lunedì 19 aprile 2010

Dal sito di P. Giovanni Festa: L’Apparizione del Risorto alla Madre- tradizione della Liturgia Siriaca

L’Apparizione del Risorto alla Madre
e la festa della Risurrezione

Una ricca e abbondante Ufficiatura della Liturgia Siro-Occidentale, espressa pure nell’iconografia, testimonia che la Risurrezione di Cristo fu partecipata anzitutto a sua Madre Maria.

La Chiesa Siro-Occidentale festeggia e celebra con rara bellezza e solennità il mistero pasquale che culmina con la Risurrezione di Cristo dai morti. I testi liturgici, di una grande finezza poetica e teologica, ispirati al grande Dottore mariano Efrem Siro (+ 373), offrono ai fedeli di questa Chiesa, rinati a Pasqua dal fonte battesimale, una non comune esperienza teologica e mistica immersa alla luce del mistero di morte e vita di Cristo e illuminata dalla luce del suo Volto.
Qui di seguito riportiamo solo alcuni testi tratti dalla ricca e abbondante Ufficiatura, piena di spunti teologici e spirituali sul senso della festa e contenenti un’interessante testimonianza sull’Apparizione del Risorto alla Madre.

La Risurrezione di Cristo è una nuova creazione
La Liturgia sira saluta la Risurrezione di Cristo come l’aurora novella di un giorno nuovo che viene per dissipare le tenebre dell’antica notte che pesava sull’umanità e far splendere l’aurora senza fine, illuminata dall’astro della fede e dal sole della carità e dell’amore. Questa idea è messa in rilievo in molti testi, come i seguenti:
"La prima Domenica, che è il primogenito dei giorni, la nostra creazione è nata; dalla bontà di Dio suo Creatore, ciò che non era è venuto all’esistenza.
In questo giorno fu creata la luce, e le tenebre furono dissipate, per permettere ad ogni essere di venire all’esistenza e di rivestire la somiglianza e l’ornamento d’ogni bellezza.
La nostra umanità è stata rinnovata e la creatura è stata di nuovo ricreata tramite una seconda generazione, quella del Battesimo.
Le tenebre dell’ignoranza si sono dissipate e allontanate da noi; siamo stati illuminati dalla luce della Santa Trinità, nella persona del suo Capo dei viventi, lui, il Maestro della gloria, che è morto nella carne per vivere secondo lo Spirito".
Il contrasto dei giorni trascorsi con la gloria odierna fa ancora meglio risaltare lo splendore di questo giorno.
Ieri si vedevano sulla santa umanità di Cristo le devastazioni causate dal peccato. Tutte le sofferenze della Passione non erano altro che il sigillo impresso dal peccato sulla carne del Salvatore. Oggi, questa orrenda scena del Golgota si è trasformata in un trionfo. Cristo confonde i suoi avversari e tutti i suoi aguzzini, essendo ormai al riparo dai loro oltraggi; le stimmate delle loro brutali aggressioni non sono altro che cicatrici che mettono in rilievo il trionfo del Maestro:
"Oggi è stata rinnovata ogni natura che era invecchiata dalla concupiscenza dell’albero.
Oggi il Gigante ha spogliato i tesori del potente e riportato il bottino.
Oggi la cattività che durava da secoli ha messo fine e il canto del ritorno è stato udito nella gioia.
Oggi la tristezza ed i pianti della notte che avevano oppresso i discepoli, si sono dissipati.
Oggi la voce dei messaggeri della pace e araldi della gioia fa udire a Sion questo grido: ‘Alzati, città della Redenzione, e vestiti della forza del braccio del Signore!’ ".
Questi e altri benefici della festa di Pasqua li troviamo espressi con forza nel seguente Sedro [preghiera sacerdotale] , cantata nella notte pasquale:
"In questo giorno, o amati, i nostri pensieri esultano, i nostri sensi sussultano e noi così esprimiamo la nostra gioia: ‘Salve, aurora nuova che hai dissipato l’antica notte!

Salve, primogenito dei giorni che adorni i due mondi!

Salve, fiore della risurrezione che hai fatto precipitare la morte mortifera d’Adamo!

Salve, domenica santa della risurrezione che rallegri i provati, doni coraggio agli afflitti e consoli i rattristati!

Salve, alba radiosa che nessun crepuscolo rattristerà!

Salve mattino splendente che la sera non sfiorerà più!’.

Questo giorno chiude il ciclo delle sofferenze, e le cose di questo mondo sono trasformate in celesti. Ieri il Pastore era colpito e le pecore erano disperse; oggi esse si raccolgono con gioia e allegrezza.[ ...] Oggi la strada del sepolcro rimbomba di messaggi, il colle del Golgota è pieno di tristezza. Oggi la sentinella esclama: è terribile, è caduta la Babilonia dei giganti, e lo sheol dei morti è stato devastato.[. ..] Oggi il piedistallo della morte è crollato e la sua corona è stata ridotta in polvere. Oggi, con San Paolo, il narratore delle cose celesti, noi possiamo dire: ‘Ieri sono stato crocifisso con Cristo, oggi sono glorificato con lui; ieri, ero sepolto con lui, oggi io risuscito con lui. Avendo avuto bisogno che Dio muoia nella carne, con lui noi siamo morti, con lui siamo stati purificati, con lui siamo risuscitati; e noi lo glorifichiamo, lui e suo Padre e il suo Spirito Santo! Amìn".

Aprile, mese dell’antica e della nuova creazione

La Liturgia sira è rimasta molto vicina alla terra e alle diverse trasformazioni con il passare dei giorni, delle settimane e delle stagioni. Di questo abbiamo avuto una prova in quello che abbiamo detto sull’istituzione delle Feste mariane a carattere agricolo.
Ne vogliamo segnalare qui un altro elemento segnalato da Sant’Efrem Siro, il grande Dottore mariano di questa Chiesa. Tra la sua sconfinata opera poetica ci è pervenuto un Inno [Madrosho] che è cantato tuttora nell’Ufficio festivo della Domenica di Pasqua.
Egli si sofferma sul mese d’Aprile, da lui considerato insieme il mese della prima creazione in Paradiso e quello della seconda creazione realizzata da Cristo tramite la sua Risurrezione. Parlando di quest’ultima, egli associa anche l’evento della sua concezione per mezzo di Maria, facendo della Madre del Risorto la testimone della sua discesa sulla terra e della sua Risurrezione il giorno della Pasqua.
Di questo inno, composto dal Sant’Efrem per essere cantato alla fine del digiuno, riportiamo le seguenti strofe:
"Gloria a te, o Cristo, all’inizio del nostro digiuno e anche ora alla sua fine.
Ecco Aprile carico di frutti che rimanda i digiunatori alla terra delle delizie, che toglie dalla spalla di quanti hanno faticato e vegliato il giogo del digiuno: uomini e animali, egli li rimanda al loro cibo; o fratelli, mangiando, non rassomigliamo agli animali; non è perché il mangiare ci è permesso che dobbiamo commettere eccessi di gola: il nostro digiuno era fatto con misura, che il nostro piacere sia regolato, o voi fratelli che potete capire.
Signore benedetto, regalami qualcosa della tua ricchezza in questo mese che arricchisce tutto; in Aprile i tuoi doni sono sparsi su tutto: i monti sono ricolmi e decorati di erbe, i campi di semi, il mare di vita e la terra di frutti, le alture di luci splendidi e le profondità di corolle: Aprile orna la terra della sua bellezza e la festa di Aprile adorna la santa Chiesa.
Aprile intreccia alla terra un abito di tutti i colori e la natura è vestita di un abito di fiori, tappezzata di rose; la madre di Adamo per la festa di Aprile riveste un mantello non confezionato da mani di uomo; essa si rallegra perché il suo Signore è disceso e ha innalzato suo figlio: la terra ha due feste e si è rivestita di due ornamenti nello stesso tempo: quello del suo Signore e quello di suo figlio.
In Aprile il Signore è sceso dalle alture e Maria lo ha accolto; in Aprile egli è risuscitato e si è elevato, e anche Maria lo vide, lei che si era accorta che era disceso negli abissi della morte; e anche, per prima, lei lo vide risuscitato; ora alture e profondità vedono il nome di Maria. Benedetto sei, Aprile, per aver visto il concepimento, la morte e la risurrezione di nostro Signore.
Signore, nella tua misericordia ci siano dati mesi di gioia; e che anni fortunati ci siano prodigati nella pace, Signore: Aprile e i suoi fiori, Maggio ed i suoi gigli, Giugno i suoi fasci di spighe, Luglio ed i suoi covoni di grano, Agosto e Settembre con i loro canestri di grappoli, Ottobre, al frantoio, doni appuntamento a Novembre suo compagno, Dicembre e Gennaio per il riposo; Febbraio e Marzo per il digiuno. Gloria a te, Signore".

Apparizione di Cristo Risorto alla Madre

Come si è visto, Sant’Efrem fa allusione all’Apparizione del Risorto alla Madre, sostenendo anche che lei fu la prima a vederlo. Questa opinione, non suffragata dai racconti evangelici, è frequente nella tradizione orientale in generale e sira in particolare. Il documento più antico che si può addurre in proposito è quello di Taziano, apologeta del secolo II dopo Cristo, autore del Diatessaron, o Vangelo Concordato. Nel commento che ne ha fatto Efrem Siro (+ 373), vediamo che l’Apparizione di Gesù alla Madre va da sé, anche se la Madonna è confusa con Maria Maddalena di cui parla Giovanni [cfr. Gv 20, 1-18]. Riferendosi invece alla risposta di Cristo alla Madre a Cana ["Il mio tempo non è ancora giunto" (Gv 2, 4)] e rintracciandovi una certa resistenza di Gesù, Efrem ne trova un parallelo nel rifiuto del Risorto di lasciarsi toccare.
La liturgia siro-occidentale ci offre altre testimonianze al riguardo. In una strofa cantata nei Vespri, l’Autore anonimo così dice:
"La Domenica, Maria corse al sepolcro dell’Unigenito, piangendo e versando lacrime sul figlio ucciso dai cattivi. Vide però il Sepolcro vuoto ed un Angelo seduto di lato. Questi aprì la bocca ignea e annunciò gioioso alla tutta benedetta: ‘Il Figlio del Re è risuscitato, egli siede alla sua destra e gli spiriti eccelsi cantano al Dio risuscitato dal sepolcro: Tu sei benedetto!’".
In un altro Inno cantato nell’Ufficio notturno, si sostiene che Maria si reca al sepolcro con le altre donne:
"Maria e le compagne giunsero al Sepolcro vivificante; videro quindi un Angelo che disse loro: ‘Cristo è risorto con gloria dai morti!’".
La Domenica, al mattino, Maria si reca al Sepolcro con le compagne piangendo. Il Signore allora apparve a loro e disse: ‘La pace sia con voi! Sono io, non temete; andate e annunciate ciò ai miei discepoli!’".

Testimonianza dell’iconografia

La pia credenza ha trovato una sua espressione iconografica in Oriente e in Occidente. L’iconografia orientale è rimasta legata all’immagine delle donne mirofore [portatrici di aromi] che si recano con i profumi al Sepolcro la mattina della Domenica. Questa immagine è per gli Orientali l’unica ammessa per il fatto storico della Risurrezione. Vi sono rappresentate due o tre donne che si recano al Sepolcro sul quale siedono uno o due Angeli; a loro ap-pare il Risorto raffigurato dicendo: "Noli me tangere", e anche "Chairete" o "Salve". Una delle donne non è altro che la Madonna, resa riconoscibile spesso con le iniziali del suo nome MPHY [ossia Meter Theou o Madre di Dio], ma anche dal nimbo che le circonda il capo, dai suoi vestiti tradizionali presenti in tutte le immagini che la riguardano, e anche dalle tre stelle disegnate sulla sua fronte e sulle sue spalle quali simboli della perpetua verginità.
Una delle prime immagini conosciute si ritrova nel Battistero di Dura-Europos e risale all’anno 230 circa. Poi viene un pannello della porta istoriata di Santa Sabina a Roma, del secolo V. Al secolo VI appartengono importanti monumenti, come un mosaico di Sant’Apollinare Nuovo a Ravenna e alcune ampolle, dette di Monza, provenienti dalla Terra Santa. A quello stesso VI secolo [e più precisamente all’anno 586, data della copia del libro in lingua sira] appartiene una miniatura del cosiddetto "Vangelo di Rabbula", contenente, fra l’altro, due immagini: quella superiore raffigura una Crocifissione in cui Maria è la sola nimbata fra le donne; nella scena inferiore si vedono ai lati del Sepolcro custodito dai soldati due diverse scene: a sinistra un Angelo seduto che saluta due donne in piedi; a destra Cristo in piedi e vestito di bianco che benedice con la mano destra alzata due donne cadute a terra davanti a lui: nelle due scene la Madonna è riconoscibile dal nimbo dorato posto attorno al capo.

George Gharib

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