giovedì 21 luglio 2011

Sito: Eleusa.net

Montenegro - Incontro con il presidente Vujanovic

Podgorica, 20 luglio 2011 – Il presidente del Dipartimento per le Relazioni Esterne del Patriarcato di Mosca, il metropolita Hilarion ha incontrato il presidente del Montenegro Filip Vujanovic. L'incontro si è tenuto presso la sala di ricevimento del Palazzo di Stato di Podgorica.
All'incontro hanno partecipato il metropolita del Montenegro Amfilohije e l’ambasciatore straordinario e plenipotenziario della Federazione Russa nella Repubblica del Montenegro AA Nesterenko, il segretario del Decr per i rapporti inter-ortodossi arciprete Igor Yakimchuk, il consigliere del direttore generale della "IDC Holding" DE Malyshev, e altri membri della delegazione.
Durante la conversazione, il metropolita Hilarion ha dichiarato che il potere di uno stato è nella sua unità. Questa affermazione è vera per la Chiesa. Ma l'unità della Chiesa è di tipo speciale: è al di sopra dei confini nazionali. Questo dovrebbe essere ricordato soprattutto quando si tratta di formazione dei rapporti Stato-Chiesa nei paesi che hanno recentemente guadagnato la loro indipendenza.
Come sottolineato di seguito dal presidente del Decr, il Patriarcato di Mosca è sempre stato e rimane un fedele amico del popolo del Montenegro. Non interferisce negli affari interni della Chiesa ortodossa serba e del Governo montenegrino, ma la Chiesa ortodossa russa è pronta a condividere la propria esperienza nella costruzione della chiesa e delle relazioni politiche nella formazione di nuovi stati nell'ex Unione Sovietica.
Da parte sua, il presidente del Montenegro ha molto apprezzato l’attenzione della Chiesa ortodossa russa verso i problemi attuali del giovane stato. "La Chiesa ortodossa russa è una grande chiesa perché protegge una grande idea", - ha sottolineato il presidente del Montenegro, notando che l'esperienza della Chiesa russa potrebbe essere utile per risolvere i problemi attuali della Chiesa ortodossa in Montenegro.
A nome di Sua Santità il Patriarca di Mosca e di tutta la Russia Kyrill, il metropolita Hilarion si è congratulato con il Presidente per il 300° anniversario della creazione dei legami politici tra Russia e Montenegro.
In ricordo della riunione, il metropolita Hilarion ha dato al presidente del Montenegro un trittico, realizzato nei laboratori del Patriarcato di Mosca.

(Fonte: Decr Servizio Comunicazione; www.mospat.ru)

Dal sito amico: Eleousa.net

Russia - Veglia nella cattedrale di Saransk

Saransk, 20 luglio 2011 - Alla vigilia dell’anniversario della comparsa dell’Icona della Beata Vergine Maria nella città di Kazan, il Patriarca di Mosca e di tutta la Russia Kyrill ha guidato la veglia nella cattedrale di San Fyodor Ushakov a Saransk.
Sua Santità è stato raggiunto dal metropolita di Saransk e Mordovia Barsanufio, dall’arcivescovo Proclo di Simbirsk e Melekessky, dai vescovi Sawa di Tiraspol e Dubossary, Beniamino di Penza e Kuznetsk, Sergio di Solnechnogorsk, Lazzaro di Narva e Prichudsky, Clemente di Temnikov e Krasnoslobodski, Barnaba di Plavodar e Ust-Kamenogorsk, Elia Ruzaevsky, Nicola di Salekhard e New Urengov, il clero della diocesi di Saransk.
Durante la liturgia ha cantato il coro del Monastero stavropegico Zaikonospassky di Mosca, diretto dall’abate Pietro (Afanasyev) e quello della Cattedrale di S. Fyodor di Saransk, diretto da TN Kiryukhina.
Nel Duomo erano presenti il capo della Repubblica di Mordovia NI Merkushkin, i rappresentanti delle autorità regionali, il presidente del Dipartimento sinodale per l’informazione VR Legoida e altri membri della delegazione che accompagna Sua Santità il Patriarca di Mosca e di tutta la Russia.
Dopo il servizio, il metropolita Barsanufio ha presentato a Sua Santità l’Icona di San Teodoro Ushakov, facendo notare che quest'anno ricorre il 10° anniversario della glorificazione del santo.
Sua Santità poi ha rivolto la parola primaziale.
Il Primate della Chiesa ortodossa russa ha donato alla Cattedrale un Vangelo antico. A tutti i credenti è stata distribuita l’icona del santo guerriero Teodoro Ushakov con la benedizione patriarcale.
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La decisione di costruire una grande cattedrale è stata presa nel 2001, dopo la canonizzazione di San Teodoro Ushakov il 6 marzo 2002. Sua Santità il Patriarca di Mosca e di tutta la Russia Alessio II durante un incontro con l’arcivescovo di Saransk e Mordovia Barsanufio e il presidente della Repubblica di Mordovia NI Merkoushkin ha approvato il progetto preliminare della cattedrale.
L’8 maggio 2002 è stata fatta una preghiera e benedetto il luogo di costruzione della cattedrale. La costruzione è stata realizzata con i fondi regionali e le donazioni di tanti benefattori. Il 9 settembre 2004 si è svolta la cerimonia della posa di una capsula contenente le reliquie del tempio in costruzione. Entro la metà del 2006, la cattedrale è stata costruita.
Il 6 agosto 2006, durante la visita primaziale nella diocesi di Saransk, il Santo Patriarca di Mosca e di tutta la Russia Alessio II consacrò la cattedrale di San Teodoro Ushakov. Le tre navate della cattedrale sono consacrate a San Teodoro Ushakov (al centro), San Serafino di Sarov (a destra) e dei nuovi martiri e confessori della Mordovia (a sinistra). Nel seminterrato del tempio si trovano la chiesa battesimale della Trasfigurazione con il battistero, la sala riunioni, le aule scolastiche, il refettorio, la prosfornaya, le camere per il superiore e il sacrestano, una sala per i sacerdoti, la sagrestia e la biblioteca.
La Cattedrale di Saransk è diventata una delle più grandi chiese in Russia e la più alta nella regione del Volga (altezza - 63 metri). Può ospitare 3000 fedeli (superficie totale - 900 mq.). Ai quattro campanili sono state collocate 12 campane, la più grande delle quali pesa 6 tonnellate.
Nella cattedrale sono custodite le reliquie di San Teodoro Ushakov (1745-1817), Ammiraglio della marina russa, canonizzato nel mese di agosto 2001. La cerimonia fu guidata dal metropolita di Smolensk e Kaliningrad Kyrill, oggi patriarca di Mosca e di tutta la Russia. Nella cattedrale sono conservate le reliquie di molti altri santi.

(Ufficio stampa del Patriarca di Mosca e di tutta la Russia; www.patriarchia.ru)

mercoledì 20 luglio 2011

Aspettiamo che anche dalle parti nostre qualcuno, dimenticando la propria superiorità religiosa come numero di fedeli, faccia altrettando, affinchè anche i fedeli di confessione ortodossa abbiano un luogo per il culto e le preghiere.

ReadabilityLuoghi di culto per religioni diverse da quella cattolica Ordine del Giorno alle­gato alla delib­era sul Piano di alien­azione a val­oriz­zazione degli immo­bili di pro­pri­età...


Luoghi di culto per religioni diverse da quella cattolica





Ordine del Giorno allegato alla delibera sul Piano di alienazione a valorizzazione degli immobili di proprietà comunale


ORDINE DEL GIORNO



Considerato che a Palermo si registra la totale assenza di spazi pubblici da destinare a luoghi di culto per i credi religiosi diversi da quello cattolico



SI IMPEGNA



L’Amministrazione Attiva ad individuare uno o più luoghi idonei che, di comune accordo con le comunità religiose e straniere, possano essere destinati a luoghi di culto



sabato 16 luglio 2011

L'Espresso blog


Il bolognese Morini insiste: la Chiesa ritorni al primo millennio

teodora

Caro Sandro Magister,
ai tre commenti di Francesco Arzillo, di padre Giovanni Cavalcoli e del professor Martin Rhonheimer che hanno fatto seguito al mio intervento del 21 giugno su www.chiesa, questa mia non vuole essere una replica puntuale, non solo per ragioni di spazio e per un opportuno senso della misura, ma soprattutto perché tutti e tre gli interventi mi sono sembrati pacati nel tono, anche quando registrano il dissenso, e ugualmente preoccupati di quella continuità con la tradizione che hanno ben percepito trasparire anche dal mio scritto.
Il problema semmai non è che cosa si intenda per tradizione ma se ci sia stato un momento in cui in Occidente è successo qualcosa per cui questo flusso vitale, che non si è mai interrotto – lungi da me il mettere in dubbio questa fedeltà della mia Chiesa alla tradizione! – si è per così dire intorbidato.
A mio parere ciò è avvenuto in modo rilevante proprio allo scadere del primo millennio, donde la mia individuazione di un criterio ermeneutico del Concilio Vaticano II precisamente nel ritorno all’esperienza comune della Chiesa indivisa.
Anche l’Ortodossia sarebbe ugualmente bisognosa di una tale “riforma” della sua vita ecclesiale – anche se in misura sensibilmente minore rispetto all’Occidente cattolico-romano –, sempre seguendo il medesimo criterio. Anzi, ha già incominciato a farlo (basti pensare al “ritorno ai Padri” avviato dalla teologia russa dell’emigrazione) e qualora questo ritorno alla propria tradizione arrivasse anche alle sorgenti dell’ecclesiologia ortodossa – spogliandola degli elementi spuri accumulatisi in secoli di polemica – allora persino il tremendo problema del primato romano sarebbe forse suscettibile di soluzioni oggi ancora inimmaginabili.
Quanta strada sia ancora da fare in questo ambito nella Chiesa cattolica – sempre in quella interpretazione “accrescitiva” del Concilio, alla quale ho fatto riferimento – lo ha dimostrato nei giorni scorsi la preconizzata successione sulla cattedra episcopale milanese: senza minimamente eccepire sulla sostanza della scelta – data l’elevatissima personalità dell’eletto – il metodo mi ha lasciato interdetto. Trasferire un vescovo da una grande Chiesa che vanta radici apostoliche (Aquileia-Grado-Venezia) a un’altra grande Chiesa, che vanta, accanto ad un grande presente, un non meno grande passato (basti pensare alla tradizione ambrosiana) richiama troppo da vicino il trasferimento di un funzionario, che ha ben meritato, da una prefettura ad un’altra più prestigiosa e impegnativa. L’episodio mi è sembrato il sintomo di un forte scompenso ecclesiologico.
Francesco Arzillo dubita che questo ritorno “al primo millennio” sia stato l’intento riformatore dell’ultimo Concilio. Può darsi che non fosse questa l’intenzione, neanche della cosiddetta “maggioranza conciliare”. Nondimeno i casi da me citati – assunti a campione dall’ecclesiologia e dalla liturgia del Vaticano II – mi hanno convinto che questo è stato lo spirito del Concilio – direi quasi la sua provvidenzialità – e questa dovrebbe esserne la “recezione creativa e responsabile” (cito sempre, anche se ad altro proposito, Alberto Melloni).
Arzillo è, tra i miei recensori, colui con il quale mi sento in più forte sintonia – per il suo tono gioiosamente ecumenico – e ho apprezzato molto la citazione dell’ufficiatura italo-greca di san Francesco, che ho avuto l’onore di presentare due anni fa, presso l’Antonianum di Roma, insieme ad altri due colleghi più qualificati di me, nella recente e bella edizione di Anna Gaspari. Mi permetto di discutere solo le riserve da lui espresse in ordine alla continuità del palamismo rispetto alla grande teologia trinitaria orientale del IV secolo.
Anche se l’Ortodossia non è tutta “palamitica”, nondimeno questa teologia è – dai grandi concili del XV secolo – dottrina ufficiale della Chiesa ortodossa, senza che nemmeno il Concilio di unione fiorentino l’abbia smentita (e l’ufficiatura di san Gregorio Palamas è stata inserita da papa Paolo VI, sia pure come facoltativa, nei libri liturgici dei cattolici greci di rito bizantino). Il palamismo è l’esempio di quella evoluzione creativa – inaspettata forse in un contesto teologico, come quello orientale, ingiustamente accusato di “fissismo” – che ha saputo sviluppare, in continuità con la tradizione, intuizioni fondamentali dei Padri Cappadoci e di san Massimo il Confessore. Anzi, se è difficilmente assimilabile, da parte della speculazione teologica occidentale, la caratteristica distinzione in Dio di una essenza inconoscibile e di energie incerate ma partecipabili, tuttavia io credo che la rivendicazione di Palamas che è possibile, anzi è essenziale per la deificazione dell’uomo, conoscere Dio rappresenti l’apporto fondamentale di questo grande pensatore alla teologia cristiana “in toto”, senza distinzioni tra Est ed Ovest.
Dell’intervento di padre Cavalcoli ho apprezzato soprattutto il richiamo alla distinzione congariana fra la Tradizione e le tradizioni. Com’è provvidenziale una pluralità di teologie nella Chiesa (altra acquisizione del Concilio), di conseguenza esiste, con la medesima positività, una pluralità di tradizioni, tutte necessariamente diramantesi dalla Tradizione apostolica. Credo tuttavia che nessuna di esse sia omologabile alla Grande Tradizione, cioè a quella della Chiesa indivisa, vale a dire proprio quella del primo millennio.
Mi permetto solo di esprimere un dissenso nei confronti di padre Cavalcoli in merito – come ci poteva aspettare – a quanto egli scrive sul “Filioque”. La dottrina, relativa a questa formula, non mi pare assolutamente desumibile dalla Rivelazione. Certamente il Nuovo Testamento presenta ripetutamente il Figlio come agente dell’effusione dello Spirito, dai numerosi passi giovannei nel grande discorso dei capp. 13-16 (14, 16.26; 15, 26; 16, 7) sino alla grande Pentecoste giovannea di 20, 22, dove il Figlio – che aveva emesso lo Spirito sulla croce – lo sparge nel mondo con il suo soffio, alitando sui discepoli. Ma in tutti questi casi si tratta appunto dell’invio dello Spirito nel mondo, di quella fase cioè della storia della salvezza definita “economia”. Quando invece si tratta della sua relazione d’origine, cioè della “teologia”, la speculazione cioè che osa scrutare la vita intima di Dio, la stessa Rivelazione evangelica è esplicita nel postulare l’origine dello Spirito dal Padre solo (Gv 15, 26).
Più duro nella sostanza, anche se ugualmente cortese e rispettoso nella forma, mi è parso l’intervento di padre Rhonheimer, ma le sue puntuali argomentazioni non le trovo inconciliabili con il mio pensiero. Egli privilegia, uscendo da una dialettica contrapposizione tra ermeneutica della rottura ed ermeneutica della continuità, il concetto di “riforma” come criterio interpretativo del Concilio. La riforma però presuppone un modello a cui ispirarsi – e questo io credo di averlo identificato, nonostante su questa identificazione nessuno dei miei interlocutori sia d’accordo –; se questo modello non è chiaro e plausibile, la riforma fallisce.
Sperando di non urtare la sensibilità di nessuno, mi viene in mente quel poderoso movimento che ha talmente enfatizzato il concetto di riforma, da autodenominarsi proprio come la Riforma (“protestante”). Qual era il modello di questa “riforma”? La “ecclesiae primitivae forma”, come ho insinuato nel mio primo intervento? Proprio in questi giorni abbiamo avuto sotto gli occhi un esempio sconcertante: il pastore che ha celebrato nozze omosessuali. Proprio il protestantesimo (che talvolta assume l’aspetto di un “cristianesimo mondanizzato”, come severamente lo ha definito il teologo ortodosso francofono Olivier Clément), il movimento cioè che nella Chiesa ha formalizzato come dottrina qualificante la sua stessa esistenza il principio della “sola scriptura”, sembra avere dimenticato l’inequivocabile e inappellabile condanna scritturistica dell’omosessualità, dalle prescrizioni veterotestamentarie (cito solo Levitico 18, 22) al celebre passo di s. Paolo (Rom 1, 26-27), proprio l’apostolo più caro ai Riformati.
Su di un aspetto mi permetto garbatamente di dissentire da padre Rhonheimer, cioè nel suo riferimento al “cesaropapismo” orientale, o comunque imperiale. Nonostante le apparenze, si tratta di una categoria estranea all’Ortodossia. Il termine è stato coniato dalla storiografia per definire la situazione in cui l’imperatore fa il papa (come il suo contrario, la teocrazia, vuol dire che i sacerdoti fanno i politici). Nell’Ortodossia invece i due “poteri” devono agire in sinfonia: l’imperatore ha competenze ecclesiastiche (che gli vengono dall’essere l’Unto del Signore), ma nelle faccende dogmatiche la competenza esclusiva è dei vescovi. I due campi sono accuratamente delimitati: “cesaropapisti” sono stati gli imperatori eretici, come, ad esempio, i monoteliti e gli iconoclasti.
Non è vero, a mio parere, quanto affermava l’ultimo bozza di documento – poi decaduta – del dialogo teologico cattolico-ortodosso: che cioè, nei rapporti tra le due Chiese proprio nel primo millennio, l’”idelogia dell’impero romano” abbia rappresentato un fattore non teologico. Come ho cercato di dimostrare in una relazione tenuta a Varese nello scorso settembre, la “basileia” ha adempiuto non solo una funzione storica, ma ha avuto anche un compito teologico, se non altro nel conferire piena legittimità ai sette concili fondativi della Chiesa universale, convocandoli, presiedendoli e dando loro vigore normativo. Forse per questo, esaurita la sua funzione “ecclesiastica”, essa è provvidenzialmente venuta meno.
Enrico Morini
Bologna, 15 luglio 2011

Riflessione della V domenica di Matteo, a cura di P. Seraphim (BO)

Серафим Валеряни Ропа
 
V Domenica dopo Pentecoste
Tono IV
Letture: Rm. 8,14 – 21 / Mt. 8,28 – 9,1

Nel nome del Padre e del Figlio e del Santo Spirito. Amen.
“Credo in unico Dio Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le realtà sia visibili che invisibili…” la tradizione della Chiesa pone fra le realtà invisibili anche gli angeli. Gli angeli (dal greco: inviato) sono puri spiriti dotati di intelligenza che servono il Signore. La Sacra Scrittura ci riferisce che essi sono divisi in vari ordini: i Serafini dalle sei ali che stanno intorno al trono di Dio e si velano per timore della inaccessibile sua gloria, i Cherubini dai molti occhi, le Potestà, le Virtù, gli Arcangeli come San Michele il capo delle milizie celesti, San Gabriele l’annunciatore, san Raffaele il guaritore. Anch’essi come gli uomini sono stati creati liberi, alcuni di loro hanno per orgoglio e superbia rifiutato Dio. Pare anacronistico al giorno d’oggi parlare dei demoni o diavoli cioè quegli angeli che sono decaduti dallo stato di grazia e di comunione con Dio e che cercano in tutti i modi di sviare gli uomini dalla retta via per farli cadere nel peccato. Ci sono persone disposte a credere in Dio ma non credono che esistano i demoni tentatori, spesso ahimè la realtà degli spiriti maligni è sottovalutata anche nelle prediche e nei richiami dei sacerdoti.
Purtroppo come ci insegna tutta la Scrittura e tutta la Tradizione essi esistono e ci spingono ad andare contro Dio e contro la sua legge. Come esistono, purtroppo, persone malvagie nel mondo così esistono spiriti malvagi nell’universo, sono spiriti che pare si “nutrano” dei peccati delle persone. Avendo essi reciso ogni rapporto con Dio, con la vita vera, essi “vanno in giro cercando chi divorare” per riempire questa fame spirituale che li attanaglia, che li rode dentro in un circolo vizioso che arriverà alla fine dei secoli. Ad essi non importa se la gente creda o meno nella loro esistenza, ad essi interessa che la gente pecchi e trasportano chi li segue in una specie di vortice oscuro che trascina sempre di più verso il basso. Spesso essi scimmiottano Dio e si presentano come angeli di luce e traviano gli uomini facendosi adorare, è il caso di alcune mode new age e next age che parlano di angeli, di invocare o evocare le potenze angeliche, di vaga spiritualità, ma che sono pericolosissime perché non vengono da Dio. Spesso essi fanno leva sulle insicurezze umane e sulla nostra poca Fede e nei momenti di dolore ci spingono ad andare da maghi, stregoni, cartomanti, astrologi, medium che dicono di parlare coi defunti, i quali o sono ciarlatani o sono in combutta coi diavoli o entrambe le cose. Mai frequentare quelle persone! Mai! Si scherza con il fuoco, con un fuoco spirituale che ci brucia anche se non ce ne accorgiamo e quando ce ne accorgiamo siamo già molto in là nel vortice.
Per questo cari fratelli e sorelle vi raccomando di stare all’erta, non dico di andare all’eccesso opposto cioè di credere che tutto sia (come dicono alcuni settanti) sotto l’influsso del maligno, ma di stare all’erta e il più possibile vicini a Dio. I rimedi, la cura, il mantenimento della nostra salute spirituale sono dovuti alle solite semplici, buone e sante regole: preghiera personale e comunitaria assidua e regolare, digiuno, lettura e meditazione della Sacra Scrittura, frequenza ai sacramenti.
Buona Domenica a tutti.

p. Seraphim

venerdì 15 luglio 2011

 
CHIESA ORTODOSSA RUSSA
PATRIARCATO  DI  MOSCA

PARROCCHIA
SAN GIOVANNI DI KRONSTADT

P. Gallo – P.zza Vittorio Em. II

CASTROVILLARI


DOMENICA  17  LUGLIO  2011

V  Domenica di Matteo
 
"Dei Santi Padri del IV Concilio Ecumenico in Calcedonia"

TONO IV
 
 
SABATO  16  LUGLIO:  ORE   17.30   VESPRO

DOMENICA 17 LUGLIO:  ORE   10.00    DIVINA LITURGIA
 
ORE   17.15      BATTESIMO DI ALEXANDRA

martedì 12 luglio 2011

Incontro fraterno con i pellegrini in visita
della Magna Grecia,
provenienti dalla Grecia, 
guidati dagli Archimandriti Efrem e Arsenio.
BUON VIAGGIO !!!!

sabato 9 luglio 2011

Riflessione a cura di p. Seraphim: IV Domenica dopo Pentecoste

Tono III
Letture: Rm. 6,18-23 / Mt. 8,5-13

Nel nome del Padre e del Figlio e del Santo Spirito. Amìn.
Fratelli e sorelle carissimi vivendo in Italia dove la maggioranza della popolazione è di religione romano-cattolica spesso alcuni fedeli mi fanno questa domanda: “Padre, posso scrivere il nome della nonna che bado/del vicino di casa/ delle persone che mi hanno aiutato per farli ricordare alla Liturgia?”. La mia risposta si basa sempre su questo passo del Vangelo, vi leggiamo che un centurione (probabilmente un proselito della porta ma pur sempre proveniente dal paganesimo) riceve un complimento dal Signore Gesù che agli occhi dei pii ebrei probabilmente suonava come una bestemmia: “In verità vi dico, presso nessuno in Israele ho trovato una fede così grande.”
Così mi sono accorto che fra i non ortodossi ci sono persone di grande Fede, soprattutto persone che sono alla ricerca della Verità piena, persone con un cuore grande, veramente mi accorgo che “lo Spirito soffia dove vuole” e “può far nascere figli di Abramo anche dalle pietre”. Come non ricambiare queste persone con ciò che abbiamo di più prezioso cioè la nostra preghiera per loro verso il nostro Dio misericordioso e amico degli uomini? Quindi la mia risposta alla fatidica domanda dei fedeli è: “Non è che potete scrivere, dovete scrivere i loro nomi e io pregherò senz’altro per loro.” I nomi dei non ortodossi possono essere letti alla proskomidia, possono essere letti durante un molieben (supplica) se sono vivi, durante la panichida (ufficio funebre) se sono defunti, possono essere letti durante la recita del salterio. Mi raccomando non trascuriamo mai ogni buona occasione di pregare per coloro che ci hanno fatto del bene indipendentemente dalla loro religione e ancora di più non dimentichiamoci mai di pregare per coloro che ci hanno fatto del male.
Vedete spesso le persone sono di una o di un’altra religione a seconda del paese in cui sono nate, ma tutte indistintamente sono alla ricerca del senso della vita, ognuno è in cammino consapevolmente o inconsapevolmente verso Dio la Verità Assoluta, con le nostre preghiere possiamo fare tanto perché accolgano il dono di Dio e siano illuminati dalla grazia, quella grazia che trasfigura le nostre anime a immagine di Cristo nostro Salvatore, a Lui gloria nei secoli. Amin.

Vi ricordo che martedì è la festa dei santi corifei degli Apostoli Pietro e Paolo finisce il digiuno ma non facciamo finire lo spirito del digiuno teniamo quindi il digiuno solito il mercoledì e il venerdì, mercoledì 13 sinassi dei dodici Apostoli benché mercoledì si potrà mangiare pesce.
Buona Domenica a tutti e buona Festa.

p. Seraphim