sabato 24 ottobre 2015

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Contro il mito del rito bizantino del matrimonio gay
di padre Patrick Viscuso
pravoslavie.ruNew Oxford Review
19 ottobre 2015



Il 7/20 ottobre, la Chiesa ortodossa celebra la memoria dei santi Sergio e Bacco, noti per la loro grande amicizia, che avevano ricoperto alte cariche nell'esercito romano sotto l'imperatore Massimiano (284-305), e alla fine sono stati martirizzati per il loro rifiuto di rinunciare a Cristo e di adorare i falsi dèi pagani.
Purtroppo la memoria di questi illustri santi è spesso pervertita e bestemmiata oggi da coloro che cercano di imporre i propri programmi sulla Chiesa. Nel 1994 il professore di Yale John Boswell ha pubblicato il libro "Same-Sex Unions in Premodern Europe", nel quale sosteneva che il rito bizantino della adelphopoiesis, che menziona i martiri Sergio e Bacco, era in realtà un servizio sancito dalla Chiesa per il matrimonio tra omosessuali, che i santi avevano ricevuto, e usava anche una icona dei santi Sergio e Bacco sulla copertina del suo libro. Anche se la sua ricerca è stata smentita più volte, la sua tesi è ripetutamente risuscitata da coloro che cercano di introdurre i matrimoni omosessuali nella Chiesa.
Padre Patrick Viscuso è un sacerdote e canonista dell'Arcidiocesi greco-ortodossa in America, e ha scritto numerosi articoli accademici in materia di matrimonio bizantino e diritto canonico. È citato tre volte nel libro di Boswell. In questo presente articolo, "Un tentativo non riuscito di riscrivere la storia", p. Viscuso difende la verità storica della pratica ortodossa contro le pretese di Boswell, e nel farlo onora la memoria dei santi Sergio e Bacco.
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Scrivere la storia di un'istituzione religiosa implica una comprensione delle nozioni e del linguaggio nel loro contesto storico e culturale. Il libro del professor John Boswell di Yale pretende di trovare precedenti per il matrimonio omosessuale, in particolare in Ortodossia orientale durante il tardo periodo bizantino. La sua tesi principale è che i bizantini considerato il rito della adelphopoiesis, un termine greco tradotto come "unione omosessuale" da Boswell, come una forma di matrimonio contratto tra due maschi e benedetto dalla Chiesa.
È fuori discussione che vi siano riti di adelphopoiesis contenuti nei manoscritti bizantini risalenti dal IX al XV secolo. La cerimonia era condotta da un sacerdote per due maschi in chiesa, e conteneva simboli comuni ai riti matrimoniali bizantini tra cui tenere in mano candele, unire le mani, ricevere la comunione, e girare tre volte intorno a un tavolo utilizzato nella celebrazione. Le preghiere utilizzate per la benedizione sacerdotale chiedevano a Dio di stabilire "fratelli spirituali" (pneumatikous adelphous) e contenevano riferimenti a coppie sante, tra cui in particolare i santi Sergio e Bacco, che erano famosi per la loro amicizia. L'ordine del servizio variava, ma sembrava possedere una struttura semplice, che di solito comprendeva petizioni seguite dalla/e preghiera/e centrale/i di benedizione e un congedo.
Al fine di valutare se tale servizio fosse equivalente a una cerimonia di matrimonio, è necessario capire come si formavano le unioni coniugali nel tardo periodo bizantino, e quindi confrontare i riti. La nostra preoccupazione in questa analisi non sarà di esaminare il contenuto delle preghiere incluse nei riti, come è già stato fatto in diverse recensioni dell'opera di Boswell, ma di concentrarci sul contesto in cui i riti erano utilizzati e descritti nella società tardo-bizantina.
Nel tardo periodo bizantino, l'unione coniugale si stabiliva attraverso un processo che comprendeva diverse fasi: fidanzamento, contratto di matrimonio, rito del fidanzamento e coronamento.
I fidanzamenti semplici erano contratti civili. Erano una promessa di futura unione di capifamiglia che agivano per conto dei loro figli preadolescenti. Non erano considerati significativi dal punto di vista ecclesiale e potevano essere sciolti con le sole sanzioni civili relative alla rottura di un accordo legale.
Anche i contratti di matrimonio erano un accordo civile, molto probabilmente i "legami trasversali" discussi nel XV secolo da san Simeone di Tessalonica. Questi consistevano in accordi presi di fronte a un rappresentante dello stato prima delle cerimonie in chiesa. Nel corso di questi accordi, ciascuno dei coniugi dava l'assenso a un contratto di matrimonio per iscritto con la firma di una croce. Il consenso delle famiglie all'unione era espresso quando i padri dei futuri sposi toccavano le penne utilizzate dai loro figli durante la firma. I contratti significavano l'accordo della coppia e delle loro famiglie all'unione, così come il trasferimento della proprietà alla comunità coniugale – per esempio la dote della sposa e il dono ante-nuziale dello sposo. La firma del contratto era una forma puramente civile del matrimonio.
Al contrario, il fidanzamento formale comprendeva un atto sacerdotale descritto nelle fonti bizantine come "benedizione." Lo scopo principale di questa benedizione era l'invocazione a Dio affinché il fidanzamento potesse essere confermato e reso indissolubile. Tuttavia, se i fidanzamenti erano rotti, era condotta una procedura di divorzio ecclesiale sulla base dei motivi stipulati. Dopo il fidanzamento, i coniugi erano tenuti a mostrare fedeltà, ma non potevano godere dei diritti positivi del matrimonio, come le relazioni nuziali. Gli effetti del fidanzamento sulle relazioni di parentela erano simili a quelli del matrimonio completo.

i santi Sergio e Bacco

La distinzione del fidanzamento dal matrimonio completo, stabilito dal rito finale del coronamento, può essere compresa se si confrontano i motivi del loro scioglimento. Mentre le cause di divorzio di un matrimonio completo si concentrano sulla rottura dell'unione coniugale e hanno a che fare con l'adulterio o situazioni d'immoralità sessuale reale o sospetta, le cause di dissoluzione dei fidanzamenti si focalizzavano su obiettivi diversi, vale a dire, le finanze, il carattere, la posizione nella vita e gli eventi che circondavano il contratto del matrimonio. La differenza indicava che mentre il divorzio nel caso di un matrimonio completo aveva a che fare con la perdita dell'unione, la rottura del fidanzamento aveva a che fare con la perdita delle basi per l'unione. Il fidanzamento è un passo nella realizzazione del matrimonio, quasi equivalente al matrimonio, ma non è la stessa cosa dell'unione completa.
L'incoronazione, la fase finale della formazione del matrimonio, era chiamata così dal rito centrale di benedizione nel corso del quale le corone erano poste dal sacerdote sul capo della sposa e dello sposo. Come nel caso del fidanzamento, si faceva una solenne invocazione della benedizione divina per stabilire l'unione coniugale. L'unione coniugale comportava una serie di parentele per matrimonio, conosciute come rapporti di affinità. Regole o canoni di una certa complessità regolavano se tali membri della famiglia erano stati autorizzati a sposarsi. Una volta stabilito, questo tipo di parentela sopravviveva anche alla morte di uno o entrambi i coniugi. Questi rapporti erano più estesi di quelli formati attraverso qualsiasi altro sacramento o mistero, tra cui il battesimo, che portava anch'esso ad alcuni divieti di matrimonio tra i familiari del padrino e i battezzati.
Se il matrimonio bizantino viene confrontato con il rito della adelphopoiesis (quella che Boswell chiama "unione tra persone dello stesso sesso"), molte differenze sono evidenti. La prima è che il matrimonio avviene attraverso un processo, non solo attraverso un semplice rito. La ragione più immediata per questo sembra essere che l'unità coniugale nella società bizantina coinvolgeva sia gli sposi sia le loro famiglie, piuttosto che semplici individui. Il consenso delle famiglie era richiesto in quasi ogni tappa della formazione del matrimonio. Questo non significa che il consenso dei coniugi non fosse richiesto. La cerimonia civile era il veicolo in cui si manifestava il consenso matrimoniale. Tale consenso era anche implicato nella partecipazione reciproca della coppia nei riti di fidanzamento e di incoronazione, dove la benedizione sacerdotale istituiva l'unione, e il sacerdote era considerato come il ministro del sacramento. Al contrario, l'adelphopoiesis non era stabilita da un processo di graduale unione tra i coniugi e le famiglie, ma piuttosto era un'unione di due individui. Le parentele familiari risultanti e gli impedimenti matrimoniali erano limitati. Boswell cita il giurista dell'XI secolo Eustazio Rhomaios, che afferma: "le unioni tra persone dello stesso sesso sono tra persone, e solo quelli [che si uniscono attraverso queste unioni] incorrono in impedimenti al matrimonio, ma non gli altri membri delle loro famiglie". Se le "unioni dello stesso sesso", erano una forma di matrimonio, perché non dovrebbero esserci impedimenti matrimoniali per chi era già unito? Non ha senso. Anche se fosse ammesso che tali impedimenti erano applicabili solo quando le "unioni tra persone dello stesso sesso" erano disciolte, tali rapporti di parentela a impedimenti limitati sono completamente incompatibili con il matrimonio come praticato nel contesto della società tardo-bizantina. Inoltre, non sembra che vi siano disposizioni nella Chiesa, dove Boswell sostiene che i matrimoni omosessuali erano benedetti, per motivi di divorzio. Certo, se due uomini erano sposati dalla Chiesa, non avrebbero dovuto esserci disposizioni in caso di una loro separazione, come avveniva per tutte le altre forme di matrimonio?
L'adelphopoiesis stabiliva un diverso tipo di unione rispetto al matrimonio, forse una forma più vicina all'adozione. Questo punto di vista è supportato dal fatto che la discussione dell'adelphopoiesis avviene nelle fonti tardo bizantine in connessione con le parentele stabiliti per adozione, contrariamente alle affermazioni di Boswell. Nel contesto di queste fonti, la traduzione più letterale di adelphopoiesis, "adozione di un fratello" o "adottare un fratello", sembra essere più coerente con le idee espresse nei testi. Per esempio, il monaco del XIV secolo Matteo Blastares nella Collezione alfabetica, un'enciclopedia di diritto canonico, discute l'adelphopoiesis nel contesto dell'adozione, che a sua volta mette in riferimento al tema generale della parentela, non del matrimonio. Boswell perde di vista il contesto.
Nel suo trattamento del Typikon di Giovanni Tzimiskes del X secolo, Boswell fa questa traduzione: "non è consentito ad alcun fratello di lasciare la montagna per formare relazioni o unioni [sunteknias e adelphopoiesis] con laici, e se qualcuno dovesse aver fatto una cosa del genere... non potrà andare alle loro case o fare colazione con loro..." La parola sunteknia espimeva il rapporto spirituale stabilito tra il padrino e il figlioccio al battesimo. Tuttavia, traducendo la parola come "relazione", Boswell modifica il contesto dell'adelphopoiesis. Una traduzione più corretta potrebbe essere "paternità spirituale". Di conseguenza, il parallelo di tale divieto sembra essere correlato al battesimo, un altro tipo di unione che stabilisce legami di parentela, non a quelle regole "contro i monaci che sposano donne", come afferma Boswell.
Un problema simile si verifica quando viene fatta la dichiarazione, "Harmenopoulos, giurista del XIV secolo, nel suo commento a una sentenza del concilio in Trullo del VII secolo... cita Pietro, il chartophylax... che aggiunge il commento che i monaci non devono essere padrini di battesimo di ragazzi e fare unioni dello stesso sesso con loro". Tuttavia, quando è esaminato con attenzione, il passo in questione non ha a che fare con la selezione di ragazzi ai fini di rapporti carnali, ma piuttosto con il divieto di tre tipi di relazioni. Il testo di Harmenopoulos dice quanto segue: "È inaccettabile, dice [Pietro], che i monaci ricevano bambini dal santo battesimo, tengano corone di matrimonio, e adottino fratelli". Due di questi compiti sono chiaramente spirituali, la sponsorizzazione al battesimo e al matrimonio, che implica forse che il terzo compito, l'adelphopoiesis, condivida una natura analoga. In questo contesto, le parole "ricevere bambini dal santo battesimo" si riferiscono al ruolo del padrino del rito del battesimo, che riceve letteralmente il bambino neo-battezzato dalle mani del sacerdote dopo la triplice immersione del bambino nel fonte.
Questi problemi di interpretazione non sono rari nell'opera di Boswell e servono a distorcere il significato dell'adelphopoiesis, la quale appare, nei brani citati, più legata all'adozione e al rapporto spirituale associato con il battesimo che con il matrimonio, e che non implica alcuna dimensione sessuale .
Scrivere la storia di un'istituzione religiosa implica comprendere le nozioni e il linguaggio nel loro contesto storico e culturale. In caso contrario, c'è il rischio che la storia sia riscritta in base alle preoccupazioni attuali. Il tentativo di Boswell di dimostrare che i bizantini consideravano l'adelphopoiesis come una forma di matrimonio è fallimentare, perché la sua ricerca presenta fatti ed eventi storici fuori contesto. Dal punto di vista di Boswell, sembrerebbe che fosse celebrato un matrimonio quando due individui erano uniti da una benedizione sacerdotale in un servizio che utilizzava simboli comuni a quelli delle cerimonie di matrimonio. Tuttavia, il matrimonio bizantino era celebrato come un processo che univa famiglie e sposi in una serie di rituali, non in un rito che aveva effetto soprattutto sui i suoi partecipanti. In poche parole, l'adelphopoiesis era certamente una sorta di unione tra due individui, ma rendere questo istituto un equivalente del matrimonio necessita una prospettiva e un contesto estranei alla Chiesa tardo-bizantina.


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