Cosa ci rimane dopo il sinodo di Creta
teologie.net26 giugno 2016
Il "Santo e Grande Sinodo", chiamato
anche "Sinodo pan-ortodosso di Creta" ha iniziato lla propria attività
secondo i termini stabiliti dai primati nel gennaio 2016 a Chambésy: le
delegazioni sono arrivate il 16 giugno, il 17 si è tenuta la Sinassi dei
primati, il 19 giugno i primati hanno concelebrato a Heraklion e il 20
ha avuto luogo la sessione ufficiale di apertura. I lavori del sinodo
sono finiti sabato 25 giugno e il 26 ha avuto luogo una nuova funzione
dei primati (con la precisazione che l'arcivescovo della Grecia Ieronimo
non ha servito, ma ha solo assistito), è vi stata letta l'enciclica
sinodale.
A proposito di tutto questo, però, voglio fare alcune osservazioni:
1. Come annunciato in
precedenza, quattro delle 14 Chiese autocefale (i patriarcati di
Antiochia, Mosca, Bulgaria e Georgia) non hanno partecipato a questo
Sinodo, anche se sono stati fatti loro ripetuti inviti a venire. I
patriarchi di Antiochia e di Mosca hanno inviato un indirizzo dal
Patriarca di Costantinopoli e tutti i partecipanti hanno confermato la
non partecipazione. Inoltre, il Patriarca Kirill ha espresso la speranza
che "l'incontro (non Sinodo -! Nn) a Creta può diventare
un passo importante verso il superamento delle attuali differenze. Si
può dare il proprio contributo alla preparazione di quel Santo e Grande
Concilio che unirà tutte le Chiese autocefale locali senza eccezioni e
diventerà un riflesso visibile dell'unità della Santa Chiesa ortodossa
di Cristo, per la quale i nostri predecessori, beatamente trapassati,
hanno pregato e che si aspettavano". In altre parole, quello che è
successo l'altro giorno a Creta, per il patriarcato di Mosca, non è
stato un Sinodo, ma semplicemente un "incontro". Di conseguenza, nessun
sito web ufficiale della Chiesa russa ha pubblicato alcunché circa
l'apertura o i lavori del Sinodo. Così hanno fatto anche le Chiese di
Antiochia e di Georgia. Solo i bulgari hanno dato alcune brevi
informazioni sul Sinodo, definendolo in quanto tale "Santo e Grande
Sinodo".
2. Anche se il
regolamento del "Santo e Grande Sinodo" (art. 1) approvato nel gennaio
2016 a Chambésy dice che il Sinodo pan-ortodosso può essere convocato
solo con l'approvazione di tutti i primati, e il patriarca di Antiochia
non è stato d'accordo con la convocazione fino al chiarimento di alcuni
problemi, il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli è stato messo a capo
della riunione a Creta e ha dichiarato l'apertura del "Santo e Grande
Sinodo", che ha riunito 156 vescovi (dei 290 che erano aspettati). Nel
suo discorso di apertura, il patriarca Bartolomeo ha deplorato l'assenza
dei 4 patriarchi, ma allo stesso tempo ha sottolineato che l'assenza di
alcuni partecipanti dei Sinodo non è ostativa né ne danneggia
l'autorità. Anche in occasione della sessione di apertura (20 giugno),
in particolare l'arcivescovo Anastasios di Albania ha messo in dubbio la
correttezza e l'efficacia del "principio del consenso", che non può
essere applicato tanto rigidamente quanto lo ritengono in particolare i
patriarcati assenti dal Sinodo. Naturalmente, sono stati citati i canoni
8 di Trullo e 40 di Laodicea, con le seguenti conclusioni:
a) è importante che tutti siano stati
invitati al Sinodo, ma la mancanza di alcuni non impedisce
l'organizzazione del Sinodo e non ne diminuisce l'autorità;
b) l'autocefalia delle Chiese locali si
limita al diritto di autogoverno, ma non include il diritto di
boicottare la sinodalità pan-ortodossa (Cfr Circolare sinodale, I.5).
I padri sinodali di Creta hanno fatto
riferimento ad alcuni Sinodi ecumenici, ai quali non avevano partecipato
tutti i patriarcati, soprattutto perché da allora erano solo cinque
(pentarchia).
3. La delegazione della
Chiesa di Grecia è giunta con diverse modifiche ai documenti presentati
per l'approvazione. Alcune di esse sono stati accettate e si riflettono
nei documenti finali in una variante di compromesso. Come abbiano
raggiunto questo compromesso non sa, perché le discussioni sinodali sono
state secretate, e il servizio stampa del Sinodo (presieduto
dall'arcivescovo Job di Telmessos) ci ha presentato solo informazioni
vaghe e irrilevanti. Alcuni portavoce hanno tenuto veri e propri sermoni
dal pulpito della stampa, confermando il fatto che non abbiamo persone
capaci di superare il linguaggio clericale dominato dalle "espressioni
teologiche modello". Da questo punto di vista, è stato un bene che
alcune Chiese, tra cui quella romena, abbiano delegato alle conferenze
stampa dei laici che, a mio parere, hanno avuto una prestazione
mediatica migliore di quella dei chierici.
Nel complesso, tutti sono stati
insoddisfatti dalla mancanza di trasparenza del Sinodo e dalle sue
"misure draconiane di sicurezza". Alcune agenzie di stampa come "Romfea"
e altre hanno lasciato l'isola di Creta, perché la loro presenza sul
posto non aveva senso. È stato praticamente impossibile presentare
oggettivamente i lavori del Sinodo o interagire con i padri sinodali.
4. In relazione ai
dibattiti pre-conciliari sui documenti e, in particolare, sul testo dei
'Rapporti della Chiesa ortodossa con il resto del mondo cristiano", la
maggior parte dei siti ortodossi (soprattutto di lingua romena) ha
coperto solo le posizioni conservatrici dei metropoliti Ierotheos
Vlachos e Atanasio di Limassol. Ma ci sono state pure voci diverse e
perfino contrarie, non meno motivate, come la Risposta del patriarcato di Gerusalemme alla convocazione del Grande Sinodo (vedi testo in greco e in russo), ma che non sono state molto pubblicizzate.
Come notato da molti formidabili teologi,
iniziando dal periodo comunista, gli ortodossi non sono più in grado di
tenere dibattiti teologici costruttivi, e la gerarchia (forse da molto
tempo) non è in grado di parlare con la gente e spiegare quali decisioni
vuole prendere al Sinodo, e perché devono essere prese esattamente così
e non altrimenti. Di conseguenza, tutti discutono solo ciò che già
sanno o che viene loro detto e, talvolta, i vescovi sinodali adottano
cose inaudite dalla gente, e sono considerati traditori ed eretici.
Quindi il problema è la mancanza di comunicazione dei vescovi con il
proprio popolo. Proprio questo è il motivo per la non partecipazione
delle chiese russa e georgiana al Sinodo, dopo che per anni hanno
manipolato il gregge con teorie vecchio-calendariste elevate a livello
di dogma e hanno promosso atteggiamenti scortesi verso gli eterodossi
(anche se i vescovi stessi si sono incontrati, hanno mangiato e bevuto a
incontri ecumenici senza timore), e ora non sanno come spiegare tutto
questo al proprio popolo.
5. Per la correttezza
del dibattito attorno al documento su "I rapporti della Chiesa ortodossa
con il resto del mondo cristiano", citerò diversi argomenti della
risposta del patriarcato di Gerusalemme (sviluppata dal canonista
professor Theodor Yiangou). Come sappiamo, molti si sono ribellati
all'uso della parola "chiesa" in riferimento alle confessioni
eterodosse, e nel documento finale del Sinodo questo termine è accettato
solo come "denominazione storica" (art. 6).
Per chiarire un poco le cose, è bene
sapere che la parola "chiesa" è usata in riferimento alle confessioni
eterodossa nella maggior parte dei libri di testo di teologia dogmatica,
ma anche negli scritti di teologi asceti come, per esempio, padre
Gheorghios Kapsanis, abate del Monastero Grigoriou all'Athos.
Quest'ultimo scriveva la parola "Chiesa" in maiuscolo solo se si
riferiva alla Chiesa ortodossa, e negli altri casi la scriveva in
minuscolo – differenza fatta anche nel documento conciliare. Inoltre,
gli eterodossi e soprattutto i cattolici romani sono chiamati "chiesa"
anche in alcuni sinodi anti-latini (!) e nei libri di servizio. Per
esempio, nel "Rituale" per la ricezione dei latini nella Chiesa
ortodossa, approvata dal "Santo e Grande Sinodo" del 1484 sotto la guida
del patriarca Simeone di Costantinopoli, tra le altre cose si dice:
"Vuoi tu, uomo, diventare ortodosso e rinunciare a tutti i dogmi
vergognosi e stranieri dei latini sulla discesa dello Spirito Santo,
perché essi pensano e credono erroneamente che egli proceda dal Figlio, e
al servizio con gli azzimi e alle altre abitudini delle loro chiese,
in contrasto con la Chiesa cattolica e ortodossa orientale?"
(Ράλλη-Ποτλῆ, Σύνταγμα ..., vol. 5, p.144). Lo stesso termine è usato in
un "Rituale" più tardivo per l'accoglienza nella Chiesa di un latino:
"Disprezzi e abbandoni le innovazioni della chiesa occidentale...?", "Sputi sul battesimo per aspersione nella chiesa occidentale...?" "Rinneghi e disprezzi le insensate affermazioni della chiesa
occidentale...?" etc. (Vedere. Π. Γεωργίου Μεταλληνοῦ, "Ὁμολογῶ ἕν
βάπτισμα", Atene 1996, pag. 134 e segg.). Oltre il Sinodo del 1484, a un
altro importante Sinodo tenuto a Cipro nel 1406, il presidente del
Sinodo Iosif Vryennios (mentore di Marco Eugenico) usa il termine
"chiesa" anche per la confessione cattolica romana. Utilizza lo stesso
termine anche il patriarca Geremia II di Costantinopoli con riferimento
ai luterani. Pertanto, ci sono un sacco di importanti testi liturgici e
dogmatici che consenono l'uso del termine "chiesa" per riferirsi a
confessioni eterodosse.
Pertanto, l'espressione del documento finale del Sinodo (art. 6) mi sembra abbastanza equilibrata: "La Chiesa ortodossa riconosce le denominazioni storiche delle chiese e confessioni eterodosse che non sono in comunione...".
In altre parole, si usa il termine "Chiesa cattolica (romana)" solo
perché questa una volta è stata Chiesa e in virtù della denominazione
storica, accettiamo questo titolo, anche quando le comunità ortodosse
stipulano contratti legali con la "Chiesa cattolica" da cui prende in
locazione luoghi di culto in Occidente. Ma il riconoscimento di tale
denominazione storica e legale non significa il riconoscimento del
carattere ecclesiale della rispettiva confessione, perché ciò metterebbe
in pericolo la "unicità" della Chiesa professata nel Credo.
Ma perché i nostri vescovi non sono
usciti a spiegare alla gente queste cose, sapendo che da mezzo anno i
testi preconciliari sono virali su internet e vari fanatici mezzi
istruiti chiamano a priori e continueranno a chiamare il Sinodo di Creta
un "ladrocinio"?
6. Lo stesso documento
del patriarcato di Gerusalemme porta molte testimonianze patristiche che
parlano dell'atteggiamento che dovremmo avere verso gli eterodossi. Per
esempio, san Marco Eugenico si rivolgeva cortesemente ai cattolici
romani e considerava che "abbiamo lo stesso Cristo e la stessa fede ... e
onoriamo la stessa Trinità ..." (Μάρκου Ἐφέσου Εὐγενικοῦ, Τῷ
μακαριωτάτῳ Πάπῳ τῆς Πρεσβυτέρας Ρώμης, Τὰ εὑρισκόμενα ἅπαντα, vol . 1,
p. 197 ss.). Vediamo anche che i monaci del Monte Santo ricevevano i
latini alle funzioni, perché, dice Gregorio di Iviron, "Gli italiani e
noi abbiamo lo stesso battesimo e confessiamo la stessa santa Trinità,
ma altri insegnamenti e dogmi sono molto diversi dai nostri. I più
importanti e spregevoli sono la folle idea sulla processione dello
Spirito Santo e l'uso del pane azzimo, a causa dei quali, le altre sedi
patriarcali si sono allontanate dal papa della vecchia Roma, e questa
divisione continua fino a oggi "(J.-B. Pitra, Analecta sacra,
vol. VI, p. 247). E Teodoro Balsamon, grande canonista bizantino,
ammette la partecipazione degli eterodossi alle nostre funzioni e dice:
"Questa è la consuetudine della Chiesa cristiana cattolica, che quando i
santi patriarchi servivano nei giorni festivi, venivano armeni e
latini, e con tutta pietà stavano alla Liturgia e nessuno li respingeva.
E quando uscivano insieme agli ortodossi si inchinavano a baciare la
mano del patriarca, ricevevano la benedizione e si dava loro l'antidoro.
I patriarchi, come discepoli di Cristo, non li scacciavano quando
venivano. È sufficiente che non li comunichiate, perché non sono
ortodossi e sono separati. Ma se cercano da voi benedizioni, non dovete
respingerli, come ho detto prima" (vedi Ράλλη-Ποτλῆ, Σύνταγμα ..., vol.
4, p. 460). Della stessa posizione era il patriarca Dositeo di
Gerusalemme, che in una lettera a Michele di Belgrado dice (sec XVII):
"Quando nella nostra chiesa vengono ad ascoltare la Liturgia gli armeni,
non li scacciamo, perché questo viola i canoni. Ma poiché sono armeni,
non devono essere comunicati ai purissimi misteri; ma non impedite loro
di prendere l'antidoro...".
Sicuramente queste testimonianze della
Tradizione della Chiesa non sono gradite ai fanatici che non hanno mai
avuto un vero contatto con gli altri cristiani e si comportano come se
fossero pronti a impiccare il primo cattolico che passa per strada. Ma
il fatto che servono la Liturgia ortodossa per un milione di romeni
nelle chiese cattoliche in Italia e per circa 700-800.000 in Spagna, non
so perché, non disturba nessuno, anzi ci sembra una cosa naturale. Non
sto dicendo che dobbiamo dare chiese ai cattolici romani, ma neppure
dobbiamo respingerli, non appena hanno varcato la nostra soglia,
ritenendo in questo modo di rispettare i canoni.
Confesso francamente che non sono un
adepto del compromesso dogmatico e preferisco servire in un garage o sui
colli, piuttosto che ricevere una chiesa cattolica con qualche
condizione ecumenista. Ma per fortuna, nessuno ci pone queste
condizioni: siamo chiamati semplicemente a essere umani e a capire che
abbiamo lo stesso Vangelo. Solo gli sciocchi hanno paura di parlare con
gli altri, e la testimonianza e la verità sono dalla parte di coloro che
danno prova di coraggio, saggezza, onestà e amore.
7. Di tutti i documenti del Sinodo di Creta, l'Enciclica del Santo e Grande Sinodo e la Circolare del Sinodo (entrambe realizzate "ad hoc") sembrano essere i testi migliori. Ho particolarmente apprezzato il punto I.3 della Circolare, che dice: "Attraverso
i Sinodi locali ed ecumenici la Chiesa predica il mistero della Santa
Trinità rivelato nell'incarnazione del Figlio e Verbo di Dio. L'opera
cattolica [della Chiesa] continua ininterrotta nella storia con sinodi
successivi, che hanno [anch'essi] autorità ecumenica, tra i quali: il
Grande Sinodo (879-880) convocato al tempo di Fozio il Grande, patriarca
di Costantinopoli; i Grandi Sinodi convocati al tempo di san Gregorio
Palamas (1341, 1351, 1368), durante i quali è stata confessata la verità
della fede in riferimento alla processione dello Spirito Santo e alla
condivisione umana delle energie divine increate; poi i Santi e Grandi
Sinodi di Costantinopoli – quello nel 1484, che ha condannato il Sinodo
unionista di Firenze (1438-1439) e e Sinodi del 1638, 1642, 1672, 1691
che hanno condannato gli errori protestanti, così come il Sinodo del
1872 che ha condannato l'etnofiletismo come eresia ecclesiologica".
Così, l'idea che "la Chiesa ha avuto solo
sette Concili ecumenici e un ottavo non può esistere" è stata in parte
superata. Vedremo come questa decisione conciliare si rifletterà nei
libri di testo di storia della Chiesa.
8. Anche se la Chiesa
non ha avuto Sinodi seri da molto tempo e avrebbe molto da dire ai suoi
fedeli e al mondo intero, il Sinodo di Creta non è riuscito nemmeno a
dire quello che avrebbe voluto. La Chiesa ortodossa si vanta del passato
(senza aver imparato le lezioni del passato), parla in un linguaggio
legnoso, e lotta per territori e troni. Molti problemi sono rimasti e
rimarranno irrisolti ancora per lungo tempo. Per esempio, anche
quest'anno quelli di nuovo calendario avranno un digiuno di due giorni
in onore degli apostoli (contrariamente al Tipico), e quelli di vecchio
calendario – di 15 giorni...
In un altro ordine di idee, è probabile
che i patriarchi e i vescovi che hanno avuto il coraggio di riunirsi al
Sinodo e di dire qualcosa, saranno considerati da alcuni come "traditori
dell'Ortodossia", mentre quelli che erano assenti dal Sinodo, anche se
in precedenza ne hanno firmato tutti i documenti, saranno ora tentati di
presentarsi come "grandi difensori della fede", attirando la simpatia
dei "conservatori". Al momento, anche se il Sinodo non è stato
pan-ortodosso, l'Ortodossia non è divisa e non c'è in vista alcuno
scisma tra le 14 Chiese autocefale. Ma se la tentazione della
polarizzazione tra "conservatori" e "liberali" sarà accettata da alcuni
vescovi (soprattutto tra coloro che erano assenti), potrebbe diventare
un grosso problema per l'unità e la sinodalità della nostra Chiesa.
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