Un uomo chiamato Gesù 
            
 dell'arciprete Andrej TkachevOrthochristian.com, 11 maggio 2020
 Il nostro Signore Gesù Cristo è senza 
dubbio Dio al di sopra di tutte le creature. La sua natura divina si 
manifestò sufficientemente in azioni che nessuno tranne lui fu in grado 
di fare: risuscitare i morti, scacciare i demoni, esercitare potere 
sulla materia del mondo creato... Eppure, comunque, Gesù era una persona
 reale e non uno spirito.
 Che tipo di persona era allora?
 Inerente in Gesù c'era quell'apertura e 
vulnerabilità dell'anima che si possono osservare – in misura molto 
minore, ovviamente – nelle persone più o meno pure o che stanno cercando
 di acquisire la purezza. Il nostro Signore fu coraggioso senza 
insolenza, generoso senza vanteria e compassionevole senza essere 
sentimentale. Possiamo osservare in lui quella misura morale, quella 
"aurea via di mezzo" che è ricercata da tutti coloro che cercano la 
virtù pura. Tuttavia, resta ancora una persona. Non solo una persona 
ideale, ma anche una persona normale. Dal punto di vista fisico, cose 
come la stanchezza, la fame, il dolore, oltre alla soddisfazione, alla 
sperimentazione della gioia dell'attività fisica e alla dolcezza del 
riposo, erano tutte cose a lui note. Psicologicamente, ha sperimentato 
tutto ciò che sperimenta un essere umano– tutto tranne il peccato.
 Questa frase "tutto tranne il peccato" 
mette a dura prova il nostro cervello e capovolge le nostre esperienze 
interiori. Poiché il peccato ha messo radici così profonde in noi che, 
senza timore di contraddizione, possiamo dire che non siamo in grado di 
immaginare com'è essere "senza peccato". Tutta l'attività umana è 
avvelenata dal peccato; l'indimenticabile scrittore Nikolaj Gogol' ha 
ragione cento volte quando ci dice come lo rattrista non vedere "ogni 
bene nel bene".
 Un incontro con l'assenza di peccato è 
possibile solo in Cristo. Noi siamo guariti e nutriti da Cristo, per 
quanto utilitaristico e rozzo questo possa sembrare. Ma è così che 
dovrebbe essere. Non è sufficiente ammirare Cristo da lontano, 
riconoscendo il suo "contributo all'insegnamento morale". Tale "distante
 ammirazione" e il riconoscimento dei suoi successi sono semplicemente 
autentiche assurdità mascherate da "spiritualità". È davvero necessario 
essere nutriti da Cristo, poiché è lui la manna discesa dal cielo. È 
necessario che sia lui a guarire, poiché è l'unica medicazione efficace 
per le ulcere che ricoprono le nostre anime.
 Tuttavia, voglio parlare, anche se in 
parte, di ciò che un uomo chiamato Gesù sentì realmente quando viveva su
 questa terra: ciò che lo preoccupava, ciò che lo circondava e quali 
pressioni morali erano esercitate sulla sua anima senza peccato. Era 
solo. È stato perseguitato e distrutto dagli intrighi della gente. È 
stato una vittima ben prima della sua morte. Aveva familiarità con il 
dolore, un fatto che lo rende molto vicino a noi e quindi molto 
necessario per noi. Perché anche noi possiamo essere circondati da una 
fitta nuvola di incomprensioni. Anche noi abbiamo paura, proviamo dolore
 e sappiamo che moriremo...
 Dal momento in cui ha iniziato a 
insegnare e predicare, hanno continuamente cercato di trovare il modo di
 ucciderlo. Il Vangelo è pieno di frasi come "cercavano di ucciderlo" 
(Gv 5,16); "cercavano ancora di più di ucciderlo" (Gv 5,18); "cercavano 
di prenderlo" (Gv 7,30); "allora gli ebrei presero di nuovo le pietre 
per lapidarlo" (Gv 10,31); "perché cercate di uccidermi?" (Gv 7,19). 
Queste e altre espressioni simili trasmettono la vera natura di quegli 
eventi indimenticabili; vale a dire, la caccia a colui che è senza 
peccato, alla ricerca di un'opportunità per versare il suo sangue.
 I tre brevi anni che trascorse viaggiando
 e predicando furono, allo stesso tempo, tre lunghi anni in previsione 
della morte. Sebbene non visti da un occhio normale, questi erano anni 
di persecuzioni, anni in cui il Dio-uomo era perseguitato. Al suono 
delle sue parole i morti risorgono e i demoni fuggono. Eppure le persone
 che sono in vita continuano a cercare pietre e gli scribi si ritirano 
in fretta per farsi consigliare tra loro al fine di decidere come 
eliminare "quell'uomo". Non è orribile? Proviamo questo orrore? Lo 
notiamo, quando osserviamo il corso della storia, perché cos'è la storia
 se non una battaglia tra peccato e santità e un tentativo di estinguere
 la fiamma della giustizia una volta per tutte?
 Gesù si offrirà a noi di propria 
iniziativa. In effetti, lo ha già fatto attraverso la sua incarnazione. 
Poiché l'incarnazione del Figlio di Dio è l'unione eterna dell'uomo e di
 Dio. Tuttavia, non è sufficiente diventare parenti di Dio. Inoltre, 
come sappiamo, i parenti troppo spesso si tormentano a vicenda. E questo
 nuovo parente deve essere ucciso.
 Ne è consapevole. Perfino nel giardino 
del Getsemani dimostra il suo potere dicendo: "Io sono lui" e facendo 
cadere a terra la folla armata. Il che vuol dire che tutto ciò che gli è
 successo – essere preso in custodia, la sua successiva umiliazione e 
morte – è stato, da parte sua, volontario. Non sarebbe successo se non 
l'avesse voluto. Ma questo è ciò che si è incarnato per sopportare. 
Ricordiamo ancora una volta che non è semplicemente Dio onnipotente 
nella carne umana, ma anche una persona reale, solo un uomo. Ciò 
significa che per tre anni ha vissuto in un'atmosfera di costante 
pericolo e d'ansia innescata da esso. Era sempre calmo come un re o i 
suoi nervi avvertivano la tensione che accompagna l'anticipazione del 
pericolo?
 Noi che siamo pieni di sciocchezze 
televisive spesso guardiamo film in cui qualcuno vuole uccidere qualcun 
altro e quel qualcuno scappa, si nasconde e cerca rifugio presso diverse
 persone. Siamo assillati dalla paura inventata di un attore, mentre ci 
sediamo sulle nostre comode poltrone guardando come il personaggio 
principale riesce a sconfiggere i suoi nemici e rimanere in vita. 
Tuttavia, dovremmo pensare, almeno a volte, a come il nostro Signore è 
stato tormentato dall'anticipazione delle sue inevitabili sofferenze, 
per le quali è venuto in questo mondo. Questo è ciò che lui stesso ha 
detto: "Ma ho un battesimo con cui essere battezzato, e quanto sono 
angosciato fino a quando non sarà compiuto!" (Lc 12,50).
 Il re Davide trascorse la sua vita 
terrena tra frequenti minacce, scappando dai suoi nemici o inseguendoli.
 Una volta, mentre cercava rifugio dai re vicini, dovette persino 
fingere di essere pazzo e lasciarsi colare la saliva dalla barba. Gesù, 
il figlio di Davide, non fa queste cose. Non scappa dai suoi nemici, ma 
va in giro per le città di Israele. Tuttavia, incontra così spesso 
animosità ed è circondato da così tante trame che il suo trasferimento 
da una città all'altra, a volte, sembra una fuga.
 Giovanni il battista e precursore, che 
nacque sei mesi prima di Gesù, dovette anch'egli morire un po' prima di 
lui. Agli occhi di Gesù, la morte di Giovanni doveva essere diventata un
 segno della sua morte che si avvicinava. Questo è il motivo per cui, 
quando venne a sapere della morte di Giovanni, "partì da lì in barca 
verso un luogo deserto da solo" (Mt 14,13). Spesso doveva essere da 
solo. Non solo perché pensava alla sua futura sofferenza e parlava con 
suo Padre durante la preghiera. Non solo quello. Questo frequente 
allontanamento di se stesso da tutti e queste notti trascorse in 
preghiera non sono solo esempi del suo ascetismo, ma sono anche il suo 
modo di sopravvivere. Altrimenti, se non fosse fuggito di tanto in tanto
 dalla gente, non sarebbe sopravvissuto. Più una persona è giusta, più è
 severa questa legge. Tanto più se ciò riguarda il santissimo Verbo di 
Dio.
 Probabilmente ha lottato anche solo per 
vivere tra le persone, figuriamoci per insegnare loro e prepararsi a 
morire per loro. Essenzialmente, era l'unica persona sana che doveva 
vivere tra peccatori amareggiati e malati. L'emorroissa, il posseduto, 
il paralitico formano uno sfondo su cui la figura di Gesù – che è 
giovane, senza peccato e perfetta, ma già condannata a morte – si 
distingue molto chiaramente.
 Non guarisce semplicemente le persone. 
Vede i loro pensieri (Mt 9, 4). La copertura che nasconde l'agitazione 
caotica e l'orrore del cuore umano, e che è impenetrabile a un occhio 
normale, è messa da parte da Gesù. E anche questa è una fonte di 
sofferenza per lui, un tipo di sofferenza che non possiamo comprendere. È
 una sofferenza che sarebbe insopportabile, se non amassi quelli i cui 
segreti ti vengono rivelati.
 Quindi è molto solo, quest'uomo chiamato 
Gesù. "...spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e 
divenendo simile agli uomini" (Fil 2,7). In tutto tranne che nel 
peccato, è diventato come noi fino a quando non ha compiuto la sua 
missione ed è ritornato da dove veniva. Sulla terra è molto solo. Le 
persone mangiano dalle sue mani e ricevono guarigione toccando i suoi 
vestiti; ma è ancora solo, anche se circondato dalle moltitudini. E 
anche questo è tormento.
 Solo poche anime come Lazzaro consolano 
il nostro Signore con la loro semplicità e sincerità. Come Lazzaro, 
possono persino ricevere, come se fosse un titolo, il nome di "amico di 
Gesù". Nella casa di persone affettuose e desiderose come Marta, Maria e
 Lazzaro, Cristo può godere di un raro e prezioso momento di riposo. 
Potrebbe sembrare che gli apostoli che aveva scelto fossero più vicini a
 lui. Tuttavia, sono così terribilmente lontani dalla comprensione delle
 sue opinioni e della sua missione che in un'occasione egli ha dovuto 
dire a Pietro: "Lungi da me, satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma
 secondo gli uomini" (Mc 8,33). E questo è stato detto subito dopo il 
famoso annuncio di Gesù di Cristo come Cristo!
 Salgono a Gerusalemme con lui, ma per via
 discutono su chi tra loro è il maggiore. Lui va lì per essere 
crocifisso, ma discutono della loro gloria. Il suo modo di pensare e il 
loro sono separati da un abisso, e non era questo di cui parlava Isaia? 
"Poiché come i cieli sono più alti della terra, così sono le mie vie più
 alte delle tue vie e i miei pensieri dei tuoi pensieri" (Is 55,9).
 Siamo consapevoli di lui e lo ricordiamo 
come qualcuno che ci ama, motivo per cui siamo probabilmente pronti a 
immaginarlo sorridente e felice. Opuscoli e biglietti di auguri 
protestanti lo ritraggono esattamente così – come un amico sorridente, a
 noi ben noto, le cui braccia sono spalancate. Tuttavia, da un punto di 
vista storico, questo è completamente sbagliato. Nel caso di Gesù, 
essere amorevoli significa essere crocifissi.
 "Amare", per quanto riguarda Cristo, non 
significa "sorridere felicemente", ma "essere macchiato di sangue, 
indebolito, appeso alla Croce con la testa chinata". I Vangeli non lo 
descrivono mai come "sorridente". Al contrario, menzionano la sua 
rabbia. Guarda i farisei con rabbia e afflizione per i loro cuori 
induriti. È arrabbiato quando gli apostoli proibiscono ai bambini di 
venire da lui. Lo zelo per la casa di Dio suscita in lui due volte la 
rabbia, e scaccia i commercianti fuori dal tempio. Si potrebbero citare 
altri esempi.
 La rabbia è l'altra faccia dell'amore, o 
meglio una delle forme che l'amore assume. Colui che non è in grado di 
amare, non può nemmeno essere arrabbiato. Può essere irritato quando il 
suo orgoglio vanitoso è ferito, ma non è in grado di arrabbiarsi. È 
tollerante o, più precisamente, indifferente. In questo senso, Gesù è 
estremamente intollerante.
 È veramente l'uomo più sorprendente. 
Tutta la storia che chiamiamo cristiana è piena, nelle sue parti 
migliori, di sforzi diretti a una comprensione genuina e profonda di 
lui. Ci sta cercando, ma tendiamo a dimenticarci di lui. Quando siamo 
felici, raramente abbiamo bisogno di lui. Ma quando siamo spaventati, 
angosciati o soli, solo allora diventiamo capaci di incontrarlo. Ecco 
perché, quando visse qui sulla terra, non aveva un posto dove sdraiare 
la testa; fu perseguitato, calunniato e diffamato più volte; visse sotto
 la minaccia della morte; ma alla fine fece ciò per cui era venuto: 
morire per i nostri peccati e risorgere.
 
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