Il tradimento di Isengard
di George MichalopulosMonomakhos, 10 novembre 2019
Il riferimento del titolo viene dal Signore degli Anelli
di Tolkien. Descrive il regime di Isengard sotto Saruman il Bianco, il
più grande dei cinque stregoni (gli Istari), che sono gli esseri
corporei semi-divini inviati a guidare la Terra di Mezzo.
Nel mezzo di Isengard c'era la grande
torre di Orthanc, da cui regnava Saruman. In origine, era lui la mano
ferma tra gli Istari e quindi il loro leader. Né bellicoso come Gandalf
il Grigio né infantile come Radagast il Bruno, Saruman era più prudente.
Era quello stabile. Eppure, cadde nell'errore e alla fine tradì la sua
vocazione divina.
Ma il mondo di Tolkien non è il nostro
mondo. Almeno non lo è stato fino alla settimana scorsa quando abbiamo
udito notizie nefaste: il patriarca Theodoros II di Alessandria e di
Tutta l'Africa ha ceduto al braccio di ferro del governo greco. È stato
un pugno collettivo per tutti noi che siamo sorpresi dalle azioni
scandalose perpetrate da Bartolomeo in Ucraina. Dato il suo
atteggiamento profetico, la sua gentilezza pastorale e il suo
pellegrinaggio in Ucraina, dove l'anno scorso ha incontrato la Chiesa
sofferente, il suo tradimento è quanto mai amaro.
Ce lo aspettavamo da tempo da Bartolomeo:
dopo tutto, ha telegrafato in giro il suo ecumenismo e la sua
eterodossia ormai da diversi decenni. Credo che fosse nel 1991 quando
informò un giornalista americano che "in generale, la Chiesa ortodossa è
pro-life". Parole e frasi come "in generale" sono allarmanti in sé e
per sé; retoricamente, scoprono gli altarini, per prendere in prestito
un cliché. Ogni anno, con ogni nuovo proclama, vedevamo il Patriarcato
ecumenico spingere la finestra di Overton sempre più a sinistra. È
sempre stato allarmante, ma col tempo tutti hanno visto svelarsi la
maschera.
Dalla sua ascesa al Patriarcato
ecumenico, Bartolomeo non ha mai deluso i globalisti che lo circondano.
Molti di noi hanno guardato dall'altra parte (me compreso). Dopo tutto, è
un dhimmi che serve a piacere del governo kemalista in
Turchia, e quindi non è l'arcivescovo di una città cristiana più di
quanto lo sia l'uomo della luna. Non solo governa su un gregge in
diminuzione, ma deve ricevere l'autorizzazione dal governo turco per
effettuare riparazioni sulle poche chiese esistenti che rimangono nel
suo "patriarcato". Tuttavia, a parità di condizioni, ha giocato le carte
che gli sono state distribuite nel miglior modo possibile.
Alla fine, quello che ha fatto Bartolomeo
non è stata una grande sorpresa: sapevamo che avrebbe gettato la sua
sede nel fiume (il Tevere). E grazie all'incombente pontefice che ora
risiede in Vaticano, ha trovato uno spirito affine.
Ma non Theodoros. Da lui ci aspettavamo
di più. Se oggi esiste una Chiesa martire nel mondo (oltre ad
Antiochia), è quella dell'Africa.
Per quanto riguarda la Chiesa di Grecia,
ancora una volta, nessuna sorpresa. Una percentuale significativa dei
vescovi di quella Chiesa è composta da uomini compromessi; gli altri
sono abituati a percepire i loro stipendi con le tasse dei contribuenti.
E poi c'è il fatto che la Chiesa di Grecia è una specie di chimera, con
le diocesi del sud che sono le parti costitutive di una Chiesa
autocefala mentre le diocesi del nord e alcune isole sono guidate da
vescovi nominati da Istanbul. Non è né carne né pesce, e quindi le sue
rivendicazioni a un'autentica autocefalia sono fasulle.
Potrei andare avanti. Anche Alessandria
riceve denaro dal governo greco (così come Costantinopoli) e la Grecia
ha dimostrato di essere un satrapo flessibile del Dipartimento di Stato
americano.
È interessante notare che questa non è la
prima volta che il governo greco ostacola la Chiesa ortodossa nella sua
missione evangelistica. Diversi decenni fa, quando i leader della
Chiesa ortodossa evangelica si recarono a Istanbul per incontrare il
patriarca Demetrio, l'allora metropolita Bartolomeo Archondonis di
Filadelfia si assicurò di far chiudere loro la porta in faccia. Ciò
avvenne per ordine del governo greco, che non voleva che un flusso di
americani non greci allagasse l'Arcidiocesi greco-ortodossa del Nord e
del Sud America.
Perché, chiederete? Perché l'Arcidiocesi
greco-ortodossa, allora e ora, non è altro che un agente non registrato
al servizio dei bisogni di un governo straniero. Ma ci aspettavamo di
più dalla Chiesa di Alessandria.
Ma ecco il problema. Vedete, l'intero
scopo di avere un episcopato celibe è garantire l'indipendenza dai
poteri secolari. Gli uomini sposati, così ci viene detto, sono sempre
consci delle loro famiglie. Questo è vero: dopo tutto, Dio stesso ha
imposto questo fin dall'inizio della razza umana. Il primo ministero di
un uomo è verso la moglie e poi verso i figli, che favorirà naturalmente
rispetto alla famiglia di un altro uomo.
E poi c'è il fatto che per adempiere a
questo ministero, l'uomo sposato deve guadagnarsi il pane con il sudore
della fronte. Anche questo è un mandato di Dio. Ciò significa che la sua
vita non sarà un gioco da ragazzi e anche nel migliore dei casi sarà
costretto a scendere a compromessi lungo la strada. Può anche fare cose
che non sono etiche e persino criminali. Anche così, queste azioni
sfortunate sono le eccezioni che dimostrano la regola: ovvero, il suo
dovere è verso la sua famiglia.
E così ci viene detto che è per questo
che gli uomini sposati non possono diventare vescovi. Perché la
propensione al nepotismo e al compromesso è troppo grande. La maggior
parte delle famiglie si trova solo a uno o due stipendi di distanza
dalla rovina finanziaria. Il lupo è sempre alla porta di ogni
capofamiglia anche quando le cose vanno bene.
I monaci, tuttavia, sono immuni da queste
minacce. O almeno dovrebbero essere. Così ci viene detto che il nostro
episcopato dovrebbe essere tratto dai loro ranghi. Dopotutto, è più
facile per un celibe sacrificare se stesso e il suo benessere per
respingere le forze secolari. Non ha niente da perdere. O almeno questa è
l'idea.
Chiaramente, dobbiamo presumere che la
Chiesa africana non sia guidata da autentici vescovi monaci. Ciò non
significa che il patriarca Teodoro non abbia una coscienza. Si può
vedere il dolore sul viso di Theodoros mentre commemora Sergej Dumenko,
il falso metropolita di Kiev. Si può anche vedere l'espressione
compiaciuta di trionfo sul volto del ministro greco il cui compito era
torcere le braccia di Theodoros. Un vero monaco, uno che vive giorno per
giorno e che ha fede nel Signore, avrebbe detto al ministro greco di
"ficcarselo..." e per buona misura avrebbe chiamato alcuni monaci per
farlo scaraventare fuori dalla porta.
Diversi secoli fa, san Basilio il Grande fece un serio predicozzo all'imperatore Teodosio il Grande [1].
L'imperatore fu colto di sorpresa e rimproverò Basilio, dicendogli che
non aveva mai sentito un vescovo parlargli in quel modo. Basilio rispose
con nonchalance: "Questo perché non hai mai visto un vero vescovo".
Purtroppo, avremmo avuto bisogno di uno
di questi vescovi oggi, almeno ad Alessandria. Se la memoria non mi
inganna, questa era la sede cu cui era pastore sant'Atanasio il Grande,
un altro vescovo che non aveva mai letto Come conquistare amici e influenzare le persone. E fu esiliato non meno di cinque volte e per questo è noto con il titolo di Athanasius contra mundum
("Atanasio contro il mondo"). Sono sicuro che la sua vita sia stata
dura e spiacevole. Eppure oggi è in cielo come santo. Degli scaldapanche
e dei sicofanti che hanno condotto vite tranquille e non hanno mai
detto una parola, non sono così tanto sicuro.
Forse è giunto il momento che
l'episcopato sia aperto agli uomini sposati. Almeno con loro, sai cosa
ottieni. Certamente non stiamo ottenendo leadership spirituale da
"monaci" come Theodoros e i vescovi greci dell'Africa a cui piacciono le
loro vite comode. Non devo farvi un disegnino. Il 100% di voi riuscirà a
immaginarselo. Il tradimento a questo livello è irreparabile.
NOTA
[1] L'autore fa qui
confusione con un altro noto conflitto di sant'Ambrogio di Milano con
l'imperatore Teodosio. In realtà l'imperatore nell'episodio di san
Basilio il Grande era Valente, e le parole di san Basilio erano
indirizzate a un funzionario imperiale di nome Modesto. Il senso di
questo paragrafo, comunque, non cambia a prescindere da chi sia stato
l'interlocutore del santo (ndt).
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