sabato 28 febbraio 2009

La visione di Dio nelle Vite dei santi italo-greci

Il monachesimo di un periodo intermedio nella vita religiosa della Chiesa ortodossa orientale – che si estende, per convenzione storiografica, dal trionfo dell’ortodossia iconofila (843) all’inizio dell’eta dei Comneni (1081) e che riceve percio l’epiteto di monachesimo medio-bizantino – e profondamente segnato dalla duplice paternita di s. Basilio e di s. Teodoro Studita: dopo il dilagare di un eremitismo anarcoide, al tempo dell’iconomachia, esso conosce infatti una ripresa dello spirito basiliano mediata pero in modo creativo dal rinnovamento studita. Tutto questo ha comportato una concezione della vita monastica piu ascetico-liturgica, in quanto incentrata su lavoro e preghiera, che non teologico-antropolo gica. In alternativa cioe ad una linea di pensiero, che vedeva nelle forme piu estreme di mortificazione – a scapito della stessa dinamica liturgico-sacrament ale – la chiave di accesso alla perfezione spirituale, la concezione basiliano-studita pone l'esperienza liturgica come terzo pilastro, accanto all'obbedienza ed alla laboriosita, della professione monastica. In sintonia perfetta con questa sensibilita appare la definizione della vita monastica formulata da s. Nilo di Rossano, il Giovane: «Il monaco e un angelo e la sua opera e offerta dell'olio di pace e del sacrificio di lode», e questo aforisma niliano trova puntuale riscontro nella pressoche contemporanea presentazione – da parte di s. Atanasio l’Athonita nel suo typikon – della vita monastica come una vocazione angelica, per il comune compito, degli angeli e dei monaci, di lodare e glorificare Dio. In entrambe le definizioni la metafora isoangelica, consueta nel lessico monastico, viene infatti esplicitamente riferita non gia all'anticipazione in terra della condizione escatologica dell'uomo, bensi all'assimilazione del ceto monacale ai cori angelici nel cantare la gloria divina.
Tale constatazione puo forse spiegare perche, nell’agiografia monastica italo-greca, la percezione sensibile della divina presenza – nei piu tardivi termini palamiti potremmo dire la visione di Dio nelle sue energie increate – e riservata all’anziano – o e concessa a dei testimoni privilegiati, a glorificazione di Dio e del santo – primariamente in un contesto liturgico, ora nel prodigioso svelarsi dell’invisibile efficacia dell’epiclesi, ora nell’unione trasformante della comunione ai divini Misteri. Entrambe le tipologie sono presenti in un celebre passo della Vita di s. Elia di Reggio, lo Speleota, dove si legge: «E tu che cosa vedi nella divina Liturgia, quando offri le cose sante? – chiede Elia da Enna, il Giovane, ad Arsenio, l'anziano dello Speleota, che si affliggeva per non avere ottenuto il carisma profetico – Ha reso testimonianza su di lui il grande Elia (cioe Elia il Giovane) – continua l'agiografo – che il divino Arsenio celebrava la liturgia incruenta stando in mezzo al fuoco spirituale e percio da esso si comunicava. Ora il divino Arsenio era solito vedere la grazia dello Spirito Santo come un fuoco che avvolgeva l'altare mentre offriva i doni divini, dal momento dell'ingresso della divina Liturgia (cioe dal grande Εισοδος) fino alla sua conclusione». Quest’ultimo motivo, gia presente alla fine del VII secolo in un racconto edificante attribuito ad Anastasio il Sinaita e al quale sembra alludere nel secolo successivo il commentario liturgico attribuito al patriarca Germano, quando accenna alla «divina φωτοφάνεια» da parte del sacerdote al momento dell’epiclesi, ha pero il suo archetipo narrativo nel VI secolo, nella Vita del grande Eutimio di Cirillo di Scitopoli. Si legge in essa – come del resto si vede nell’affresco di scuola macedone, forse dello stesso Manuele Panselinos, nel παρεκκλήσιον di S. Eutimio nella basilica di S. Demetrio a Tessalonica – che, mentre il grande ieromonaco palestinese celebrava la divina Liturgia assistito dallo ierodiacono Domiziano, un fuoco scese visibilmente dal cielo al momento del Trisagion, sotto gli occhi esterefatti del saraceno Terebone e dell’eunuco Gabriele, e, distendendosi sopra l’altare, copri a guisa di telo i due celebranti. Si tratta di un αήρ immateriale, inveramento di quello tessuto e ricamato che viene durante il Credo simbolicamente agitato sui Doni da consacrare per esprimere simbolicamente la discesa su di essi della grazia dello Spirito Santo. In un episodio simile, narrato nel VII secolo da Giovanni Mosco e da Sofronio – che nel loro Prato per ben tre volte riportano casi di percezione della venuta e della presenza dello Spirito sulle oblate, lasciando imprecisate le modalita della manifestazione –, e precisamente in quello relativo alla celebrazione liturgica del vescovo della fantomatica Romilla, l’apparizione dello Spirito e accompagnata dal prodigioso sollevarsi di un velo, che rimane sospeso in aria sull’altare a coprire il vescovo celebrante, il papa Agatone ed i diaconi officianti, per ben tre ore. Il termine qui usato ( καταπέτασμα ) potrebbe designare la tenda pendente dal ciborio, che veniva distesa proprio all'inizio dell'anafora, sennonche gia il commentario liturgico dello Pseudo-Germano usa il termine καταπέτασμα come sinonimo di αήρ, il piu ampio dei tre veli liturgici del grande Ingresso, deposto a coprire sull'altare i doni da consacrare. Del resto sembra che il gesto prescritto nella liturgia pontificale ai sacerdoti concelebranti di tenerlo sollevato, alla recita del Simbolo di fede, e di agitarlo sul capo del vescovo chino sulle oblate, derivi proprio dall'antica consuetudine di far ricadere in quel momento sui celebranti il velo del ciborio.
La prima comparsa di questo motivo nell’agiografia italo-greca era nella Vita di s. Elia il Giovane, dove il vescovo Pantaleone, mentre celebra la divina Liturgia, vede una colomba dall’aspetto splendente volare su di lui e posarsi sul suo capo, con una ripresa dell’immagine dello Spirito evangelicamente attestata nella teofania al fiume Giordano. La tipologia teofanica del volatile era presente anche in un apoftegma pubblicato dal Nau, relativo alle prodigiose celebrazioni eucaristiche degli ieromonaci di Scete: l’animale che essi vedevano planare sulle oblate era pero un aquila, altra immagine biblica evocante la presenza di Dio che conduce il suo popolo fuori dall’Egitto e lo reintroduce dopo l’esilio nella terra promessa. A sua volta la Vita romana di s. Gregorio d’Agrigento – scritta dall’igumeno del monastero di S. Saba sull’Aventino –, che parla genericamente di un adombramento dello Spirito alla celebrazione liturgica del santo, reso visibile ai Padri della sinodo romana convocata per giudicarlo, richiama semanticamente il passo lucano dell’Annunciazione.
Il passo citato del βίος dello Speleota riprende invece, in una piu stretta dipendenza dall'archetipo cirilliano – consueta del resto in questo testo –, l'altra immagine neotestamentaria dello Spirito Santo, quella del fuoco. La tipologia biblica del fuoco come percezione sensibile della presenza dello Spirito – autorevolmente rappresentata dall'endiadi evangelica «Spirito Santo e fuoco» e dalla teofania della Pentecoste lucana – e liturgicamente attestata, in relazione all'Eucaristia, nell'epiclesi della liturgia di s. Giacomo, dove si invoca lo Spirito «che e disceso sui santi apostoli sotto forma di lingue di fuoco nel cenacolo della santa e gloriosa Sion, il giorno della santa Pentecoste». A sua volta la preghiera epiclettica tramandata dalla Didascalia degli Apostoli lascia presupporre un'ulteriore giustificazione del ricorso all'immagine del fuoco per esprimere l'effusione dello Spirito sulle oblate: come il pane eucaristico, compenetrato dal calore del fuoco, si era cotto, cosi ora, in virtu del fuoco dello Spirito, che ugualmente lo compenetra, esso viene trasformato nel Corpo del Signore. Tramite privilegiato per l'estensione all'ambito liturgico della simbolica biblica Spirito-fuoco e molto probabilmente l'autorita del dialogo crisostomico Sul sacerdozio, che stabilisce una relazione analogica tra il fuoco immateriale, che in numerosi passi veterotestamentari discende dal cielo a consumare i sacrifici in segno di gradimento divino – il dottore antiocheno cita esplicitamente il sacrificio del profeta Elia sul Monte Carmelo –, ed il fuoco dello Spirito che, invocato dal sacerdote, trasforma i santi Doni, sacrificio della nuova alleanza. La tipologia biblica applicata all'epiclesi eucaristica si arricchisce cosi ulteriormente, componendo l'immagine neotestamentaria del fuoco pentecostale con quella veterotestamentaria del fuoco sacrificale, funzionale tra l'altro ad esprimere il carattere sacrificale dell'Eucaristia.
La teofania pneumatica nella forma di fuoco ritornera, dopo piu di un secolo, in un altro βίος italo-greco, quello di s. Bartolomeo da Simeri, dove una colonna di fuoco ( στύλος πυρός ), alta sino al cielo, compare dietro al santo che celebra la divina Liturgia nella chiesa messinese di s. Nicola della Punta – forse la punta del promontorio del faro, dove poi sarebbe sorta la celebre mandra del Salvatore –, nell’istante in cui egli solleva il mistico Corpo, che e precisamente – stando agli antichi commentari liturgici, come quelli di s. Massimo il Confessore, dello Pseudo-Germano e di Teodoro d’Andida, – il momento in cui il celebrante proclama, prima della Comunione: «Le Cose sante ai santi». Quest’altra immagine ignea attinge sempre alla simbolica biblica della presenza divina, assimilandosi alla colonna di fuoco che manifesta la presenza del Dio d’Israele alla guida del suo popolo dall’Egitto alla terra promessa. Se la manifestazione di Dio come fuoco, sperimentata nei sacrifici dell’antica alleanza e nell’effusione dello Spirito conseguente al nuovo patto, si esprime nel tempo della Chiesa nella trasformazione dei Doni nel Corpo e nel Sangue del Signore, allo stesso modo la percezione della divina presenza da parte dell’uomo in procinto di essere deificato ha il suo culmine nello spazio liturgico, dove Dio si rende presente in modo sovrasostanziale. Scrive s. Simeone il Nuovo Teologo: «Fratelli e padri, Dio e fuoco e cosi e chiamato da tutta la Scrittura divinamente ispirata, e l’anima di ciascuno di noi e una lampada. Come dunque una lampada, per quanto piena d’olio, … e completamente oscura finche non partecipi del fuoco e venga accesa, cosi avviene anche per l’anima. Per quanto in apparenza sia ornata di tutte le virtu, se non ha partecipato del fuoco – se cioe non ha partecipato dell’essenza e della luce divina – e ancora spenta e oscura». Ora questa partecipazione al fuoco delle divine energie deificanti avviene, nell’esperienza dei Padri italo-greci, nell’esperienza liturgica e pertanto la loro visione di Dio e principalmente un’estasi liturgica. E questo il luogo privilegiato dove – come insegna il primo stichiron anastasimon delle lodi domenicali del primo tono plagale – le realta divine «si rendono manifeste a quanti con fede adorano il mistero che celebrano».
Il passaggio immediatamente successivo – come del resto risulta dal passo gia citato della Vita dello Speleota – e la partecipazione, ancora piu intima e personale, a questa esperienza tramite la comunione ai divini Misteri: il grande Arsenio direttamente da quel fuoco si comunicava. L’immagine di questa assunzione come dal fuoco della divina perla del Corpo del Signore significa che la partecipazione ai divini Miseri comunica, oltre alla luce della verita, proprio la grazia di quello Spirito, che divinamente trasforma, come si canta subito dopo la comunione dei fedeli: «Abbiamo ricevuto lo Spirito sovraceleste» . Piu avanti un altro passo del medesimo βίος vuole esprimere sostanzialmente lo stesso concetto, quando riferisce che s. Elia si comunicava ai divini Misteri come Isaia dal Serafino, assumendo cioe la divina perla – per la presenza in essa del Cristo nella pienezza della sua Divinita – come un carbone ardente. L’immagine era gia familiare, in quanto divulgata dal trattato sulla fede ortodossa di s. Giovanni Damasceno, che vede proprio nella teofania iniziale, con cui si apre il libro di questo profeta, una prefigurazione della Comunione, da lui definita «divino carbone», «fuoco del nostro desiderio». Del resto un notissimo testo poetico del X secolo, attribuito a Simeone Magistros il Metafrasta, prescrive di prepararsi alla santa Comunione pregando cosi: «O tu che mi hai plasmato, non consumarmi con questa unione, perche sei fuoco che brucia gli indegni!...ma penetra...in tutte le articolazioni, nei reni, nel cuore. Brucia le spine di tutte le mie colpe!». Nel contesto tuttavia della descrizione l’estasi dello Speleota si dilata, estendendosi a tutta la celebrazione liturgica, nel complesso della sua durata, e trasferendosi da chi la celebra a chi vi partecipa – s. Elia infatti non era ieromonaco –; il passo in questione ci informa infatti che egli «nel corso della divina liturgia, mentre stava in piedi, era completamente fuori di se per la contemplazione ( θεωρία ) ed era a tal punto smarrito che, dall’inizio alla fine di essa, i suoi occhi si voltavano all’indietro».
L’estasi indotta dalla celebrazione liturgica o dal momento unitivo della santa comunione non esaurisce tuttavia la dimensione contemplativa e divinizzante della vita cristiana, l’endiadi θεωρία // θέωσις, com’e agiograficamente testimoniata nell’esperienza spirituale dei santi italo-greci. Ad esempio l’energia divina deificante compare direttamente sotto forma di fuoco, che compenetra tutto l’essere umano assimilandolo a se nel momento della preghiera personale, come gia si dice – nella piu antica delle agiografie monastiche italo-greche – di s. Elia il Giovane, che, una volta sorpreso in orazione, appare tutto come fuoco ( ολος ως πυρ ). Questo santo poi e accompagnato per tutta la sua esistenza da un angelo-guida, che gli appare all’inizio sotto le sembianze dell’apostolo Anania, ma che subito viene presentato, sulla base della pretesa etimologia di questo nome, come un dono della grazia di Dio o, piuttosto – dice il testo –, come la stessa grazia divina, pertanto ipostatizzata. In tal caso, come nell’ermenutica veterotestamentaria la formula “Angelo del Signore” sembra oltrepassare i limiti della creatura celeste per designare un modo di manifestarsi di un’ipostasi divina, cosi anche nel nostro testo questa figura sembra trapassare dalla semplice percezione di un essere angelico alla comunicazione di un’energia divina sensibile increata, per esprimersi con la successiva terminologia esicastica. In altri termini, coincidenti pero nei contenuti, si esprimera l’agiografo di s. Bartolomeo da Simeri, presentando il santo intento a purificare la vista dell’intelletto (τό της διανοίας οπτικόν ) per divenire limpido specchio ( κάτοπτρόν αυτοδιαφανές ) dello Spirito Santo.
Questa partecipazione alla vita divina – che, massimamente operante all’altare e dall’altare, non si esaurisce pero nella liturgia – conosce, anche nell’esperienza dei santi italo-greci, una θεωρία – punto di arrivo di una πράξις consistente in una salita attraverso una scala delle virtu che elimina, passo dopo passo, le passioni corrispondenti –, cioe una forma di contemplazione che porta ugualmente il soggetto fuori di se. Sono esemplari al riguardo gli accenni dei rispettivi agiografi all’estasi dei due piu grandi asceti del Merkourion, i contemporanei – alla fine del X secolo – ed amici Nilo e Fantino. Il primo, come uscendo dai sensi, non percepisce piu la presenza degli astanti e, dialogando con cio che lui solo vede, proferisce le risposte dialogate della divina Liturgia o isolati versetti di salmi. Del secondo si dice che, «ricolmo di Spirito santo con incontenibile avidita non era mai sazio di tale dolcissima partecipazione (μέτεξις), ma quanto piu veniva a parte di quel dolce cibo e di quel nettare celeste, tanto piu si slanciava a volo verso l’oggetto del suo desiderio e voleva godere della piacevole contemplazione (καλή θεωρία) di Dio». Questo Fantino, il Giovane, esce di se, in un modo che trascende le leggi naturali, rimanendo senza respiro, con gli occhi e le mani al cielo, dal mattino all’undecima ora, cioe le cinque della sera, ed in questa occasione, temporaneamente fuori dal corpo, passando illeso attraverso le dogane demoniache, e condotto a vedere il luogo di supplizio dei dannati ed a contemplare la splendida dimora dei beati. Questo rapimento estatico al terzo cielo, passando attraverso gli spietati gabellieri, era gia stato anticipato, nel monachesimo italo-greco, dallo Speleota, che una volta era stato sorpreso da un monaco in questa «tremenda contemplazione (φοβερά θεωρία) delle bellezze di lassu», con «l’aspetto del suo volto mutato nella fisionomia e reso luminoso dalla visione (θέα)», e che anzi confessa di esserne continuamente rapito nel corso della sua preghiera personale e della meditazione solitaria. Si tratta della trasfigurazione indotta nella fisicita dell’uomo dal processo di divinizzazione (il caso piu celebre e quello di s. Serafino di Sarov, testimoniato da Motovilov). Non diversamente si legge nella Vita di s. Nilo che la grazia divina rifulgeva sul volto del grande Fantino; dello stesso Nilo poi si dira che nutriva la mente con contemplazioni divine e sublimi (θεάρεστοι καί μεγαλοπρεπη εννοιαι).
Un versetto salmico soprattutto viene con assoluta frequenza, nei testi agiografici italo-greci, posto in correlazione con l’esperienza estatica, con il progressivo elevarsi, passo dopo passo di virtu in virtu, alla contemplazione delle realta divine: si tratta della seconda parte del versetto 6 del salmo 83, dove si parla delle ascensioni (αναβάσεις) nelle quali si impegna l’orante, quasi innalzando nel proprio cuore questa mistica scala, che lo porta alla visione di Dio. Le piu conosciute attestazioni del ricorso a questa esegesi del passo in questione si trovano, nel V secolo, nella Storia “Philotheos” del vescovo Teodoreto di Ciro, dove questo movimento interiore e posto in stretto rapporto con la contemplazione di Dio, la θεία θεωρία, e nella Vita di s. Saba il Santificato, di Cirillo di Scitopoli, dove precisamente in tal modo il santo si trasmuta di gloria in gloria. Per questo, ad esempio nella Vita di s. Filareto di Seminara, il Giovane – sin dall’inizio della sua ascesi tutto teso a vedere Dio, oggetto del suo desiderio («ιδοιμοι τα ποθούμενα», chiede infatti nella sua preghiera) –, tale ascensione immobile e tutta interiore (θεία ανάβασις) diventa in due passi sinonimo di contemplazione. A sua volta, nella figura dell’asceta Cristoforo di Collesano, degno padre di s. Saba il Giovane, tale piu che quotidiana – perche postulata anche di ora in ora – salita a Dio nel proprio cuore, produce – in una piu evidente dipendenza dell’agiografo, il patriarca Oreste di Gerusalemme, dal passo cirilliano – la paolina metamorfosi di gloria in gloria.
Un’ulteriore ripresa di questa immagine davidica delle divine ascensioni si riscontra nella Vita di s. Nicodemo di Kellarana, in un contesto che esprime in modo esemplarmente chiaro la capacita divinizzante di queste risalite dal proprio cuore a Dio: tramite la partecipazione ad esse (διό τη μετέξει), afferma l’agiografo, il santo divenne dio per grazia ( κατά χάριν θεός ο πανόλβιος γέγονεν). L’agiografia monastica italo-greca? ?pervenutaci in misura relativamente abbondante – nonostante la sua perifericita – rispetto ad altre aree dell’ecumene “bizantina”, non poteva lasciarci un testo piu esplicito di questo, tramite la penna di un dotto monaco di nome Nilo – attivo tra la seconda meta dall’XI secolo e l’inizio del successivo –, in ordine al vertiginoso destino dell’uomo di divenire dio per grazia, appunto θεός κατά χάριν .

Enrico Morini
Alma Mater Studiorum. Universita di Bologna

Dal sito di P. Giovanni Festa - Palermo

giovedì 26 febbraio 2009

Domenica I° marzo 2009 - Esilio di Adamo ed Eva (Domenica dei latticini)

(Acquaformosa: Chiesa parrocchiale cattolica - Cacciata dal Paradiso)

Domenica I° marzo 2009 memoria dei Santi: Panfilo e compagni martiri – Flaviano patriarca di Costantinopoli.

Domenica dell’esilio di Adamo ed Eva dal Paradiso Terrestre.
(Domenica dei Latticini) Tono IV


Le antifone sono quelle di ogni giorno:

1) Lettore: Agathòn to exomologhìsthe to Kirìo,
ke psàllin to onòmatì su, Ìpsiste.

Coro: Tes presvìes tis Theotòku, Sòter, sòson
imàs.

2) Lettore: O Kìrios evasìlefsen, efprèpian
enedhìsato, enedhìsato
o Kìrios dhìnamin ke periezòsato.

Coro: Sòson imàs, Iiè Theù, o anastàs
ek nekròn, psàllondàs si:
Alliluia.

3) Lettore: Dhèfte agalliasòmetha to Kirìo,
alalàxomen to Theò to
Sotìri imòn.

Coro: To fedhròn tis Anastàseos
kìrigma * ek tu anghèlu mathùse
e tu Kirìu mathìtrie, *
ke tin progonikìn apòfasin
aporrìpsase * tis Apostòlis
cafchòmene èlegon: * Eskìlefte o thànatos,
* ighèrthi Christòs
o Theòs, * dhorùmenos
to kòsmo to mèga èleos.


Tropari - Tono IV

To fedhròn tis Anastàseos
kìrigma * ek tu anghèlu mathùse
e tu Kirìu mathìtrie, *
ke tin progonikìn apòfasin
aporrìpsase * tis Apostòlis
cafchòmene èlegon:
* Eskìlefte o thànatos,
* ighèrthi Christòs
o Theòs, * dhorùmenos
to kòsmo to mèga èleos.

(Tropario del Santo della Chiesa)

Tropario del Santo del giorno

I tuoi martiri, Signore, con la loro lotta hanno ricevuto da te, nostro Dio, le corone dell’incorruttibilità: con la tua forza, infatti, hanno abbattuto i tiranni ed hanno anche spezzato le impotenti audacie dei demoni. Per le loro preghiere, o Cristo Dio, salva le anime nostre.

Kontakion

Maestro di sapienza e guida
dell.intelletto, che ti compiaci
istruire gli ignoranti e proteggere
i poveri, tu o Signore, fortifica
e ammaestra il cuor mio.
Tu che sei il Verbo del divino
Padre, infondi anche a me la
tua parola ed io non frenerò le
mie labbra dal ripeterti: o misericordioso,
abbi pietà di me, miseramente caduto.

Apostolo (Rom. 13, 11 - 14,4)

- Inneggiate al Dio nostro, inneggiate; inneggiate
al re nostro, inneggiate. (Sal. 46,7)
- Popoli tutti, applaudite, acclamate a Dio
Con voci di gioia. (Sal. 46,2)

Lettura dalla lettera di San Paolo ai Romani.

Fratelli, la nostra salvezza è più vicina ora di quando diventammo credenti. La notte è avanzata, il giorno è vicino. Gettiamo via perciò le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a gozzoviglie e ubriachezze, non fra impurità e licenze, non in contese e gelosie. Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo e non seguite la carne nei suoi desideri. Accogliete tra voi chi è debole nella fede, senza discuterne le esitazioni. Uno crede di poter mangiare di tutto, l’altro invece, che è debole, mangia solo legumi. Colui che mangia non disprezzi chi non mangia; chi non mangia, non giudichi male chi mangia, perché Dio lo ha accolto. Chi sei tu per giudicare un servo che non è tuo? Stia in piedi o cada, ciò riguarda il suo padrone; ma starà in piedi, perché il Signore ha il potere di
farcelo stare.
Alliluia (3 volte).

- In te mi rifugio, Signore, ch.io non resti
confuso in eterno. Liberami per la tua giustizia e salvami. (Sal. 70,1-2)

Alliluia (3 volte).

- Sii per me un Dio protettore, e baluardo
inaccessibile ove pormi in salvo. (Sal. 70,3)

Alliluia (3 volte).


Vangelo (Mt. 6, 14-21)

Disse il Signore: .Se voi perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe. E quando digiunate, non assumete aria malinconica come gli ipocriti, che si sfigurano la faccia per far vedere agli uomini che digiunano. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Tu invece, quando digiuni, profumati la testa e lavati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo tuo
Padre che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. Non accumulatevi tesori sulla terra, dove tignola e ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano; accumulatevi invece tesori nel cielo, dove né tignola né ruggine consumano, e dove ladri non scassinano e non rubano. Perché là dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore.

Kinonikon

Enìte ton Kirion ek ton uranòn;
enite aftòn en tis ipsìstis.
Alliluia

I miei gattini

Spiritualità, religiosità, rito, etnicità, mettiamoli per un istante da parte e godiamici i miei gattini. Belli e ....forti!!








martedì 24 febbraio 2009

Ed ora: carnevale!!!! ... ogni scherzo vale ....

E' vero, anzi verissimo, anche noi, poveri preti di montagna, abbiamo bisogno, ogni tanto, di staccare la spina e prenderci un momento di riposo e svago. Siamo nella settimana in cui il carnevale impervesa sovrano. Tutti si divertono e quindi anchio mi sono voluto prendere qualche ora di svago e con la mia dolce metà, siamo scesi a Castrovillari per goderci la sfilata del carnevale 2009. Spero tanto che non mi si aprano le porte dell'inferno per questa piccola serata mondana. Comunque ...passato il santo tutto tornerà nella normalità e AMIN.





Il freddo inizia a farsi sentire e la punta del naso diventa sempre più rosso!






Un plauso ed un applauso a tutti i protagonisti di questa sfilata castrovillarese.






Le maschere studiate durante l'anno, la fanno da padrone ... e l'esibizione in queste ore raggiunge l'apice, con i protagonisti che nonostante il freddo ... sudano e danno il meglio di se stessi. Complimenti ...






Il cartello dice testualmente che 'stavamo meglio quando stavamo peggio', è vero?? .....un poco di politica non credo che faccia male. Ma con i tempi che corrono, quando il popolo di Dio non arriva alla fine del mese .... sia fatta la Sua volontà!!!






Il Re Carnevale, con due guance super rosse, a causa del freddo, forse del vino e del trucco, saluta tutti amorevolmente, anche perchè sa che per rifarsi vedere, deve aspettare un anno intero.






E' giunto il momento anche di qualche gruppo ospite, pochi questo si, ma sapete ... con i costi... risparmio: la parola d'ordine.






La luce del giorno tende ad affievolirsi, la sera è già alle porte e nonostante le giornate si sono allungate, le prime ombre della sera sono alle porte.






Umanamente parlando hanno riscaldato questa ghiacciata serata invernale del Pollino.




Nonostante un freddo bestiale, tutti le aspettavano.... poverine! Forse credevano che da noi avrebbero, non dico, trovato l'estate inoltrata, ma almeno un poco di tepore... però quello umano sono convinto è stato sicuramente di loro gradimento.




La serata è finita, con il naso e non solo ghiacciato, siamo tornati all'ovile: casa dolce casa!! Ma come si suol dire: "La festa è finita e gli amici se ne vanno..."Buona notte ed arrivederci al prossimo carnevale: Per noi cristiani inesorabilmente la Santa e Grande quaresima è alle porte, la mondanità fa posto alla spiritualità, BUONA QUARESIMA!!!!!