Il Monte Athos e la Grecia sostengono la Chiesa ortodossa ucraina: quale impatto avrà sul patriarca Bartolomeo?
Unione dei giornalisti ortodossi, 24 gennaio 2025
il capo del Fanar ascolterà gli abati del Monte Athos e della Grecia? Foto: Unione dei giornalisti ortodossi
40 influenti monasteri del Monte Athos e della Grecia hanno scritto una lettera a sostegno della Chiesa ortodossa ucraina. Cosa significa questo per il patriarca Bartolomeo?
Il 22 gennaio 2025, gli abati e i monaci di circa quaranta monasteri in Grecia e sul Monte Athos hanno scritto un appello a sostegno della Chiesa ortodossa ucraina. In breve, i monaci affermano che la persecuzione della Chiesa ortodossa ucraina è la prova della sua autenticità e che la legge approvata nel 2024, che di fatto mette al bando la Chiesa ortodossa ucraina, sta trasformando l'Ucraina in uno stato repressivo che legalizza la violenza e la calunnia contro la Chiesa. Gli abati hanno menzionato il sequestro della cattedrale di Cherkassy, dove il metropolita Feodosij è stato picchiato e sono state usate violenze fisiche contro i fedeli della Chiesa ortodossa ucraina. Hanno anche sottolineato che quando una situazione simile è accaduta alla chiesa di San Dionigi nel quartiere Kolonaki di Atene, il patriarca Bartolomeo "condanna fermamente ogni atto di violenza, in particolare quelli diretti contro i luoghi di culto, dai quali emergono solo messaggi di amore, pace e solidarietà".
I monaci hanno scritto che pregano il Signore affinché "ammorbidisca i cuori dei potenti della terra, affinché ogni forma di violenza possa essere scongiurata e la pace tanto desiderata possa prevalere in Ucraina e nel mondo intero" e sperano che ciò accada "se noi, cristiani degli ultimi giorni, ci pentiamo e ci distinguiamo per la nostra pazienza, il nostro perdono e il nostro amore, secondo sua Beatitudine il metropolita Onufrij di Kiev e di tutta l'Ucraina".
Perché consideriamo questa lettera un messaggio importante, indirizzato principalmente al Patriarcato di Costantinopoli e al patriarca Bartolomeo personalmente? Diamo un'occhiata più da vicino.
Perché questa lettera è importante?
Il Monte Athos ha sempre avuto un posto speciale nei cuori dei cristiani ortodossi come dominio della Madre di Dio. Inoltre, nel corso della storia della Chiesa ortodossa, la voce dei monaci athoniti si è spesso levata in difesa dei dogmi e dei canoni della nostra Chiesa. Sono morti al mondo, hanno dedicato la loro vita a Dio e non hanno altri interessi se non servirlo. Per questo motivo, molti di noi credono che gli athoniti siano coloro che custodiscono la Verità e sono obbligati a reagire quando viene violata, sia dalle autorità secolari che da quelle ecclesiastiche.
Teniamo i monaci dei monasteri greci nella stessa considerazione, poiché la Grecia è la culla dell'Ortodossia moderna, ed è da lì che abbiamo ricevuto la luce del Vangelo. Per questa stessa ragione, vediamo l'appello degli abati e dei monaci di 39 monasteri della Grecia e del Monte Athos non solo come parole, ma come un simbolo di sostegno alla Chiesa ortodossa ucraina di fronte a una grave persecuzione. Questa lettera dimostra che anche coloro che rientrano nella giurisdizione del Patriarcato di Costantinopoli riconoscono l'ingiustizia che si sta verificando in Ucraina e non sono disposti a rimanere in silenzio o a chiudere un occhio su ciò che viene fatto alla nostra Chiesa. L'appello degli abati indica anche che la verità non può essere nascosta, anche quando si tenta di zittirla o calunniarla.
A prima vista, potrebbe sembrare che la lettera sia semplicemente l'opinione di un gruppo di monaci, e che il Fanar, o persino i politici, possano ignorarla. Tuttavia, se guardiamo più a fondo, diventa chiaro che ogni parola di questa lettera riflette dolore, una comprensione che il cristianesimo non si afferma attraverso la violenza, e inoltre - che la violenza (in questo caso, in Ucraina) non può essere giustificata da belle parole sulla necessità di "unità". Perché raggiungere l'unità attraverso sangue e lacrime è impossibile. Inoltre, questa lettera esprime il desiderio di proteggere la verità.
È importante sottolineare che i firmatari dell'appello appartengono a monasteri sotto la giurisdizione del Fanar e della Chiesa di Grecia, le stesse Chiese che hanno riconosciuto la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Inoltre, tutti e cinque gli abati athoniti che hanno firmato la lettera, insieme ai fratelli dei loro monasteri, commemorano il Patriarca Bartolomeo durante ogni Divina Liturgia e non cercano un confronto con lui. Lo stesso si può dire di quei monasteri situati in Grecia. Per esempio, tra i firmatari c'è l'igumeno del monastero della Trasfigurazione del Salvatore nel villaggio di Sochos, l'archimandrita Evloghios, il cui metropolita è stato uno dei primi (e quasi l'unico) tra i vescovi greci che non solo ha riconosciuto la Chiesa ortodossa dell'Ucraina, ma ha anche celebrato insieme a Dumenko a Kiev il 28 luglio 2019 i "servizi" in occasione del Giorno del Battesimo della Rus' (a quel tempo, lo ricordiamo, mancavano ancora alcuni mesi al riconoscimento ufficiale della Chiesa ortodossa dell'Ucraina da parte della Chiesa greca).
Ci sono anche monasteri situati nei territori di altre diocesi in Grecia, i cui metropoliti hanno riconosciuto la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", il che significa che dovrebbero formalmente aderire alla posizione dei loro vescovi, ma in pratica le loro parole contraddicono la linea ufficiale. Perché?
Riconoscimento della Chiesa ortodossa ucraina come vera Chiesa
Ricordiamo che nel 2019 il Patriarca Bartolomeo ha dichiarato di "tollerare solo temporaneamente l'esistenza dei vescovi ucraini (della Chiesa ortodossa ucraina, ndc) non come vescovi ordinari locali, ma semplicemente come vescovi titolari o che si trovano (risiedono) in Ucraina". Secondo lui, sua Beatitudine il metropolita Onufrij "non è più considerato il metropolita canonico di Kiev, ma piuttosto un vescovo residente a Kiev, come è stato scritto negli Annali del Patriarcato ecumenico per il 2020". Queste parole non sono solo un "non riconoscimento" dei vescovi della Chiesa ortodossa ucraina, ma un chiaro segnale che, poiché non sono diventati parte della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", possono essere considerati vescovi della... Chiesa ortodossa russa, "temporaneamente residenti in Ucraina". E su questa base (le dichiarazioni del patriarca Bartolomeo), gli esperti del Servizio statale per gli affari etno-religiosi hanno ritenuto possibile mettere al bando la Chiesa ortodossa ucraina.
Tuttavia, a differenza del Fanar, i monaci della Grecia e del Monte Athos si riferiscono alla Chiesa ortodossa ucraina non come "diocesi della Chiesa ortodossa russa in Ucraina", ma come la vera Chiesa ortodossa ucraina sotto la guida del metropolita Onufrij. Questo fatto è particolarmente importante perché dimostra che anche coloro che sono formalmente sotto la giurisdizione del Patriarcato di Costantinopoli riconoscono lo status canonico della Chiesa ortodossa ucraina. Inoltre, sottolineano che la stragrande maggioranza dei cristiani ortodossi in Ucraina rimane fedele a questa Chiesa. Nella loro lettera, i monaci hanno persino citato il numero di credenti che, a loro avviso, appartengono alla Chiesa ortodossa ucraina: circa 24 milioni di persone.
In effetti, questo riconoscimento è una sfida diretta all'intera posizione ufficiale del Fanar, che cerca di isolare la Chiesa ortodossa ucraina e presentarla come una struttura marginale controllata da Mosca. Infatti, i monaci affermano apertamente che la Chiesa ortodossa ucraina non è semplicemente un progetto politico o etnico, ma una Chiesa viva, che continua il suo ministero anche sotto una grave persecuzione.
Persecuzione – segno della vera Chiesa
I monaci iniziano il loro discorso con le parole dell'apostolo Paolo: "Infatti, tutti coloro che vogliono vivere piamente in Cristo Gesù saranno perseguitati" (2 Tim 3:12). Vale la pena notare che, a nostro avviso, questo argomento è particolarmente significativo nel contesto dell'attuale "situazione della chiesa" in Ucraina. I monaci sono convinti che la sofferenza della Chiesa ortodossa ucraina sia la prova della sua autenticità come Chiesa. Dopo tutto, come possiamo spiegare altrimenti che milioni di credenti continuano a rimanere fedeli alla loro Chiesa nonostante arresti, violenze, calunnie e odio?
Nel discutere della persecuzione, i monaci non fanno affermazioni vaghe, ma forniscono esempi specifici. Menzionano il sequestro di chiese e monasteri, l'arresto di vescovi e il maltrattamento di laici. L'esempio più eclatante è il sequestro della cattedrale dell'arcangelo Michele a Cherkassy. In una lettera, che sicuramente è già stata letta al Fanar, ricordano come, nell'ottobre 2024, circa cento persone in mimetica hanno preso d'assalto la cattedrale della Chiesa ortodossa ucraina a Cherkassy, usando sostanze chimiche e armi ad aria compressa. Naturalmente, questo incidente oltraggioso è diventato noto al mondo intero e il patriarca Bartolomeo non può ignorarlo. Una conferma di questo fatto è la testimonianza di Natallia Vasilevich, che ha affermato che il patriarca Bartolomeo, in una conversazione con Evstratij Zorja, ha espresso la sua profonda preoccupazione per la violenza e i sequestri che si verificano nel contesto delle attività della Chiesa ortodossa ucraina e ha sottolineato che l'unità nella Chiesa non può essere costruita sulla violenza.
Pertanto, la menzione dell'incidente di Cherkassy non è casuale. È un chiaro segnale al capo del Fanar che non ha il diritto di rimanere in silenzio in risposta alle azioni di coloro che ha legalizzato e che considera suoi figli.
In sostanza, le parole della lettera servono come un gentile promemoria al patriarca Bartolomeo: mettere a tacere la verità è diventato impossibile e se il Fanar continua a tacere, non farà altro che danneggiare se stesso e l'intera Chiesa.
La cosiddetta "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"
È interessante notare che gli autori della lettera mettono a confronto la Chiesa ortodossa ucraina con la struttura della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" guidata da Dumenko. E lo fanno in modo così netto che è impossibile non notarlo. Nonostante i monaci appartengano a giurisdizioni che hanno riconosciuto ufficialmente Dumenko, non considerano legittima la sua struttura, riferendosi ad essa come alla "cosiddetta Chiesa ortodossa dell'Ucraina", tra virgolette. In altre parole, la posizione espressa nell'appello è un'ulteriore conferma che, nonostante gli strenui sforzi del Patriarcato di Costantinopoli per legittimare la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", persino il clero del Fanar non la riconosce. Quindi, cosa si può dire degli altri?
Inoltre, se anche sei anni dopo il conferimento del Tomos, ci sono coloro all'interno del Patriarcato di Costantinopoli e della Chiesa greca che non considerano la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" una Chiesa canonica, sorge spontanea la domanda: come sono riusciti a ottenere il riconoscimento da tutti gli altri? E quanti all'interno delle Chiese greche rimangono in silenzio sulle azioni del Fanar ma in realtà sono loro oppositori?
Sappiamo tutti che per il capo del Fanar la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è un argomento tanto doloroso quanto lo è il sostegno alla guerra per il patriarca di Mosca.
Pertanto, l'attuale lettera dei monasteri athoniti e greci può essere paragonata a una situazione ipotetica in cui i principali monasteri della Chiesa ortodossa russa condannassero la guerra in Ucraina e chiedessero la pace.
Le autorità ucraine, Hitler e Stalin
Un altro punto degno di nota è il parallelo tracciato dagli autori della lettera tra le azioni delle attuali autorità dell'Ucraina e i regimi totalitari del passato. La legge approvata dal Parlamento ucraino nell'agosto 2024 che kette al bando la Chiesa ortodossa ucraina è paragonata alle repressioni dei tempi di Hitler e Stalin. "Con questa legge, l'Ucraina, un paese "orientato all'Europa", sta tornando ai tempi di Hitler e Stalin", scrivono i monaci.
Questo paragone non è solo una valutazione emotiva. È un'accusa seria, che dimostra che le attuali azioni delle autorità non hanno nulla a che fare con la democrazia o la libertà religiosa. Sono mirate alla distruzione di un'intera Chiesa e alla soppressione di milioni di persone per le quali la fede non è solo una tradizione, ma il senso della vita. Ma, cosa più importante, tutto questo si sta vedendo in Europa e in altre parti del mondo. Sì, al momento le corti europee rimangono in silenzio e i politici democratici chiudono un occhio su ciò che sta accadendo in Ucraina in stato di guerra. Ma tutte le guerre, prima o poi, finiscono e tutti i criminali, prima o poi, risponderanno dei loro crimini.
Conclusioni
L'appello dei monaci è una sfida all'intera posizione ufficiale del Fanar. Dimostra che anche all'interno di questa struttura ci sono molti che non sono d'accordo con ciò che sta accadendo. Il Patriarcato di Costantinopoli deve capire che tali cose non possono essere ignorate.
In effetti, i monaci stanno suggerendo al patriarca Bartolomeo che per lui è giunto il momento della verità: o ammetterà il suo errore nel concedere il Tomos alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e cercherà di cambiare la situazione, oppure continuerà a tacere, rischiando di perdere la fiducia anche dei suoi sostenitori.
La lettera degli abati di Grecia e Athos non è solo un sostegno alla Chiesa ortodossa ucraina. È un invito all'azione. Dice che la Verità è al di sopra degli interessi politici e che il patriarca Bartolomeo deve correggere i suoi errori.
Ma anche se non dovesse arrivare alcuna risposta dal Patriarcato di Costantinopoli, una cosa ci è chiara: la verità non può più essere nascosta o sepolta. La persecuzione della Chiesa ortodossa ucraina non è un problema locale, ma una sfida per l'intero mondo ortodosso.
E se il Fanar non risponde, speriamo che lo facciano i vescovi delle altre Chiese. Dopo tutto, il futuro dell'Ortodossia nel XXI secolo dipende da questo.
Nessun commento:
Posta un commento