difendo a spada tratta la mia ortodossia e non il cattolicesimo uniata.
Io personalmente “questo rumeno di Santa Sofia” non lo conosco, infatti non posso immaginare se è
un santo oppure un demonio, se è amato oppure è odiato; ma il prete arbresh è stato messo da parte?
Se dovesse rivelarsi un santo, sicuramente i miracoli non tarderanno a mostrarsi, come non è in ritardo la loro opera evangelizzatrice nei confronti dei loro compaesani, nei paesi latini del circondario, fedeli ortodossi, raggirati dal loro essere preti uniati, i quali si presentano, travesti da ortodossi e li invogliano ad accettare i sacramenti, a confessarsi e prendere la comunione, sposarsi e battezzare i loro figli, quando sanno benissimo che una volta tornati nel paese di origine tutto questo verrà ripetuto un’altra volta, per i motivi che tutti sappiamo.
Se raggirare i propri compaesani è santità, allora dobbiamo riscrivere tutta la teologia cristiana!!!

Padre Giovanni

domenica 11 gennaio 2009

La corda da preghiera nella Chiesa Ortodossa

La corda

La corda da preghiera usata nella Chiesa ortodossa assomiglia al rosario cattolico, ma è fatta di nodi di lana, oppure di cuoio (elementi che favoriscono una preghiera silenziosa). Ve ne sono di diverse lunghezze: le più antiche corde da preghiera, sviluppate dai primi monaci cristiani nell'Egitto del IV secolo, avevano 100 o 300 nodi. Oggi si trovano comunemente corde da preghiera a 33 nodi (che si tengono al polso), oppure a 50 o a 100 nodi. Il modello russo con 103 nodi (basato sull'antica "scala da preghiera" in cuoio, tuttora in uso tra gli ortodossi russi del Rito Antico) ha dei grani di separazione che suddividono i nodi in quattro gruppi di 17, 33, 40 e 12: tutti questi numeri ricordano figure bibliche (Evangelisti, Apostoli e Profeti) e momenti della vita di Cristo.
La corda da preghiera è usata dai monaci ortodossi, ed è di uso comune tra tutti i fedeli cristiani che desiderano vivere un'intensa vita di preghiera.
A ogni nuovo monaco o monaca, nella cerimonia della tonsura, viene consegnata una corda da preghiera: questa ricorda il compito principale della vita monastica, quello di "pregare senza interruzione" (1 Ts 5,17: l'invito che l'Apostolo Paolo fa non solo ai monaci, ma a tutti i cristiani in generale)
Secondo le regole risalenti a San Pacomio il Grande (IV Secolo), ogni monaco è tenuto a compiere un certo numero di prosternazioni accompagnate dalla Preghiera di Gesù ("Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi misericordia di me peccatore"), e la corda da preghiera, per la sua stessa natura, è il modo più semplice per tenere il conto del numero di preghiere.
La Preghiera di Gesù può sostituire la lettura del Salterio (100 preghiere al posto di ogni Stasi del Salterio, e 300 per ogni Catisma): perciò, l'intero Libro dei Salmi corrisponde a 6000 preghiere. In caso di particolari necessità, la regola monastica permette di sostituire con la Preghiera di Gesù anche le altre parti dell'Ufficio quotidiano.
Una pratica spesso seguita dai monaci (e descritta nei famosi "Racconti di un pellegrino russo") è la recita della Preghiera di Gesù fino a 12.000 volte al giorno, fino al momento in cui la preghiera diviene attiva per conto proprio, e il monaco vive giorno e notte in uno stato di preghiera continuo.
L'uso della corda da preghiera è un enorme aiuto spirituale, che consente ai cristiani di mantenere l'attenzione nella pratica della preghiera, finché, come ci ha promesso il Signore (Gv 7,37), fiumi di acqua viva sgorgheranno entro di noi.
La corda da preghiera, accompagnata dalla regola di un numero fisso di preghiere da recitare, è particolarmente importante per quanti desiderano pregare da soli, per evitare un serio pericolo di auto-inganno: spesso, dopo un breve periodo di preghiera, una sensazione illusoria di benessere fa fermare la pratica della preghiera di molti principianti, convinti di avere raggiunto i frutti della pace spirituale, mentre in realtà il loro cammino è appena iniziato.
Non si deve avere paura (come alcuni credono, erroneamente) che la pratica della Preghiera di Gesù sia solo un fatto meccanico. Qualsiasi preghiera, con o senza corda, può diventare meccanica se chi prega non si sforza di mantenere attenzione e riverenza.


Le parole della preghiera

La formula più usata assieme alla corda da preghiera è la Preghiera di Gesù:

Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi misericordia di me peccatore.

Questa formula può anche essere estesa a più persone ("Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi misericordia di noi"), o rivolta a qualcuno per cui preghiamo ("Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi misericordia di ..."). In questi casi, però, NON usiamo la parola "peccatore" (o "peccatrice"), perché come cristiani ci è comandato di considerare solo i nostri peccati personali, e non quelli degli altri!

Si può anche usare la corda da preghiera per richiedere l'aiuto e la protezione della Tuttasanta Vergine Deipara, dei Santi e Sante del cielo, della Preziosa e Vivifica Croce, del nostro Angelo custode e dei Santi Angeli. Di solito, in questi casi, usiamo le stesse invocazioni che si trovano nelle officiature della Chiesa.

Dal sito di P. Ambrogio - Chiesa Ortodossa Patriarcato di Mosca - Torino

sabato 10 gennaio 2009

Padre Alexander Schmemann, «L’anno nuovo»

Il Nuovo Anno è costume antico: nel momento in cui sentiamo i dodici rintocchi di mezzanotte, noi esprimiamo desideri, ci rivolgiamo all’avvenire ignoto con i nostri sogni, sperando di ottenere ciò di cui abbiamo bisogno, quel che ci sta maggiormente a cuore. Ecco un altro Anno Nuovo. Cosa possiamo desiderare per noi, per gli altri, per ciascuno, per tutti? Verso quale obiettivo indirizziamo la nostra speranza? Essa è riposta su un’unica parola, che non sparisce mai, la felicità. I nostri desideri per l’anno nuovo si accompagnano al nostro augurio di nuova felicità! Per ciascuno di noi questa felicità ha un contenuto personale. Ma il fatto di credere che essa possa realizzarsi, che la si possa attendere, sperarla, è credenza è comune a tutti. Ma quando l’uomo è veramente felice?

Oggi, dopo tanti secoli di esperienza, dopo tutto quello che abbiamo imparato sull’uomo, non possiamo più assimilare la felicità a un solo obiettivo esteriore: la ricchezza, la salute, il successo, che – tutti sappiamo – non coincidono con la nozione, sempre misteriosa e insondabile, di felicità.

Certo, le soddisfazioni portano evidentemente una forma di felicità, destinata però a rimanere imperfetta. La ricchezza porta felicità, ma è anche un tormento; il successo porta felicità, ma anche timore. È sorprendente infatti constatare che quanto più questa felicità esteriore sia grande, tanto più essa sia fragile, tanto più cresca la paura di perderla, di non mantenerla, di lasciarsela scappare. Forse, durante il veglione di Capodanno si parla tanto di «nuova felicità» perché la «vecchia felicità» non è mai stata raggiunta veramente e che le manchi sempre un ché. Allora, di nuovo, noi volgiamo il nostro sguardo al futuro, con senso di supplica e con una speranza ammantata di sogni…

Eppure, non è da poco tempo che sono state dette parole, nel Vangelo, a proposito di un uomo che si era arricchito e aveva costruito nuovi granai per i suoi raccolti: costui aveva concluso che nulla gli mancava, che aveva raggiunto la garanzia della felicità. E da lassù venne alleviato. Nella notte gli fu detto: «Insensato! Questa notte stessa ti sarà chiesta la tua anima, e a chi andrà tutto ciò che hai accumulato?».

Noi ben sappiamo, dall’intimo della nostra coscienza, che qualsiasi cosa noi facciamo, non possiamo impedire che l’avvenire si affacci sulla disgregazione, sulla morte, questo veleno che contamina la nostra piccola e limitata felicità. È quasi certamente per questo motivo che si è affermato il costume, durante il veglione di Capodanno, nel momento in cui cominciano a rintoccare i dodici battiti di mezzanotte, di fare rumore, di urlare, di riempire il mondo di fracasso. È per paura di ascoltare, nel silenzio e nella solitudine, il carillon dell’orologio, questa voce inesorabile del destino. Via un battito, un secondo, un terzo e così di seguito, fino alla fine, con una regolarità implacabile, terribile, dacché noi non possiamo cambiare e fermare nulla.

Ecco i due poli indissolubili, impressi nel più profondo della coscienza umana: la paura e la felicità, il timore e il sogno. La nuova felicità di cui sogniamo, al risveglio del primo dell’anno, è una felicità che dovrebbe alleviare, dissolvere e vincere completamente la paura, una felicità nella quale non si nasconderebbe questo timore, che è latente in qualche anfratto della nostra coscienza e al quale noi cerchiamo di sfuggire tramite l’alcool, i giochi, il rumore.

«Insensato!». Sì, l’eterno sogno di felicità in un mondo votato alla paura e alla morte è fondamentalmente insensato. L’uomo che raggiunge un certo livello culturale ne è ben consapevole. Con che dolorosa puntualità e tristezza riecheggiano le parole di Puskin, questo grande innamorato della vita: «Non c’è felicità sulla terra». Quale immensa malinconia pervade ogni autentica opera d’arte. Ma là, nella piazza, la folla fa baccano, si spolmona e pensa che con il fracasso e il divertimento disordinato arrivi la felicità.

No, essa viene soltanto quando l’uomo scruta nella profondità dell’esistenza, con risolutezza e coraggio, allorché le strappa il suo velo di menzogna, d’illusione, allorché fissa dritto negli occhi la paura. L’autentica felicità, immutabile, arriva solo quando l’uomo prende coscienza che essa risiede nell’incontro con la Verità, con l’Amore, con quel che è infinitamente sublime e puro, e che lui ha chiamato e chiama Dio.

«In Lui era la vita, e la vita era la luce degli uomini e la luce è rifulsa nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta». Questo significa: non nascondere la vita sotto la paura, lo spavento, non dissolverla nel dolore e nella disperazione.

Se gli uomini potessero trovare, nella loro sete febbricitante di una felicità effimera, la forza di fermarsi, di riflettere, di tuffarsi per un istante nel profondo della vita! Se potessero cogliere quali parole, quale voce si rivolge eternamente a loro! Se potessero rendersi conto di cos’è la vera felicità.

«La vostra gioia, nessuno ve la toglierà!». Ora, quando l’orologio rintocca, non sogniamo forse una gioia che nulla ci potrà mai più portare via? In verità, noi raggiungiamo solo raramente una tale consapevolezza. Ci spaventiamo e rimandiamo tutto a dopo: “Mi occuperò dell’essenziale, dell’eternità, domani o dopodomani. Non oggi. C’è ancora tempo”. Ma il tempo è così poco! Ancora poco e la lancetta arriverà all’attimo finale.

Tuttavia, qui accanto a noi, Qualcuno attende: «Ecco che aspetto alla porta e busso». Se non avessimo paura di accorgerci di Lui, percepiremmo una tale luce, una tale gioia, una tale pienezza che alla fine comprenderemmo, di certo, cosa significa questa parola insondabile e misteriosa, felicità.

Protopresbitero Alexander Schmemann

Dal sito dell'Arcivescovado per le Chiesa ortodosse russe in europa occidentale
Decanato d'Italia

Una Chiesa ortodossa saccheggiata nel Kosovo

La Chiesa di San Gregorio a Livadj, villaggio presso Gracanica, in Kosovo-Metochie, è stata saccheggiata nella notte tra il 7 e l’8 gennaio. “Le icone sono state sparse dappertutto e l’argento e gli oggetti ecclesiastici trafugati, a dichiarato il prete del luogo Svetislav Trajkovic”.
Il dispaccio di Radio Serbia Internazionale precisa: “E’ un nuovo attacco di tutta una serie di attacchi alle opere sacre serbe che indica quanto il patrimonio religioso culturale del Kosovo-Metochie è minacciato, questo è contenuto nel comunicato dell’Eparchia di Raska e di Prizren”.
Da: Orthodoxie.com
Tradotto dal francese da P. Giovanni

giovedì 8 gennaio 2009

“Centenario della nascita al cielo di San Giovanni di Kronstadt”

Venerdì 2 gennaio, la Chiesa ortodossa russa ha celebrato il centenario della nascita al cielo di San Giovanni di Kronstadt, uno dei santi più venerati del XIX secolo.
La Liturgia solenne presso le reliquie del Santo al monastero San Giovanni a San Pietroburgo è stata presieduta, quel giorno, dal metropolita Kyrill di Smolensk , locum tenens del seggio patriarcale, attorniato dal metropolita Vladimir di San Pietroburgo e dal vescovo Ambrosie, ausiliare della metropolia e nuovo rettore dell’accademia di teologia della città.
Nella sua omelia, il metropolita Kyrill ha ricordato che San Giovanni, prete a Kronstadt, aveva acquisito una immensa stima presso i suoi contemporanei per il suo modo di vivere. Il segreto della sua vita spirituale è stato semplice: il suo centro era l’eucaristia e la preghiera del cuore. “ Padre Giovanni insegnò a pregare in tal modo che nessuna parola restasse vana, lo stesso quando pronunciamo le preghiere correnti quali “Re celeste”. Egli raccomanda di riconoscere in qualsiasi parola della Liturgia una forza interiore e, così, rivestirsi della potenza di Dio”. A sottolineato Mgr. Kyrill.
(Canonizzato nel 1990 dal patriarcato di Mosca, Giovanni di Kronstadt -1829-1908, è uno dei primi tra le maggiori figure della spiritualità russa. Una personalità fuori dal comune e dalle molteplici sfaccettature, che ha manifestato con una rara intensità l’unità nel sacramento dell’altare e nel sacramento del fratello, vita di preghiera e impegno sociale. Promotore della comunione frequente e della confessione comune, richiamava ogni mattina migliaia di fedeli presso la cattedrale di Kronstadt. Servitore degli esclusi e dei diseredati, fece nascere moltissime istituzioni sociale, compiendo numerosi miracoli e guarigioni. Questa biografia è tratta dalle testimonianze dell’epoca e dagli estratti dell’opera di Giovanni di Kronstadt; l’introduzione di Maxime Egger presenta le grandi articolazioni della sua spiritualità e del suo credito e l’analizza le controverse posizioni politiche.
‘Voglio solo sottolineare che San Giovanni di Kronstadt è il Patrono della nostra Parrocchia di Castrovillari –ndr’).

Tradotto dal francese da P. Giovanni

Dal Sito: Orthodoxia.com

“Il metropolita Kyrill di Smolensk e la riforma nella Chiesa”

Intervistato il 29 dicembre scorso, il metropolita Kyrill di Smolensk, locum tenens del seggio patriarcale russo, si è dichiarato oppositore a tutte le riforme nella Chiesa affermando segnatamente che “la Chiesa è per natura conservatrice”. Nondimeno, ha ugualmente sottolineato che le riforme non possono raggiungere i loro obbiettivi se queste non sono radicate nella vita dei fedeli. Egli ha così ricordato, come insegnamenti, da una parte lo scisma dei vecchi credenti, nel 17° secolo e le innovazioni degli anni 20 del secolo passato ( cioè, segnatamente, l’abbandono del calendario giuliano per le parti fisse dell’anno liturgico). “Queste due evoluzioni, ha ancora affermato, hanno provocato lo scompiglio e la divisione dei fedeli, ma nessuno di loro ha raggiunto gli obbiettivi fissati dai riformatori”.
Tradotto dal francese da P. Giovanni

mercoledì 7 gennaio 2009

Tratto dal sito:http://makj.jimdo.com

Arberia o Rumania?

di Marchianò Radanjvet


Egregio Direttore,

vorrei parlarVi un po’ , di ciò che è rimasto dell’Arberia, e cioè molto poco. Mi riferisco, s’intende, non alla pappamolle versione storica-ufficiale tramandataci sinora, tremendamente falsa (sempre più inaccettabile alla prova delle nuove e serie ricerche storiche), ma a quell’Arberia che ci contraddistingueva dal resto del circondario (latino). Tanto diversa al punto tale da creare quell’invidia e quel “nervosismo”negli altri (i soliti latini), da farli arrivare dopo due secoli del nostro insediamento in terra italica, a sterminare (fisicamente) metà dei nostri villaggi arbreshe.
Guardando retrospettivamente e brevemente all’Arberia tramandataci dai nostri padri (più poeti che storici), come ben si sa, la loro Arberia era molti idealizzata, mitizzata e romanticizzata. Ma anche l’Arberia letteraria è fonte di memoria di un popolo, dei suoi costumi, usi, abitudini e saggezza popolare. Quind, anche storia di un popolo. Ed è soprattutto la storia “letteraria” che ci fa capire la diversità del nostro popolo. Unja diversità determinata e sottolineata, non tanto dai costumi e usanze diverse, quanto alla fede religiosa che nutriva (e si nutrivano i nostri padri) E siccome, come dice il filosofo Schopenauer, “uno è (soprattutto) ciò che mangia” i nostri padri erano diversi perché erano ortodossi.
Del resto basta guardare sia al luogo di origine, l’Epiro orientale (allora l’Albania come nazione non esisteva) cui gli arbreshe provenivano, sia alla giurisdizione ecclesiastica (il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli) cui appartenevano, sia all’impero romano d’oriente (Costantinopoli, la Nuova Roma) cui ricadevano, per chiamarli romei o cristiani-ortodossi. E’ bene qui ricordare, “come il termine cristiano (nell’agiografia) è sinonimo di ortodosso, (e) ovviamente latino è sinonimo di franco-cattolico”. E questo, nonostante e a dispetto di una certa storiografia ufficiale, che da sempre continua imperterrita e diabolicamente, a nascondere questa lampante e semplice verità. Ed era questa (loro) fede, non solo relegata in “un determinato” tempo religioso, che plasmava e formava l’identità di una nazione (= le nostre comunità). Come ben sanno i fedeli appartenenti alla Chiesa Ortodossa e alle nazioni ortodosse: fede e identità nazionale sono indissolubili.
Ma, ritornando all’oggi, l’Arberia dei nostri antichi padri non esiste più o per meglio dire, vive solo nelle catacombe. Mentre in superficie, si continua a coltivare (solo) il rito dell’Arberia antica. Ed è su questa parola, che marciano e vivono i famelici cul-tori passatempisti dell’Arberia accademica. Il tutto, sostenuti e aiutati, dal maquillage di certe riviste, libri e siti internet p(l)atinati e patetici. Secondo codeste autorità (ma non autorevoli) gli arbreshe sono diversi perché hanno semplicemente un rito diverso dai latini. Ora, per quanto mi risulta, il rito è manifestazione vivente di una fede vissuta. Non è solo vestirsi e presentarsi in un altro modo. Il carnevale oltretutto si festeggia una volta sola all’anno. Quindi, se il rito non è alimentato, vivificato dalle fede si trasforma in puro ritualismo. “Lex credenti è lex oranti, lex oranti è lex credenti” dicevano i santi padri. Nel momento in cui, una cosa è ciò che esteriormente si professa e un’altra cosa è ciò in cui si crede, si crea una scissione nella personalità, una divisione nociva e velenosa nell’animo e nel volto di una chiesa e di un popolo. Del resto non ci siamo mai illusi visto nel piatto in cui mangiano (del Vaticano) e le mammelle da cui succhiano il latte avariato (dei papisti).

Ecco che allora, come nell’Arberia di oggi, trovano posto i nuovo travestiti: i rumeni. E quanto più aumentano i rumeni, tanto più diminuiscono gli arbreshe. L’Arberia cos’ facendo si ingarbuglia e si trasforma sempre più cedendo il posto all’ultima invenzione: la Rumania. Il tutto (anche questo un classico) studiato diabolicamente e gestito in maniera tale da non far(ci) capire niente, raggiungendo così l’obbiettivo prefissato: creare zizzania, scompiglio e divisione nel già profondamente diviso e arruffato popolo arbreshe . Il divide et impera di lunga memoria. (Si veda il caso Santa Sofia d’Epiro: Una volta fortemente unita al proprio sacerdote, oggi visceralmente divisa).
Le autorità religiose arbreshe, dicono che l’arrivo di questi “salvatori” dell’Arberia (per il momento solo calabra) è dovuto alla mancanza di vocazioni (o mbocazioni) sacerdotali nella comunità arbreshe. Strano! Si direbbe. Perché è interessante spiegarsi l’apertura (oltre a quello più rinomato a Roma: il Collegio Greco) di un seminario “maggiore” (a Cosenza da parte dell’Eparchia di Lungro) per stimolare la “passione” di giovani aspiranti sacerdoti arbreshe (e non solo). Per aprire in loco e in grande un seminario, sicuramente nella mente dell’architetto dell’opera, ci deve essere stata qualche illuminazione “dall’alto”, che gli avrà prospettato qualche rinascita della “chiesa” italo-albanese. Da questo si può dedurre che: o la materia prima per il seminario non manca (e si dimostra così la falsità di una penuria di sacerdoti arbreshe) oppure, il seminario serve per qualcos’altro scopo e per altri alunni (Rumeni? Ucraini?).
In realtà, ci sono (di già) volenterosi, buoni e giovani arbreshe sempre lì, in panchina, in procinto di entrare in campo, ma mai chiamati dall’allenatore. Perché (domando all’illuminato) non vengono ordinati? Forse (gli arbreshe) non sono “obbedienti”? O, non sono (ancora) in grado di “intendere e volere” il compito da svolgere? Forse la vecchia classe sacerdotale non li vuole? E poi, si parla tanto di custodire, valorizzare e ritornare alla tradizione degli arbreshe (ricordo che è lo stesso Decreto sull’Ecumenismo papale che lo impone), perché allora riempire l’Arberia di rumeni (oltretutto poveri loro dove sono capitati) che di arbresh non hanno neanche l’ombra? E la messa, come ce la cantano: in greco o in rumeno? O può variare a seconda del mercato religioso? E la tanta decantata lingua arbreshe, dove la mettiamo? La confessione, se mai c’è chi ancora si confessa (mi riferisco a chi ancora, come la nostra vecchia gente popolare parla genuinamente ancora l’arbreshe) deve avvenire in rumeno? Oppure, basta l’italiano-rumenizzato a capirci? Fino a quando dovrà ancora durare l’agonia di questa Arberia? Perché ci si accanisce così tanto a tenere artificialmente in vita un’Arberia artefatta? Quando la smetteremo di fare i necrofili? Perché si continua a negare la verità, che ogni giorno ci viene sbattuta in faccia dalla realtà, che di arbreshe non si sa più bene cosa mai ha?
E si! “La marcia è lunga, ma comincia con un sol passo”, direbbe il timoniere cinese Mao. Incominciamo allora, ad allontanarci e ad allontanare dalle fila degli volenterosi arbreshe, chi continua a “regnare dividendo” (aì cë bën miku, fiku e tradhituri), rispondendo con il contrappunto goethiano: Verein’und leiti (unisci e guida). “La marcia è lunga, ma comincia con un sol passo”, direbbe il timoniere cinese Mao. “Arbreshe di tutto il mondo unitevi” aggiungerebbe in questo caso, il caro Marx. Lo so, lo so! I temi qui trattati, forse non interessano o interessano a pochi. Mi rendo conto che la gente è occupata in apparenza, come si suol dire “a cose più pratiche, come i problemi della vita quotidiana”. Ma ha senso continuare “a campare” all’italiana. Perdinci! Un pizzico di ideale. Caro direttore: gjaku s’behët uj. Rini mir e me shëndet. [Makij, ndë një 21 të Fjevart 2007]

NOTA
Nella rivista: “Katundi Ynë” n. 126 – 2007/1 – pagine 2 e 3. “Lettera al Direttore”

martedì 6 gennaio 2009

FOGLIORTODOSSO - n. 8

La dormizione del Patriarca Aleksij II
Memoria Eterna al Patriarca!
Regno celeste!


FOGLIORTODOSSO
Patriarcato di Mosca - Decanato d’Italia


N° 7/2008 — Periodico di collegamento e informazione cristiana ortodossa - Con la benedizione del decano d’Italia — Distribuzione Gratuita.

STAMPATO IN PROPRIO - Non gettarmi via, regalami ad un amico, gratuitamente mi hai ricevuto, porto i segni della Fede!

Tutti noi sapevamo che il Patriarca era seriamente ammalato e pregavamo Dio di donargli salute, di prolungare i suoi giorni per la Chiesa.
Che possiamo dire adesso? La provvidenza Divina scelse il Patriarca Alessio II in un
periodo particolare della storia della nostra Chiesa, coincidendo
con il crollo del comunismo, con la disintegrazione dell’Unione Sovietica, con
altri cambiamenti e altre prove. Sua Santità il Patriarca Alessio II comprendeva molto bene come il destino della Chiesa sia legato al destino della Patria. Per questo, fra le altre cose, egli firmò la “lettera dei 120” contro le tendenze politiche dirette al disfacimento incontrollato dell’Unione Sovietica. E nel 1993 dichiarò un’opposizione risoluta al “nuovo pericolo”.
Oggi naturalmente si dirà che gli anni del Patriarca Alessio II erano anni senza precedenti, quando si costruivano chiese, si alzavano le rovine e si aprivano migliaia di tempi e monasteri; gli anni delle canonizzazioni di molti santi russi e, cosa importante, della moltitudine dei martiri e testimoni della fede in Russia con a capo la famiglia imperiale, avvenute nel tempio di Cristo Salvatore ricostruito poco fa. Il tempo del Patriarca Alessio II è stato anche “tempo di riunificazione” della Chiesa Russa all’Estero con la Chiesa-Madre. Basterebbero questi grandi e davvero storici eventi per iniziare a riflettere sull’ eccezionale dono divino, acquisito dal Patriarca Alessio II, di servire.
Però è necessario, mi sembra, ricordare come il suo servizio sia coinciso con gravi
attacchi sulla nostra Chiesa, e senza precedenti, sia dall’esterno (prima di tutto, con un’inaudita propaganda amoralista sui mass-media), che dall’interno, dai sostenitori dei movimenti innovatori. Sua Santità il Patriarca ha sempre sostenuto tutte le iniziative contro l’immoralità. Tutti ricordano le sue parole al concilio diocesano di Mosca: “Nessun laico, tanto meno sacerdote, ha il diritto di tacere alla vista di quello che sta succedendo oggi. Se noi restiamo in silenzio, saremo distrutti.”
E ancora, forse più sostanziale, il Patriarca Alessio II ha sempre sostenuto la posizione dogmatica della dottrina integra della Chiesa, sapendo fermamente dell’inopportunità di riforme liturgiche. Come testamento a tutta la Chiesa le sue parole finali nell’ultima riunione diocesana: “Finché sarò vivo, non accadrà nessuna perestroika nella Chiesa”.
Ed infine, Sua Santità il Patriarca Alessio II era un uomo di preghiera. La particolare caratteristica di un cristiano che ama il Signore è il riguardo che egli ha verso gli Uffici
Divini e soprattutto la Divina Liturgia. Il numero delle Liturgie celebrate dal Patriarca ogni anno non può che stupire. Sono così numerose da essere celebrate solo da un pio sacerdote, il quale non ha altri doveri oltre a quelli verso la propria parrocchia. Accettiamo la partenza del Patriarca verso la Casa del Signore, nella possibilità di intercedere presso il Trono Divino, per la Chiesa tutta.
Oggi Sua Santità il Patriarca Alessio II, ci ricorda la preghiera. Pregare significa vivere il presente. Pregare significa accettare il presente, qualunque esso sia, come un dono di Dio. Questo significa cercare la strada del Regno di Cristo in ogni circostanza. Pregare vuol dire non accontentarsi di quello che c’è, ma avere fame e sete della giustizia nonostante le prove che ci prepara la vita, perché Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre.

LA VITA DELL PATRIARCA IN BREVE

23/02/1929 A Tallinn in Estonia
nasce Alessio Ridiger da pii genitori,
anni dopo suo padre era divenuto diacono
e poi sacerdote.
17/04/1950 Viene consacrato sacerdote
divenendo parroco nel Tempio della Teofania
a Johvi nell’Eparchia di Tallinn
3/03/1961Diviene monaco nella Lavra
di Santa Trinità e Sergio, vicino Mosca.
14/08/1961 Padre Aleksij viene consacrato
Vescovo di Tallin (Estonia).
1964 Viene nominato membro del Santo
Sinodo permanente.
1968 Viene nominato Metropolita
1984 Diviene Dottore di Teologia
con la tesi “Compendio di storia
dell’Ortodossia in Estonia”.
1986 - 1990 Presiede come Metropolita
le chiese di Leningrado (l'attuale
San Pietroburgo) e di Novgorod e amministra
l’Eparchia di Tallinn.
7/06/1990 Alla morte del Patriarca
Pimen, Vladika Aleksij viene acclamato
patriarca di Mosca e di tutta la Russia,
mentre si approssimava la fine dell'Urss.
1990 - 2008 Negli anni del suo Patriarcato
Egli ha visitato 81 Eparchie.
1993 Promuove trattative tra le parti in
conflitto per evitare la guerra civile, perché
vi sia pace in Russia
1998-2000 Diventa uno dei presidenti
del Comitato Organizzativo per la Preparazione
del Giubileo per i 2000 anni
di Cristianità.
2000 Presiede la canonizazione della
moltitudine dei martiri e testimoni di fede
di tutte le Russie durante le persecuzioni
sovietiche.
2000 Presiede il Forum interreligioso
per la Pace.
17/05/2008 Avviene la sperata riunificazione
della Chiesa Russa Ortodossa
all’Estero con la Chiesa-Madre, per la
quale il Patriarca Aleksij si era molto
impegnato anche in prima persona..
5/12/2008 Dopo aver celebrato e Santi
Uffici, e ritiratosi fuori Mosca nel villaggio
di Peredelkino, sua residenza,
a 79 anni il SS Patriarca Aleksij II
si è addormentato nel Signore.
Liberamente tratta dall’omelia dell’arciprete Aleksandr Sciargunov tenuta nel giorno della dormizione del Patriarca. http://moral.ru/Patriarch.html
Per le persone che ci circondano in Italia,
l'Ortodossia è una realtà del tutto sconosciuta
e spesso ci troviamo davanti alle domande: "Voi credete in Gesù Cristo e Madonna? Anche voi avete il Natale e Pasqua?"
In altre parole, quello che è assolutamente ovvio per un ortodosso, non lo è per gli altri. Inoltre, molti di noi non
parlano molto bene l'italiano, trovandoci in difficoltà, quando parliamo della nostra fede nella lingua degli amici o conoscenti,
interessati all'Ortodossia. E' per questo che abbiamo deciso di pubblicare PICCOLI ARTICOLI, con la speranza che vi
aiutino per essere: "pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi."(1 Pietro 3,15)

La Chiesa e le sue origini.

L’Ortodossia ha coscienza di essere la naturale erede della
Chiesa Apostolica, come Cristo l’ha voluta. Sa di essere generata
nella giusta testimonianza della rivelazione di Dio in Gesù
Cristo, senza aver nulla aggiunto ne tolto.
Dopo la Resurrezione di Cristo i suoi discepoli hanno da Lui ricevuto
il compito di testimoniare la sua vittoria sulla morte
davanti a tutti gli uomini. Ma prima di questo Egli raccomandò
di aspettare la venuta dello Spirito Consolatore (il Santo
Spirito), il che avvenne nella Pentecoste.
Nella Chiesa da sempre si considera questo momento, la discesa
dello Spirito, come la fondazione ultima, la manifestazione
in questo secolo, della Chiesa di Dio.
Non la creazione di una nuova istituzione (come altri
ignorantemente affermano) ma l’aperta manifestazione
dell’amore di Dio che salva la sua creatura caduta: l’uomo,
cioè l’umanità tutta.
Per questo la Chiesa viene propriamente detta: “comunione
della santificazione”, cioè comunione dei salvati o comunione
della santità elargita gratuitamente da Dio. Dagli Angeli,
che rifiutarono la caduta di Lucifero(demonio), agli uomini
che dalla caduta di Adamo, ricercando la salvezza in Dio,
furono da Lui salvati; cioè, i giusti di ogni tempo, dell’antico e
del nuovo testamento, conosciuti e sconosciuti. Dal principio,
dal giusto Abele, i Patriarchi, i Profeti, e molti e oltre ...
fino a Giovanni il Battista; e ancora dalla Madre di Dio,
gli Apostoli, i Martiri, i Santi tutti conosciuti e sconosciuti,
fino ai giorni nostri…
La Chiesa di Cristo, manifestazione della Chiesa Universale,
che la rende accessibile ed aperta, viene da Lui, vero Dio e
vero Uomo. Essa partendo dalla Galilea e passando in tutto
l’oriente, in occidente, nell’Africa sub saariana, nell’Asia,
nell’estremo oriente e oltre… ha rivelato al mondo decaduto,
la Salvezza che Dio offre all’uomo attraverso il suo Cristo.

I Vescovi e i Patriarcati.

Dopo che san Costantino il Grande, Imperatore Romano,
diede la libertà di culto ai cristiani con l’editto di Mila
no nel 313, la Chiesa, non più perseguitata, iniziò ad
essere organizzata conciliando le proprie origini con le
esigenze statali.
Questo imperatore, pagano per educazione e in seguito cristiano
per conversione, fu proprio seme della cristianizzazione
di uno dei più grandi imperi del passato. Fu egli che riorganizzo
l’Impero Romano fondando una nuova capitale:
Costantinopoli -la Roma Nuova. Da allora, sia l’Impero Romano
che la sua prima Capitale: Costantinopoli, hanno rappresentato
un punto di riferimento per tutta la cristianità, e questo
anche dopo la definitiva caduta dai turchi nel 1453.
Per il grande sviluppo della Chiesa, al fine di garantire la
comunione e il sostegno tra le Chiese locali, le Eparchie vennero
raggruppare in regioni, dove presiede fu un Metropolita,
e queste regioni vennero raggruppate intorno alle sedi più
importanti, dove presiede fu un Patriarca. Gli antichi
Patriarcati furono cinque (detti: Pentarchia), ed erano: Roma
Antica, Roma Nuova (cioè Costantinopoli), Alessandria
d’Egitto, Antiochia, Gerusalemme. Essi non governavano la
Chiesa in modo autoritario ma attraverso i Sinodi, locali
o ecumenici, affrontavano e tal volta si risolvevano le questioni
che affliggevano la Chiesa.
Quando, più o meno, tutto l’occidente, con il suo patriarcato
di Roma Antica, introducendo delle nuove dottrine cristiane,
si separò progressivamente dalla Chiesa (1054), tutto l’oriente
con i loro antichi Patriarcati continuarono a mantenere l’Ortodossia
della Fede, come era stata insegnata dagli Apostoli e dai
Padri, e come è ancora oggi. Da allora quattro degli antichi
patriarcati sono rimasti Ortodossi, ma altri popoli si aggiunsero
ad essi e nuovi Patriarcati nacquero. Tra questi ricordiamo:
il Patriarcato di Mosca (dei russi), di Bucarest (dei Romeni),
di Belgrado-Pec (dei Serbi), di Sofia (dei Bulgari)… ecc...
Come dalle origini, ogni Chiesa locale è la Chiesa Universale in
quel dato luogo, e ciò che unifica la Chiesa è lo Spirito. L’unione
tra le Chiese che si riconoscono Ortodosse appare nell’amore
reciproco e nella comunione. Ogni Chiesa locale con il suo
vescovo rappresenta la chiesa universale in quel luogo, cioè è la
Chiesa Universale perché si identifica con Essa. A capo di questa
Chiesa Universale c’è Cristo, il Vero Dio e Vero Uomo, ed è in
Lui che la Chiesa ha la sua unità oltre il tempo, lo spazio e la
razza, perché Cristo, il vero capo della Chiesa, è e sarà tutto in
tutti noi, come insegna San Paolo.
Tuttavia i Patriarchi presiedono sugli altri vescovi, ma non secondo
un ordine superiore, bensì come “primi tra pari”. Il loro è
un primato di onore e non di sostanza o di diritto divino. E così
anche tra i patriarchi esiste un ordine di onore, perché, come
abbiamo detto, ogni Chiesa Locale è Universale e non può esserci
una chiesa superiore ad un’altra tra chi professa l’Ortodossia.
Così il primo vescovo tra i pari di tutta l’ortodossia è il Patriarca
di Costantinopoli, poi viene Alessandria, Antiochia, Gerusalemme,
e poi Mosca e gli altri a seguire…

I Popoli Russi e l’Ortodossia.

I popoli russi ricevettero testimonianza della resurrezione di
Cristo da vari missionari orientali e occidentali, ma furono i
loro scontri e incontri con l’Impero Romano d’Oriente, il suo governo
e il suo cristianesimo, ad orientarli decisamente verso la
conversione. Il fascino che provocava la cristiana e cosmopolita
Costantinopoli (Roma nuova) fu determinante per la conversione
di molti… Tuttavia decisiva fu la conversione al cristianesimo del
famoso principe Vladimir Svjetoslavic’ che lo promosse più fortemente.
Fu proprio San Vladimir che battezzò le terre russe e suoi
popoli come cristiani, nel 988, nel fiume Dnepr della Rus’ Kiviana.
Da subito la risposta collettiva dei russi alla conversione fu rapidissima.
Essa produsse un forte radicamento nella fede cristiana
che fruttò fin da subito in grandi figure e grandi iniziative.
Tale sviluppo richiese ben presto disporre di una chiesa slavofona,
che si esprimesse direttamente in russo. Furono così tradotti,
o semplicemente trasportati in Russia, vari Testi Sacri e anche gli
Uffici Liturgici, in uso tra altri popoli slavi già convertitisi al
cristianesimo dall’opera dei due fratelli di Salonicco, i santi Cirillo
e Metodio detti appunto “maestri degli slavi”.
La Chiesa russa storicamente si sviluppo nei secoli anche fra molti
altri popoli, divenendo essa stessa evangelizzatrice, testimone del
Cristo Risorto. A buon titolo si può dire che quello che ha ricevuto
essa stessa dai missionari greci, lo ha trasmesso ad altri, seguendo
il detto: gratuitamente abbiamo ricevuto e gratuitamente diamo.
Essa in origine sviluppatasi nell’Europa orientale, passò ben presto
in Asia, e via via fino all’Alaska. Inoltre, dopo la rivoluzione
bolscevica, anche nell’Europa occidentale e nelle Americhe se ne è
affermata la presenza per l’assistenza di una forzata diaspora.
E’ stato questo sviluppo, avvenuto in gran parte negli ultimi secoli,
a dargli un carattere decisamente multi-etnico e multi-linguistico.
Oggi il Patriarcato di Mosca raccoglie nel suo sinodo Chiese locali di
varie nazioni e popoli, all’interno e all’esterno della Russia, e una
diaspora mondiale, dove anche l’Italia è oggi presente con più di
25 parrocchie e varie missioni.
Hanno collaborato:. P.Antonio Lotti (Taranto); Natalia Guseva (Pescara) ;Joulia Vilkeeva (Ortona CH); Gheorghe Axentii (Roma); Mario Selvini (Genova).
Arcivescovo:
S. Em. Innokentij di Korsun
26, rue Peclet - 75015 - Paris - France
T. 0033 1 48 28 99 90; korsoun@free.fr
Decano d’Italia:
Arciprete Antonio Lotti
V. Vittorio Veneto, 55. 72021
Francavilla Fontana (BR)
T. 0831. 84 24 73; Cel. 360.499978
PICCOLI ARTICOLI - LE RAGIONI DELLA NOSTRA FEDE!
N° 7/2008 — FOGLIORTODOSSO
Iniziativa di informazione cristiana ortodossa non a scopo di lucro
Comunica e collabora: pravlistok@yandex.ru ; pravlistok@libero.it

domenica 4 gennaio 2009

Assemblea del Decnato 03.01.2009 - Roma

Si è tenuta ieri 3 gennaio 2009, presso la Chiesa Ortodossa Russa di
Santa Caterina d'Alessandria, l'assemblea dei chierici e dei laici
del Decanato d'Italia, sotto la presidenza dell’Arcivescovo Innocenti,
per eleggere i rappresentanti da inviare a Mosca, come nostri portavoce,
per la nomina del nuovo Patriarca di Mosca e di tutta la Russia.
Vi presento alcune foto scattate per l’occasione.