martedì 9 giugno 2015

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Vita di san Nicola Kirieleison, pazzo per Cristo
[2 giugno]

La Vita di san Nicola (detto anche il Pellegrino), sebbene provenga da ambiente franco-cattolico del XII secolo, è di straordinario interesse: raccoglie i ricordi relativi a un giovanissimo pazzo per Cristo nato in Grecia nel 1075 circa e morto nel 1094 circa in Puglia, dove è venerato a Trani e in diverse altre località. La sintesi qui proposta è tratta da G. CIOFFARI, San Nicola pellegrino patrono di Trani, Bari 1994.
Nicola nasce nel 1075 circa in un villaggio nei pressi del Monastero di San Luca di Stirion [nella Focide, non lontano da Livada, diocesi di Tebe – Thivòn ke Livadìas] da poveri agricoltori; non riceve alcuna istruzione e, all’età d’otto anni circa, è mandato a pascolare le pecore. Illuminato tuttavia dalle increate Energie, un giorno, all’improvviso, comincia a gridare: Kyrie eleison! Invocando incessantemente la divina misericordia, meritò di raggiungere grandi altezze.
La madre ricorre a minacce e botte, nell’intento di far rinsavire il figlio; quando si rende conto di non riuscire a distoglierlo da quella pratica, lo caccia di casa. Il ragazzo, dodicenne, si avvia verso la montagna e si rifugia in una grotta, nella quale abitava un’orsa. Vedendola, Nicola afferra una croce e dice: – In nome di Gesù Cristo, non entrare più in questo luogo. Obbediente, l’orsa lasciò quel luogo e disparve. Nicola si stabilisce nella grotta, nutrendosi d’erbe crude, gridando giorno e notte: Kyrie eleison! Un giorno gli si presenta un monaco dall’aspetto venerabile e dalla barba lunga, nudo e con i capelli bianchi: lo chiama per nome; lo spinge all’amore della virtù; lo esorta e istruisce, poi scompare[1].
La madre porta poi Nicola nel Monastero di San Luca di Stirio. All’inizio, sospettandolo posseduto dal demonio, i monaci lo bastonano: egli allora sta dinanzi alla porta del tempio, rivolgendosi a Dio senza mai stancarsi e gridando in preghiera: Kyrie eleison!
I monaci chiudono Nicola in una torre, e fermano la porta con un macigno: verso la mezzanotte, ecco un tuono, il macigno rotola e il ragazzo può uscire liberamente e si reca in chiesa, esclamando come al solito Kyrie eleison. I monaci acciuffano Nicola e lo incatenano in una cella. La catena si disfa: Nicola va al refettorio, dove i monaci mangiano e, pregando sempre il suo Kyrie eleison, mette la catena dinanzi ai loro occhi. Lo cacciano dal monastero, ma la Potenza divina solleva Nicola e lo depone sulla cupola della chiesa. I monaci, che dopo il pranzo stanno riposando nelle celle, lo sentono gridare il solito Kyrie eleison e accorrono: uno si arrampica sulla cupola e, a bastonate, costringe Nicola a scendere. Nel tentativo di farlo rinsavire, i monaci buttano il ragazzo in mare; un delfino, sollevandolo dal profondo, salva Nicola che, salito su uno scoglio, continua a gridare Kyrie eleison! Intanto si solleva improvvisamente il vento, le onde si agitano e si scatena la tempesta; i monaci che lo avevano buttato a mare sono in pericolo. Nicola li chiama da terra, dicendo: – Gridate anche voi il Kyrie eleison! Una volta salvi, i monaci lasciano in pace il ragazzo; egli, però, abbandona il monastero e torna a casa dalla madre.
Nicola, prendendo una mannaia o un’ascia o un coltello, ogni giorno andava in montagna; tagliava legna da alberi di cedro, faceva delle croci e andava a piantarle ovunque.
Un giorno Nicola prende con sé il fratello Giorgio, più piccolo di lui, e lo conduce in montagna. Gli dice: – Ti supplico, resta con me per tre giorni, costanti nella preghiera. Il Signore ci farà conoscere ciò che ha previsto per noi. Prega, dunque, affinché anche tu sia illuminato. Ecco, appare un angelo del Signore, come una colonna di fuoco la cui sommità raggiungeva il cielo; prende entrambi e li porta in un luogo altissimo, dicendo: – Questo luogo, o Nicola, grazie a te sarà glorificato sino alla fine del mondo. Giorgio dormiva profondamente; quando l’angelo se ne fu andato, chiese: – Dove siamo? Nicola rispose: – A Oraco. Replica Giorgio: – Non potevi fare l’eremita da solo, senza costringere anche me? Come possiamo lasciare sola nostra madre? Gli dice il santo: – Il Padre delle misericordie che ha cura di tutti la custodirà, proteggerà e difenderà da ogni male, consolandola e salvandola in questo e nel mondo a venire.
Giorgio lascia il fratello e torna a casa; il santo invece rimane dove l’ha portato l’angelo: si costruisce una capanna e intaglia croci di legno di cedro, innalzandole dappertutto.
Un giorno gli appare l’angelo del Signore e gli dice: – Tu scaverai in quel punto e troverai una sorgente, ma gli uomini della zona non ti lasceranno abitare qui. Un giorno, Nicola decide di salire a Euzerichia. Mentre si avvicina, gridando come al solito Kyrie eleison, lo vede da lontano l’igumeno Teodoro, il quale dice ai monaci: – Facciamogli montare un cavallo feroce, e così vedremo se davvero è un santo. I monaci lo mettono a forza in sella e spronano il cavallo: l’animale, però, si fa mansueto.
Venuta notte, Nicola sogna un angelo del Signore che gli mostra una grotta piena di luce. Entra in essa; vede tre icone, una di Gesù Cristo, un’altra della Madre di Dio, e la terza del Precursore; dinanzi alle tre icone pendevano tre lampade. Nicola venera le icone e, sempre in sogno, vede che l’angelo del Signore lo porta in Langobardia[2], in una città sul mare chiamata Trani, e gli dice: – Gli uomini di questa regione ti cacceranno e non ti tratterrai a lungo con loro.
Svegliatosi, Nicola cerca invano la grotta vista in estasi; non riuscendo a trovarla, ritorna a Oraco e continua a intagliare croci di legno di cedro. È così occupato quando gli viene incontro, a cavallo, il monaco Massimo, economo del monastero di Stirio, uomo violento e severo. Il santo lo saluta con umiltà e gli dice: – Perché maltratti i lavoratori a te soggetti e li opprimi e affliggi ingiustamente?
Il monaco Massimo, sceso da cavallo, cominciò crudelmente a colpire il santo col bastone che portava. Il santo giaceva pieno di piaghe e dolori, rendendo grazie a Dio, quando fu rapito e in sogno vide san Luca, il fondatore del monastero di Stirio[3], che lo assisteva dicendo: – Coraggio, Nicola; si consoli il tuo cuore; il Signore è con te! E porgendogli una croce, immediatamente lo risanò. Alzatosi, Nicola si recò a Euzerichia, dove il monaco Massimo stava dormendo. Invocando ad alta voce Kyrie eleison, lo svegliò. Il monaco fece inseguire Nicola dai cani: il ragazzo si salvò arrampicandosi su un albero.
Un giorno Nicola andò a trovare sua zia Irene. Lungo la strada, alcuni passanti gli avevano regalato una certa quantità di olive. Egli le diede a Irene, dicendo: – Parte mangiale tu, parte dalle a mia madre. Quella se le mangiò tutte ma subito perse la voce. Il santo tornò da lei e, segnatala con una croce, le restituì la parola.
Nicola vestiva da monaco: non era stato ordinato, ma i monaci di Stiri gli avevano fatto indossare l’abito, come per gioco. Una fanciulla di bell’aspetto si presenta a Nicola, chiedendogli di poterlo seguire nei suoi pellegrinaggi: il ragazzo accetta, e la traveste da monaco. Questa ragazza seguiva il santo e con lui diceva Kyrie eleison eppure, improvvisamente, accusa Nicola come seduttore e ingannatore, aggiungendo calunnie e infamie. I paesani ricoprono Nicola d’ingiurie; arrivano anche i parenti: sentendo il rimorso della coscienza, la ragazza confessa la verità, che lei aveva liberamente scelto di seguire il santo.
Il primo luglio, nel Metochio di Faro presso il mare, chiamato Stirisca, si stava preparando la festa dei santi anargiri Cosma e Damiano. L’igumeno di Stirio tutti gli anni andava alla festa. C’era anche Nicola e, durante la Liturgia, si avvicinò per ricevere il Corpo e Sangue di Cristo. L’igumeno, ingiuriandolo, ordinò di cacciarlo fuori come uno scomunicato. Piangendo, Nicola entrò nuovamente nella chiesa ma tre giorni dopo, finita la festa, decise di partire per Roma.
Nicola si reca a Naupatto e s’imbarca, aggregandosi a un monaco kaviota, a nome Bartolomeo[4]. Sulla nave, Nicola continuamente gridava Kyrie eleison, infastidendo quelli che navigavano con lui: fatto sta che – o scivola o lo buttano – Nicola finisce in mare; protetto dalla Potenza di Dio, raggiunge la spiaggia di Otranto. Al monaco Bartolomeo disse che era stato portato in salvo da una Signora scesa dal cielo. C’era a Otranto una nave di grandi dimensioni, che da diversi giorni non riusciva a entrare nel porto, a causa dei venti contrari. Nicola dice ai timonieri: – Salgo io sulla nave, e quando vi farò un segnale, allora cominciate a tirare la nave. E sollevati gli occhi al cielo, facendo la solita preghiera del Kyrie eleison, gridò: – Tirate! La nave cominciò subito a muoversi e gli abitanti di Otranto si resero conto di quale potere fosse dotato Nicola. Prendevano in mano, infatti, la sua croce o il bastone, e guarivano da ogni malattia. Oppressi in quegli anni dai Franchi, lo supplicavano: – Sappiamo che ottieni tutto ciò che chiedi al Signore: intercedi per noi presso il Signore, affinché siamo liberati dai barbari[5]. Nicola, giorno e notte, senza smettere mai, gridava con i fanciulli il Kyrie eleison. Una volta che Nicola dormiva sulla spiaggia, verso mezzanotte, gli sembrò di vedere sbucare una nave di Agareni: in realtà, erano demoni che sterminò gridando Kyrie eleison.
Si svolgeva a Otranto una litì con l’icona della Madre di Dio. Nicola, che seguiva e cantava Kyrie eleison, incontrò un vecchio e, facendogli un inchino, gli disse: – Salve, mio fratello e signore! Tu ed io siamo stati plasmati dall’unico creatore! E lo abbracciò. Ma i cristiani che erano lì mormorarono: – Guardate, riverisce e saluta gli Ebrei! Mettendogli dinanzi l’icona della Madre di Dio, dicevano: – Adora la Madre di Dio. Ma egli si rifiutò, per cui lo picchiarono[6].
Nicola partì da Otranto e si recò a Sogliana [a 4 km da Galatina – LE] e compì numerosi miracoli. Poi si recò [forse a Nardò e Racale,] a Olimpio [Lecce] e a Vérnole [a 14 km da LE], dove guarì un indemoniato. Giunto nelle vicinanze di Lecce, come al solito gridando Kyrie eleison, entrò nel tempio di San Zaccaria. Poi, verso l’ora prima, gridando con i fanciulli Kyrie eleison, entrò in città. Si diresse alla cattedrale, e cominciò a gridare Kyrie eleison. Il vescovo Teodoro [Bonsecolo, circa 1092-1101], lo fece frustare e allontanare dalla chiesa. Due fratelli, Giovanni e Rumtiberto, presero il santo e, legatolo mani e piedi, lo rinchiusero: appena si allontanarono, le funi si sciolsero e Nicola uscì tranquillamente[7].
Un giorno, nella stessa città, nei pressi della porta incontrò il corteo del principe [di Taranto, Boemondo d’Hauteville?]. Alzate le mani al cielo, Nicola gridò Kyrie eleison! A quel grido, a quel gesto delle mani, i cavalli si spaventarono e disarcionarono i cavalieri. Uno di questi schiaffeggiò Nicola ma subito cadde da cavallo, rompendosi le gambe e restando con la mano paralizzata.
Il conte [di Lecce e Ostuni, Goffredo?] teneva in carcere due fratelli che non volevano pagare le tasse. Il santo, udendo ciò, va alla casa del conte, gridando Kyrie eleison, per intercedere a loro favore. Il più altolocato della famiglia del conte regala a Nicola una cappa e dei sandali.
Per la strada, passa un cieco: al vederlo, Nicola gli si inginocchia davanti, piangendo. Questo cieco aveva ucciso il suo socio in affari, appropriandosi del denaro. Il santo piangendo amaramente, pregava il Signore; gli si avvicinò l’angelo del Signore e gli disse: – La tua preghiera è stata esaudita; il peccato del cieco è stato perdonato; ora illumina tu la sua anima. Toccando il posto degli occhi, Nicola fece recuperare la vista al cieco.
Alcuni lo presero e lo incatenarono nel tempio di San Demetrio. Verso mezzanotte, apparve l’angelo del Signore, e una luce intensa riempì la chiesa: mentre egli gridava Kyrie eleison, fu liberato. Entrando nel campanile, cominciò a suonare le campane; appese poi il suo mantello dinanzi all’icona di san Demetrio. Un giorno, volendo metterlo alla prova, una donna si travestì da uomo e restò con Nicola in chiesa. Dopo molte ore di preghiera notturna, desiderando riposare un po’, Nicola si sdraiò tenendo accanto a sé la croce. Allora la tentatrice vide una colonna di fuoco che scendeva dal cielo e sfiorava la testa del santo.
Questo e altro il santo faceva in Langobardia. Segnò con una croce un bambino di quasi otto anni, Pulexetus [?], che d’allora cominciò a fare miracoli.
Sempre gridando Kyrie eleison, Nicola si recò a Veglie [a 18 km da Lecce], in casa di una povera vedova, e la serviva con l’aiuto d’alcuni devoti amanti di Cristo. Gridava Kyrie eleison incessantemente. E, nell’invocare sempre Kyrie eleison, ora aggiungeva: Fate penitenza! Venne poi a Taranto, sempre gridando Kyrie eleison, e Fate penitenza. Al clamore provocato, il vescovo [Alberto] ordinò di frustarlo: la terra circostante si tinse del suo sangue.
Partito da Taranto, si recò a Trani. A causa però delle piaghe, giunto alle porte della chiesa della Madre di Dio, si accasciò per terra. Una luce circonda Nicola; perdonando tutti, il martire innocente esala l’ultimo respiro.


[1] San Lorenzo, nato a Frazzanò di Messina agli inizi della Francocrazia, sull’Etna incontra un uomo orribile a vedersi, tutto nudo, che si presenta come un eremita calabrese inviato da Dio per confortarlo.
[2] La Langobardia, la Regione dei Principi [Longobardi], si può identificare – grosso modo – con l’area compresa tra Pollino, Sannio, Irpinia, Gargano. Qui invece indica l’antica Calabria, l’attuale Salento.
[3] San Luca il Nuovo, nato nell’isola di Eghina, fondò un monastero a Stirio, dove morì il 7 febbraio 953. Il Monastero (Osios Loukas) divenne ben presto celebre per i continui miracoli ed è oggi conosciuto per gli stupendi affreschi che decorano il katholikon, la chiesa centrale del monastero.
[4] La Vita specifica che le precedenti notizie sono state raccontate da Nicola al girovago Bartolomeo, che d’ora poi diventa testimone diretto e fonte dell’agiografo.
[5] Bari fu conquistata dai Normanni nel 1071.
[6] L’episodio è tra i più belli esempi di Pazzia per Cristo.
[7] Le disavventure – per usare un eufemismo – di san Nicola vanno unite a quelle, occorse ad altri santi ortodossi di Sicilia e Grande Grecia, negli stessi anni iniziali della Francocrazia. Il vescovo san Luca il Grammatico, dal sud della Calabria giunge a Taranto, volendosi imbarcare per rifugiarsi a Costantinopoli ma è “costretto” a tornare indietro. San Giovanni di Matera, arrestato dai Franchi, dichiara di essere pronto a morire per la verità; condannato al rogo, evade e si nasconde nei boschi tra Lucania e Calabria. Qui incontra Guglielmo di Vercelli, che progettava di partire “missionario” per l’Oriente e lo distoglie da quel proposito sgradito a Dio. Recatosi a Bari nella speranza di potersi imbarcare per Costantinopoli – nel 1098 – Giovanni è nuovamente arrestato.
 

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