Un'intervista dagli archivi della parrocchia

Nel 2011, il nostro amico Gianfranco
Suma ha pensato di fare questa breve intervista al parroco, quando era
redattore della rivista online ArticoloTre. Poiché l'intervista non è più presente in rete, ve la riproponiamo come un tuffo nel recente passato della nostra parrocchia.
Va bene riferirsi a te come padre Ambrogio?
"Padre" è un comune appellativo di
rispetto con cui ci si rivolge ai preti ortodossi. Il mio titolo di
prete-monaco sarebbe "igumeno" (si pronuncia "igùmeno"), che
letteralmente significa "colui che esercita l’egemonia", ovvero in
termini cristiani l’abate di una comunità monastica. Questo non
significa che io sia l’abate di un monastero: il titolo è dato a tutti
quei preti monaci della Chiesa ortodossa russa che abbiano servito la
chiesa per un certo numero di anni (nella pratica, circa dieci anni di
onorato servizio).
Il nome di Ambrogio (dal santo vescovo di
Milano) è il nome monastico, assunto con la tonsura a monaco (nel
1996). Il mio nome di battesimo è Andrea (tutto si può pensare, ma che
genitori torinesi diano il nome di Ambrogio a un loro figlio è davvero
improbabile!)
Da quando sei parroco a San Massimo?
La comunità ortodossa che ha dato vita
alla parrocchia è stata fondata nel 1993, ben prima della mia
ordinazione. Io ho iniziato a servirla come diacono nel 1996 e come
prete nel 1997; il passaggio da comunità a parrocchia (e quindi la mia
nomina a parroco) ha avuto luogo nell’estate del 2001.
Quando hai sentito la "vocazione"?
Spero che nessuno creda che io abbia
iniziato a sentire delle voci...! In realtà molto più prosaicamente uno
realizza che potrebbe essere la persona giusta al posto giusto, e quando
smette di chiedersi "...e perché io?" e inizia a chiedersi "...e perché
no?", allora il momento è arrivato.
Perché hai scelto l’ortodossia invece del cattolicesimo?
Sarebbe una cosa orribile scegliere
l'ortodossia invece del cattolicesimo come se fossero due squadre di
calcio, o comunque due cose mutualmente esclusive tra loro! Chi fa una
scelta del genere è solitamente motivato dal fatto che vede il
cattolicesimo nella sua pienezza proprio nella Chiesa ortodossa.
Perché monaco e non prete ortodosso?
A dire il vero sono entrambe le cose,
prete e monaco, quindi la domanda non ha senso in questi termini. Si
potrebbe piuttosto chiedere perché prete monaco invece che prete
sposato: questa è una questione diversa per ciascuno, e dipende dai
propri desideri di vita. Ricordo comunque che il monachesimo e il
matrimonio sono scelte di modo di vita (scelte diverse, e
necessariamente esclusive tra loro) mentre il ministero sacerdotale è
una scelta di servizio.
Cosa significa essere monaco ortodosso in Italia?
In Italia significa non avere a
disposizione quei grandi monasteri tipici e frequenti nei paesi
ortodossi, quindi la scelta monastica (che non ha l'opzione di comunità
monastiche stabili e formate) si trova di fronte a due possibilità: o
cercare di fondare un piccolo nucleo monastico (con tutte le difficoltà
di tipo pionieristico dovute a iniziare qualcosa di totalmente nuovo)
oppure servire in modo radicale una comunità di fedeli già costituita,
come una parrocchia.
Parlaci della tua comunità cristiana, chi la frequenta?
La parrocchia è frequentata in massima
parte da immigrati, ma c’è anche una piccola percentuale di italiani.
Gli immigrati sono in maggior parte giovani, con una tendenza a fare
molti figli, e tutte le difficoltà a integrarsi in Italia. Noi vorremmo
che questa integrazione non si ottenga al prezzo di trasformare le loro
chiese in "ghetti" di ricordo nostalgico della madrepatria di ciascuno,
ma che siano luoghi dove tutti (a prescindere dal loro paese o lingua o
usi di origine) si possano sentire accettati come a casa propria.
Differenze tra cattolicesimo e ortodossia?
Domanda troppo lunga da risolvere qui…
abbiamo preparato un libretto di un centinaio di pagine su questo
argomento! Il testo è presente sul nostro sito parrocchiale, in una sezione dei documenti dedicata al confronto tra i cristiani.
Rapporti con la Chiesa cattolica?
A Torino sono ottimi per quanto riguarda
tutte le chiese ortodosse, grazie a una consolidata tradizione di
dialogo e di aiuto reciproco. È grazie all'ospitalità offerta
dall'arcidiocesi cattolica di Torino che è stato possibile avviare la
maggior parte delle nostre parrocchie.
Quanti monaci siete nella vostra comunità?
Nel 2003 è iniziato un tentativo di
affiancare alla parrocchia una comunità monastica, ma le basi sulle
quali ha preso piede questo esperimento si sono rivelate ben presto
fallimentari. Dei tre monaci iniziali sono rimasto solo io.
Di cosa vive la vostra chiesa?
Direi che vive di grazia di Dio, e non
voglio fare retorica: spesso le fasi di difficoltà, anche economiche, si
sono risolte nei modi più singolari e inaspettati, in una parola:
provvidenziali.
I monaci lavorano?
I monaci e le monache dovrebbero lavorare
continuamente, anche se non bisogna ridurre questo principio a
un'applicazione banale della produttività materiale. Il principio è
quello di una operosità che non lasci tempo per i desideri personali, le
distrazioni, le depressioni... anche la preghiera continua si può
considerare lavoro, e non manca di portare i suoi frutti.
Come sono organizzate le tue giornate da monaco?
Essendo al servizio di una parrocchia,
ovviamente, non ci si può aspettare la regola rigorosa di un monastero.
Il principio è quello di essere sempre vigili per una necessità
spirituale dei parrocchiani, come un servizio di continua disponibilità:
questo varia, ovviamente, a seconda del numero dei parrocchiani e dei
loro bisogni specifici.
Parlaci della tua famiglia.
Non è una domanda molto saggia da fare a
un monaco, che per definizione dovrebbe lasciarsi definitivamente i
legami familiari alle spalle. Tuttavia, i monaci che sono al servizio di
parrocchie urbane non devono assolutizzare questo principio. Si può
dire che io abbia con la mia famiglia i normali, tranquilli rapporti che
potrebbe avere qualsiasi parroco con i propri familiari (nel mio caso,
una famiglia in gran parte non particolarmente credente).
Quale reazione hanno avuto i tuoi genitori alla notizia che volevi fare il monaco ortodosso?
Appartengo a una generazione cresciuta in
un certo permissivismo, quindi potrei ironizzare sul fatto che i miei
genitori avrebbero avuto una reazione simile a qualsiasi mia scelta più o
meno onesta: "mah, se ti fa piacere così..."
Tornassi indietro faresti la stessa scelta?
Tutti i giorni, e tre volte la domenica.
Quali sono i rapporti con le altre Chiese ortodosse in Italia?
Nella fase attuale siamo ancora tutti
presi dalla fatica di costruire e consolidare le nostre comunità, per
cui si può dire che non abbiamo avuto molto tempo per costruire una
crescita comune. Ci conosciamo, beninteso, ma spesso abbiamo difficoltà a
frequentarci. Una più forte coesione tra noi è un obiettivo
importantissimo per il futuro.
Quali sono le difficoltà che incontri nell'esercitare il tuo ministero?
Convincere i fedeli a passare da una
mentalità di fruitori di un servizio a una consapevolezza di comunità. È
un compito titanico, comunque, soprattutto per chi ha sperimentato
tanti cambiamenti tra le chiese lasciate in altri paesi e quelle trovate
qui in Italia.
Di cosa ha bisogno la vostra chiesa ortodossa?
Non fare domande come queste a un
parroco, se no vengo fuori con la lista dei progetti della parrocchia!
Più seriamente, ogni chiesa ha bisogno di essere il luogo dove Cristo e
gli uomini si fanno vicini l'uno agli altri... il resto verrà da sé.
I cittadini che desiderano incontrarti, lo possono fare?
Certamente! Visite alla parrocchia (anche
organizzate negli orari più comodi per i visitatori), colloqui,
discussioni... e ovviamente tutti sono i benvenuti ad assistere alle
funzioni. Non c’è limite ai contatti possibili, se non la buona volontà
di ciascuno. Come primo contatto, suggerisco di fare una visita al sito
Internet della parrocchia e di chiamarmi attraverso la posta
elettronica. Le risposte via email si possono preparare con più
tranquillità e attenzione, e possono essere buone introduzioni a
incontri personali.