venerdì 12 agosto 2016

Dal sito del Confratello P. Ambrogio di Torino: http://www.ortodossiatorino.net/

La comunione con gli eretici e con gli immorali

"Che cosa insegna la Chiesa sulla presenza di non credenti nelle nostre case e nelle nostre chiese? 2 Giovanni 1:10 sembra suggerire che non dovremmo avere qualcuno che professa un insegnamento contrario alla fede trinitaria nelle nostre case, o perfino salutare una tale persona. Questo messaggio era stato scritto specificamente per una persona o per un tipo di persona? Questo capitolo ha qualcosa a che fare con la pratica storica di mantenere segreto il Credo o di chiedere ai catecumeni di uscire prima che si reciti il Credo nella Liturgia? Come dovrebbero applicare questo insegnamento i credenti ortodossi nella propria vita?"
Oltre al passo a cui ha fatto riferimento, ci sono molti passi simili che potrebbero essere citati. Per esempio, san Paolo ha scritto:
"Ora vi ordiniamo, fratelli, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo che vi ritiriate da ogni fratello che cammina disordinatamente e non secondo l'insegnamento che ha ricevuto da noi" (2 Tessalonicesi 3:6).
E Cristo stesso ha detto, quando si parla a un fratello che sbaglia, e che ha rifiutato di essere corretto dopo molti tentativi:
"... Ma se rifiuta di ascoltare anche la chiesa, che sia per voi come un pagano e un pubblicano" (Matteo 18:17).
Ma il passo che tratta più direttamente la questione della comunione con qualcuno che sbaglia è 1 Corinzi 5:11:
"Vi ho scritto di non mescolarvi con chi si dice fratello ed è immorale, o avaro, o idolatra, o maldicente, o ubriacone, o ladro; non dovete nemmeno a mangiare insieme a una tale persona".
Tutti questi passi parlano di persone che sono in grave errore, sia dottrinale, sia morale, e chiaramente questi passi insegnano che ci sono alcune circostanze in cui noi non dovremmo avere comunione con queste persone... Ma la domanda è, di quale tipo di persone stiamo parlando, e in quali circostanze si applicherebbe questo caso?
In primo luogo, prendiamo in considerazione a chi non si applica:
1) Sicuramente non si applica ai non credenti, che è evidente semplicemente guardando i versi che precedono il passo in 1 Corinzi 5:
"Vi ho scritto nella lettera di non mescolarvi con chi vive nell'immoralità. Non mi riferivo però agli immorali di questo mondo, agli avari, ai ladri o agli idolatri, altrimenti dovreste uscire dal mondo!"(1 Corinzi 5:10).
Il punto è che non si poteva forse astenersi da un certo grado di comunione con la stragrande maggioranza delle persone non credenti ai tempi di san Paolo. Inoltre, l'Ambrosiaster [1] nota:
"Paolo non proibisce ai corinzi di mangiare con gli infedeli, dal momento che dice: Se un non credente ti invita a cena e vuoi andarci, mangia tutto ciò che è messo davanti a te" [1 Corinzi 10:27] (Ancient Christian Texts: Commentaries on Romans and 1-2 Corinthians, Ambrosiaster, tradotto e compilato da Gerald L. Bray, Downers Grove, IL: Intervarsity Press, 2009, p. 143).
2) Probabilmente non si applica neanche a quelli che, anche se una volta facevano parte della Chiesa, sono caduti nel peccato, e che non pretendono più di essere parte dei fedeli. Dico questo sull'esempio del Signore, che regolarmente mangiava con peccatori noti. In questi casi, non stava fingendo che queste persone non fossero colpevoli di alcun peccato, e che fossero già in un giusto rapporto con Dio, ma tendeva una mano a persone a lungo allontanate dai fedeli di Israele.
Ma al di là di questo, dobbiamo chiederci come questi passaggi potrebbero essere applicate a cristiani eterodossi. Da un lato, se li trattassimo come se fossero ortodossi, e poi cadessero nell'eresia, nello scisma o nell'immoralità, allora questi passi si applicherebbero direttamente anche a loro. D'altra parte, alcuni potrebbero sostenere che essi ricadano sotto la classe dei non credenti. Ma ci sono problemi con entrambe le posizioni. Ovviamente, non sono sempre stati ortodossi, e quindi non avrebbero lo stesso livello di responsabilità di un cristiano ortodosso caduto nell'eresia. Ma non possiamo neppure dire che non vi è alcuna differenza tra queste persone e i pagani.
Padre Seraphim (Rose) trova la miglior soluzione, a mio parere, in una lettera da lui scritta sul tema:
"Alla fine, credo, l'atteggiamento di Padre Dimitry Dudko è quello giusto: Dovremmo vedere i non ortodossi come persone a cui l'Ortodossia non è stata ancora rivelata, come persone che sono potenzialmente ortodosse (se solo noi stessi dessimo loro un esempio migliore!). non vi è alcun motivo per cui non siamo in grado di chiamarli cristiani e di essere in buoni rapporti con loro, riconoscere che abbiamo almeno la nostra fede in Cristo in comune, e vivere in pace soprattutto con i nostri familiari. San L'atteggiamento di sant'Innocenzo verso i cattolici romani in California è un buon esempio per noi. Un atteggiamento duro e polemico è necessario solo quando i non ortodossi stanno cercando di portare via le nostre greggi o cambiare i nostri insegnamenti" (citato Not of This World: The Life and Teaching of Fr. Seraphim Rose, pp. 757-758).
Direi più o meno lo stesso per quanto riguarda coloro che sono stati battezzati ortodossi da neonati, ma che non hanno mai veramente stati introdotti alla vita della Chiesa. Tali persone, purtroppo, non sono più informate di qualsiasi altro credente circa la fede, e quindi dovremmo desiderare di aprire le porte a queste persone, invece di chiuderle.
Allora, a chi si applicherebbero questi versi?
Questi versi certamente si applicano a eretici e scismatici che erano ortodossi, ma che sono stati formalmente tagliati fuori dalla Chiesa. Potrebbero valere anche per coloro che sono sotto scomunica per un grave peccato... ma questo dipende.
Ci sono molte persone che cadono in un peccato grave, e per un certo periodo di tempo il loro parroco li pone sotto una penitenza che comprende il divieto di ricevere la comunione, ma in quei casi in cui la persona riconosce il proprio peccato, e si sottopone alla penitenza, non ci sarebbe alcuna necessità di bloccarla da altre forme di comunione.
Si applica a quelli che sono esclusi dalla comunione a causa di un grave peccato del quale si rifiutano di pentirsi, e che con la loro sfida aperta delle norme della Chiesa, causano scandalo e fratture nella Chiesa. Questa, tuttavia, è una situazione che credo sia abbastanza rara. Io certamente non ho mai avuto a che fare con una situazione del genere.
È un po' meno chiaro come gestire quelli che sono esclusi dalla comunione a causa di un grave peccato di cui non sono ancora pronti a pentirsi, ma che continuano a frequentare le funzioni, e a farlo in un modo che non sia distruttivo. Nei primi secoli della storia della Chiesa, quando si manteneva una disciplina molto severa per quanto riguarda chi poteva stare in chiesa, queste persone sarebbero state escluse dal frequentare le funzioni, e molto probabilmente anche dalla presenza nelle case dei credenti. Tuttavia, questo tipo di disciplina ha cessato di essere la pratica comune della Chiesa da più di mille anni. Nelle circostanze di oggi, non credo che tale livello di severità sarebbe giusto, per persone così. È meglio che continuino a venire in chiesa, e ci auguriamo che giungano a un certo punto di ravvedimento, in modo che possano essere riammesse alla comunione. E sarebbe meglio per loro mantenere rapporti con le persone nella Chiesa, se non c'è nessuno che strizza l'occhio al loro peccato, o c'è pericolo che altri cadano nello stesso peccato. Naturalmente, se uno ha dei dubbi su cosa fare, dovrebbe cercare la guida del loro parroco o vescovo locale, che sono in ultima analisi i responsabili della disciplina nella Chiesa.
Lo scopo di tutti questi versi è la salvezza del peccatore o dell'eretico, e l'edificazione della Chiesa. Non è di aderire alla lettera della legge, o di dare una punizione fine a se stessa.
Si dice dei profeti del Vecchio Testamento che affliggevano chi stava nei conforti, e che confortato gli afflitti – e questo detto, per quanto semplicistico, ha in esso molto merito. Se c'è un eretico o uno scismatico, che cerca di dividere la Chiesa, o un peccatore noncurante il cui comportamento è causa di scandalo per la Chiesa, una tale persona avrebbe bisogno di qualche misura di afflizione, per svegliarsi. Sarebbe anche necessario che i pastori della Chiesa proteggessero il resto del gregge. D'altra parte, quando si hanno peccatori che lottano con i loro peccati, dovremmo seguire l'esempio di Cristo, e trattarli con amore. E quando si tratta degli eterodossi, dobbiamo tenere a mente che con la conoscenza viene la responsabilità, e noi non possiamo usare con loro gli stessi standard di quelli che sono stati allevati nella Chiesa e dovrebbero saperne di più. Se non cercano attivamente di fare proselitismo o di dividere la Chiesa, dovremmo favorire tali rapporti, perché è così che molti in ultima analisi si convertono.
Nota
[1] "Ambrosiaster" è il nome dato all'autore di commenti a lungo attribuiti a sant'Ambrogio di Milano, ma che la maggior parte degli studiosi ritiene scritti da un autore più tardo.

 

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