Tre cavalli di Troia: tentativi
dall'interno di disorientare gli ortodossi
Monomakhos
18 aprile 2017
L'ottenebrato Concilio pan-ortodosso a Creta nel giugno del 2016 ha ricordato ai cristiani ortodossi che la roccia della fede e della pratica ortodossa si sta spaccando da decenni. Le fenditure sono particolarmente evidenti tra i cristiani ortodossi (circa un milione) negli Stati Uniti.
Ciò che non è convenzionale nel tono del conflitto è l'aggressiva retorica ad hominem dell'avant-garde verso coloro che insistono sulla fedeltà irreprensibile alla Tradizione ortodossa. In una comunità ben nota per il suo approccio conservatore alla dottrina religiosa, alla morale e ai riti liturgici, gli innovatori dovrebbero normalmente mantenere un profilo basso, evitando attenzioni indesiderata e accuse di "eresia", mentre cercano gradualmente di "cambiare". Per ironia della sorte, sono gli ortodossi tradizionalisti a essere sotto assalto e a doversi difendere in America e in alcune Chiese autocefale ("self-headed") in tutto il mondo.
La "sinistra" ortodossa sta conducendo la propria offensiva su tre fronti. Dato che in grande maggioranza i fedeli ortodossi in questo paese non sono a conoscenza di tali macchinazioni da parte delle piccole ma determinate élite intellettuali – chierici e laici – impegnati in questa guerra spirituale, prendo a prestito l'uso della metafora omerica del "cavallo di Troia" da parte di Rod Dreher, come metafora adatta per la tattica primaria di tali élite. [1] Di fatto, intendo triplicare questa metafora. Come il celebre artificio tattico degli antichi greci, i cavalli di Troia ortodossi contemporanei sembrano dei doni, ma sono invece pieni di guerrieri teologici clandestini pronti a saccheggiare la Chiesa.
Lo smantellamento dei "miserabili" ortodossi
Il primo cavallo di Troia è la crescente tendenza dei progressisti ortodossi a imitare l'infame accusa del "branco di miserabili" fatta da Hilary Clinton il 9 settembre 2016 contro la metà dei sostenitori del suo avversario. In questo caso gli epiteti nascono dall'inimicizia teologia invece che da quella politica.
Alcuni di questi neologismi sembrano un po' forzati. Per esempio, Aristotele Papanikolaou, professore di teologia e cultura ortodossa e co-direttore del Centro di studi cristiani ortodossi (OCSC) dell'Università di Fordham, ha rispolverato un'antica eresia cristologica. Egli percepisce ciò che chiama "nestorianesimo politico" – definito come "una politica di dualismo, una politica di noi contro di loro, una politica di demonizzazione" – tra i cristiani americani, compresi gli ortodossi, che non riescono a vedere determinate questioni politiche se non guidate da un piano umanistico senza Dio, politicamente liberale". [2] Questo è un eccesso retorico rivolto a colleghi cristiani che, diciamo, sono più tradizionalisti di lui.
L'insulto preferito nella sinistra ortodossa sembra essere "fondamentalista". Non importa la provenienza evangelica protestante di questo termine, datata 1922, quando Curtis Lee Laws prese spunto dalla pubblicazione dei trattati dei fondamenti nel decennio precedente. Non importa che il termine abbia avuto inizio come un marchio di onore. Non importa la strana applicazione errata fin dagli anni '80 a grandi fasce dell'islam e a elementi reazionari in altre comunità religiose. La sinistra ortodossa semplicemente echeggia l'iperbole anti-evangelica delle principali denominazioni protestanti liberali nel Consiglio Nazionale delle Chiese e nel Consiglio Mondiale delle Chiese, con cui hanno condiviso tarallucci e vino per tanti anni.
Un dignitario ecclesiastico di non minor rango dell'arcivescovo Crisostomo di Cipro (primate di un'antica Chiesa ortodossa autocefala) ha sparato un colpo di fucile indiscriminato il primo giorno del recente Concilio pan-ortodosso contro non specificati "gruppi" antiecumenici, che ha incolpato per l'assenza di quattro intere Chiese al Concilio: "I gruppi fondamentalisti e fanatici, tra i quali vi sono teologi e vescovi, che in misura maggiore o minore oggi sono attivi in tutto il mondo ortodosso, costituiscono una grave ragione per cui sul Santo e Grande Concilio incombe una vera minaccia non solo di rimandarlo, ma anche di annullarlo". L'arcivescovo ha identificato gli obiettivi della sua ira semplicemente in coloro che si oppongono a "qualsiasi idea di avvicinarsi ad altri cristiani". [3]
Intanto, negli Stati Uniti, un crescente gruppo di studiosi ortodossi, in gran parte teologi laici, con un crescente abbandono, ha caratterizzato molti dei propri confratelli come "fondamentalisti" – forse nessuno è stato più ripetitivo e duro di George Demacopoulos, professore di studi cristiani ortodossi e co-direttore dell'OCSC presso la Fordham University. In un post del blog nel gennaio del 2015 su un sito ufficiale dell'Arcidiocesi ortodossa greca d'America, Demacopoulos ha descritto i suoi innominati avversari teologici, in una pesante serie di diffamazioni ad hominem, come "estremisti" e "opportunisti radicali" che presentano un "pericolo insidioso" motivato da una "promozione di sé". Demacopoulos afferma che il loro "errore teologico chiave" è "il presupposto che i Padri della Chiesa abbiano concordato su tutte le questioni teologiche ed etiche", una rivendicazione assolutamente assurda per chiunque abbia studiato la ricca varietà di testi patristici esistenti. Altre pericolose tendenze che Demacopoulos percepisce, falsamente, comprendono un'insolita preoccupazione "che i padri fossero anti-intellettuali"; "la fedele adesione a un insieme fossilizzato di proposizioni", un semplice "sottoinsieme di assiomi teologici" derivati da una "lettura riduzionista dei Padri della Chiesa" e usati come "un'arma politica"; e un'inevitabile "idolatria" al posto di un "impegno sincero e spirituale a cercare Dio e a condividerlo con il mondo". La frase di Demacopoulos, "impegno sincero e spirituale", è, al contrario, una strana distorsione esistenzialista postmoderna dei Padri della Chiesa. Il termine "fumettistico" non basta nemmeno per iniziare a catturare un tale tipo di diatriba bizzarra ed emotiva. [4]
Ma che cosa c'è veramente dietro tutta questa retorica surriscaldata? Un indizio è apparso in una breve valutazione post-conciliare nel settembre del 2016 nella rivista protestante mainline The Christian Century di Peter C. Bouteneff, professore di teologia sistematica presso il Seminario teologico ortodosso St. Vladimir a New York. Questi ha fatto riferimento alla Chiesa ortodossa come "in ritardo sulla sua capacità di rispondere alle moderne realtà demografiche e alla modernità in generale". [5]
Accettazione della "secolarizzazione"
Quello slogan di moderni contro antichi sta anche alla base del secondo cavallo di Troia: una completa accettazione della "secolarizzazione", mentre si rifiuta in modo eclatante il "secolarismo".
In un saggio "sponsorizzato" dalla Società teologica ortodossa d'America (OTSA) e pubblicato nel maggio 2016 con lo scopo dichiarato di influenzare il Concilio pan-ortodosso a Creta del mese successivo, sei studiosi ortodossi, tra cui Aristotele Papanikolaou della Fordham, hanno proclamato le virtù della secolarizzazione:
Gli spazi politici secolari non sono
definiti da un alto muro tra religione e politica, ma un ordine pubblico
e giuridico differenziato che massimizza il pluralismo. Nelle società
secolari la differenziazione delle sfere (politiche, giuridiche,
economiche, religiose, ecc.) è diventata uno strumento essenziale per la
limitazione del potere statale e la protezione della libertà umana.
Così, anche se è giusto respingere il secolarismo o laicismo come
ideologia antireligiosa, la Chiesa dovrebbe approvare in modo distinto
la secolarizzazione, per assicurare che la sua vita non sia limitata a
certi precari spazi politici, ma resa disponibile a tutte le persone. La
secolarizzazione libera la Chiesa dal confinamento politico,
consentendo al Vangelo di essere scelto liberamente come modo di vivere.
[6]
C'è qualche merito in questa distinzione.
Non tutti i tentativi di secolarizzazione vanno di pari passo con
"un'ideologia anti-religiosa" – almeno non ancora. Ma la connessione è
inconfondibilmente evidente in ogni paese che è caduto sotto al
comunismo, a partire dalla Russia ortodossa nel 1917 e che continua
ancora oggi sotto i regimi atei in Corea del Nord e a Cuba. Né la
secolarizzazione dell'Europa occidentale e degli Stati Uniti è immune a
quella che sembra essere una inesorabile degenerazione nei divieti
dell'attività religiosa "pubblica" che possono tuttavia portare a una
persecuzione piena. Il tentativo del gruppo della OTSA di cercare una
sfumatura intellettuale può essere più ingenuo e donchisciottesco che
saggio e realistico.Un argomento più sottile e espansivo a favore della secolarizzazione appare nel libro di Aristotele Papanikolaou del 2014, The Mystical as Political: Democracy and Non-Radical Orthodoxy. Il suo progetto cerca di colmare il divario tra regni secolari e sacri, esaltando i primi a scapito degli ultimi. Un presupposto teologico fondamentale è questo: "Non credo sia necessario che il referente trascendente sia il divino: può assumere la forma di un bene comune". In una versione precedente di tale argomento nel 2003 sotto il titolo "Byzantium, Orthodoxy, and Democracy", Papanikolaou procede a circoscrivere le più essenziali tra le finalità divine della Chiesa:
In relazione a una forma democratica del
bene comune, la Chiesa deve accettare i propri limiti e riconoscere che
l'obiettivo non è la formazione di una comunità eucaristica per
persuasione ma piuttosto la costruzione di una comunità in cui la
diversità e il multiculturalismo siano affermati e protetti e in cui il
riconoscimento di tale diversità e multiculturalismo deve essere
applicato con la forza, se non è accettato volontariamente. [7]
Nel 2014, Papanikolaou aveva sostituito il termine "multicuralismo" con "differenza culturale".Ma quel mite cambiamento non aveva pacificato Vigen Guroian, professore emerito di studi armeni presso l'Università della Virginia. In una recensione devastante di The Mystical as Political in First Things, Guroian ha rivelato il cavallo di Troia nell'argomento di Papanikolaou:
Al posto di questa visione ecclesiale
della trasformazione, ci viene servito lo sproloquio della diversità e
della correttezza politica... Applicato con la forza? Questo non implica
che lo Stato liberale ha la responsabilità e il diritto di operare una
coercizione sulla Chiesa quando la Chiesa non afferma la "diversità e
differenza culturale"? Sicuramente, Papanikolaou sa che questi termini
sono propri della sinistra progressista che insiste sul matrimonio
omosessuale, tra le altre cose che l'Ortodossia si rifiuta di
"riconoscere". [8]
In "The Secular Pilgrimage of Orthodoxy
in America", un documento successivo dato alla conferenza annuale
dell'OTSA il 23 giugno 2016, Guroian si chiede perché il pluralismo
religioso che definisce l'America nel ventunesimo secolo "è interpretato
come la norma della vita religiosa, proprio come una separazione tra
chiesa e stato è interpretata come un mandato divino, quasi come un
undicesimo comandamento divino". Perché le Chiese ortodosse dovrebbero
abbracciare una secolarizzazione più aggressiva che li riporterebbe nei
loro precedenti ghetti religiosi ed etnici separati in qualche modo dal
bene comune?La via alla secolarizzazione dovrebbe essere per i cristiani ortodossi – anzi, per tutti i cristiani tradizionali – come nella memorabile poesia di Robert Frost, "quella meno battuta".
Potpourri sessuale
Il terzo cavallo di Troia può essere spiritualmente il più pericoloso di tutti.
Lo Zeitgeist emergente di disordine sessuale, confusione e libertinismo che è apparso per la prima volta in America negli anni '60 è diventato l'ideologia etica sociale dominante. Chi avrebbe potuto immaginare che un qualsiasi chierico o teologo ortodosso si sarebbe iscritto a un simile movimento? Purtroppo, i ranghi crescono, a quanto pare, ogni anno che passa.
Preminenti chierici e teologi ortodossi hanno sostenuto diverse cause avant-garde di provenienza non ortodossa, che vanno dalle donne chierici (in primo luogo, la "restaurazione" dell'ordine obsoleto della "diaconessa" e, per alcuni, anche l'innovazione radicale dei "preti" donne) a una svendita degli antichi divieti contro l'aborto all'ultima tendenza,il "transgenderismo". Ma l'antenata di tutti è un'ossessione crescente per tutto ciò che ha a che fare con il mondo LGBT. In merito a quest'ultimo, sorprendentemente, le élite di sinistra non sono finora molto più avanti della maggioranza dei fedeli di chiesa regolari. Il Religious Landscape Study del 2016 del Pew Research Center ha reso noto che il 64 per cento degli americani ortodossi intervistati nel 2014 pensava che l'omosessualità "dovrebbe essere accettata", mentre solo il 31 per cento pensava che "dovrebbe essere scoraggiata". Analogamente, il 54 per cento era favorevole in misura più o meno ampia ai "matrimoni dello stesso sesso", mentre solo il 41 per cento era più o meno opposto. Le percentuali riguardo ai "matrimoni dello stesso sesso" erano pari a quelle dei protestanti e dei cattolici mainline, ma erano invertite rispetto a quelle dei protestanti evangelici e dei mormoni. [9]
Tuttavia, tre studiosi ortodossi (due dei quali sono sacerdoti ordinati) costituiscono un'avanguardia di élite che spinge con forza per questo movimento profondamente inquietante.
In primo luogo, Aristotele Papanikolaou della Fordham ha recentemente reso pubblici i suoi sentimenti nel suo editoriale aperto post-elettorale intitolato "Essere cristiani durante una presidenza di Trump": "Se i cristiani non pretendono profeticamente da Trump che questi rinneghi pubblicamente il sostegno alla supremazia bianca, allora i cristiani sono complici dell'espansione e del potenziamento del razzismo, dell'antisemitismo e dell'omofobia". [10] Colpito, in particolare, dall'ultimo termine di quella litania clintonesca di miserabili, ho chiesto a Papanikolaou in una conversazione telefonica per specificare che cosa ritenesse essere una paura irragionevole degli omosessuali (questo è ciò che significa letteralmente il termine politicamente corretto "omofobia") tra i cristiani ortodossi. Ha risposto che la violenza, ovviamente, sarebbe disdicevole, e su questo siamo d'accordo. Ma ha detto che dovrebbe anche essere vietata una "discriminazione" nell'assunzione di omosessuali attivi, come un'offesa contro la decenza e l'umanità comune – anche nelle parrocchie ortodosse e nelle scuole parrocchiali!
In secondo luogo, un rispettato arciprete anziano della Chiesa Ortodossa in America (OCA), padre Alexis Vinogradov di Wappingers Falls, New York, ha lanciato una sfida su questo tema nel luglio 2011. Su un blog ortodosso ormai defunto, ha scritto un articolo intitolato "Nuovi inizi in comunità: le questioni del gender e la Chiesa". [11] Sperava "di avviare una conversazione... perché tra le chiese ortodosse, per lo meno, non abbiamo ancora una piattaforma comune per un discorso rispettoso sulle complesse questioni sociali del nostro tempo".
Ma il "discorso rispettoso" è rapidamente evaporato quando ha cominciato a scagliarsi contro il "crescente fascino e fiducia per risposte semplicistiche e formali" tra molti dei suoi confratelli ortodossi. "Una tale religiosità non può," ha proseguito, "tollerare ambiguità, perché attribuisce la moderna crisi morale e spirituale interamente al disprezzo per assoluti e certezze... Quindi, ci viene detto che il dibattito sulla sessualità deve smettere, perché la norma indiscussa è la scelta del matrimonio eterosessuale o della vita celibataria nella società o nel monachesimo". I cristiani tradizionali attenti potrebbero già individuare il cavallo di Troia che padre Alexis stava cavalcando, mentre iniziava sottilmente a pare un appello per una nuova, terza "norma".
Padre Alexis si è spiegato in modo tale da rimuovere tutti i dubbi relativi alla sua visione:
Le persone omosessuali non hanno deciso
di diventare omosessuali. Questo non è stato il frutto della loro
presunta depravazione o peccato. Questo è ciò che sappiamo oggi. Ci può
essere una conversazione continua solo se possiamo superare
quell'ostacolo di sfacciata intransigenza espressa da coloro che
rifiutano di riconoscere questo fatto. Ma le persone omosessuali, così
come quelle eterosessuali, devono sentire il calore, l'amore e la
sollecitudine di altre persone. Dio li ha creati per quell'amore,
quell'amore è la sostanza della nostra umanità; è ciò che costituisce
tutti noi nel portare la sua immagine dentro di noi. Per ogni membro
della razza umana, quando l'amore non giunge apertamente e facilmente,
quando i tabù e le paure della comunità li isolano dalla famiglia, è
inevitabile che la loro legittima ricerca e necessità appaiano come
anomalie a coloro che sono passati in modo sicuro attraverso lo schermo
selettivo invisibile. La cultura, la società in generale o la chiesa
selettiva li spingerà fino all'estremi.
Tale appello è fin troppo familiare ai
protestanti e ai cattolici romani in America, ma è ancora nuovo tra la
maggior parte dei fedeli cristiani ortodossi: dobbiamo accettare gli
omosessuali che sono nati così, e non allontanarli chiamandoli
al pentimento e al celibato – la sola "norma" morale tradizionale oltre
al matrimonio "eterosessuale". Più avanti nel suo articolo padre Alexis
ha la sfacciataggine di avvisare che è "la nostra inquietudine, il
giudizio e auto-assicurazione", non la perversione sessuale, che "può
danneggiare" la sposa di Cristo, la Chiesa.Padre Alexis ci ha offerto un'occhiata sobria del modo in cui lo spirito del mondo ha catturato coloro che vorrebbero prendere su se stessi il compito di tenere lezioni e addirittura di rimproverare noi (scegliete l'aggettivo: semplicisti, spaventati, totalitari, intolleranti, superficiali, intransigenti, egocentrici, sfrenati, chiassosi, spiritualmente deboli – padre Alexis ci ha scagliato contro tutti questi epiteti per definirci come "altri"), ovvero noi ortodossi e gli altri cristiani che rifiutano la noiosa idea che i tempi siano cambiati e che noi dobbiamo cambiare con loro.
In terzo luogo, l'arciprete Robert Arida, pastore di lunga data della cattedrale della santissima Trinità a Boston (OCA), ha svolto il ruolo di Odisseo per questo moderno cavallo di Troia. Nel giugno 2011, poco dopo che New York aveva approvato la legge sulla parità di matrimonio, che legalizzava il matrimonio tra due uomini o due donne, padre Robert ha pubblicato sul suo sito parrocchiale un breve saggio intitolato "Response to Myself". Tenendo conto delle implicazioni della nuova tendenza legale, ha esplorato l'ambigua storia della Chiesa che tollera la schiavitù e ha concluso proponendo un'intrigante ipotesi:
Se la Chiesa dovrà rispondere alla
legalizzazione del matrimonio/unione dello stesso sesso, sembra che
dovrebbe cominciare a considerare come servire quelle coppie dello
stesso sesso, legalmente sposate, che vengono con i loro figli e bussano
alle porte delle nostre parrocchie cercando Cristo. Li ignoriamo?
Oppure, prima facie, li mandiamo via? Oppure, sotto la rubrica
del pentimento, li incoraggiamo a divorziare e a smantellare la loro
famiglia? Oppure offriamo loro, così come offriamo a chiunque desideri
Cristo, cura pastorale, amore e una casa spirituale? [12]
Anche se questo scenario, prima facie,
può sembrare di richiedere sfumature e sensibilità pastorali, l'uso
fatto da padre Robert di "oppure" nelle frasi finali tradisce un
sottilissimo interrogativo, e forse un rifiuto, di un requisito
universale del santo mistero del matrimonio nell'Ortodossia, vale a dire
un uomo e una donna. Chiaramente implica che qualsiasi cosa di meno di
un abbraccio pieno della "famiglia" della sua ipotesi sarebbe
anti-pastorale, intollerante e priva d'amore.Un altro saggio sul sito della parrocchia di padre Robert tre anni dopo, "Never Changing Gospel; Ever Changing Culture", [13] ha provocato una tempesta quando è stato portato anche sul Wonder blog, una pubblicazione online del Dipartimento dei giovani, giovani adulti e ministeri unicersitari dell'OCA. Padre Robert affermava di "sollevare domande", affinché non trasformiamo il passato in "un tiranno oppressivo". Affermando, nello spirito di Ebrei 13:8, "il immutabile che è Gesù Cristo", padre Robert ha insistito che la Chiesa "deve venire a termini comuni con la cultura postmoderna", cioè dimostrare "un desiderio da parte di tutti i fedeli – vescovi, sacerdoti e laici – di consentire alla mente e al cuore di cambiare e ampliarsi".
Questo, a sua volta, comportava questo ossimoro, che padre Robert ha messo in corsivo e in grassetto per aumentarne l'effetto: "Predicare il Cristo che non cambia ci impone di cambiare sempre" – non solo spiritualmente attraverso la lotta contro le passioni peccaminose, il pentimento personale e la coltivazione delle virtù, ma anche teologicamente, "senza più ignorare o condannare problemi e questioni che si presume possano contraddire o sfidare la sua tradizione vivente". Da una parte, sminuisce "i cristiani ortodossi che abusano del Cristo che non cambia per promuovere un particolare ordine politico e ideologico, o come licenza per assalire verbalmente e fisicamente quelli che percepiscono come immorali". Traduzione: i cristiani tradizionali che fanno i "bulli" con gli omosessuali. D'altra parte, non ha specificato come i cristiani ortodossi dovessero "espandere" le proprie menti e cuori sulle "questioni" elencate.
Ma il metropolita Tikhon (Mollard), primate dell'OCA, è stato in grado di leggere tra le righe. Ha rimosso il saggio di padre Robert dal Wonder blog dell'OCA e ha sostituito la propria risposta. Il vescovo ha offerto una breve chiarificazione dell'insegnamento di lunga data dell'OCA sul matrimonio, sulla famiglia e sulla sessualità umana e ha spiegato perché la discussione di tali profondi temi teologici e morali "avrebbe beneficiato di un'analisi più approfondita di quanto possa essere fornito in un blog". [14]
Tuttavia, l'intervento del metropolita Tikhon è arrivato troppo tardi. I saggi di padre Robert, e l'approvazione ufficiale iniziale di uno di loro, rivelano che questo cavallo di Troia è già all'interno delle porte della Chiesa Ortodossa in America. Presto apparirà in stampa, attraverso gli auspici del cosiddetto forum europeo dei Gruppi cristiani LGBT, un nuovo volume di saggi sotto il titolo "For I Am Wonderfully Made": Texts of Eastern Orthodoxy and LGBT Inclusion. Tra i contributi ci sono quelli degli arcipreti Robert Arida e Alexis Vinogradov, di Mark Stokoe (un laico nell'OCA), del dottor Bryce R. Rich (un teologo laico dell'OCA e autore di un capitolo intitolato "A Queer Personhood: Freedom from Essentialism"), di Maria McDowell (una ex studiosa dell'OCA che ha lasciato la Chiesa ortodossa ed è stata unita in "matrimonio" con una donna da un ministro donna della Chiesa episcopale).
Un compito familiare ma impegnativo ci attende
Ciò che vediamo negli appelli degli studiosi ortodossi qui discussi è una sfida pubblica sottile, erudita, ma insincera ad abbandonare le antiche verità cristiane sotto il maschera di una cosiddetta "conversazione" o "discussione". Questo dovrebbe suonare come un allarme ai profughi dalle principali denominazioni protestanti e dalle parrocchie radicali cattoliche, che hanno sperimentato l'ingenuo abbraccio con i loro cavalli di Troia iniziati negli anni '60. Il modello è inconfondibile: innanzitutto, una chiamata a "trascendere" dogmi stretti, rigidi e arcaici, accoppiata con un invito a una "conversazione" per condividere punti di vista basati principalmente sull'esperienza personale e sulla "nuova" conoscenza, invece di una immersione nella Tradizione; seguita da una chiamata alla reciproca comprensione, alla tolleranza e, infine, alla piena accettazione di diverse moralità. Abbastanza presto, la rana ortodossa nella pentola messa a bollire è completamente cotta e non è più una rana vivente.
Uno degli studiosi sopra citati, che insegna regolarmente in una classe di scuola domenicale per gli studenti delle scuole superiori ortodosse, mi ha detto che non include mai la moralità sessuale nel suo curriculum e trema ogni volta che uno studente gli pone anche solo una domanda su una qualsiasi questione sessuale. Questi studenti di liceo sono così tanto prigionieri dei costumi sessuali contemporanei, che egli è convinto che ogni tentativo di presentare l'insegnamento ortodosso tradizionale potrebbe essere, al massimo, inutile, o di fatto potrebbe spingere tutti i suoi studenti completamente fuori dalla Chiesa. Tale timidezza pedagogica costituisce, a mio avviso, un malcostume ecclesiale, una resa preventiva allo Zeitgeist e una garanzia che tali adolescenti ortodossi escluderanno la testimonianza morale profetica alla società, affinché questa non impedisca la loro sistemazione confortevole nella cultura circostante.
Forse questo saggio risuonerà come un allarme per tutti i vescovi ortodossi in America, così come per chierici e laici, a impegnarsi a contrastare con amore e giustizia coloro che vogliono distorcere la nostra venerabile tradizione morale.
NOTE
[1] http://www.theamericanconservative.com/dreher/the-orthodox-trojan-horse/
[2] https://publicorthodoxy.org/2015/10/12 e https://publicorthodoxy.org/2016/11/11
[3] http://pravoslavie.ru/english/94598.htm
[4] https://blogs.goarch.org/blog/-/blogs/orthodox-fundamentalism
[5] https://www.christiancentury.org/article/2016-09/great-and-holy-council
[6] https://publicorthodoxy.org/2016/04/05
[7] http://www.academia.edu/4292579/Byzantium_Orthodoxy_and_Democracy
[8] https://www.firstthings.com/article/2014/04/godless-theosis
[9] http://www.pewforum.org/religious-landscape-study/religious-tradition/orthodox-christian/
[10] https://publicorthodoxy.org/2016/11/11
[11] http://ocanews.org/news/Vinogradov7.12.11.html
[12] http://holytrinityorthodox.org/articles_and_talks/Response.pdf
[13] http://holytrinityorthodox.org/articles_and_talks/Never%20Changing%20Gospel.pdf
[14] http://wonder.oca.org/2014/11/01/never-changing-gospel-ever-changing-culture
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