domenica 26 febbraio 2012

P Evangelos Yfantidis

ΚΑΛΗ ΤΕΣΣΑΡΑΚΟΣΤΗ!
Lo stesso testo ogni anno, perche’ la ripetizione è la madre della memoria!
BUONA QUARESIMA!
Testo in greco ed in italiano

Η γιορτή της Καθαράς Δευτέρας - La festa del “Lunedì Puro”
Στην Ελλάδα, αλλά και σε άλλες χώρες όπου πλειοψηφούν οι Ορθόδοξοι, εδώ και αιώνες η πρώτη μέρα της Μεγάλης Τεσσαρακοστής, η «Καθαρά Δευτέρα», αποτελεί την πρώτη γιορτή του έτους στην ύπαιθρο. Οι οικογένειες πάνε στην εξοχή, σε βουνά και πεδιάδες, πετούν χαρταετούς, κάποιοι ακούν και τραγουδούν δημοτικά τραγούδια χορεύοντας παραδοσιακούς χορούς, τρώνε λαγάνα και άλλα νηστίσιμα φαγητά και εύχονται «Χρόνια Πολλά». Η Ορθόδοξη Εκκλησία, με τον τρόπο αυτό, μας ενθαρρύνει να συνδέσουμε τη Σαρακοστή με το φρέσκο αέρα, με τον άνεμο που πνέει στους λόφους, με τον ερχομό της άνοιξης και έτσι η Μεγάλη Σαρακοστή φαίνεται από την πρώτη μέρα ως μια περίοδος νέας ελπίδας. Η σύνδεση αυτή ανάμεσα στη Σαρακοστή και την άνοιξη είναι ολοφάνερη στα ορθόδοξα λειτουργικά κείμενα: τις πρώτες ημέρες ψέλνουμε στις εκκλησίες μας ότι «Ανέτειλεν το έαρ της νηστείας και το άνθος της μετανοίας». Η νηστεία, η συμμετοχή μας δηλαδή στα Πάθη του Κυρίου, ανατέλλει, και η «μετάνοια», η αλλαγή δηλαδή του νου και ο επαναπροσδιορισμός της σχέσης μας με το Χριστό και την Εκκλησία Του, είναι ένα λουλούδι, το οποίο αρχίζει να ανοίγει. Όλη αυτή η περίοδος της νηστείας, της μετάνοιας και του επαναπροσδιορισμού θεωρείται από την Εκκλησία μας ένας σημαντικός αγώνας, σαν τους «Ολυμπιακούς Αγώνες» θα λέγαμε, στους οποίους οι αθλητές προσπαθούν όχι μόνο να συμμετάσχουν, αλλά και να κερδίσουν το χρυσό μετάλλιο, το οποίο στην περίπτωσή μας δεν είναι άλλο από την άμεση κοινωνία μας με το Θεό Πατέρα. Και αυτή η σύνδεση ανάμεσα στη Σαρακοστή και στον αγώνα είναι ολοφάνερη από την υμνολογία της Εκκλησίας μας: «Το στάδιον των αρετών ηνέωκται, οι βουλόμενοι αθλήσαι εισέλθετε, αναζωσάμενοι τον καλόν της νηστείας αγώνα. Οι γαρ νομίμως αθλούντες, δικαίως στεφανούνται». Δίκαια λοιπόν η πρώτη ημέρα της Σαρακοστής, η Καθαρά Δευτέρα, είναι μια γιορτή με γέλια και χαρές, σαν μια άλλη «Γιορτή έναρξης των Ολυμπιακών Αγώνων», κατά την οποία οι αθλητές που συμμετέχουν και αγωνίζονται στους Αγώνες, γιορτάζουν και εύχονται ο ένας στον άλλον! Αυτή η γιορτή της Καθαράς Δευτέρας έρχεται, κατά κάποιον τρόπο, να επιβεβαιώσει στην πράξη εκείνο το οποίο την προηγούμενη της Καθαράς Δευτέρας ημέρα, την Κυριακή της Τυροφάγου, κήρυξε η Ορθόδοξή μας Εκκλησία με το ευαγγελικό ανάγνωσμα της Θείας Λειτουργίας: «Οταν δέ νηστεύητε, μη γίνεσθε ώσπερ οι υποκριταί σκυθρωποί· Σύ δέ νηστεύων άλειψαί σου την κεφαλήν και το πρόσωπόν σου νίψαι, όπως μη φανής τοίς ανθρώποις νηστεύων».
ΑΓΙΟC ΓΕΩΡΓΙΟC ΤΩΝ ΕΛΛΗΝΩΝ, Τεύχος 8 / Φεβρουάριος – Μάρτιος 2010

In Grecia, come anche in altri paesi di tradizione ortodossa, da secoli il primo giorno della Grande Quaresima, il “Lunedì Puro”, è la prima festa dell’anno all’aperto. Le famiglie si recano nelle campagne, nei monti e nelle pianure con gli aquiloni, alcuni ascoltano e cantano canti tradizionali, anche accompagnati da balli tradizionali, mangiano un pane speciale quaresimale (“lagàna”), come anche altri cibi quaresimali e si scambiano gli auguri. La chiesa Ortodossa in questo modo ci incoraggia a collegare la Santa Quaresima con l’aria fresca, con l’aria che soffia sulle alture, con l’arrivo della primavera e così la Quaresima sembra, sin dal primo giorno, un periodo di nuova speranza. Tale collegamento tra la Santa Quaresima e la primavera è del tutto chiara nei testi liturgici ortodossi: nei primi giorni cantiamo nelle nostre chiese che: “È sorta la primavera del digiuno ed il fiore della conversione”. Il digiuno, vale a dire la nostra partecipazione alla Passione di nostro Signore, sorge, e la conversione, vale a dire il mutamento del modo di pensare, come anche il riorientamento del nostro rapporto con Cristo e la Sua Chiesa è un fiore che comincia a schiudersi. Tutto questo periodo di digiuno, di conversione e di riorientamento è considerato dalla Chiesa come una gara importante, paragonabile ai “Giochi Olimpici”, in cui gli atleti cercano non solo di partecipare, ma anche di guadagnare una medaglia d’oro, che nel nostro caso altro non è che la nostra diretta comunione con Dio Padre. Anche questo collegamento tra la Santa Quaresima e la gara è del tutto evidente nell’innografia della nostra Chiesa Ortodossa: “Si sono aperte le gare delle virtù, quanti volete partecipare, avvicinatevi, riprendendo la buona gara del digiuno. Quanti partecipano regolarmente, giustamente ricevono la corona della vittoria”. Quindi, il primo giorno della Santa Quaresima, il Lunedì Puro è una festa lieta e gioiosa, come, in qualche modo, il giorno dell’inaugurazione dei “Giochi Olimpici”, durante il quale gli atleti partecipanti alle gare festeggiano e si scambiano tra loro gli auguri! Questa festa del Lunedì Puro afferma nella realtà ciò che il giorno precedente, nella Domenica dei Latticini, la nostra Chiesa Ortodossa ha annunciano con la lettura evangelica della Divina Liturgia: “Quando digiunate, non diventate tristi come gli gl’ipocriti. Tu quando digiuni, ungiti la testa e lavati il viso per non dare agli uomini l’impressione di digiunare”.
SAN GIORGIO DEI GRECI, No 8/ febbraio – marzo 2010

sabato 25 febbraio 2012

Dal sito dell'amico Stilianos Bouris: http://www.ortodoxia.it

IL MISTERO E IL PROCESSO DELLA MORTE

 
Metropolitana di Lepanto Vlassios Ierotheos

Intervista a Pavel Chiril, professore e dottore dell’Ospedale Santa Irene, Bucarest (Romania)
1. Domanda: Raccontaci qualcosa sulla morte, qualcosa che viene spontaneo a voi, qualcosa che considerate estremamente importante.
Risposta: Ciò che mi viene spontaneo alla mente è che la morte è un mistero terribile, come cantiamo nel servizio funebre, che è una poesia di san Giovanni Damasceno. Ciò è dovuto al fatto che l'anima è violentemente staccata dall'armonia della sua unione con il corpo. E' anche un evento triste, perché è legato alla corruttibilità dell'uomo e alla mortalità che si manifesta in tutta la sua vita.

Inoltre, porta alla memoria il servizio della Risurrezione di Cristo, che celebriamo nella Chiesa ortodossa con splendore. Teniamo candele accese nelle nostre mani e cantiamo trionfalmente il canto della vittoria: "Cristo è risorto dai morti, con la morte ha calpestato la morte,  ed ai morti nei sepolcri ha donato la vita ". Questa bella immagine mostra il nostro atteggiamento verso la vita e la morte. Gli uomini sono corruttibili e mortali, ma noi possediamo la "medicina dell'immortalità", che è il Cristo risorto. Utilizzando una terminologia moderna, possiamo dire che con l'Incarnazione del Figlio e l'unione della natura umana con la natura divina nella persona del Verbo (Logos), " ha avuto luogo una "clonazione spirituale, la nostra natura mortale è stata unita alla vita di Dio. È per questo che la morte ha cambiato nome ed ora è chiamata dormizione e i luoghi dove sono sepolti i defunti sono chiamati cimiteri ("dormitori"), non sepolcreti.
Così, quando vedo la gente con in mano una fiaccola accesa che canta "Cristo è risorto" nella notte della Resurrezione di Cristo, capisco meglio che dovremmo considerare la morte come un processo di passaggio dal "paese d'Egitto" verso la "terra della Promessa ", dalla morte alla vita, che se avviene in Cristo, è la nostra speranza per la nostra risurrezione in Cristo. Sarebbe molto bello se dovessimo anticipare la morte in questa posizione, tenendo il cero della Resurrezione mentre cantiamo "Cristo è risorto". Dopo tutto, siamo "stranieri e pellegrini" in questa vita, il nostro paese vero è altrove. Sono sempre impressionato dalle parole di san Nicola Cabasilas (14° secolo) che dice che mentre viviamo qui sulla terra siamo come un embrione nel grembo di sua madre e al momento della morte nasciamo uscendo da quel grembo materno. È per questo che nella Chiesa ortodossa i santi si celebrano il giorno della loro dormizione e il giorno del loro martirio, non il giorno della loro nascita fisica.

2. Domanda: Sappiamo dalla Sacra Scrittura che ci sono due tipi di paura: un santo timore, che è la paura di Dio e l'inizio della saggezza secondo il salmista, e un altro tipo di paura, ispirata dai demoni, che è la paura patologica. A che categoria appartiene la paura per la morte?
Risposta: In effetti, c'è un timore di Dio che è l'energia della grazia di Dio e l'inizio della salvezza, cioè, un santo timore verso Dio così che l’uomo rispetta e inizia a obbedire ai Suoi comandamenti e vi è una paura ispirata dai demoni che provoca ansia e angoscia. Tuttavia, oltre queste due paure c'è anche un altro timore la cosiddetta paura psicologica che è legata alla insicurezza di una persona e all’inadeguatezza emotiva.

La paura della morte significa qualcosa di diverso per ogni persona. Per i non credenti e gli atei è la paura per il "nulla", cioè pensano che lasciano l'unico mondo esistente e finiscono nel nulla nella non-esistenza. Questo è qualcosa che non esiste per noi ortodossi. Per i cristiani la paura della morte è legata alla partenza dell'anima dal mondo conosciuto, dagli amici e dai parenti, entrando in un altro mondo che non conoscono ancora. Non sanno dove andranno e cosa succederà con il giudizio di Dio che segue la morte. È per questo che la speranza e la preparazione sono necessarie.

Naturalmente, quei cristiani che hanno raggiunto l'illuminazione dell’intelletto e la deificazione e sono stati uniti con Cristo hanno superato la paura della morte, come sappiamo dalla vita degli Apostoli, dei Martiri e in genere dalla vita dei Santi della Chiesa. Nel leggere il Sinassario incontriamo frasi del tipo: "in questo giorno santo (così e così) si perfeziona in pace" o "si perfeziona con la spada", ecc. Deve essere sottolineato che in greco il verbo "teleioutai" significa "è perfezionato", è portato alla perfezione, e si differenzia dal verbo "teleionei", che significa "cessa di esistere". Possiamo anche dire che la vita dei sensi ("VIOS") è terminata con la morte, mentre la vita ("Zoi") si perfeziona, ma non termina.

Ciò che è importante è che, con la vita spirituale in cui viviamo, dobbiamo sconfiggere la paura della morte e sentire la morte come un cammino verso l'incontro con Cristo, la Tutta Santa Vergine e i santi.

3. Domanda: Sappiamo dalla Sacra Tradizione che al momento della morte di una persona sono presenti angeli, santi e demoni. Cosa puoi dirci su questo?
Risposta: Dall'insegnamento di Cristo e da tutta la tradizione della Chiesa, sappiamo che sia gli angeli sia i demoni esistono e non sono personificazioni di esseri buoni o cattivi, ma creati da Dio. I demoni erano angeli che hanno perso la comunione con Dio. Molti santi hanno avuto la grazia di vedere gli angeli, come i demoni della tentazione, mentre si trovavano in questa vita.

Secondo l'insegnamento dei nostri Padri, angeli e santi, spesso anche Cristo e la Vergine, si  manifestano a coloro che stanno per morire per sostenerli, per rafforzarli così da cancellare la paura causata dalla morte. I demoni appaiono anche, soprattutto quando sono in grado di influenzare alcune persone a causa delle loro passioni e chiedono di avere potere su le loro anime. Questo ce lo ricorda la preghiera alla santa Vergine nell’officio della Compieta ("Apodeipnon"):
"nell’ora del mio esodo prenditi cura della mia anima misera e scacciane lontano le tenebrose visioni dei demoni malvagi" .
Dall'insegnamento della Chiesa è ben noto che ogni persona ha un "angelo custode" a proteggerlo, ed è per questo che c'è una preghiera speciale per l'angelo custode nell’officio della Compieta. Padre  Paisios, un monaco sul Monte Santo, mi diceva che vedeva spesso il suo angelo custode accanto a lui ad abbracciarlo. Era solito dire che dobbiamo sforzarci di raggiungere la salvezza, in modo che il nostro angelo custode, che ha fatto tanto per proteggerci e aiutarci nella nostra vita, non tornerebbe a mani vuote a Dio, che si verificherebbe se noi, per la nostra indifferenza, non saremo salvati.
Ricordo con emozione che mio padre, quando entrò nella Chiesa, è entrato dalla porta nord nel santo Altare e ha baciato l'icona dell'Arcangelo Michele e gli ha chiesto di ricevere la sua anima a tempo debito, quando si fosse pentito, proteggendola dai demoni malvagi e portarla a Dio. Forse questa preghiera lo ha aiutato ad avere una buona dormizione e un espressione felice e sorridente nella bara.

 4. Domanda: Si legge nella Sacra Scrittura che la misericordia trascende il giudizio. Questo significa che la nostra misericordia verso gli altri assolve una moltitudine di peccati?
Risposta: Dobbiamo vedere che cosa significa misericordia. In realtà, la misericordia è il sentimento della grazia divina, l'amore di Dio. Quando preghiamo dicendo: "Signore, abbi misericordia", chiediamo la misericordia di Dio, la grazia di Dio. Chi è generoso verso i fratelli con ogni sorta di carità espressa con la preghiera, con parole spirituali, con contributi materiali mette in pratica la beatitudine "beati i misericordiosi perché troveranno misericordia" (Matteo, 5, 7). In questo senso si può dire che il sentimento della misericordia di Dio e la nostra misericordia trascende il giudizio.

Colui che è stato trasformato spiritualmente ed è stato unito con Dio non teme il  giudizio, ciò che Cristo ha detto si applica in lui: In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a Colui che mi ha mandato ha vita eterna; e non viene in giudizio, ma è passato dalla morte alla vita. In verità, in verità vi dico: l'ora viene, anzi è già venuta, che i morti udranno la voce del Figlio di Dio; e quelli che l'avranno udita, vivranno. (Gv 5,24).

Secondo l'insegnamento dei Padri della Chiesa, ci sono tre sentenze. La prima si verifica in tutta la nostra vita, quando ci troviamo di fronte al dilemma se seguire la volontà di Dio o di rigettarla, quando dobbiamo scegliere tra un buono ed un cattivo pensiero. La seconda sentenza ha luogo quando l'anima esce dal corpo, secondo le parole di San  Paolo " Come è stabilito che gli uomini muoiano una volta sola, dopo di che viene il giudizio" (Ebrei, 9, 27). Il terzo giudizio e ultimo sarà alla seconda venuta di Cristo. Il primo giudizio è importante.

San Simeone il Nuovo Teologo dice che, quando una persona è unita con Cristo in questa vita e vede la luce increata, allora il giudizio è già avvenuto per lui e non deve aspettare la seconda venuta di Cristo. Questo ci ricordano le parole di Cristo che ho citato sopra.

A questo punto vorrei ripetere il detto di San Basilio il Grande che ci sono tre categorie di coloro che saranno salvati: gli schiavi, che seguono la volontà di Dio al fine di evitare l'inferno, i salariati che lottano per guadagnarsi il paradiso come ricompensa e i figli che obbediscono alla volontà di Dio per amore di Dio. Così, per tutta la nostra vita dobbiamo progredire spiritualmente e passare dallo stato di schiavo allo stato del salariato e da lì alla mentalità del figlio. Ciò significa passare dalla paura e alla ricompensa all’amare. Per amore di Cristo, perché Egli è nostro padre, nostra madre, nostro amico, nostro fratello, nostro sposo e la nostra sposa. In questo modo trascenderemo il giudizio.

5. Domanda: Ci dica qualcosa sulla morte improvvisa.
Risposta: La valutazione della morte improvvisa dipende dal punto di vista di ognuno. Per i non credenti la morte improvvisa è buona, accettata e desiderabile, perché non soffrono e non saranno tormentati da malattie e vecchiaia. Per i cristiani credenti, però, la morte improvvisa è male, perché non viene data la possibilità di prepararsi al meglio per il loro incontro con Cristo e la Chiesa celeste. Quando un uomo va in visita ad un alto funzionario, si prepara di conseguenza. Dovremmo fare lo stesso riguardo al nostro incontro con Cristo.

Nella preparazione, il pentimento è essenziale. Padre Paisios, di eterna memoria, diceva che il cancro è una malattia santa perché ha riempito il Paradiso con i santi, il che significa che una lunga malattia contribuisce perchè le persone si preparino con la preghiera e il pentimento.
In ogni caso, la morte è l'evento certo. Lo vediamo intorno a noi, tutto muore, tutte le creature viventi, i nostri amici, i nostri parenti. Ciò che non è certo, ed è a noi sconosciuto, è l'ora della morte, quando la morte verrà. Può accadere durante il sonno, mentre si cammina, in viaggio, durante il lavoro, mentre ci divertiamo, ecc. Per questo dovremmo pregare Dio ogni giorno, come fa la Chiesa: "Per il completamento della nostra vita nella pace e nella penitenza"e" Per un fine alla nostra vita cristiana, pacifica, senza vergogna e sofferenza, e per una buona prova davanti al tribunale tremendo di Cristo, chiediamo al Signore ".
Secondo l'insegnamento della Chiesa uno dei doni più grandi che una persona può avere è la "memoria della morte", tutti i giorni. Quando questo avviene con la grazia di Dio l'uomo non è condotto alla disperazione, all’angoscia, alla paura psicologica, ma all’ispirazione, alla preghiera, alla creatività, anche nelle faccende umane, cerca di finire i suoi compiti e prepararsi correttamente. Quando viviamo ogni giorno come se fosse l'ultimo giorno della nostra vita, allora anche la morte improvvisa ci trova pronti.

6. Domanda: Qual è la corretta espressione: l'ora della morte o il momento della morte?
Risposta: Questo dipende da come si interpreta la parola "ora" e "momento". Nel discorso spesso usiamo il termine "ora" che significa il momento. Ma capisco che la tua domanda si riferisce al fatto se la morte è un processo o un momento.

Si può dire che c'è un processo di morte, cioè, lunghe malattie conducono l'uomo a poco a poco alla morte, ma la separazione dell'anima dal corpo avviene in un momento specifico per volontà di Dio.

Questo momento è importante, perché conosciamo la modalità dell'uomo ai cambiamenti di esistenza e non possiamo sapere come sarà da allora in poi. Conosciamo lo stato in cui è attaccata l'anima al nostro corpo, che comunica con la creazione attraverso i sensi. Non sappiamo, per esperienza, che cosa succederà allora e come saremo. Attualmente siamo abituati a vedere il mondo creato da Dio, le persone, gli amici, la bellezza della terra, gli angeli e i demoni. Poi, però, l'anima non vede attraverso i sensi del corpo, ma vede quello che attualmente è invisibile. È per questo che i santi vogliono essere consapevoli e pregano durante il processo della morte, al fine di lasciare questo mondo con la preghiera e di avere la forza e la grazia di Dio che li accompagna.

Dal punto di vista cristiano, l'ora e il momento della morte richiede un'adeguata preparazione, cioè la confessione, la Santa Comunione, la santa unzione, avendo intorno, in preghiera, la famiglia e gli amici. Tuttavia, in un’Unità di Terapia Intensiva è impossibile un tale ministero ecclesiale-pastorale ministero. Così, a causa delle moderne tecniche di esercizio e dei farmaci, ai nostri giorni sempre più persone non muoiono essendo coscienti di ciò che accade quell'ora e quel momento. Questo è un problema importante. I moderni metodi della medicina pongono un dilemma. "Si cerca il prolungamento della vita o di fermare la morte?". Con tutto ciò che viene offerto dalla scienza medica la domanda è: la nostra vita è prolungata in modo che ci pentiamo e ci dedichiamo a Dio o si cerca di fermare la morte creando dolore, fisico ed esistenziale?

In ogni caso, è una grande benedizione di Dio  morire circondato dai suoi cari che pregano e, soprattutto, morire nella Chiesa, con la santa comunione, la preghiera, la benedizione del proprio padre spirituale, la grazia di Dio e le preghiere dei santi. Il nostro desiderio permanente dovrebbe essere una morte simile a quella raffigurata nell'icona della Dormizione della Theotokos, con lei al centro circondata dall'amore di Cristo, gli Apostoli, i Gerarchi.

 7. Domanda: Alcune persone muoiono improvvisamente. E 'vero che Dio vuole qualcuno quando la sua probabilità di salvezza è al massimo?
Risposta: Noi cristiani crediamo assolutamente che siamo stati creati dal Dio dell'amore e che Dio dirige la nostra vita, egli dà la vita e Lui la prende quando Egli ritiene che sia il momento giusto. Sappiamo anche che Dio ama l'uomo, che ha creato, e vuole la sua salvezza. Pertanto, è certo che Dio permette che la morte di ogni uomo si verifichi nel momento più opportuno.

Naturalmente, l'amore di Dio non abolisce la libertà dell'uomo. L'uomo ha la capacità di agire positivamente o negativamente, di rispondere all'amore di Dio o di rifiutarlo.

Dato che hai detto che alcune persone muoiono improvvisamente, vorrei ricordare, che dovremmo ricordare la morte continuamente, non dovremmo sentire che ci accingiamo a vivere eternamente sulla terra, perché questa è una malattia spirituale. C'è un alternarsi tra vita e morte, simile a l'alternanza tra giorno e notte. La moderna biologia molecolare sottolinea che la morte è indissolubilmente legata con la vita, perché tra i geni ci sono i geni dell'invecchiamento, che si trovano nei mitocondri. Quindi, dal momento del nostro concepimento, la morte esiste nel DNA, e vediamo la morte del nostro corpo con la morte delle cellule e, in generale, con l'invecchiamento, il passare degli anni, le rughe, le malattie, tutto ciò che teologicamente si chiama corruttibilità e mortalità. Non dovremmo essere miopi e comportarci come gli struzzi per non vederlo.

In questo processo dobbiamo sapere che Dio non ha creato noi per morire, ma che la morte è una conseguenza del peccato di Adamo ed Eva, e che Dio ci ama e si prende cura di noi. Egli è il nostro padre affettuoso. Non è corretto pregare con la "Preghiera del Signore", dire "Padre Nostro", chiamare "Padre" Dio e vivere come orfani.

8. Domanda: La fede ortodossa attribuisce particolare importanza al pentimento. Ti ringraziamo Signore per averci dato il ravvedimento. È  possibile che il pentimento nel momento della morte sia così grande che un uomo possa essere salvato anche se è gravato da grandi peccati?
Risposta: Nella nostra tradizione ortodossa si sa che il peccato non è qualcosa di moralistico ma è qualcosa di ontologico, cioè la vita contro natura vita in contrapposizione alla secondo natura. Così, il pentimento è il ritorno dell'uomo da una vita contro natura alla vita secondo natura. Con il peccato l'uomo ha perso la comunione con Dio, con il fratello e con la creazione. Con il pentimento egli acquisisce questa comunione ancora una volta. Il pentimento è associato ad un avanzamento verso la liberazione dell'uomo da tutto ciò che lo schiavizza. I Padri hanno descritto questo avanzamento in tre parole: purificazione, illuminazione, deificazione e questo è ciò che si chiama terapia. Questo succede per tutta la vita. Pertanto, la salvezza è legata alla terapia. Il medico del corpo ci esamina, fa una diagnosi e suggerisce un metodo terapeutico appropriato, che dobbiamo applicare. Lo stesso vale per la malattia dell'anima.

Una confessione al momento della morte apre per l'uomo la via della salvezza. Se non avesse avuto il tempo di curarsi spiritualmente, allora la Chiesa con la preghiera aiuta l'uomo per condurlo alla salvezza, tenendo presente che la perfezione è infinita, è uno stato dinamico, non è uno stato statico.

Nel corso della nostra vita dobbiamo avere questo "spirito di pentimento". Dovremmo riflettere su come siamo stati creati da Dio e il punto che abbiamo raggiunto a causa del peccato. Se leggiamo con attenzione il libro della Genesi, secondo gli insegnamenti dei Padri della Chiesa, e vediamo come Adamo ed Eva vivevano e cosa sono diventati in seguito a causa del peccato, il pentimento si svilupperà dentro di noi.

Così, chi ha lo "spirito" del pentimento tutta la sua vita sente questo pentimento in punto di morte. Al contrario, quando si vive tutta la propria vita senza pentimento è difficile mostrare pentimento all'ultimo momento.

Il mio gerondas, memoria eterna, il metropolita di Edessa Kallinikos ha vissuto continuamente con il ricordo della morte. Quando gli fu detto dai medici che aveva un tumore nel cervello, si confessò subito e scrisse le sue volontà, egli pregava e aveva fede assoluta in Dio. Pregava continuamente dicendo "sia fatta la tua volontà". Egli ha dato se stesso a Dio e ha avuto una fine pacifica e santa, simile a tutta la sua vita.

Pertanto, anche se vi è la possibilità che qualcuno abbia qualche scintilla d'amore per Dio dovrebbe pentirsi nell'ora della morte, ma è meglio pentirci quando siamo sani, in modo da avere la possibilità di essere curati, cioè di procedere da sé con amore all'amore di Dio e con amore verso gli uomini, per raggiungere l'amore disinteressato non l’amore egoista.

9. Domanda: Dopo la morte dell'uomo, quali sono i legami tra l'anima e questo mondo?
Risposta: Anche se l'anima è separata dal corpo, l’ipostasi dell'uomo esiste ancora. Come si vede nella parabola del ricco epulone e il Lazzaro, il ricco è cosciente del suo stato, dei suoi parenti che sono ancora vivi e lui si prende cura di loro. Così, dopo la morte, gli uomini prendono cura dei loro cari e chiedono a Dio la loro salvezza. Tutte le nostre preghiere verso i santi si basano su questa verità. Naturalmente, questo legame tra l'anima e le persone che vivono è spirituale, non materiale.

Nel libro dell'Apocalisse di San Giovanni, che descrive la liturgia celeste, si possono vedere queste relazioni dei santi con noi e la loro preghiera per tutte le persone che vivono sulla terra. È per questo che i nostri Padri hanno raffigurato nella Divina Liturgia questa liturgia divina increata che si svolge nei cieli, nel Tempio increato. Nella Divina Liturgia si vive l'atmosfera della liturgia celeste e la si anticipa.

Noi stessi spesso sentiamo l'amore e la protezione dei santi, così come di quelli vicini a noi che hanno lasciato questo mondo e il desiderio di incontrarli. Un mio figlio spirituale era molto felice nell'ora della morte, perché, come diceva, avrebbe incontrato questa Chiesa celeste.

Pertanto, l'anima continua a vivere dopo la sua uscita dal corpo, non è portata a una non-esistenza. Se una persona ha vissuto in pentimento durante la sua vita, allora la sua anima dopo l'uscita dal corpo entra in questa Divina Liturgia celeste e prega, come un sacerdote spirituale, per tutto il mondo, e attende la risurrezione del corpo. Allora l'anima entra nel corpo in modo che anche il corpo partecipa a questa celebrazione celeste Pasquale.

10. Domanda: Che consiglio dovremmo dare a chi ci è vicino per quanto riguarda il nostro atteggiamento verso una persona che sta per morire nel giorno, o l'ora o il momento della morte?
Risposta: Il processo della morte è molto importante per ogni uomo, perché di fronte a lui vi è la strada della salvezza o la strada della perdizione eterna. Purtroppo, in queste circostanze, molte persone guardano solo la salute fisica dei loro parenti e amici senza riguardo per il loro camino verso l’eternità. È per questo che dovremmo fare in modo che una persona che sta per morire si confessi e riceva la santa Comunione, riceva la grazia di Dio attraverso il sacramento dell'Unzione e fare tutto ciò che la nostra Chiesa ha a disposizione. In particolare, dobbiamo vivere gli ultimi momenti della vita del nostro amato nella preghiera. Dovremmo considerare non solo che stiamo perdendo il nostro parente, il nostro amico, ma che si muove da un modo di esistenza (con il corpo e i sensi) ad un diverso modo di esistenza, senza corpo. Quindi, la preghiera intensa è ciò che serve in quel momento.

Nel complesso, dobbiamo fare esperienza quotidiana, come dice San Giovanni Crisostomo, che la vita attuale è una "locanda". Siamo entrati in questa locanda, in cui viviamo, ma dobbiamo fare attenzione a partire senza lasciare nulla qui per non perdere ciò che c'è nell’altra. Inoltre, tutti noi cristiani dovremmo renderci conto che la morte è stata sconfitta dalla Croce e dalla Risurrezione di Cristo. La comunione con Cristo è una trascendenza continua di morte e della paura della morte, che l'uscita dell'anima dal corpo è un cammino verso la Chiesa celeste e l'incontro con Cristo, la Tutta Santa Vergine e i santi, che l'anima ritornerà al corpo e il corpo risorto vivrà in eterno, secondo il modo in cui ha vissuto su questa terra. San Massimo il Confessore scrive che dal momento della morte, e soprattutto dopo il Giudizio universale, ci sono due possibilità per gli uomini: coloro che sono in comunione con Cristo vivranno in "eterno benessere" e il resto in "eterno dolore" . Così, tutti potranno godere "l’eternità". La differenza è tra " eterno benessere " e "dolore".

Pertanto, il nostro consiglio ai parenti e agli amici di chi sta per morire è quello di avere fede in Cristo e la fiducia che noi non siamo cittadini di questo mondo, ma viaggiatori verso il nostro paese vero, che è il cielo. La nostra cittadinanza è nei cieli. Il desiderio per la terra celeste ci deve sopraffare.

Nicola D'Amico
TRIODION – PREPARAZIONE ALLA QUARESIMA

5. IL PERDONO


Domenica dei latticini


Ed ora abbiamo raggiunto gli ultimi giorni prima della Quaresima. Già durante la settimana di Carnevale, che precede la “Domenica del perdono”, due giorni, mercoledì e venerdì, sono stati considerati come pienamente quaresimali. La divina liturgia non è stata celebrata in essi e tutto l’ordine e tipo di ufficiatura hanno le caratteristiche proprie della Quaresima. Il mercoledì ai vespri salutiamo la grande Quaresima con questo splendido inno: “La primavera della Quaresima è venuta! La luce della penitenza; fratelli, purifichiamoci da ogni male gridando a Colui che dà la luce: Gloria a te, che hai amore per gli uomini”.

Inoltre il sabato dei latticini la Chiesa commemora tutti gli uomini e donne che “furono illuminati dal digiuno”: Dobbiamo seguire i Santi che sono gli esempi, guide nella difficile arte di digiunare e di pentirsi. Nello sforzo, di cui siamo agli inizi, non siamo soli: “Lodiamo le assemblee dei Santi Padri: Antonio il Grande, Eutimio il Grande e tutti i loro compagni, che sono passati per la vita come attraverso un paradiso di dolcezza...”.

Abbiamo chi ci aiuta e chi ci è d’esempio: “Vi onoriamo come esempi, Santi Padri! Voi che ci avete insegnato fedelmente a camminare sul retto sentiero; Siete benedetti perché avete operato per Cristo...”.

Infine giunge l’ultimo giorno, chiamato “Domenica del perdono”, ma di cui dobbiamo ricordare anche l’altro appellativo: “Cacciata di Adamo dal Paradiso della felicità”. Questo nome riassume in realtà l’intera preparazione alla Quaresima. Ora noi sappiamo che l’uomo era creato per il paradiso, per la conoscenza di Dio e per la comunione con Lui. Il peccato l’ha privato di questa vita benedetta e la sua vita sulla terra è esilio. Cristo, il Salvatore del mondo, apre la porta del paradiso ad ognuno che lo segue, e la Chiesa, rivelandoci la bellezza del Regno, fa che la nostra vita sia un pellegrinaggio verso la nostra patria celeste. Così all’inizio della Quaresima siamo simili ad Adamo: “Adamo fu cacciato dal Paradiso per il cibo; perciò, seduto di fronte ad esso, gemeva: Ahimè, ho trasgredito il comandamento di Dio, privando me stesso di tutto ciò che è buono. Paradiso Santo! Piantato per me ed ora a causa di Eva per me chiuso. Prega il tuo Creatore ed il mio che io possa di nuovo riempirmi dei tuoi fiori. Allora rispose a lui il Salvatore: Non desidero che la mia creatura perisca, ma che sia salva e che conosca la verità, poiché non voglio cacciare chi viene a me...”.

La Quaresima è la nostra liberazione dalla schiavitù del peccato, dalla prigione di “questo mondo”. E l’Evangelo di quest’ultima domenica (Matteo 6, 14-21) pone le condizioni per questa liberazione. La prima è il digiuno, il rifiuto di accettare come normali i desideri e gli istinti della nostra caduta, lo sforzo di liberarci dal dominio della carne e della materia. Tuttavia, per essere efficace, il nostro digiuno non deve essere ipocrita, uno “spettacolo”. Dobbiamo “apparire che digiuniamo non tra gli uomini, ma al nostro Padre che è nascosto”. La seconda condizione è il perdono. “Se perdonate agli uomini le loro colpe, il vostro Padre celeste perdonerà anche a voi”. Il trionfo del peccato, l’indizio maggiore del suo governo sul mondo, è la divisione, l’opposizione, la separazione, l’odio. Perciò il primo squarcio attraverso la fortezza del peccato è il perdono: il ritorno all’unità, alla solidarietà, all’amore. Perdonare significa porre tra me ed il mio “nemico” lo splendente perdono di Dio stesso. Perdonare è respingere la “mortificazione” senza speranza dei rapporti umani e di riferirli a Cristo che li risolva. Il perdono è veramente una “penetrazione” del Regno in questo mondo pieno di peccati e caduto.

La Quaresima comincia veramente al Vespro di questa domenica. Questo particolare ufficio, così profondo e bello, è così poco frequentato nelle nostre chiese. Tuttavia nulla rivela meglio la “tonalità” della Grande Quaresima nella Chiesa ortodossa; in nessun luogo si manifesta meglio il suo profondo appello all’uomo. Quest’ufficio comincia come i Vespri solenni con il clero in abiti luminosi. Gli Stichirà che seguono al Salmo “Signore, ho gridato a te...”, annunciano l’arrivo della Quaresima e l’approssimarsi della Pasqua!

“Cominciamo il tempo del digiuno nella luce, preparandoci agli sforzi spirituali. Purifichiamo le nostre anime, purifichiamo il nostro corpo. Come dal cibo, asteniamoci dalle passioni e godiamo delle virtù dello Spirito. Così, resi perfetti nel tempo dall’amore, possiamo tutti essere resi degni di vedere la Passione di Cristo e la Santa Pasqua con gioia spirituale!”.

Viene poi, come al solito, l’Ingresso con l’inno serale: “O lieto splendore della santa gloria...”, il celebrante procede verso il “luogo superiore” dietro l’altare per intonare il Prokìmenon della sera, che sempre annuncia la fine di una giornata e l’inizio di un’altra. In questo giorno il Grande Prokìmenon annuncia l’inizio della Quaresima, “Non nascondere il tuo volto al tuo servo, poiché io sono afflitto. Ascoltami in fretta, presta attenzione alla mia anima e liberala!”.

Ascoltate la straordinaria melodia di questo verso, di questo grido che improvvisamente riempie la Chiesa: “…poiché io sono afflitto”, e comprenderete questo momento in cui comincia la grande Quaresima: il misterioso miscuglio di disperazione e di speranza, di oscurità e di luce. Tutta la preparazione è giunta ora alla fine. Io sto davanti a Dio, di fronte alla sua gloria ed alla bellezza del suo Regno. Comprendo di appartenere ad esso, poiché non ho un’altra casa, un’altra gioia, un altro fine; comprendo anche di essere esiliato da essa nella tenebra e nella tristezza del peccato, “poiché io sono afflitto!”. Ed alla fine comprendo che solo Dio mi può aiutare in quest’afflizione, che egli solo può prestare attenzione alla mia anima. La penitenza è, soprattutto, un grido disperato per ottenere l’aiuto divino.

Cinque volte ripetiamo il Prokìmenon. E poi, la Quaresima è qui! Il Celebrante si toglie la veste luminosa, le luci vengono spente. Quando il celebrante intona le domande delle litanie serali, il coro risponde in “chiave” quaresimale. Infatti viene letta per la prima volta la preghiera di san Efrem Siro accompagnata dalle prostrazioni. Alla fine dell’ufficio tutti i fedeli si avvicinano al sacerdote e chiedono reciprocamente il perdono. Ma mentre essi compiono questo rito di riconciliazione, quando la Quaresima è inaugurata da questo movimento d’amore, di riunione e di fratellanza, il coro canta gli inni pasquali. Noi abbiamo da errare quaranta giorni attraverso il deserto della Quaresima, ma, tuttavia, alla fine risplende già di luce di Pasqua, la Luce del Regno.



da A. Schmemann, Great Lent, St. Vladimir’s Seminary Press 1974;
trad. A. S. in “Messaggero Ortodosso”, Roma 1986 n. 2-3, 18-21.

mercoledì 22 febbraio 2012

Articolo estratto dal Blog del: Pontificio Collegio Greco Sant'Atanasio in Roma

La liturgia dei Doni Presantificati nella tradizione bizantina.


Il Re della gloria ci fa partecipi della vita eterna …
Le diverse liturgie cristiane hanno dei periodi, lungo l’anno liturgico, che vengono chiamati “digiuni” o “quaresime”, e che sono dei momenti, dei giorni in cui, col digiuno e la preghiera la comunità cristiana si prepara alla celebrazione di un evento di salvezza: Pasqua, Natale, Apostoli, Dormizione della Madre di Dio sono dei periodi liturgici preceduti da un digiuno che, fatto assieme alla preghiera, alla misericordia, alla compunzione, nella verità, ci prepara ad accogliere il mistero della salvezza. La più importante ed anche la più antica di queste Quaresime o digiuni è la Grande Quaresima che prepara alla Santa Pasqua. Nella tradizione bizantina questo periodo ha delle caratteristiche proprie: nei giorni feriali non si celebra la Divina Liturgia –essa è una festa e questa non si svolge durante il digiuno; la Divina Liturgia si celebra soltanto il sabato –con l’anafora di San Giovanni Crisostomo- e la domenica –con l’anafora di San Basilio. In oriente, già nel IV sec. troviamo delle tracce –durante il periodo quaresimale- di una celebrazione della Divina Liturgia soltanto il sabato e la domenica. Il concilio di Laodicea della fine del IV sec. indica nel canone 49: nel periodo dei quaranta giorni non bisogna offrire il pane se non soltanto nel sabato e la domenica. I mercoledì ed i venerdì, che sono giorni di digiuno, la tradizione bizantina celebra la "Liturgia dei Doni Presantificati" che è una celebrazione del vespro quaresimale con la comunione ai Santi Doni, consacrati la domenica precedente, alla fine della celebrazione. La tradizione bizantina è l’unica che attualmente celebra la liturgia dei Presantificati. Il manoscritto bizantino più antico contenente questa celebrazione è il Barberini 77 (VIII-IX secolo) in cui non si dà nessun nome di autore. Due manoscritti siriaci poi ne hanno trace: il Vat. Syr 40 (1553) contiene tre liturgie bizantine in siriaco per l’uso dei bizantini della Siria; della liturgia dei Presantificati non dà nessun nome di autore, ma indica che viene celebrata dopo nona. Il Vat Syr 41 (XIV secolo) attribuisce la liturgia dei Presantificati a San Basilio. Il concilio In Trullo del 692 prescrive la celebrazione della liturgia dei Presantificati tutti i giorni del digiuno quaresimale, eccetto il sabato, la domenica e il giorno dell’Annunciazione del Signore. Alcuni manoscritti slavi del XV-XVI sec attribuiscono la liturgia dei Presantificati a San Gregorio Magno. Lo schema della liturgia dei Presantificati fondamentalmente è quello del vespro, e si svolge come segue: Benedizione e preghiere iniziali; il canto del salmo 103 con le preghiere sacerdotali; segue la grande litania diaconale; la recita del gruppo dei salmi graduali 119-133, che nel periodo quaresimale si ripetono ogni giorno, mentre negli altri periodi annuali si fa una lettura continua di tutto il salterio lungo una settimana; quindi i salmi vespertini 140, 141, 129, 116 con i tropari propri di ogni giorno. Segue l’ingresso e il canto dell'inno Fos ilaròn; poi la prima lettura dell’Antico Testamento; l’invocazione: "La luce di Cristo illumina tutti"; la seconda lettura dell’Antico Testamento; la preghiera dell'incenso e canto del salmo 140 con l’incensazione dell'altare e della chiesa e la preghiera di sant'Efrem. La liturgia prosegue con la litania diaconale, e quindi il canto dell'inno Ora le potenze del cielo adorano, presenti invisibilmente qui con noi. Infatti il Re della gloria fa il suo ingresso. Viene scortato il sacrificio spirituale e perfetto. Con fede e amore avviciniamoci per diventare partecipi della vita eterna. Si fa poi il grande ingresso con i Santi Doni che vengono portati all’altare; segue una litania diaconale, il Padrenostro, la comunione ed il congedo. Di questo schema vorrei rilevare la parte centrale e più tipicamente vespertina col salmo 140 e l’inno Fos ilaron, testo trinitario e cristologico molto arcaico, già conosciuto da san Basilio, e che alla sera canta Cristo, vero sole che non tramonta. Per quanto riguarda le letture bibliche, si tratta di una lectio continua di origine e carattere fortemente monastico, con la lettura lungo tutta la Quaresima dei libri della Genesi e dei Proverbi. Mentre per le grandi feste dell'anno liturgico bizantino le letture del vespro, quasi sempre veterotestamentarie, vengono scelte quelle che la tradizione dei Padri e della liturgia ha letto e interpretato in chiave cristologica o ecclesiologica, nella grande Quaresima le letture sono continue di questi due libri biblici interi. Per quanto riguarda la non celebrazione della Divina Liturgia nel periodo quaresimale se non il sabato e la domenica, bisogna sottolineare che essa è la celebrazione gioiosa del mistero della fede cristiana, e non corrisponde con i giorni di digiuno. Questi, giorni dedicati alla preghiera e alla lettura della Sacra Scrittura non vanno collegati direttamente alla celebrazione della passione, della morte e della risurrezione del Signore. Due aspetti mi sembrano importanti di sottolineare a questo proposito. In primo luogo il computo dei giorni settimanali nel periodo quaresimale non è quello pasquale cioè contando dalla domenica fino al sabato, per indicare che la vita liturgica settimanale delle Chiese nasce dalla Pasqua del Signore, dalla celebrazione domenicale; il computo quaresimale invece va per ogni settimana da lunedì a domenica; e ciò non per caso, ma per sottolineare che ogni settimana quaresimale guarda verso la Pasqua settimanale, verso la domenica. La stessa intera Quaresima viene vista come un cammino verso la Pasqua; tutti noi, cacciati come –con- Adamo dal paradiso vi ritorniamo nel digiuno, nella preghiera, nell’ascesi, e ad esso saremo riportati da Cristo stesso nella notte di Pasqua. Lo sguardo quaresimale della Chiesa, dei cristiani è messo nella Pasqua di Cristo. Quindi la celebrazione eucaristica settimanale –unica con il sabato- è quella della domenica, e proprio per questo i Santi Doni che si ricevono nella liturgia dei Presantificati sono quelli conservati dalla domenica precedente. La comunione ai Doni Presantificati i giorni di mercoledì e di venerdì ha anche la forza del viatico, cioè del cammino che ogni cristiano porta a termine rafforzato da Cristo; ed anche dal digiuno eucaristico, cioè la giornata intera di mercoledì e di venerdì scandita dal digiuno per ricevere la sera il Corpo ed il Sangue del Signore. Nei giorni feriali della Quaresima riscopriamo inoltre la centralità e la ricchezza dei testi delle ufficiature delle diverse ore del giorno e della notte, con una abbondante presenza di testi biblici, sia letture che salmi, che ci fanno ritrovare il contatto contemplativo ed orante con la Parola di Dio, contato vitale per ogni cristiano. In una omelia sul vangelo di Matteo, san Giovanni Crisostomo afferma: Si dirà da parte di qualcuno: AIo non sono né monaco, né anacoreta, ho moglie e figli e mi prendo cura della mia famiglia. Ecco la grande piaga dei nostri tempi, credere che la lettura del Vangelo sia riservata soltanto ai religiosi e ai monaci... E' un grande male non leggere i libri che recano la Parola di Dio, ma ve n=è uno peggiore. Cioè credere che questa lettura sia inutile... Non ascoltare la Parola di Dio è causa di fame e di morte. Le celebrazioni quaresimali bizantine e la celebrazione della Divina Liturgia soltanto i giorni di sabato e domenica ci fanno vedere che non si tratta di un digiuno dall’eucaristia, ma di una preparazione nella preghiera all’eucaristia; sia quella pasquale settimanale che quella annuale a cui ci preparano sia ogni settimana sia la stessa Quaresima intera. Infatti col digiuno e la preghiera la comunità cristiana si prepara alla celebrazione di un evento di salvezza; un digiuno fatto assieme alla preghiera, alla misericordia, alla compunzione, nella verità, che ci porta a celebrare ed accogliere il mistero della salvezza che ci viene da Cristo Signore.
P. Manuel Nin, Pontificio Collegio Greco, Roma

venerdì 17 febbraio 2012

MESSAGGIO CATECHETICO PER L’INIZIO DELLA SANTA E GRANDE QUARESIMA
+ B A R T O L O M E O
PER GRAZIA DI DIO
ARCIVESCOVO DI COSTANTINOPOLI – NUOVA ROMA E PATRIARCA ECUMENICO

A TUTTO IL PLEROMA DELLA CHIESA, GRAZIA E PACE DAL NOSTRO SALVATORE E SIGNORE GESU’ CRISTO
E DA NOI PREGHIERA, BENEDIZIONE E PERDONO


“Con letizia accoglieremo fedeli, il messaggio divinamente ispirato del digiuno”


Amati Fratelli in Cristo e Figli nel Signore,
Durante l’ultimo periodo si osserva un aumento delle inquietudini. Spuntano molti problemi. Il mondo soffre e cerca aiuto. Attraversiamo di fatto una prova generale. Altri la chiamano regressione economica, altri crisi politica. Per noi è una devianza spirituale. Ed esiste una terapia. Si danno molte soluzioni e si sentono opinioni. Ma i problemi restano.
L’uomo si sente abbandonato e solo. Viene ignorata la sua più profonda natura. Resta nella amarezza di una mancanza di chiarezza e della disperazione.
Le soluzioni proposte, se mai hanno una qualche direzione o esito, non redimono l’uomo, in quanto fin dall’inizio lo lasciano prigioniero della corruzione e della morte. La Chiesa è il Signore Teantropo, il liberatore delle nostre anime. Entrando l’uomo nello spazio della Chiesa, entra nel clima della divina invocazione, della riconciliazione del cielo e della terra. Viene nel proprio. Calma il suo spirito. Trova una bellezza celestiale ed una maturità spirituale “di ispirata soavità che riempie i confini del mondo”. La Chiesa conosce tutte le cose per cui soffriamo. Ed ha la forza di liberarcene. Ci chiama alla conversione. Non abbellisce la menzogna, né nasconde le cose brutte. Dice tutta la verità. Ed esorta l’uomo ad affrontare la realtà così com’è. A prendere coscienza che siamo terra e cenere.
Nel Grande Canone di San Andrea vi è una parola per le lacrime della conversione ed il pianto del lutto, il dolore delle ferite. Ma segue il riposo dell’anima e la salute dello spirito. C’è il Creatore e Salvatore nostro. Egli stesso per la grandezza della sua misericordia ci ha posto al confine della incorruttibilità e della mortalità. Non ci ha abbandonato. E’ venuto e ci ha salvati. Ha distrutto con la Sua Croce la morte. Ha donato a noi la incorruttibilità della carne.
Dal momento che siamo connaturali a Cristo, perché siamo inutilmente turbati? Perché non accoriamo a Lui? La Chiesa non fa commenti sulla corruzione, né ci abbandona ad essa. Conosce le più profonde inclinazioni dell’uomo e viene come soccorritore e redentore nostro. Abbiamo bisogno del nutrimento. Ma “non di solo pane vive l’uomo” (Mt. 4,4). Abbiamo bisogno della comprensione spirituale, ma non siamo incorporei. Nella Chiesa troviamo la pienezza della vita e della comprensione , quale equilibrio teantropico (divino-umano). Lontano da Dio l’uomo si peggiora e si fuorvia.
Lì dove abbondano i beni materiali e si divinizza lo spreco, prosperano le tentazioni degli scandali e la confusione delle tenebre. Lì dove l’uomo vive con timore e accoglie tutto con riconoscenza e gratitudine, tutte le cose vengono santificate. Il poco viene benedetto in quanto sufficiente e il corruttibile si riveste dello splendore della incorruttibilità. L’uomo accoglie ciò che è momentaneo come un dono di Dio. E si nutre col pegno della vita futura fin da oggi. Non solo si risolvono i problemi, ma anche le pene delle prove si trasformano in una forza di vita e in un motivo di glorificazione. Quando ciò avviene dentro di noi, quando l’uomo trova la sua personale tranquillità e salvezza nell’affidarsi in tutto a Cristo Dio, allora si illumina la sua mente. Conosce se stesso e l’intero mondo. Ha fiducia nell’amore del Potente. Questo fatto sostiene lo stesso fedele. E si trasmette per mezzo di un irraggiamento invisibile, come aiuto a tutti coloro che hanno fame e sete della verità.
Tutto quanto il mondo ha bisogno della salvezza del suo Artefice e Creatore. Tutto quanto il mondo ha bisogno della presenza della fede e della comunione dei Santi. Ringraziamo dunque il Signore e Dio nostro per tutte le sue beneficenze e per l’attuale periodo della Santa Quaresima.
Ecco un tempo gradito, ecco un tempo di conversione.
Passiamo allora il grande tempo del Digiuno per mezzo del pentimento e della confessione, per giungere alla gioia incessante della Resurrezione del Signore e Dio e Salvatore nostro Gesù Cristo, al Quale spetta ogni gloria, onore e adorazione nei secoli dei secoli. Amen.
Santa e Grande Quaresima 2012
Il Patriarca di Costantinopoli
+ Bartolomeo
Fervente intercessore presso Dio per tutti voi

giovedì 16 febbraio 2012

Nicola D'Amico
TRIODION – PREPARAZIONE ALLA QUARESIMA

4. IL GIUDIZIO FINALE

Ancora una attenta riflessione in preparazione alla liturgia domenicale opportunamente postata alcuni giorni prima perchè possa essere letta per preparare il nostro animo a ciò che, passo dopo passo, sta per compiersi.
Domenica di Carnevale

La domenica successiva è chiamata di “Carnevale”, poiché durante la settimana successiva è prescritto dalla Chiesa un limitato digiuno, l’astensione dalle carni. Questa prescrizione è da intendersi alla luce di ciò che è stato detto a proposito del significato di preparazione. La Chiesa comincia ora ad “adattarci” al grande sforzo che essa aspetta da noi tra una settimana. Essa gradualmente ci porta a conoscere lo sforzo-conoscenza della nostra fragilità, prevedendo la nostra debolezza spirituale. Alla Vigilia di questo giorno (Sabato di Carnevale), la Chiesa ci invita ad un’universale commemorazione di quanti si sono addormentati nella speranza della resurrezione e della vita eterna. Questo è il grande giorno di preghiera per i suoi membri deceduti. Per comprendere la connessione tra la Quaresima e la preghiera per tutti i defunti, bisogna ricordare che la fede Cristiana è la religione dell’amore. Cristo ha lasciato ai suoi discepoli non una dottrina di salvezza individuale, ma un nuovo comandamento, “di amarsi l’un l’altro”, ed aggiunse: “Da questo tutti conosceranno che voi siete miei discepoli se vi amerete reciprocamente”. L’amore dunque è il fondamento, la vera vita della Chiesa che, secondo sant’Ignazio di Antiochia, è “l’unità di fede e d’amore”. Il peccato è sempre assenza di amore e, perciò, separazione, isolamento, guerra di tutti contro tutti. La nuova vita dataci da Cristo e trasmessa a noi dalla Chiesa è, in primo luogo, una vita di riconciliazione, di raccolta nell’unità di quelli che erano dispersi, di ristabilimento dell’amore interrotto dal peccato.
Ma come possiamo cominciare il ritorno a Dio e la nostra riconciliazione con Lui se in noi stessi non ritorniamo all’unico nuovo comandamento dell’amore? La preghiera per i defunti è un’espressione essenziale della Chiesa in quanto amore. Preghiamo Dio di ricordare coloro che noi ricordiamo e li ricordiamo poiché li amiamo. Pregando per loro, li incontriamo in Cristo, il quale è Amore, e, in quanto tale, vince la morte, che è l’estrema vittoria sulla separazione sulla mancanza d’amore. In Cristo non c’è differenza tra vivi e morti, poiché tutti sono vivi in Lui. Egli è la Vita e la Luce per l’uomo. Amando Cristo, amiamo tutti coloro che sono in Lui; amando quanti sono in Lui, amiamo Cristo. Questa è la legge della Chiesa e l’ovvia ragione per cui essa prega per i morti. È proprio il nostro amore in Cristo che li conserva vivi, poiché li conserva in Cristo e quanto errano coloro che in Occidente o riducono la preghiera per i morti ad una dottrina giuridica di “meriti” e “compensazioni” o semplicemente la respingono in quanto è ritenuta inutile. La grande veglia per i defunti del Sabato di Carnevale è il modello per tutte le altre commemorazioni dei defunti ed è ripetuta nel secondo, terzo e quarto sabato di Quaresima.

È di nuovo l’amore che costituisce il tema della Domenica di Carnevale. L’Evangelo di questo giorno tratta del giudizio finale (Matteo 25, 31-46). Quando Cristo verrà a giudicarci, quale sarà il criterio del suo giudizio? La parabola risponde: amore, non semplice interesse per una giustizia astratta e per un “povero”anonimo, ma un amore concreto e personale per una persona, per ogni persona umana, che Dio mi fa incontrare nella mia vita. Questa distinzione è importante, poiché oggigiorno sempre più i Cristiani tendono ad identificare l’amore cristiano con interessi politici, economici e sociali; in altre parole essi scivolano dall’unica persona e dal suo unico destino personale verso identità anonime quale “classe”, “razza”, ecc... Con ciò non si può dire che i loro interessi siano sbagliati. È evidente che, nella sfera della loro vita, nelle loro responsabilità come cittadini, nelle loro professioni, i Cristiani sono chiamati a darsi cura, impegnando il meglio delle loro possibilità e della loro intelligenza, per una società giusta, eguale ed in genere più umana. Tutto ciò, certamente, deriva dal Cristianesimo e può essere ispirato dall’amore cristiano. Ma il Cristiano, in quanto tale, è alquanto differente e questa differenza deve essere compresa e mantenuta se la Chiesa vuol preservare la sua unica missione e non diventare una semplice “agenzia sociale”, il che essa non è affatto.
L’amore cristiano è “l’impossibilità possibile” di vedere Cristo in un altro uomo, chiunque esso sia, che Dio, nel suo eterno e misterioso disegno, ha deciso d’introdurre nella mia vita, sia pur soltanto per pochi momenti, non come occasione per una “buona opera” o per un esercizio di filantropia, ma come inizio di un’eterna associazione in Dio. Infatti, cos’è realmente l’amore se non quel misterioso potere che trascende ciò che è accidentale ed esterno “nell’altro” (la sua figura fisica, il livello sociale, l’origine etnica, la capacità intellettuale) e raggiungere l’anima, l’unica “radice” personale di un essere umano, in realtà la parte di Dio in lui? Se Dio ama ogni uomo, ciò avviene perché egli solo conosce il tesoro inestimabile ed assolutamente unico, “l’anima” o la “persona” che egli ha dato ad ogni uomo. L’amore cristiano è dunque la partecipazione a questa divina conoscenza ed il dono dell’amore divino. Non c’è un amore “impersonale”, poiché esso è la meravigliosa scoperta della “persona” nell’“uomo”, di ciò che è personale e unico in ciò che comune e generale. È la scoperta in ogni uomo di ciò che è “degno di essere amato” in lui, il che deriva da Dio.
A questo riguardo l’amore cristiano è alle volte l’opposto dell’“attivismo sociale”, con cui qualcuno identifica il Cristianesimo attuale. Per un “attivista sociale” l’oggetto dell’amore non è la “persona”, ma l’uomo, un’unità astratta di una non meno astratta “umanità”. Ma per il Cristianesimo l’uomo è degno di essere amato, poiché egli è una persona. Lì la persona è ridotta ad un uomo, qui l’uomo è visto solo come persona. L’“attivista sociale” non ha interesse per ciò che è personale e facilmente lo sacrifica per il “comune interesse”. Il Cristianesimo può sembrare piuttosto scettico, ed in un certo qual modo lo è, nei confronti di questa astratta umanità, ma commette un peccato mortale contro se stesso ogni volta che tralascia il suo interesse ed amore per la persona. L’attivismo sociale è sempre “futuristico” nel suo accostarsi; esso agisce sempre in nome della giustizia, dell’ordine, della felicità futura per essere compiuto. Il Cristianesimo si cura poco di questa problematica futura, ma pone l’accento su momento attuale, l’unico momento decisivo per l’amore. Questi due atteggiamenti non si escludono reciprocamente, ma non debbono essere confusi. I Cristiani, certamente, hanno delle responsabilità verso “questo mondo” e le debbono adempiere. Questa è l’area dell’“attivismo sociale”, che riguarda esclusivamente “questo mondo”. L’amore cristiano, comunque, tende al di là di “questo mondo”. Esso è un raggio, una manifestazione del Regno di Dio: esso trascende e supera tutte le limitazioni, tutte le “condizioni” di questo mondo, poiché la sua motivazione, come pure i suoi obiettivi e la sua perfezione, è in Dio. E noi sappiamo che anche in questo mondo, che pure è nel male, le uniche vittorie durature e che trasformano la realtà sono quelle dell’amore. Ricordare all’uomo questo amore personale e la vocazione di riempire il mondo peccatore con questo amore, questa è la missione della Chiesa.
La parabola del giudizio finale riguarda l’amore cristiano. Non tutti tra noi siamo chiamati a lavorare per l’“umanità”, tuttavia ognuno di noi ha ricevuto il dono e la grazia dell’amore di Cristo. Sappiamo che tutti gli uomini, in definitiva, hanno bisogno di quest’amore personale, il riconoscimento in loro della loro unica anima nella quale la bellezza di tutta la creazione è riflessa in un’unica via. Anche noi sappiamo che ci sono uomini in prigione, in preda alle malattie, ed alla sete ed alla fame, poiché questo amore personale è stato loro negato. Ed infine sappiamo che, per quanto stretto e limitato sia il quadro della nostra esistenza, ognuno di noi è stato reso responsabile da questo vero dono dell’amore di Cristo. E così saremo giudicati se abbiamo accettato o meno questa responsabilità, se abbiamo amato o rifiutato di amare. Poiché “quanto avete fatto per uno dei più piccoli di questi miei fratelli, voi l’avete fatto per me...”.

da A. Schmemann, Great Lent, St. Vladimir’s Seminary Press 1974;
trad. A. S. in “Messaggero Ortodosso”, Roma 1986 n. 2-3, 13-17.

ALLA LITURGIA
1 Corinti 8, 8-13 – 9, 1-2; Matteo 25, 31-46.

Tropario

Quando verrai sulla terra nella gloria, o Signore, quando tremerà l’universo ed un fiume di fuoco trascinerà tutti dinanzi al tuo tribunale, quando si apriranno i libri e saranno rese pubbliche le cose nascoste; allora, o giustissimo Giudice, liberami dal fuoco inestinguibile e degnami di sedere alla tua destra.