Perché ci rivolgiamo direttamente alla Croce
in preghiera come a una persona?
dell'arciprete Andrej NikolaidiPravoslavie.ru
27 settembre 2016
In questa grande festa dell'Esaltazione
della preziosa e vivificante Croce, l'arciprete Andrej Nikolaidi cerca
di spiegare se è vero che gli ortodossi considerano la Croce una sorta
di organismo vivente, in grado di pensare, di sentire, di prendere
decisioni e di agire spontaneamente.
Per molti cristiani ortodossi, che
iniziano a esplorare il tesoro della preghiera cristiana e cercano di
approfondire il significato delle preghiere, dopo aver letto le
preghiere alla Croce può sorgere la domanda: "Perché ci rivolgiamo
direttamente in preghiera alla Croce, un oggetto di legno, come a una
persona? "
Infatti, secondo la tradizione liturgica
ortodossa ci sono una serie di preghiere di invocazione connesse al
ricordo del sacrificio di Cristo il Salvatore sulla Croce, e molto
spesso tali invocazioni contengono ricorsi diretti alla Croce del
Signore. L'esempio più lampante è la preghiera alla Croce preziosa, che
si trova nei libri di preghiera al termine delle preghiere della sera, e
che inizia con le parole "Sorga Iddio...", in cui chiediamo: "O
preziosissima e vivificante Croce del Signore! Assieme alla nostra
Sovrana, la Vergine Madre di Dio, e a tutti i santi, vieni in mio aiuto
nei secoli. Amen". Dopo aver letto questa e altre preghiere può sembrare
che l'Ortodossia consideri la Croce come una sorta di organismo
vivente, in grado di pensare, di sentire, di prendere decisioni e di
agire spontaneamente. Ma, naturalmente, non è così.
Per una comprensione ortodossa della
sostanza di questa domanda dobbiamo renderci conto che la tradizione
liturgica ortodossa è espressione della profonda esperienza della vita
della Chiesa nello Spirito Santo, che la preghiera è non solo e non
tanto una recita davanti a Dio delle nostre richieste, né un elenco di
nostre necessità o desideri inviato alla cancelleria celeste. La
preghiera è soprattutto il mistero della comunione con il nostro
Creatore. Si tratta di un grande atto di creazione di fronte a Dio, la
contemplazione della grazia di Dio, la dimora nei raggi della luce
increata di Dio; è il volo dell'anima umana e una co-creazione con il
Creatore; è un atto di comunione nella corrente della vita divina. E,
naturalmente, non è possibile semplificare questo grande mistero,
ridurlo a una mera formalità, al regno dell'arida aritmetica.
Dobbiamo anche notare che la tradizione
di preghiera liturgica ortodossa è antica di duemila anni ed è costruita
sulle fondamenta della tradizione di preghiera veterotestamentaria,
sulle fondamenta dell'antica filologia classica, della letteratura
ellenica greco-siriana, che ha assorbito in sé quanto di meglio è nato
dall'anima umana, diretta verso il cielo e il Creatore, affinando tutte
queste realizzazioni umane nella fornace della Chiesa, nel fuoco dello
Spirito Santo.
Senza dubbio, il canone di preghiera è un
modello di alta poesia. A conferma di questa tesi è sufficiente
ricordare che la rima sistematica organizzata si incontra per la prima
volta proprio nella tradizione di preghiera liturgica della Chiesa,
nell'inno Acatisto alla Santissima Madre di Dio. Naturalmente, nella
poesia esistono mezzi speciali per impartire un certo dinamismo e
tonalità emotiva al prodotto dell'anima umana – i cosiddetti tropi e
modelli. Uno di questi mezzi è la personificazione, cioè l'applicazione
agli oggetti o ai fenomeni inanimati le caratteristiche e le azioni
degli oggetti animati. L'esempio più vivido dell'uso della
personificazione nella Bibbia è l'invettiva del santo profeta Mosè il
Veggente di Dio, che si trova nel trentaduesimo capitolo del libro
biblico del Deuteronomio, in cui il profeta invita i cieli e la terra a
testimoniare le sue parole: Porgete orecchio, o cieli, e parlerò; e ascolta, o terra, le parole della mia bocca
(Dt 32:1). San Gregorio il Teologo, lasciando Costantinopoli e
pronunciando le sue ultime parole di consolazione per il suo gregge,
rivolge a un addio al suo tempio. Naturalmente, né il profeta Mosè né
san Gregorio consideravano la terra o le pareti della chiesa come
persone animate. Parlavano nella lingua del loro tempo, con immagini
poetiche, desiderando sottolineare l'importanza di questo o quell'evento
di vita privata o pubblica, dando a questi oggetti o eventi le
proprietà di un oggetto animato.
Ed è proprio con tale personificazione
che ci rivolgiamo alla Croce di Cristo nella tradizione della preghiera
liturgica ortodossa, nelle nostre preghiere alla Croce preziosa. Come in
tutte le preghiere della Chiesa ortodossa, questa preghiera conserva un
rigoroso cristocentrismo. Il centro di ogni invocazione ortodossa è
Dio. Se ascoltiamo con attenzione le parole di questa preghiera, allora
capiremo che stiamo supplicando che la Croce ci salvi "per la potenza di
colui che su di te [cioè, sulla Croce] fu crocifisso, il nostro Signore
Gesù Cristo; disceso agli inferi, egli ha vinto la potenza del diavolo e
ti ha donato a noi, Croce preziosa, per respingere ogni nemico". In
questo modo, la fonte della forza miracolosa della Croce è Dio stesso,
crocifisso sulla Croce, ed è proprio a lui che ci rivolgiamo in
preghiera, trovando la sua espressione in belle forme poetiche.