"Mio carissimo fratello, noi non neghiamo
alla Chiesa costantinopolitana il primato tra le altre chiese patriarcali sorelle;
e riconosciamo il suo diritto al posto più onorevole in un Concilio
ecumenico. Ma si sta separatando da noi per le sue stesse azioni, quando per
orgoglio ha assunto una monarchia che non appartiene al suo ufficio...
Come possiamo accettare i suoi decreti che sono stati emessi senza
consultarci e anche a nostra insaputa? Se il pontefice costantinopolitano, seduto
sull'alto trono della sua gloria, desidera tuonare contro di noi e, per
così dire, lanciarci i suoi mandati dall'alto, e se desidera giudicare e
governare noi e le nostre Chiese, non prendendo consiglio con noi, ma a
suo piacimento arbitrario, che tipo di fratellanza o addirittura che
tipo di paternità può essere? Noi dovremmo essere gli schiavi, non i
figli, di una tale Chiesa, e la sede costantinopolitana non dovrebbe essere la pia
madre di figli ma una dura e imperiosa padrona di schiavi".
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