mercoledì 17 dicembre 2008

Da ORTODOXIE.COM

Comunicato stampa della 5° sessione del lavoro cattolico-ortodosso San Ireneo (Vienna, 18-23 Novembre 2008)
Il gruppo misto di lavoro ortodosso-cattolico ha tenuto la sua quinta sessione dal 19 al 23 novembre 2008. Su invito della Fondazione “Pro Oriente” si è riunito a Vienna presso la Casa Don Bosco. All’inizio dell’incontro, i componenti del Gruppo di lavoro sono stati accolti dal Presidente della Fondazione “Pro Oriente”, il Dr. Johann Marte, il quale ha sottolineato gli interessi comuni della Fondazione e del Gruppo di lavoro per il dialogo ortodosso-cattolico. Nella cornice di una seduta pubblica organizzata dalla Fondazione “Pro Oriente”, due componebti del Gruppo di lavoro, l’Archimandrita Job (Getcha) e Padre Hervè Legrand (tutti e due di Parigi), hanno concesso delle conferenze analizzanti lo stato presente e le sfide future di questo dialogo. Risaltandone che bisogna approfondire essenzialmente le questioni relative alla teologia della Chiesa e alle sue strutture.
La quinta sessione del Gruppo di lavoro è stata dedicata al tema “Dottrina e pratica del primato dal XVI al XIX secolo”. Il gruppo ha perseguito anche una serie di discussioni che, per un accostamento storico, tenta di identificare e di analizzare lo sviluppo della comprensione e della pratica del primato. Questo anno, il Gruppo di lavoro ha analizzato da una parte di alcuni aspetti del ruolo del papato dopo la Riforma, e dall’altra parte dello sviluppo delle strutture primaziali e sinodali della Chiesa ortodossa negli imperi ottomano e russo.
Benché l’autorità del papato è stato ristabilito a causa dei Riformatori, il Concilio di Trento (1545-1563) non ha trattato direttamente del primato del papa e ha lasciato dunque aperta la questione della sua autorità. Le riforme messe a posto dal concilio di Trento nella salvaguardia della Liturgia, della catechesi e della formazione teologica hanno nondimeno condotto a una centralizzazione dell’autorità dottrinale nella Chiesa cattolica, che ha rinforzato l’importanza del seggio romano. Ed è a partire da questa epoca che la fedeltà al papato è divenuto una parte integrante dell’identità cattolica.
Il tipo di relazione che noi trattiamo oggi con una identità tale e quale come la storia l’ha forgiata, necessita una analisi più profonda nel dialogo tra ortodossi e cattolici. Bisogna, a questo riguardo, tener conto anche dell’immagine che noi abbiamo di noi stessi e degli altri, del modo da come la guardiamo e ci guardiamo.
All’interno dell’impero ottomano la struttura del “Rum-Millet” ha condotto a una centralizzazione della vita della Chiesa ortodossa. Il periodo ottomano ha altresì contribuito ad accrescere l’importanza del Patriarcato ecumenico a scapito degli altri patriarcati ortodossi che a lui furono soggetti in tutto ciò che concerne le loro relazioni al provvedere politico. Come principio teologico, per altro, la sinodalità non ha mai perso della coscienza ecclesiale.
Lo sviluppo del nazionalismo nel XIX secolo ha permesso a che i principi ecclesiologici fondamentali delle nostre Chiese fossero sovente violati. Il principio territoriale fu cosi parzialmente sostituito da un principio etnico, come coerentemente, per esempio, il concilio di Costantinopoli del 1872 ha reagito, nel condannare l’etnofiletismo.
In Russia, più che in altri paesi, la Chiesa ortodossa a messo in atto l’esperienza, della parte dei poteri pubblici, dei migliori e dei peggiori, del sostegno come della persecuzione. La sua storia mostra anche la dipendenza della Chiesa a riguardo delle forze politiche, ma relativamente anche gli effetti di quelli, perché in quegli stessi periodi di stretto controllo statale, la Chiesa ha caparbiamente conservato una intensa vita spirituale.
I nostri studi hanno mostrato che i fattori politici e storici hanno esercitato una forte influenza sulle strutture ecclesiali in Oriente e in Occidente. Così facendo un approccio pluridisciplinare delle nostre reciproche storie, colgono fattori che, senza essere dogmatici, influenzano nondimeno l’ecclesiologia concretamente vissuta. Tanto in Oriente che in Occidente si osservano all’interno della Chiesa degli effetti di funzioni secolari, di tendenze centralizzatrici o più tardi, l’accentuazione delle identità nazionali. Questi problemi richiamano delle risposte comuni più di un accostamento storico sfumato per aiutare a risolvere.
Le chiese in Oriente e in Occidente sono state spesso confrontate con la medesima tentazione di associare il governo ecclesiale e l’autorità secolare. Questa confusione ha rinforzato l’autorità primaziale a discapito delle strutture sinodali. Benché la sinodalità sia stata relegata all’indietro, essa non è, però, mai stata completamente assente alla coscienza della Chiesa come principio teologico.
L’interpretazione storica si è dovuta guardare da tutti gli idealismi. La ricerca di esempi storici ci confermano ideali non contribuenti a farci fare progressi. Così, la sola esistenza dei sinodi non è un argomento sufficiente per dimostrare che il principio di sinodalità è stato applicato.
L’esempio della corrispondenza teologica tra il Patriarca ecumenico Jeremie II e dei teologi luterani di Tubingen alla fine del XVI secolo dimostra la difficoltà di un dialogo che non può appoggiarsi su un vocabolario teologico comprensibile agli uni e agli altri. L’analisi storica della corrispondenza mostra chiaramente che un reciproco accordo sul criterio di unità della Chiesa è un requisito perché un dialogo abbia successo. Non è sufficiente arrivare a una confessione di fede comune, ha bisogno ancora di un appoggio ecclesiologico di cui i principi siano comuni.
Il dialogo teologico ha una dimensione ermeneutica e dovrà mettere in conto le differenze linguistiche, le forme di pensiero, le accentuazioni particolari delle diverse tradizioni. Questa ermeneutica può rivelare degli approcci differenti che esprimano la ricchezza della fede e non siano esclusivi per gli uni o per gli altri. Dal nostro sforzo per una reciproca comprensione delle nostre espressioni teologiche e canoniche, noi dunque dobbiamo trarre profitto dagli strumenti dell’ermeneutica contemporanea che può aiutarci a mettere le espressioni del passato nel loro contesto storico, a identificare il loro valore permanente liberandoli da aspetti divenuti anacronistici, e così provare di rendere le loro intenzioni pertinenti per oggigiorno (la rilettura).
Il Gruppo di lavoro San Ireneo è stato fondato a Paderborn (Germania) nel 2004. Il Gruppo di lavoro comprende 26 teologi, 13 ortodossi e 13 cattolici (Austria, Bulgaria, Estonia, Francia, Germania, Grecia, Italia, Paesi Basi, Polonia, Romania, Serbia, Ucraina e Stati Uniti). I copresidenti sono il Vescovo Dr. Ignatije (Midic) di Braničevo (Serbia) e il Vescovo Dr. Gerhard Feige de Magdebourg (Germania). Il secondo incontro del Gruppo si è svolto nel novembre del 2005 presso il Monastero di Penteli vicino Atene (Grecia), il terzo presso il Monastero benedettino di Chevetogne (Belgio), e il quarto a Belgrado (Serbia).
Al termine dell’incontro, i componenti del Gruppo di lavoro hanno incontrato l’Arcivescovo cattolico di Vienna, il cardinale Christoph Schönborn, e altri rappresentanti delle diverse Chiese e comunità cristiane di Vienna, al fine di scambiare informazioni sugli obbiettivi del gruppo di lavoro e le relazioni ecumeniche a Vienna. A nome dei partecipanti il vescovo Gerhard Feige ha ringraziato l’arcivescovo di Vienna e la fondazione “Pro Oriente” per la loro ospitalità e il loro sostegno finanziario a questo incontro. Il prossimo incontro del Gruppo di lavoro è previsto nel novembre 2009, verosimilmente a Damasco.
Tradotto dal francese da P. Giovanni

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