Già nel recente passato, o Fratelli italo-albanesi, vi ho informato ed erudito sulla nostra condizione riguardo la vera ed unica Fede. Quella Fede che i nostri Avi venendo dalle regioni della Grecia e dell’Albania nel Regno delle Due Sicilie, hanno portato e mantenuto con grandi stenti e patimenti a causa delle mire distruttrici ed espansionistiche sia dei vescovi latini, sia dei signorotti locali alleati dei vescovi.
Quella non era altro che l’Unica, Santa ed Apostolica Fede di N.S.G.C., e lo è ancora, per cui valeva la pena combattere tenacemente (esempio lampante il Santo Martire di Spezzano Albanese Arciprete Padre Nicola Basta) in quanto riusciva ad unire un popolo, stremato da decenni di guerre contro i turchi, in terre straniere e non sempre ospitali.
Non dobbiamo dimenticare tanti nostri sventurati paesi che non sono riusciti, nonostante abbiano combattuto fortemente contro un avversario subdolo, ad arrivare a mantenere ciò di cui andavano orgogliosi (S. Caterina Alb., Spezzano Alb., Cerzeto ecc.).
Purtroppo loro hanno dovuto soccombere ed in alcuni casi oltre a perdere la Fede, hanno subito anche la sfortuna e la beffa di dover dimenticare la lingua.
FEDE - LINGUA: un binomio inscindibile ed indissolubile per non perdere in modo definitivo ciò che resta della nostra Cultura, delle nostre Tradizioni, delle nostre Memorie, del nostro Patrimonio Linguistico e della nostra ricchezza Spirituale.
LINGUA: ovvero quel poco che ancora riesce ad essere parlata nei nostri poveri paesi da chi, tuttora, con tenacia la insegna ai propri figli.
E certamente la nostra lingua parlata non è quella che si può evidenziare nei cartelli stradali presa in prestito dallo Shqip; questa è una lingua importata che serve soltanto a qualcuno per prendere in giro un intero popolo e che grazie alla legge 482/99 guadagnarsi qualche euro.
FEDE: ovvero quella per cui ancora, in molti, nei nostri paesi continuano a sperare di ritornare a “combattere”, per dimostrare prima a se stessi e poi a chi sappiamo noi che vale veramente la pena di lottare per riportare nella sua originaria dimensione ciò che nel corso dei secoli è diventato:.
La nuova fede, che ci hanno inculcato con la forza e con l’inganno, di cui ci riempiamo la bocca in alcuni momenti (mai raccontata in termini corretti dal punto di vista storico) e quando siamo costretti a Folklorizzare il nostro Essere italo-albanesi anche dal punto di vista religioso con Messe a destra e a manca, non è quella per cui abbiamo sofferto e per cui molti nostri avi sono stati martirizzati.
Ciò di cui noi dobbiamo andare fieri è celato nel nostro intimo, nel nostro spirito battagliero, nel nostro essere dalla testa ai piedi ARBËRESHË, sicuramente nascosto, al quale manca solo l’imput giusto perché esploda.
Forse è arrivato o sta per arrivare il momento, solo Dio lo sa, che l’orgoglio di essere stati e di essere diversi dagli altri, orgoglio che ci ha caratterizzati in questi cinque secoli e che testardamente ci ha fatto sentire “gjaku jonë i shëprishur” ci farà urlare a squarcia gola, anche se a qualche latino travestito da arbëresh non piacerà, con nome e cognome quella profetica parola che molti, anzi pochissimi, non vogliono sentire, tantomeno nominare e di cui hanno una terrore bestiale: ORTODOSSIA.
È una parola che fa paura, è un incubo da esorcizzare, è una parola spaventosa, è una parola impronunciabile e diabolica: guai se il popolo italo-albanese, tenuto nell’ignoranza da chi ha sempre saputo, si appropriasse di qualcosa di cui si è persa la memoria, guai se la nostra gente si impossessasse di ciò di cui è stata espropriata e spogliata. Fratelli Italo-albanesi: molte verità dalle fondamenta di sabbia, che finalmente molti autori scavando in profondità, con una dose di raro coraggio, stanno svelando (Vittorio Elmo, Matteo Mandalà, Nando Elmo, Costantino Marco e qualche insigne Professore universitario), cadrebbero portandosi appresso tanti privilegi di cui il povero popolo italo-albanse non ha mai saputo e tanto meno goduto.
ORTODOSSIA: un tabù da sfatare, una gioia interiore da rivivere, un figlio da ritrovare, un amore da coltivare, una moglie da amare.
In altre parole l’ORTODOSSIA: l’unica, la vera, l’originale, la sicura, la certa, la reale, l’inconfutabile, l’indistruttibile, l’innegabile, l’indiscutibile FEDE di Gesù Cristo, degli Apostoli e dei Santi Padri e per noi il non reciso cordone ombelicale che ancora potrà legarci al nostro passato, alla nostra cultura, alla nostra lingua, alle nostre radici, ai nostri Martiri, ai nostri Santi Padri, al nostro essere Figli dell’Oriente.
Noi meraviglioso POPOLO ARBËRESHË, per grazia di Dio, non abbiamo abiurato a questa Fede, non abbiamo venduto la nostra primo genitura per un pugno di lenticchie, siamo stati annessi questo si, ma non ci siamo mai genuflessi e inchinati a nessuno. Neanche chi continua a sorreggere l’insostenibile, potrà sostenere il contrario quando diciamo che la Verità ci è stata nascosta, occultata, negata per i motivi che tutti conosciamo. ALLORA ?
Già si intravedono all’orizzonte le prime crepe di questo castello costruito sulla sabbia, le prime scosse di questo terremoto che si chiama Ortodossia stanno dando i loro frutti: la gente vuole sapere e molti dovranno dare delle spiegazioni che non sono quelle fino ad ora rifilate ad un popolo martoriato e martirizzato. Tutto questo sta compiendosi “Quando venne la pienezza dei tempi ……” e la nostra umile Chiesa, che è principalmente la vostra, è convinta, più che mai, che il torto da noi subito sta per essere lavato e purificato.
La Santa Chiesa Cristiana Ortodossa, di cui mi onore di appartenere e di essere Presbitero, sarà lieta di offrirvi tutto ciò che fino ad ora vi è stato negato. Cari Fratelli arbëreshë, da noi sarete a casa vostra e nessuno potrà mai buttarvi fuori, perché qui voi siete quel figlio che si era perduto e che è stato ritrovato.
D’ora in avanti, solo nella Chiesa Ortodossa potete dire con orgoglio: . Il binomio “ARBËRESHË – ORTODOSSIA” è inscindibile e l’Ortodossia ha un solo significato: RETTA FEDE. Quindi l’Arbëreshë e l’Ortodossia sono indissolubili ed indivisibili e portatori dell’unica Verità.
San Basile, 15,09,2007
Padre Giovanni Capparelli
Presbitero Ortodosso
Patriarcato di Mosca
328 0140556
Quella non era altro che l’Unica, Santa ed Apostolica Fede di N.S.G.C., e lo è ancora, per cui valeva la pena combattere tenacemente (esempio lampante il Santo Martire di Spezzano Albanese Arciprete Padre Nicola Basta) in quanto riusciva ad unire un popolo, stremato da decenni di guerre contro i turchi, in terre straniere e non sempre ospitali.
Non dobbiamo dimenticare tanti nostri sventurati paesi che non sono riusciti, nonostante abbiano combattuto fortemente contro un avversario subdolo, ad arrivare a mantenere ciò di cui andavano orgogliosi (S. Caterina Alb., Spezzano Alb., Cerzeto ecc.).
Purtroppo loro hanno dovuto soccombere ed in alcuni casi oltre a perdere la Fede, hanno subito anche la sfortuna e la beffa di dover dimenticare la lingua.
FEDE - LINGUA: un binomio inscindibile ed indissolubile per non perdere in modo definitivo ciò che resta della nostra Cultura, delle nostre Tradizioni, delle nostre Memorie, del nostro Patrimonio Linguistico e della nostra ricchezza Spirituale.
LINGUA: ovvero quel poco che ancora riesce ad essere parlata nei nostri poveri paesi da chi, tuttora, con tenacia la insegna ai propri figli.
E certamente la nostra lingua parlata non è quella che si può evidenziare nei cartelli stradali presa in prestito dallo Shqip; questa è una lingua importata che serve soltanto a qualcuno per prendere in giro un intero popolo e che grazie alla legge 482/99 guadagnarsi qualche euro.
FEDE: ovvero quella per cui ancora, in molti, nei nostri paesi continuano a sperare di ritornare a “combattere”, per dimostrare prima a se stessi e poi a chi sappiamo noi che vale veramente la pena di lottare per riportare nella sua originaria dimensione ciò che nel corso dei secoli è diventato:
La nuova fede, che ci hanno inculcato con la forza e con l’inganno, di cui ci riempiamo la bocca in alcuni momenti (mai raccontata in termini corretti dal punto di vista storico) e quando siamo costretti a Folklorizzare il nostro Essere italo-albanesi anche dal punto di vista religioso con Messe a destra e a manca, non è quella per cui abbiamo sofferto e per cui molti nostri avi sono stati martirizzati.
Ciò di cui noi dobbiamo andare fieri è celato nel nostro intimo, nel nostro spirito battagliero, nel nostro essere dalla testa ai piedi ARBËRESHË, sicuramente nascosto, al quale manca solo l’imput giusto perché esploda.
Forse è arrivato o sta per arrivare il momento, solo Dio lo sa, che l’orgoglio di essere stati e di essere diversi dagli altri, orgoglio che ci ha caratterizzati in questi cinque secoli e che testardamente ci ha fatto sentire “gjaku jonë i shëprishur” ci farà urlare a squarcia gola, anche se a qualche latino travestito da arbëresh non piacerà, con nome e cognome quella profetica parola che molti, anzi pochissimi, non vogliono sentire, tantomeno nominare e di cui hanno una terrore bestiale: ORTODOSSIA.
È una parola che fa paura, è un incubo da esorcizzare, è una parola spaventosa, è una parola impronunciabile e diabolica: guai se il popolo italo-albanese, tenuto nell’ignoranza da chi ha sempre saputo, si appropriasse di qualcosa di cui si è persa la memoria, guai se la nostra gente si impossessasse di ciò di cui è stata espropriata e spogliata. Fratelli Italo-albanesi: molte verità dalle fondamenta di sabbia, che finalmente molti autori scavando in profondità, con una dose di raro coraggio, stanno svelando (Vittorio Elmo, Matteo Mandalà, Nando Elmo, Costantino Marco e qualche insigne Professore universitario), cadrebbero portandosi appresso tanti privilegi di cui il povero popolo italo-albanse non ha mai saputo e tanto meno goduto.
ORTODOSSIA: un tabù da sfatare, una gioia interiore da rivivere, un figlio da ritrovare, un amore da coltivare, una moglie da amare.
In altre parole l’ORTODOSSIA: l’unica, la vera, l’originale, la sicura, la certa, la reale, l’inconfutabile, l’indistruttibile, l’innegabile, l’indiscutibile FEDE di Gesù Cristo, degli Apostoli e dei Santi Padri e per noi il non reciso cordone ombelicale che ancora potrà legarci al nostro passato, alla nostra cultura, alla nostra lingua, alle nostre radici, ai nostri Martiri, ai nostri Santi Padri, al nostro essere Figli dell’Oriente.
Noi meraviglioso POPOLO ARBËRESHË, per grazia di Dio, non abbiamo abiurato a questa Fede, non abbiamo venduto la nostra primo genitura per un pugno di lenticchie, siamo stati annessi questo si, ma non ci siamo mai genuflessi e inchinati a nessuno. Neanche chi continua a sorreggere l’insostenibile, potrà sostenere il contrario quando diciamo che la Verità ci è stata nascosta, occultata, negata per i motivi che tutti conosciamo. ALLORA ?
Già si intravedono all’orizzonte le prime crepe di questo castello costruito sulla sabbia, le prime scosse di questo terremoto che si chiama Ortodossia stanno dando i loro frutti: la gente vuole sapere e molti dovranno dare delle spiegazioni che non sono quelle fino ad ora rifilate ad un popolo martoriato e martirizzato. Tutto questo sta compiendosi “Quando venne la pienezza dei tempi ……” e la nostra umile Chiesa, che è principalmente la vostra, è convinta, più che mai, che il torto da noi subito sta per essere lavato e purificato.
La Santa Chiesa Cristiana Ortodossa, di cui mi onore di appartenere e di essere Presbitero, sarà lieta di offrirvi tutto ciò che fino ad ora vi è stato negato. Cari Fratelli arbëreshë, da noi sarete a casa vostra e nessuno potrà mai buttarvi fuori, perché qui voi siete quel figlio che si era perduto e che è stato ritrovato.
D’ora in avanti, solo nella Chiesa Ortodossa potete dire con orgoglio: . Il binomio “ARBËRESHË – ORTODOSSIA” è inscindibile e l’Ortodossia ha un solo significato: RETTA FEDE. Quindi l’Arbëreshë e l’Ortodossia sono indissolubili ed indivisibili e portatori dell’unica Verità.
San Basile, 15,09,2007
Padre Giovanni Capparelli
Presbitero Ortodosso
Patriarcato di Mosca
328 0140556
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