I copricapo, la modestia e i rimproveri
alle donne ortodosse moderne
di padre Lawrence Farley
Orthochristian.com, 27 agosto 2018
In un articolo intitolato "I copricapo, la modestia e l'Ortodossia moderna", pubblicato sul sito Public Orthodoxy,
Katherine Kelaidis ha alcune cose preziose da dire sulle donne che
indossano il velo nel moderno Occidente. In questo pezzo offre
un'intuizione storica necessaria e preziosa sulle donne come sua nonna,
che indossavano il velo in Grecia, ma venendo in America scartarono
questa pratica per assimilarsi più facilmente nella cultura della loro
nuova terra. Nelle parole di Kelaidis, "Mia nonna ha smesso di coprirsi i
capelli a causa delle pressioni della xenofobia e dell'assimilazione,
insieme al desiderio di creare uno spazio più libero per le donne
all'interno della propria cultura". Continua notando che le donne
ortodosse moderne, dalla fine degli anni '90, spesso si coprono i
capelli con il velo come propria scelta, anche quando non sono in
chiesa. Lei vede le scelte di queste donne sullo sfondo dell'esperienza
della propria famiglia e dice che quando queste donne "si velano con
totale disprezzo per le storie e le vite delle donne che ho tanto amato,
non posso fare a meno di provare rabbia". La scelta moderna di alcune
donne ortodosse di portare il velo costituisce un ingrato rifiuto dei
sacrifici fatti da queste donne immigrate di una generazione precedente.
Kelaidis è arrabbiata e si sente "incredibilmente frustrata" da chi "fa
queste scelte senza dover ripensare a donne come mia nonna. Donne di
cui trascurano le vite in modo incurante a ogni passo. Donne di cui
tacitamente disprezzano le capacità di madri e di cristiane. Donne di
cui non conoscono e non si preoccupano di imparare le difficoltà e i
trionfi".
Io non sono uno che insiste sul fatto che
le donne ortodosse debbano velarsi, sia in chiesa sia in pubblico.
Nella nostra piccola chiesa di sant'Herman a Langley, nella British
Columbia, alcune delle nostre donne indossano il velo e altre no. Questo
dipende interamente dalla scelta delle donne stesse. Non ripeterò qui
le argomentazioni e le contro-argomentazioni del consiglio di san Paolo
in 1 Corinzi 11. Chiunque voglia sapere come interpreto quel famoso
passaggio è benvenuto a comprare il commentario da me scritto e leggerlo
da sé. Ma in difesa delle donne che scelgono davvero di velarsi in chiesa, vorrei offrire quel che segue.
Tutte le donne che conosco personalmente e
che si velano in chiesa non intendono in tal modo fare una
dichiarazione su donne come la nonna di Kelaidis, in un modo o
nell'altro. Sono grate, penso, di avere la possibilità di scegliere se
velarsi o meno, e fanno la loro scelta. La mia ipotesi è che abbiano
sentito che l'obbligo di non indossare un velo sia tanto inaccettabile
quanto quello di indossarlo, ma sta a loro rispondere a tali domande,
non a me. Ciò che è certo è che la loro scelta non è basata sulle
battaglie culturali di due o più generazioni fa, ma sulle battaglie
culturali del presente.
In parrocchia abbiamo diversi tipi di
persone, sia convertiti nordamericani che ortodossi etnici. Le donne
russe, romene e greche si velano (se la memoria non mi inganna; non è
così importante tenere statistiche), così come alcune, ma non tutte, tra
le donne convertite. Se chiedono loro perché lo fanno, sospetto che le
prime possano dire che non ci hanno mai pensato molto, ma è così che
sono state cresciute. Le altre direbbero che hanno scelto di farlo dopo
averci pensato un po'. Ci sono, infatti, almeno due buoni motivi per
questa scelta, e nessuno dei due motivi ha a che fare con la nonna di
nessuno.
La prima ragione è che è un modo per
mostrare rispetto per la santità dell'edificio in cui stanno entrando.
(Nota: non sto suggerendo che le donne che non usano il velo non
mostrino abbastanza rispetto.) Chi indossa un velo in chiesa spesso non
indossa il velo in pubblico, così che vestirsi in modo diverso è il modo
di riconoscere che la navata della chiesa è un tipo di spazio diverso
da quello del centro commerciale o della strada. Proprio perché il velo
non è indossato in pubblico, può quindi funzionare come un segno di
rispetto nella chiesa. È equivalente a segnarti con la croce quando
entri in un luogo santo. Ecco perché, sospetto, le donne ortodosse
indossano il velo in chiesa in Russia, come segno di rispetto. Ma non
sono mai stato in Russia e posso solo immaginare cosa succede lì. Ciò
che è più certo è che è questo ciò che motiva le donne russe che
indossano il velo nella nostra parrocchia.
Data questa componente di rispetto per la
santità spaziale, l'uso del velo da parte delle donne convertite serve
anch'esso a unirle alle donne ortodosse di altri paesi come la Russia,
la Romania e la Grecia. Le convertite sono felici di imparare dalle loro
sorelle, e non stanno sempre (per usare le parole di Kelaidis) a
"postare sui social media sulla mancanza di 'zelo' tra quelli di
famiglia ortodossa". Le convertite sono felici di apprendere molto
sull'Ortodossia da chi è venuto prima di loro e da chi vive altrove nel
mondo, incluso l'uso del velo quando sono in chiesa.
In secondo luogo, l'uso del velo da parte
di queste donne serve a differenziarle dal mondo secolare che le
circonda. Ai tempi della nonna di Kelaidis, l'obiettivo era quello di
assimilarsi per evitare i pericoli della xenofobia. Nel mondo di oggi,
l'obiettivo è diverso: è evitare l'assimilazione con la società folle e
senza dio che ci circonda e (nelle parole senza tempo di san Pietro) per
"salvarci da questa generazione perversa" (Atti 2:40). Dalle sue parole
si potrebbe immaginare che Kelaidis sia rimasta bloccata nel passato,
affrontando le sfide di ieri, quando l'assimilazione degli immigrati era
il bisogno urgente. Ma ora, e almeno dalla fine degli anni '90 (quando
lei stessa ha detto che il velo è apparso nel suo mondo), la sfida per
le donne ortodosse è quella di costruire una sana contro-cultura in cui
vivere e crescere i propri figli. Se scelgono di fare del velo in chiesa
una componente di quella contro-cultura, chi è Kelaidis o chiunque
altro (me compreso) per dire il contrario? Le parole "la scelta di una
donna" possono e sono state orribilmente abusate, ma sicuramente questo è
un caso in cui la scelta di una donna dovrebbe essere rispettata.
danza greca a Cleveland, Ohio. Foto: Cleveland people.com
Kelaidis ha perfettamente ragione su una
cosa: "la modestia non è una linea che si traccia sulle ginocchia [come
l'orlo di un vestito], ma una linea che si traccia sul cuore". Le donne
possono essere modeste e pie anche senza indossare il velo in chiesa,
così come possono testimoniare molte donne nella mia piccola chiesa. Ma
un velo ora non è solo – o non è principalmente – uno strumento di
modestia, nonostante l'affermazione di Kelaidis che "la modestia è
sempre stata l'obiettivo del velo". Ora è una scelta che alcune donne
fanno per esprimere il loro rispetto per uno spazio sacro e il loro
desiderio di essere diverse dal mondo secolare che li circonda.
Certamente, le donne possono fare queste cose senza indossare il velo.
Ma alcune donne scelgono di farle indossando un velo. E sicuramente
dovrebbero essere autorizzate a farlo senza essere incolpate o
rimproverate nelle pagine di Public Orthodoxy.
Non posso fare a meno di chiedermi se
l'obiettivo principale e la fonte della rabbia nell'articolo di Kelaidis
non sia tanto la presenza del velo tra le donne ortodosse convertite,
quanto piuttosto il fatto che queste donne convertite abbiano scelto di
indossare il velo come espressione della loro scelta di essere
contro-culturali e di rifiutare il secolarismo intorno a loro – un
secolarismo che Public Orthodoxy sembra così spesso
abbracciare. Il suo obiettivo è ancora l'assimilazione alla cultura
contemporanea, anche ora che la nostra cultura è diventata malata.
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